Gioco di ruolo
di
Massimo Nilaz
genere
etero
Betty mi ha tormentato per tutta la settimana, colmandomi di lodi e ripetendo quanto fosse stato bello avermi come ospite. È evidente che ha trovato la ragazza giusta per suo marito: quella che può accettare di farsi tradire mentre lei osserva. La ragazza in questione, però, non ha ancora deciso.
Ora mi è tutto chiaro: non riuscendo a trovare qualcuna simile a lei, ha scelto di trasformare sé stessa nella copia di un’altra (me). Tutti i suoi sforzi per assomigliarmi in questi ultimo mesi, erano volti a superare la riluttanza di Sam a scopare con donne diverse da lei. Una forma perversa di masochismo: vedere il proprio uomo a letto con il proprio sosia. E sospetto che non sia nemmeno la prima volta. Perverso.
Mentre sto rispolverando le mie vecchie letture su Freud, cercando di psicanalizzare me stessa, Betty si avvicina e lancia la sua offensiva per il weekend.
«Che ne diresti di fermarti ancora da me?»
«Manco da casa da due settimane, non ho più vestiti.»
«Abbiamo la stessa taglia, ti posso prestare alcuni dei miei.»
E si mette a elencare una lista infinita di cose che potremmo fare, poi si rende conto che mi sta stressando e se ne va con una chiusa che trasuda una forte speranza.
«Pensaci!»
Pare facile. Ho la mente affollata come un centro commerciale durante le feste di Natale. Troppa confusione, per decidere con lucidità.
Forse, proprio a causa della mancanza di una ragione plausibile — unita a una curiosità morbosa, alimentata dai miei vecchi studi di psicologia — finisco per cedere alle sue pressioni. Il venerdì successivo scendo con lei alla stazione di Vicenza, continuando a ripetermi che sto per fare una cazzata galattica, pur convinta che l’unico modo per averne la certezza sia provarci.
Quando arrivo a casa sua, mi trascina dritta in camera, e scopro che è già tutto pronto. Una premeditazione che, in altre circostanze, mi avrebbe fatto fuggire a gambe levate, gridando alla trappola. In questo caso, invece, mi sento sollevata: i due fidanzati sembrano decisi ad andare fino in fondo, ed io non dovrei far altro che rilassarmi e lasciarmi andare. Che cosa potrebbe mai capitarmi?
Nel peggiore dei casi, perderei l’amicizia di una collega che, fino a poche settimane fa, detestavo e che, in ogni caso, lascerà presto il mio gruppo. Nel migliore, potrei aggiungere al mio “medagliere” un altro ragazzo venuto da oltre oceano.
«Se non vuoi, lo riporto di là.»
Rimango a guardare, attonita, la stanza matrimoniale di Betty arricchita con una brandina singola, piazzata a poca distanza dal letto matrimoniale.
Faccio la timida: «Non so se ci riesco, Betty. Tu sei sicura di volerlo?»
A quanto pare l’interpretazione mi riesce molto male.
«Ti è piaciuto il bacio?»
Cazzo! Quasi mi ero dimenticato che il suo ragazzo mi aveva baciata, poco prima di lasciarmi a casa, la settimana scorsa. Sam è proprio un chiacchierone.
«Sì, ma non è questo il problema …»
«Ti devo confessare che è la prima volta con Sam. Non so come possa finire, soprattutto a causa di tutte le seghe mentali che si fa, della sua educazione … ma tanto vale provare, no? Sono molto emozionata, e lo è anche lui.» Poi mi invita a sedermi, e mi spiega il gioco di ruolo che ha architettato. «Lui tornerà stanotte. Io dormirò sul letto singolo, tu in quello matrimoniale.»
Annuisco e alzo una mano per fermarla. Non serve andare oltre, forse è meglio non pensarci proprio e improvvisare. Prendo in mano alcuni capi sparsi sul letto. Riconosco il babydoll che aveva indossato la settimana prima.
«Sono i vestiti per me?»
«Ho preso quello che, secondo me, ti potrebbe piacere. Sentiti libera, comunque, di scegliere quello che preferisci.»
