Marco, il mio capo
di
Massimo Nilaz
genere
tradimenti
Ormai l’ho capito, lui è uno di quelli che non passano mai davanti alla pasticceria perché sanno che non riuscirebbero a resistere alla tentazione di entrare e comprare qualcosa, in barba alle indicazioni della dietologa. Marco è uno di quegli uomini che considerano la fede nuziale più come un modo rapido e indolore per dissuadere altre donne a provarci con lui, che una dichiarazione pubblica che il proprio cuore (e tutto quello che ci sta intorno) è di proprietà esclusiva di una sola donna il cui nome, a scanso di equivoci, è inscritto nell’anello stesso. Facile, no? Questo spiega il viaggio di ritorno inconcludente, quel suo continuare ad andare avanti e indietro per la strada, aspettando, invano, che qualcuno gli faccia un cenno e lo accompagni davanti alla pasticceria, quasi come la sera in cui mi venne a prendere allo Zip e mi scopò con passione. Sono certa che anche quella sera, senza volerlo, dovevo averlo imboccato in qualche modo.
Continuo a guardarlo, mentre discute una presentazione che dovrà mostrare ai clienti nel pomeriggio, pensando naturalmente a quello … il sesso con lui è stato bello, soprattutto il secondo round, ma ero talmente presa dalla foga di raggiungere l’orgasmo da non far caso a come lui si destreggiava per «tenere in carreggiata l’auto che tira a destra». Delle sere successive, anche se sono passati pochi giorni, ho stranamente solo un vago ricordo: ero troppo tesa a capire che intenzioni avesse nei miei confronti, per concentrarmi sul suo pisello.
Vedo le sue labbra muoversi, sepolte nella barba folta e morbida che gli copre quasi tutto il viso, e mi pare di sentirle ancora sui miei capezzoli. Ho un fremito là sotto, cazzo! Proprio nel momento in cui mi devo alzare e riassumere lo stato di avanzamento dei lavori rispetto alla prossima deadline. Mi avvicino al monitor che proietta il grafico come se fossi nuda e dovessi nascondere gli effetti del calore che sento tra le gambe. Mi sento bagnata, e questo innesca un circolo vizioso, che a sua volta aumenta l’eccitazione e il battito cardiaco. Nonostante questo, lo guardo negli occhi e inizio a recitare la poesia che ho ripassato poco prima, riuscendo fortunatamente a interrompere quell’escalation di auto libidine che mi sta assalendo. Quando, però, torno a sedermi, passando la parola ad Andrea, è come se qualcuno avesse spento l’aria condizionata in una giornata afosa di mezza estate. Incrocio le gambe e mi mordo in modo quasi impercettibile il labbro inferiore per cercare di fronteggiare quel calore che, poco alla volta, sta tornando a farsi strada. Sono le undici di mattina, non ce la farò mai a rimanere in questo stato fino a stasera. Potrei anticipare la pausa pranzo e scappare a casa da Roger, o forse potrei far vedere la vetrina della pasticceria a Marco. Lo guardo, nei momenti in cui sono certa di non essere vista dagli altri, usando l’eloquenza che mi ha sempre permesso di andare a segno con i maschi. Lui, però, non pare capire, è troppo concentrato sul lavoro per rendersi conto che sto flirtando con lui. Serve qualcosa di più forte, che lo scuota dal torpore, risvegliando il mister Hyde che mi ha fatto impazzire solo qualche sera fa. È tempo di agire: fingo di ricevere una telefonata ed esco per un paio di minuti dalla sala riunioni. Torno poco dopo con un indumento in meno, il perizoma. L’ho sfilato e riposto nel primo cassetto della scrivania dell’ufficio dove si è piazzato. Era talmente umido di umori che non ho dovuto neanche premurarmi di strofinarlo sulla vulva per rendere la missiva ancora più esplicita. È stato già difficile trattenermi dal masturbarmi dopo averli tolti, figuriamoci se mi fossi messa a seviziare la micina con il pizzo ruvido del g-string!
