Lucia 1

di
genere
prime esperienze

L’Emilia puzza di letame, piscio di vacca e sudore rancido. È l’odore che respiro ogni mattina, che mi entra nei polmoni e mi si incolla ai vestiti. Qui non c’è poesia, solo campi piatti e uomini con le mani sempre sporche di olio o di sangue di maiale.

Mia madre, Dina, non è una santa. Quarantasei anni, le cosce ancora tonde, il culo che sembra fatto per piegarsi e aprirsi. Ha le tette grandi, pesanti, e quando suda le goccioline le scendono tra le due montagne e spariscono nella scollatura. Io la guardo e mi monta una rabbia che non capisco.

Bortolo arriva quasi ogni sera. Cinquant’anni, pancia dura e faccia da toro. Ha il collo spesso, il pelo grigio che gli spunta dalla camicia sbottonata, e un cazzo che si gonfia appena le parla. Porta con sé l’odore di vino rosso, cipolla e sigarette stanche. Mia madre lo segue senza fiatare, e io li inseguo col fiato corto, nascondendomi dietro la porta della stalla.

Non si baciano mai. Non parlano. Lei si piega sulle balle di fieno, le mutande scendono sulle caviglie, e lui glielo ficca dentro con la furia di un animale. Nessuna dolcezza. Solo botte di pancia, pugni sulle chiappe, morsi sulla schiena. Lei urla, ma non è dolore. È un grido sporco, quasi un ringhio che si mescola al suo respiro.

Io li vedo. Lui che la scopa forte, i suoi colpi che fanno tremare le assi di legno, le gocce di sudore che cadono dalla fronte sulla pelle di lei. Le sue mani enormi le stringono i fianchi come morse. Ogni spinta è un colpo secco, brutale, che le scuote il seno e le fa sbattere la testa contro la balla di paglia. Lei gode. Gode come una cagna in calore, con la bocca spalancata e gli occhi chiusi.

Io mi bagno. Non posso evitarlo. Mi stringo le cosce, sento il calore che mi scende, il brivido che mi attraversa. È schifo, è rabbia, è eccitazione. Non so più distinguere. Guardo mia madre trasformarsi in un animale, vedo Bortolo sfiancarla con quel cazzo enorme e venoso, e mi sento trascinata dentro quel vortice.

Quando lui viene, fa un verso da bestia. Un grugnito lungo, profondo, che riempie la stalla. Lei si affloscia sul fieno, le cosce ancora spalancate, il culo arrossato dalle sue mani. Lui si allaccia i pantaloni, accende una sigaretta, e se ne va senza neanche salutarla.

Io resto lì, con le mutande bagnate e la testa in fiamme.
scritto il
2025-09-16
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