E apre le ante di un armadio. Io mi ritengo una donna emancipata e decisa. Non sono mai stata timida, ma, anzi, estroversa ed esibizionista al punto giusto, oltre che curiosa di sperimentare cose nuove. In questa circostanza mi sento, però, impacciata, quasi annichilita dalla situazione. Assemblo e fisso in sequenza con la colla una serie di mezze frasi di Betty per cercare di trovare un motivo conduttore: ho capito che la sua fantasia è nata nel periodo in cui conviveva con una sua amica, nel campus universitario. Mi ha detto di averci fatto sesso, senza fornire i dettagli: loro due, in tre, in cinque … non ho capito se questa situazione sia legata al desiderio di ripetere un’esperienza passata, o, piuttosto, voler realizzare una cosa rimasta intentata. Mi sento la terza incomoda, il giocattolo di una coppia, la cosplay della compagna di stanza di Betty, o, peggio, di Betty stessa (che a sua volta fa di tutto per assomigliare a me … un circolo vizioso che mi sta facendo impazzire). E seguendo il filo di questo pensiero mi viene un dubbio.
«Hai, per caso, delle foto della tua compagna di stanza all’università?»
«Certo! Ci vediamo spesso, lei adesso vive a Milano.»
Mi passa lo smartphone su cui capeggia una ragazza sorridente a una festa: viso tondo, capelli biondi lunghi e lisci, occhi castani. Sembra abbastanza in carne, ha un sorriso dolce, tanto da farmi dubitare che possa essere stata complice intenzionale di un gioco sessuale con Betty.
«Mi piacerebbe conoscerla, sembra simpatica.»
«Certo! Magari possiamo organizzare un’uscita a tre.»
Annuisco, poi restituisco lo smartphone e cambio discorso: più penso a questa storia e meno sono convinta di voler andare avanti.
La serata scorre spensierata. Alla fine, ho deciso di mettere il suo babydoll, arricchito con un perizoma rosso. Betty indossa un completino simile. Siamo sedute in divano e ci guardiamo in faccia, mentre la televisione trasmette, ignorata, i soliti programmi insulsi. Mi fa male la gola, tanto ho parlato. Di solito non parlo molto, non solo perché sono sola la maggior parte del mio tempo, ma anche per indole. Questa sera, però, sono nervosa, e vorrei che non arrivasse mai il momento di andare a letto, anche se ormai è quasi l’una di notte, e sono sfinita. Vedo che anche lei sbadiglia in modo insistente. Alla fine, non resisto e torno sul dente dolente.
«A che ora rientra Sam?»
«Non lo so.»
«Che cosa fa alla base militare?»
«Top secret.»
Mi sembra di essere dentro un film di spionaggio, io nella parte della spia del paese ostile che cerca di recuperare informazioni di interesse mondiale, portandomi a letto un ignaro patriota, travestita dalla sua fidanzata (e qui riparte il circolo vizioso …). Sono quasi al delirio, mi gioco quindi una terza domanda, certa della risposta.
«Andiamo a letto?»
Mi infilo sotto le coperte del lettone. Le lenzuola profumano della padrona di casa, e il pensiero che tra qualche ora al mio fianco ci sarà il suo fidanzato, mi fa tremare. Betty è sulla brandina alla mia destra, a poco più di un metro di distanza. È stesa supina, la luce fioca della radiosveglia illumina il profilo del suo viso. Chissà a cosa sta pensando, magari si è pentita per quello che mi ha chiesto di fare, e non sa come dirmelo. O forse conta i minuti che ci separano al suo arrivo.
