Ellen - 4

di
genere
sadomaso

Alina è di corsa.
Ellen la insegue.
“Scusa, scusa, vieni amore mio, sono in ritardo, devo andare, tu bambina mia non hai bisogno di estetista e parrucchiera!, sei già bellissima così, maledetta te! Non sai quanto t'invidio. Anche i capelli hai perfetti, guarda i miei!”
Sono arrivate alla piscina.
“Sono obbligata ad andare, stasera c'è la festa e devo fare assolutamente qualcosa per questi capelli, ci guarderanno tutti! Mi porta Lūkass, lo conosci, è il nostro autista, quando torna se vuoi ti porta in spiaggia... Ellen!!! Tu ti fai invidiare!”
Ellen s'è rimessa il bikini. È irritata, odia i complimenti.
Ma per Alina Ellen è ormai un libro aperto, continua a farglieli per metterla in crisi. Quella danese gli darà un sacco di soddisfazioni, ha le palle come nessuno nel club.
Si fa dare un bacetto di saluto. “Tranquilla, torno in tempo per stasera, non mi perderei lo spettacolo per nulla al mondo, ahah! E non temere, sei mia, nessuno ti toccherà oggi.“
“Aspetta!”
“Dimmi amore, che c'è?”
Ellen s'è già pentita. “... Non tagliarli, ti stanno bene i capelli lunghi.” Dice a caso.
“No Ellen, tu potrai anche rivelarti la schiava migliore che ho mai avuto, ma non sai proprio mentire!” Si gratta dietro l'orecchio. “Facciamo un gioco: tu me lo dici ancora ed io stasera alzo la posta. E sai cosa intendo.” Le si avvicina. “Allora, bimba mia, l'uccellino ti ha mangiato la lingua?”
Ellen ha un malessere meraviglioso allo stomaco. “Ti stanno bene così, non pettinarli.”
Alina fa schioccare un bacione entusiasta. “Tu mi mandi in tilt, piccola mia... Ricordati allora, dopo Léon arriverà il mio regalo.”