«Ho lasciato un documento dentro il primo cassetto.»
Gli dico, alla fine della riunione, interrompendo Andrea che gli sta spiegando la soluzione che aveva pensato per risolvere un problema tecnico che ci assilla da settimane.
Marco mi guarda e capisce che c’è un problema ben più urgente da risolvere, sono certa che mi sta guardando il sedere mentre mi allontano, percepisco il suo sguardo, è intenso al punto che mi sembra di sentirlo palparmi le natiche, come le sue mani, quella sera. Brucio di desiderio e mi serve un pompiere, subito! Venti minuti dopo mi manda un messaggio.
«Seguimi.»
Vedo che si avvicina a un ascensore, lo raggiungo ed entro con lui. Siamo uno di fianco all’altra, in silenzio. Lui è impassibile, lo guardo con la coda dell’occhio sperando in qualcosa, qualsiasi cosa che mi faccia uscire da questa situazione di stallo. La tasca della sua giacca contiene qualcosa, quasi certamente il mio perizoma, spero che non rovini tutto facendo una scenata, spero che non me lo restituisca, spero …
«Seguimi.»
Siamo al terzo piano, il pavimento è coperto di nylon, camminiamo districandoci tra scatoloni e attrezzi da lavoro. A quanto pare lo stanno ristrutturando. Non vedo nessuno in giro, ma sento dei rumori in lontananza di gente che lavora. Lui mi prende per mano e mi trascina dentro un ufficio ancora integro. Socchiude la porta, poi guarda il pavimento e mette le mani nelle tasche dei pantaloni, attirando la mia attenzione sulla sua evidente erezione.
«Cosa significa tutto questo?»
Sto davanti a lui con le braccia conserte e lo guardo in modo severo, ci sei o ci fai? Tutti a me capitano!
«Decidi tu.»
Ultima chance, lancio la pallina nella roulette e faccio girare la ruota, rien ne va plus.
Lui tira fuori dalla tasca della giacca il g-string e lo lancia sulla scrivania, poi avanza lentamente verso di me, costringendomi a indietreggiare, fino a finire con le spalle al muro, e poi … mi bacia. Sento la tensione sessuale nel suo abbraccio forte e deciso, mi solleva per portare la bocca all’altezza della sua e rende insopportabile il desiderio che mi attanaglia da quando l’ho visto, questa mattina. Solleva la gonna e mi strizza le natiche, poi scende con una mano verso il basso, proprio lì.
«Aaaaah! Ti voglio.»
Non riesco a dire altro, sono divelta dal piacere, godo della punta delle sue dita che scorrono lungo le mie labbra schiuse e impazienti Lui mi sposta di peso sopra la scrivania, mi fa sedere sullo spigolo, poi si abbassa e infila la testa tra le gambe.
«Oooooh, sì ti prego, non fermarti.»
La barba struscia sulle calze autoreggenti mentre lui la lecca come se fosse un gelato. Non è un maestro della pennellata con la lingua, già lo sapevo, ma a me basta. La sento, umida e multiforme, scorrere da sotto a sopra la vulva, prima appiattita e larga, poi appuntita. Quando raggiunge la sommità fa tintinnare il clitoride, una sferzata che mi costringe ad aggrapparmi al bordo del tavolo per non scivolare. Io vorrei che continuasse ancora, lui, però, è impaziente, e si alza sguainando la sua eccitazione deviata. Abbasso lo sguardo per assistere alla sua entrata. Non è una cosa che faccio spesso, di solito chiudo gli occhi per concentrarmi sulle sensazioni, o guardo il mio partner negli occhi, per completare l’amplesso con i sensi esclusi dalla penetrazione. Adesso, invece, guardo il pisello, assito mentre lui prende in mano l’asta e indirizza la punta gonfia e lucida verso la mia vagina. Ecco il segreto, la mano che corregge la piega, per farlo entrare dentro dritto. Lo fa strusciare per qualche istante lungo le labbra, strappandomi un forte mugolio di piacere, poi spinge. Vedo il mio fiore aprirsi al piacere, lui lascia il suo sesso ormai instradato e spinge, sospirando. Non mi ha chiesto se potevamo farlo senza protezione, forse perché ritiene che l’assenso delle altre notti non sia ancora scaduto. Non ha senso rovinare tutto adesso, anche perché la risposta sarebbe stata la stessa. Spero, però, che come le altre sere mi avvisi se intende venirmi dentro, non so ancora se lo lascerò fare, da diverso tempo non ricevo lo sperma, è una cosa troppo intima che non ho più permesso, dopo aver lasciato Riccardo.