Stranamente, non fatico ad addormentarmi: a quanto pare la stanchezza fisica per la giornata ha superato l’irrequietezza che sento ribollire dentro. Sogno dell’amica di Betty, Elisa. Mi vedo sul lettone, con lei. Sono stesa sul fianco destro, e mi chiedo dove è finita la brandina. Betty è in piedi, appoggiata con le spalle alla parete, e ci guarda, incuriosita. Mentre la guardo negli occhi, per cercare di decifrare l’espressione del suo volto, Elisa si appoggia dietro di me e mi mette la mano sinistra sul fianco, poi lentamente solleva la camicia da notte, risalendo prima la coscia e poi l’anca. A me non piacciono le donne, ma nel sogno non mi oppongo, perché mi piace il viaggio di quella mano, che avanza e poi scende sul ventre, infine s’infila cauta sotto il perizoma. Istintivamente, alzo la gamba sinistra e la appoggio alle sue, per darle modo di giocare più facilmente col mio sesso. Da un sacco di tempo non faccio sogni a sfondo erotico e mi sento eccitata, stranamente il mio subconscio non si fa problemi sul genere del partner, una cosa di cui dovrò tenere conto, in futuro. Nel frattempo, le lunghe dita della mia amante si sono fatte strada tra le mie labbra schiuse e stanno massaggiando il bordo umido della vagina. Lente ma inesorabili si fanno spazio ed entrano dentro di me. Muovo il bacino per assecondare il movimento di indice e medio che affondano sempre più, ma capisco che c’è qualcosa che non mi torna: qualcosa di lungo e duro si è appoggiato tra le mie natiche. Apro gli occhi di scatto, guardandomi in giro con gli occhi, senza muovere la testa. La stanza è buia, vedo la sagoma del viso di Betty a qualche metro da me, è stesa di fianco e mi guarda, dal movimento delle coperte capisco che si sta toccando. Abbasso lo sguardo: sono completamente scoperta, un braccio muscoloso mi avvinghia, due dita della mano che vi è attaccata sono dentro la mia micetta: Sam!
Rimango immobile, chissà da quanto mi sta accarezzando, ed io non me ne sono resa conto! Sono, invece, perfettamente conscia dell’erezione parcheggiata sulla fessura delle mie natiche, la sento in tutta la sua virilità. Lui è nudo, percepisco il suo corpo appoggiato alla parte di schiena scoperta del babydoll. La pelle del pene appiccicata alla mia, la punta che mi bagna del suo desiderio … avvicina la bocca all’orecchio e mi sussurra.
«I want you.»
E a me non resta che fare un lieve cenno lasciando che mi abbassi lo slip, mentre mi figuro lo zio Sam con in testa il cilindro contornato di stelle che, con sguardo severo, punta l’indice verso di me e mi dice che sono stata scelta e non mi posso sottrarre all’impegno che ho preso.
Lui si scosta per un paio di minuti, dal rumore capisco che sta per mettere il preservativo, nel frattempo, guardo negli occhi Betty, rimanendo immobile. O, meglio, penso di guardarla negli occhi: l’oscurità maschera quell’atto assurdo come una tenda su una finestra, e sono confortata che nessuno accenderà una luce, per non rompere l’atmosfera di pudica complicità che si è creata. Quando il ragazzo del Kentucky torna nella posizione primitiva e appoggia la punta gommata del suo pene sulla mia vagina, scopro di essere molto più bagnata di quanto immaginassi, tanto che mi scappa un sospiro di piacere. Il cazzo di Sam è impegnativo, lo so da quando lo vidi infilato nella patatina di Betty, meno di otto giorni fa. Mentre mi penetra capisco, però, di averlo comunque sottovalutato. Sono costretta a sollevare la gamba per cercare di aprirmi di più a lui, e deve essere una cosa che gli succede di frequente. Sam, infatti, quasi istintivamente afferra dolcemente il mio ginocchio e lo tiene sospeso a mezz’aria mentre continua l’inserzione. Quando arriva a capolinea, sento le gocce di sudore scorrere sulla schiena, e penso che il peggio è passato; da adesso solo divertimento. Sbagliato.
Mi sento come una cow girl, a cavallo di un toro meccanico, uno di quelli che vedi nei film western, su cui si scommette per quanti secondi la malcapitata riesca a rimanere in sella prima di essere disarcionata. Qualcuno deve spiegare a Sam che una donna non è una bottiglia di coca cola e che l’orgasmo femminile non si ottiene scuotendo il corpo della partner con vigore fino a che non esce schiuma. Non c’è un tappo di sughero che impedisce di raggiungere il climax, e lui non è un pilota di formula uno sul podio, intento ad agitare la bottiglia di champagne per irrorare il pubblico di bollicine. In attesa che qualcuno gli faccia un disegnetto, assecondo il suo forsennato dentro-fuori, pensando se ho portato con me una crema per le irritazioni. Poi, però, mi mette una mano sulle tette e le strizza. Bello, il palmo enorme della sua mano quasi riesce a racchiuderle tutte e due. I miei seni sono più piccoli di quelli rifatti di Betty e poco prominenti, ma molto sensibili, e quelle strizzate d’impeto mi accendono al punto da scoprire che, in effetti, c’è un tappo di sughero dentro di me, che lui sta per far saltare in aria. Il sesso a centrifuga sembra funzionare, mi lascio trasportare dalla corrente impetuosa prodotta dal ragazzo della mia collega e vengo, nella sua indifferenza. A quel punto mi viene il dubbio che forse lui abbia bisogno di una spinta verbale, proprio come ha fatto la settimana scorsa la mia collega. Ci provo, ansimando a voce alta, simulando un’eccitazione in realtà ormai in fase discendente.
«Yes, more. Fuck me, please. I’m coming! Come inside me!»
E stronzate del genere. Lui non aspetta altro, e ripete la stessa frase: «You, great bitch. Laura, I’m coming …»
Funziona, fa un ultimo affondo, eccessivo, al punto da farmi male (è troppo lungo per la mia patatina!) e poi si ferma, col respiro pesante.
Mentre si alza per andare in bagno, sollevo le coperte, poi torno a guardare Betty. È stesa di fianco, girata verso il muro, e ho l’impressione che stia piangendo. Mi avvicino e sussurro: «Va tutto bene?»
Lei si volta e mi pare che sorrida.
«Sì. Grazie.» Si siede e asciuga le lacrime. «Se non ti spiace, possiamo scambiarci il posto?»
Obbedisco, e si fa strada il timore di dover assistere a un secondo tempo, con Sam che si fa la sua fidanzata mentre io devo rimanere a guardare.
«Se preferisci, mi sposto nell’altra stanza.»
«Preferirei che rimanessi. Per piacere.»
Non so perché l’ho assecondata, forse per senso del dovere, o forse curiosità di vedere da fuori quello che lui ha fatto a me poco prima. Sì, perché una ventina di minuti dopo, Sam è tornato in forze e ha replicato lo spettacolo, passo dopo passo, questa volta con la sua fidanzata.
Ora mi è tutto chiaro: non riuscendo a trovare qualcuna simile a lei, ha scelto di trasformare sé stessa nella copia di un’altra (me). Tutti i suoi sforzi per assomigliarmi in questi ultimo mesi, erano volti a superare la riluttanza di Sam a scopare con donne diverse da lei. Una forma perversa di masochismo: vedere il proprio uomo a letto con il proprio sosia. E sospetto che non sia nemmeno la prima volta. Perverso.
Mentre sto rispolverando le mie vecchie letture su Freud, cercando di psicanalizzare me stessa, Betty si avvicina e lancia la sua offensiva per il weekend.
«Che ne diresti di fermarti ancora da me?»
«Manco da casa da due settimane, non ho più vestiti.»
«Abbiamo la stessa taglia, ti posso prestare alcuni dei miei.»
E si mette a elencare una lista infinita di cose che potremmo fare, poi si rende conto che mi sta stressando e se ne va con una chiusa che trasuda una forte speranza.
«Pensaci!»
Pare facile. Ho la mente affollata come un centro commerciale durante le feste di Natale. Troppa confusione, per decidere con lucidità.
Forse, proprio a causa della mancanza di una ragione plausibile — unita a una curiosità morbosa, alimentata dai miei vecchi studi di psicologia — finisco per cedere alle sue pressioni. Il venerdì successivo scendo con lei alla stazione di Vicenza, continuando a ripetermi che sto per fare una cazzata galattica, pur convinta che l’unico modo per averne la certezza sia provarci.
Quando arrivo a casa sua, mi trascina dritta in camera, e scopro che è già tutto pronto. Una premeditazione che, in altre circostanze, mi avrebbe fatto fuggire a gambe levate, gridando alla trappola. In questo caso, invece, mi sento sollevata: i due fidanzati sembrano decisi ad andare fino in fondo, ed io non dovrei far altro che rilassarmi e lasciarmi andare. Che cosa potrebbe mai capitarmi?