Lui è più eccitato di me, godo moltissimo ma sono conscia che se assecondo la sua scopata non riuscirò a raggiungere l’apice. Per questa volta va bene così, stringo il bordo del tavolo e lo bacio con passione, sento che i suoi affondi fanno leva sulla gamba sinistra, forse per fare in modo che il cazzo entri in me senza deviare. Nei momenti in cui ci stacchiamo abbasso lo sguardo per continuare a guardare il suo pene che entra ed esce da me, lui lo capisce.
«Ti piace guardare mentre ti scopo?»
«Sì.»
Un’ammissione che lo infiamma ancora di più. Sto guardando un film porno in presa diretta, nel quale sono la protagonista e sì, guardare mi sta eccitando in un modo nuovo. Subito dopo lui aumenta la velocità, e capisco che siamo al momento della verità, quello in cui lui deve dimostrare che riesce a fermarsi prima di mangiare tutte le paste del bancone. Il mio mister Hyde non mi delude.
«Sto per venire, vengo fuori?»
Il problema è che non ho ancora deciso e mi rimangono pochi istanti per rispondere.
Potrei dire di no, con la scusa di voler assistere allo spettacolo pirotecnico dei suoi fiotti di sperma che schizzano su di me. Mi imbratterà di sicuro i vestiti, costringendomi a passare per casa prima di tornare dal cliente. Oppure potrebbe gestire l’orgasmo trattenendo il seme nelle mani, o facendolo gocciolare per terra. No, ho goduto lasciando che esprima la sua voglia di me, devo lasciare che finisca senza ricorrere agli artificieri, cosa che ridimensionerebbe il finale. Alzo la testa e mi avvicino al suo orecchio e in quel momento mi accorgo che un operaio ci sta guardando attraverso la fessura che Marco ha lasciato aperta.
«No, vieni dentro.»
Continuo a guardarlo, mentre discute una presentazione che dovrà mostrare ai clienti nel pomeriggio, pensando naturalmente a quello … il sesso con lui è stato bello, soprattutto il secondo round, ma ero talmente presa dalla foga di raggiungere l’orgasmo da non far caso a come lui si destreggiava per «tenere in carreggiata l’auto che tira a destra». Delle sere successive, anche se sono passati pochi giorni, ho stranamente solo un vago ricordo: ero troppo tesa a capire che intenzioni avesse nei miei confronti, per concentrarmi sul suo pisello.