Nel peggiore dei casi, perderei l’amicizia di una collega che, fino a poche settimane fa, detestavo e che, in ogni caso, lascerà presto il mio gruppo. Nel migliore, potrei aggiungere al mio “medagliere” un altro ragazzo venuto da oltre oceano.
«Se non vuoi, lo riporto di là.»
Rimango a guardare, attonita, la stanza matrimoniale di Betty arricchita con una brandina singola, piazzata a poca distanza dal letto matrimoniale.
Faccio la timida: «Non so se ci riesco, Betty. Tu sei sicura di volerlo?»
A quanto pare l’interpretazione mi riesce molto male.
«Ti è piaciuto il bacio?»
Cazzo! Quasi mi ero dimenticato che il suo ragazzo mi aveva baciata, poco prima di lasciarmi a casa, la settimana scorsa. Sam è proprio un chiacchierone.
«Sì, ma non è questo il problema …»
«Ti devo confessare che è la prima volta con Sam. Non so come possa finire, soprattutto a causa di tutte le seghe mentali che si fa, della sua educazione … ma tanto vale provare, no? Sono molto emozionata, e lo è anche lui.» Poi mi invita a sedermi, e mi spiega il gioco di ruolo che ha architettato. «Lui tornerà stanotte. Io dormirò sul letto singolo, tu in quello matrimoniale.»
Annuisco e alzo una mano per fermarla. Non serve andare oltre, forse è meglio non pensarci proprio e improvvisare. Prendo in mano alcuni capi sparsi sul letto. Riconosco il babydoll che aveva indossato la settimana prima.
«Sono i vestiti per me?»
«Ho preso quello che, secondo me, ti potrebbe piacere. Sentiti libera, comunque, di scegliere quello che preferisci.»
E apre le ante di un armadio. Io mi ritengo una donna emancipata e decisa. Non sono mai stata timida, ma, anzi, estroversa ed esibizionista al punto giusto, oltre che curiosa di sperimentare cose nuove. In questa circostanza mi sento, però, impacciata, quasi annichilita dalla situazione. Assemblo e fisso in sequenza con la colla una serie di mezze frasi di Betty per cercare di trovare un motivo conduttore: ho capito che la sua fantasia è nata nel periodo in cui conviveva con una sua amica, nel campus universitario. Mi ha detto di averci fatto sesso, senza fornire i dettagli: loro due, in tre, in cinque … non ho capito se questa situazione sia legata al desiderio di ripetere un’esperienza passata, o, piuttosto, voler realizzare una cosa rimasta intentata. Mi sento la terza incomoda, il giocattolo di una coppia, la cosplay della compagna di stanza di Betty, o, peggio, di Betty stessa (che a sua volta fa di tutto per assomigliare a me … un circolo vizioso che mi sta facendo impazzire). E seguendo il filo di questo pensiero mi viene un dubbio.
«Hai, per caso, delle foto della tua compagna di stanza all’università?»
«Certo! Ci vediamo spesso, lei adesso vive a Milano.»
Mi passa lo smartphone su cui capeggia una ragazza sorridente a una festa: viso tondo, capelli biondi lunghi e lisci, occhi castani. Sembra abbastanza in carne, ha un sorriso dolce, tanto da farmi dubitare che possa essere stata complice intenzionale di un gioco sessuale con Betty.
«Mi piacerebbe conoscerla, sembra simpatica.»
«Certo! Magari possiamo organizzare un’uscita a tre.»
Annuisco, poi restituisco lo smartphone e cambio discorso: più penso a questa storia e meno sono convinta di voler andare avanti.
La serata scorre spensierata. Alla fine, ho deciso di mettere il suo babydoll, arricchito con un perizoma rosso. Betty indossa un completino simile. Siamo sedute in divano e ci guardiamo in faccia, mentre la televisione trasmette, ignorata, i soliti programmi insulsi. Mi fa male la gola, tanto ho parlato. Di solito non parlo molto, non solo perché sono sola la maggior parte del mio tempo, ma anche per indole. Questa sera, però, sono nervosa, e vorrei che non arrivasse mai il momento di andare a letto, anche se ormai è quasi l’una di notte, e sono sfinita. Vedo che anche lei sbadiglia in modo insistente. Alla fine, non resisto e torno sul dente dolente.