Vedo le sue labbra muoversi, sepolte nella barba folta e morbida che gli copre quasi tutto il viso, e mi pare di sentirle ancora sui miei capezzoli. Ho un fremito là sotto, cazzo! Proprio nel momento in cui mi devo alzare e riassumere lo stato di avanzamento dei lavori rispetto alla prossima deadline. Mi avvicino al monitor che proietta il grafico come se fossi nuda e dovessi nascondere gli effetti del calore che sento tra le gambe. Mi sento bagnata, e questo innesca un circolo vizioso, che a sua volta aumenta l’eccitazione e il battito cardiaco. Nonostante questo, lo guardo negli occhi e inizio a recitare la poesia che ho ripassato poco prima, riuscendo fortunatamente a interrompere quell’escalation di auto libidine che mi sta assalendo. Quando, però, torno a sedermi, passando la parola ad Andrea, è come se qualcuno avesse spento l’aria condizionata in una giornata afosa di mezza estate. Incrocio le gambe e mi mordo in modo quasi impercettibile il labbro inferiore per cercare di fronteggiare quel calore che, poco alla volta, sta tornando a farsi strada. Sono le undici di mattina, non ce la farò mai a rimanere in questo stato fino a stasera. Potrei anticipare la pausa pranzo e scappare a casa da Roger, o forse potrei far vedere la vetrina della pasticceria a Marco. Lo guardo, nei momenti in cui sono certa di non essere vista dagli altri, usando l’eloquenza che mi ha sempre permesso di andare a segno con i maschi. Lui, però, non pare capire, è troppo concentrato sul lavoro per rendersi conto che sto flirtando con lui. Serve qualcosa di più forte, che lo scuota dal torpore, risvegliando il mister Hyde che mi ha fatto impazzire solo qualche sera fa. È tempo di agire: fingo di ricevere una telefonata ed esco per un paio di minuti dalla sala riunioni. Torno poco dopo con un indumento in meno, il perizoma. L’ho sfilato e riposto nel primo cassetto della scrivania dell’ufficio dove si è piazzato. Era talmente umido di umori che non ho dovuto neanche premurarmi di strofinarlo sulla vulva per rendere la missiva ancora più esplicita. È stato già difficile trattenermi dal masturbarmi dopo averli tolti, figuriamoci se mi fossi messa a seviziare la micina con il pizzo ruvido del g-string!
«Ho lasciato un documento dentro il primo cassetto.»
Gli dico, alla fine della riunione, interrompendo Andrea che gli sta spiegando la soluzione che aveva pensato per risolvere un problema tecnico che ci assilla da settimane.
Marco mi guarda e capisce che c’è un problema ben più urgente da risolvere, sono certa che mi sta guardando il sedere mentre mi allontano, percepisco il suo sguardo, è intenso al punto che mi sembra di sentirlo palparmi le natiche, come le sue mani, quella sera. Brucio di desiderio e mi serve un pompiere, subito! Venti minuti dopo mi manda un messaggio.
«Seguimi.»
Vedo che si avvicina a un ascensore, lo raggiungo ed entro con lui. Siamo uno di fianco all’altra, in silenzio. Lui è impassibile, lo guardo con la coda dell’occhio sperando in qualcosa, qualsiasi cosa che mi faccia uscire da questa situazione di stallo. La tasca della sua giacca contiene qualcosa, quasi certamente il mio perizoma, spero che non rovini tutto facendo una scenata, spero che non me lo restituisca, spero …
«Seguimi.»
Siamo al terzo piano, il pavimento è coperto di nylon, camminiamo districandoci tra scatoloni e attrezzi da lavoro. A quanto pare lo stanno ristrutturando. Non vedo nessuno in giro, ma sento dei rumori in lontananza di gente che lavora. Lui mi prende per mano e mi trascina dentro un ufficio ancora integro. Socchiude la porta, poi guarda il pavimento e mette le mani nelle tasche dei pantaloni, attirando la mia attenzione sulla sua evidente erezione.
«Cosa significa tutto questo?»
Sto davanti a lui con le braccia conserte e lo guardo in modo severo, ci sei o ci fai? Tutti a me capitano!
«Decidi tu.»
Ultima chance, lancio la pallina nella roulette e faccio girare la ruota, rien ne va plus.
Lui tira fuori dalla tasca della giacca il g-string e lo lancia sulla scrivania, poi avanza lentamente verso di me, costringendomi a indietreggiare, fino a finire con le spalle al muro, e poi … mi bacia. Sento la tensione sessuale nel suo abbraccio forte e deciso, mi solleva per portare la bocca all’altezza della sua e rende insopportabile il desiderio che mi attanaglia da quando l’ho visto, questa mattina. Solleva la gonna e mi strizza le natiche, poi scende con una mano verso il basso, proprio lì.
«Aaaaah! Ti voglio.»