«A che ora rientra Sam?»
«Non lo so.»
«Che cosa fa alla base militare?»
«Top secret.»
Mi sembra di essere dentro un film di spionaggio, io nella parte della spia del paese ostile che cerca di recuperare informazioni di interesse mondiale, portandomi a letto un ignaro patriota, travestita dalla sua fidanzata (e qui riparte il circolo vizioso …). Sono quasi al delirio, mi gioco quindi una terza domanda, certa della risposta.
«Andiamo a letto?»
Mi infilo sotto le coperte del lettone. Le lenzuola profumano della padrona di casa, e il pensiero che tra qualche ora al mio fianco ci sarà il suo fidanzato, mi fa tremare. Betty è sulla brandina alla mia destra, a poco più di un metro di distanza. È stesa supina, la luce fioca della radiosveglia illumina il profilo del suo viso. Chissà a cosa sta pensando, magari si è pentita per quello che mi ha chiesto di fare, e non sa come dirmelo. O forse conta i minuti che ci separano al suo arrivo.
Stranamente, non fatico ad addormentarmi: a quanto pare la stanchezza fisica per la giornata ha superato l’irrequietezza che sento ribollire dentro. Sogno dell’amica di Betty, Elisa. Mi vedo sul lettone, con lei. Sono stesa sul fianco destro, e mi chiedo dove è finita la brandina. Betty è in piedi, appoggiata con le spalle alla parete, e ci guarda, incuriosita. Mentre la guardo negli occhi, per cercare di decifrare l’espressione del suo volto, Elisa si appoggia dietro di me e mi mette la mano sinistra sul fianco, poi lentamente solleva la camicia da notte, risalendo prima la coscia e poi l’anca. A me non piacciono le donne, ma nel sogno non mi oppongo, perché mi piace il viaggio di quella mano, che avanza e poi scende sul ventre, infine s’infila cauta sotto il perizoma. Istintivamente, alzo la gamba sinistra e la appoggio alle sue, per darle modo di giocare più facilmente col mio sesso. Da un sacco di tempo non faccio sogni a sfondo erotico e mi sento eccitata, stranamente il mio subconscio non si fa problemi sul genere del partner, una cosa di cui dovrò tenere conto, in futuro. Nel frattempo, le lunghe dita della mia amante si sono fatte strada tra le mie labbra schiuse e stanno massaggiando il bordo umido della vagina. Lente ma inesorabili si fanno spazio ed entrano dentro di me. Muovo il bacino per assecondare il movimento di indice e medio che affondano sempre più, ma capisco che c’è qualcosa che non mi torna: qualcosa di lungo e duro si è appoggiato tra le mie natiche. Apro gli occhi di scatto, guardandomi in giro con gli occhi, senza muovere la testa. La stanza è buia, vedo la sagoma del viso di Betty a qualche metro da me, è stesa di fianco e mi guarda, dal movimento delle coperte capisco che si sta toccando. Abbasso lo sguardo: sono completamente scoperta, un braccio muscoloso mi avvinghia, due dita della mano che vi è attaccata sono dentro la mia micetta: Sam!
Rimango immobile, chissà da quanto mi sta accarezzando, ed io non me ne sono resa conto! Sono, invece, perfettamente conscia dell’erezione parcheggiata sulla fessura delle mie natiche, la sento in tutta la sua virilità. Lui è nudo, percepisco il suo corpo appoggiato alla parte di schiena scoperta del babydoll. La pelle del pene appiccicata alla mia, la punta che mi bagna del suo desiderio … avvicina la bocca all’orecchio e mi sussurra.
«I want you.»
E a me non resta che fare un lieve cenno lasciando che mi abbassi lo slip, mentre mi figuro lo zio Sam con in testa il cilindro contornato di stelle che, con sguardo severo, punta l’indice verso di me e mi dice che sono stata scelta e non mi posso sottrarre all’impegno che ho preso.
Lui si scosta per un paio di minuti, dal rumore capisco che sta per mettere il preservativo, nel frattempo, guardo negli occhi Betty, rimanendo immobile. O, meglio, penso di guardarla negli occhi: l’oscurità maschera quell’atto assurdo come una tenda su una finestra, e sono confortata che nessuno accenderà una luce, per non rompere l’atmosfera di pudica complicità che si è creata. Quando il ragazzo del Kentucky torna nella posizione primitiva e appoggia la punta gommata del suo pene sulla mia vagina, scopro di essere molto più bagnata di quanto immaginassi, tanto che mi scappa un sospiro di piacere. Il cazzo di Sam è impegnativo, lo so da quando lo vidi infilato nella patatina di Betty, meno di otto giorni fa. Mentre mi penetra capisco, però, di averlo comunque sottovalutato. Sono costretta a sollevare la gamba per cercare di aprirmi di più a lui, e deve essere una cosa che gli succede di frequente. Sam, infatti, quasi istintivamente afferra dolcemente il mio ginocchio e lo tiene sospeso a mezz’aria mentre continua l’inserzione. Quando arriva a capolinea, sento le gocce di sudore scorrere sulla schiena, e penso che il peggio è passato; da adesso solo divertimento. Sbagliato.
Mi sento come una cow girl, a cavallo di un toro meccanico, uno di quelli che vedi nei film western, su cui si scommette per quanti secondi la malcapitata riesca a rimanere in sella prima di essere disarcionata. Qualcuno deve spiegare a Sam che una donna non è una bottiglia di coca cola e che l’orgasmo femminile non si ottiene scuotendo il corpo della partner con vigore fino a che non esce schiuma. Non c’è un tappo di sughero che impedisce di raggiungere il climax, e lui non è un pilota di formula uno sul podio, intento ad agitare la bottiglia di champagne per irrorare il pubblico di bollicine. In attesa che qualcuno gli faccia un disegnetto, assecondo il suo forsennato dentro-fuori, pensando se ho portato con me una crema per le irritazioni. Poi, però, mi mette una mano sulle tette e le strizza. Bello, il palmo enorme della sua mano quasi riesce a racchiuderle tutte e due. I miei seni sono più piccoli di quelli rifatti di Betty e poco prominenti, ma molto sensibili, e quelle strizzate d’impeto mi accendono al punto da scoprire che, in effetti, c’è un tappo di sughero dentro di me, che lui sta per far saltare in aria. Il sesso a centrifuga sembra funzionare, mi lascio trasportare dalla corrente impetuosa prodotta dal ragazzo della mia collega e vengo, nella sua indifferenza. A quel punto mi viene il dubbio che forse lui abbia bisogno di una spinta verbale, proprio come ha fatto la settimana scorsa la mia collega. Ci provo, ansimando a voce alta, simulando un’eccitazione in realtà ormai in fase discendente.
«Yes, more. Fuck me, please. I’m coming! Come inside me!»
E stronzate del genere. Lui non aspetta altro, e ripete la stessa frase: «You, great bitch. Laura, I’m coming …»
Funziona, fa un ultimo affondo, eccessivo, al punto da farmi male (è troppo lungo per la mia patatina!) e poi si ferma, col respiro pesante.
Mentre si alza per andare in bagno, sollevo le coperte, poi torno a guardare Betty. È stesa di fianco, girata verso il muro, e ho l’impressione che stia piangendo. Mi avvicino e sussurro: «Va tutto bene?»
Lei si volta e mi pare che sorrida.
«Sì. Grazie.» Si siede e asciuga le lacrime. «Se non ti spiace, possiamo scambiarci il posto?»
Obbedisco, e si fa strada il timore di dover assistere a un secondo tempo, con Sam che si fa la sua fidanzata mentre io devo rimanere a guardare.
«Se preferisci, mi sposto nell’altra stanza.»
«Preferirei che rimanessi. Per piacere.»
Non so perché l’ho assecondata, forse per senso del dovere, o forse curiosità di vedere da fuori quello che lui ha fatto a me poco prima. Sì, perché una ventina di minuti dopo, Sam è tornato in forze e ha replicato lo spettacolo, passo dopo passo, questa volta con la sua fidanzata.
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