Non riesco a dire altro, sono divelta dal piacere, godo della punta delle sue dita che scorrono lungo le mie labbra schiuse e impazienti Lui mi sposta di peso sopra la scrivania, mi fa sedere sullo spigolo, poi si abbassa e infila la testa tra le gambe.
«Oooooh, sì ti prego, non fermarti.»
La barba struscia sulle calze autoreggenti mentre lui la lecca come se fosse un gelato. Non è un maestro della pennellata con la lingua, già lo sapevo, ma a me basta. La sento, umida e multiforme, scorrere da sotto a sopra la vulva, prima appiattita e larga, poi appuntita. Quando raggiunge la sommità fa tintinnare il clitoride, una sferzata che mi costringe ad aggrapparmi al bordo del tavolo per non scivolare. Io vorrei che continuasse ancora, lui, però, è impaziente, e si alza sguainando la sua eccitazione deviata. Abbasso lo sguardo per assistere alla sua entrata. Non è una cosa che faccio spesso, di solito chiudo gli occhi per concentrarmi sulle sensazioni, o guardo il mio partner negli occhi, per completare l’amplesso con i sensi esclusi dalla penetrazione. Adesso, invece, guardo il pisello, assito mentre lui prende in mano l’asta e indirizza la punta gonfia e lucida verso la mia vagina. Ecco il segreto, la mano che corregge la piega, per farlo entrare dentro dritto. Lo fa strusciare per qualche istante lungo le labbra, strappandomi un forte mugolio di piacere, poi spinge. Vedo il mio fiore aprirsi al piacere, lui lascia il suo sesso ormai instradato e spinge, sospirando. Non mi ha chiesto se potevamo farlo senza protezione, forse perché ritiene che l’assenso delle altre notti non sia ancora scaduto. Non ha senso rovinare tutto adesso, anche perché la risposta sarebbe stata la stessa. Spero, però, che come le altre sere mi avvisi se intende venirmi dentro, non so ancora se lo lascerò fare, da diverso tempo non ricevo lo sperma, è una cosa troppo intima che non ho più permesso, dopo aver lasciato Riccardo.
Lui è più eccitato di me, godo moltissimo ma sono conscia che se assecondo la sua scopata non riuscirò a raggiungere l’apice. Per questa volta va bene così, stringo il bordo del tavolo e lo bacio con passione, sento che i suoi affondi fanno leva sulla gamba sinistra, forse per fare in modo che il cazzo entri in me senza deviare. Nei momenti in cui ci stacchiamo abbasso lo sguardo per continuare a guardare il suo pene che entra ed esce da me, lui lo capisce.
«Ti piace guardare mentre ti scopo?»
«Sì.»
Un’ammissione che lo infiamma ancora di più. Sto guardando un film porno in presa diretta, nel quale sono la protagonista e sì, guardare mi sta eccitando in un modo nuovo. Subito dopo lui aumenta la velocità, e capisco che siamo al momento della verità, quello in cui lui deve dimostrare che riesce a fermarsi prima di mangiare tutte le paste del bancone. Il mio mister Hyde non mi delude.
«Sto per venire, vengo fuori?»
Il problema è che non ho ancora deciso e mi rimangono pochi istanti per rispondere.
Potrei dire di no, con la scusa di voler assistere allo spettacolo pirotecnico dei suoi fiotti di sperma che schizzano su di me. Mi imbratterà di sicuro i vestiti, costringendomi a passare per casa prima di tornare dal cliente. Oppure potrebbe gestire l’orgasmo trattenendo il seme nelle mani, o facendolo gocciolare per terra. No, ho goduto lasciando che esprima la sua voglia di me, devo lasciare che finisca senza ricorrere agli artificieri, cosa che ridimensionerebbe il finale. Alzo la testa e mi avvicino al suo orecchio e in quel momento mi accorgo che un operaio ci sta guardando attraverso la fessura che Marco ha lasciato aperta.
«No, vieni dentro.»
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