Ellen, non vuole pensarci. È inutile, ormai c'è dentro fino al collo.
Vaga per la villa lasciandosi trasportare e si ritrova davanti alla porta della Quattro.
La stanza è vuota. È incazzata, i due torelli se ne sono già andati. È mai possibile con una puttanella fantastica come lui?
L'hanno spostato, Alain, il meraviglioso twink francese, è semi sdraiato sull'altalena, sospeso in posizione ginecologica. Dondola su delle larghe fasce nere che lo sostengono sotto le spalle ed il bacino e che, cingendogli le cosce, gli tengono le gambe alzate. È scomodo, la testa gli pesa all'indietro.
Gli tocca il pene caldo. Alain ha uno scatto al tocco.
Ellen vorrebbe toglierli le cuffie per chiedergli se deve pisciare ancora, ma non sa se è permesso e comunque non sarebbe la stessa cosa. Lo carezza come un bel animale in catene. Non lo trova giusto, povero Alain.
Domani ci sarà lei.
Entra un uomo. Camicia bianca e pantaloni azzurri. Ben messo, quarant'anni, rolex d'oro. “Scusa, pensavo non ci fosse nessuno. Non hai girato la targhetta sulla porta.” È tedesco.
“Non lo sapevo, sono appena arrivata.”
“Ah, infatti non ti ho mai vista. Lavori nel club?”
“No, sono una socia.... Io ho già finito, stavo per uscire.” Cerca di defilarsi.
“Benvenuta allora!... Piacere Karl.” Il tizio le porge la mano.
“Ellen.”
“Ti piace Alain?”
“Molto.”
Karl ha paura che le sfugga via. “È di Jack e Wendy, due californiani... sono miei amici, se vuoi posso chiedere se te lo prestano. Non fraintendermi, lo faccio senza impegnarti?”
“Impegnarmi?”
“Oh cielo, sei proprio nuova! Possibile che non t'hanno ancora detto la regola del club? Ogni favore va ripagato con un altro favore.”
“Sono arrivata solo stamattina.”
“Capisco e posso chiedere se sei in coppia con qualcuno?”
“No.” Risponde Ellen.
È quello che vuole dire: no, ficcanaso, non può chiedermi un cazzo. Ma aggiunge: “Sono sola.”
“Perdonami, ma mi incuriosisci a morte! Sei bellissima, e giovane... cosa cerchi?, insomma, cosa ti piace?... perché io sono socio da sette anni, conosco tutto e tutti, se sei sola magari cerchi qualcuno per muoverti qui. Io ti eviterei un sacco di delusioni, qui ne becchi tante, te l'assicuro.” Le sta fissando il triangolino bianco del bikini.
“Sono di Alina.”
“Di Alina?!”
“La sua schiava”. Mostra la medaglietta.
Karl ha la fronte imperlata. Deglutisce. “Questo cambia tutto! Ti ha già iniziata?”
“Stasera. Sul palco.”
Ellen strofina il pube sul viso di Alain, ha bisogno di masturbarsi. Fa rotolare la ball gag contro il costume, libera i pensieri. Si china un poco in avanti e glielo tira. Il bel cazzo gli s'indurisce in mano. Con gli occhi dice a Karl cosa vuole.
Il tedesco si tira fuori un cazzo importante, glielo mostra orgoglioso e se lo sega come se fosse uno scettro.
È come pensava, questo club è pieno di coglioni. Coglioni ricchi però, che possono comprare quello che vogliono. Ellen i coglioni li tiene per le palle.
Finalmente Karl lo picchia in culo alla favolosa puttanella appesa. Lo tampona come un toro, sta pensando ad Ellen e lo incula bastardo. Alain si gode l'inculata spingendo in alto il cazzo. Ellen glielo stringe più forte. E'commossa e le lacrima la figa.
Karl scopa lungo con spinte che fanno dondolare Alain avanti e indietro. Quando torna indietro Alain s'incula da solo sbattendogli contro le palle, allora Karl lo blocca fermo, si carica e tira una picconata con tutto il peso, vorrebbe fargli fare il giro dell'altalena.
Avanti e indietro. Naso, ball gag, mento e pomo d'adamo le strofinano il pube. Ellen non resiste più, scosta con due dita il costume e gli innaffia il viso.
Karl si scarica con una sborrata da raccontare agli amici.


Ha bisogno di nuotare.
Sale in camera, prende il costume intero, il telo mare, trova i sandali e caccia tutto nella borsa da spiaggia. Scende.
Lūkass è in piedi, poggiato contro il suv.
“Alina m'ha detto che puoi portarmi in spiaggia.”
Lūkass, senza una parola, la guarda con occhio esperto e sale alla guida. Ellen sorride, avrà dieci anni meno di lei.
Non sono nemmeno tre minuti di sterrato!
La portiera non si apre dall'interno. Lūkass scende e le apre.
“Non ripassare, torno a piedi.”
Non la lascia passare.
“Lo sai? Tu sei la cagna giusta per il mio cazzo... Toccamelo.”
Un altro coglione vittima dei suoi testicoli! Glieli soppesa con la mano, si volta e gli twerka contro. “Mmmm, domani, ti voglio, aspetta fino a domani.”


È una spiaggetta privata protetta da una scogliera. Ci sono degli ombrelloni e degli yacht alla fonda. Non guarda nessuno, proteggendosi con l'asciugamano si mette il costume intero. Comprime i capelli biondi sotto la cuffia, s'aggiusta gli occhialini e sta già nuotando nell'acqua piacevolmente fredda. È nel suo ambiente, le si spegne il cervello e il corpo si muove da solo.
Una lunga nuotata rigenerante e torna rinata sulla sabbia.
Ma c'è uno seduto sotto l'ombrellone. Sessantanni, magro con un cappello di paglia in testa ed occhiali neri. Le passa l'asciugamano senza alzarsi. La osserva attentamente mentre si asciuga.
“Sono Léon, volevo presentarmi prima di stasera.” Dice con accento francese.
Si rialza, è alto quasi due metri, è magrissimo e non ci fa una gran figura in bermuda e camicia aperta. Ma ha stile, un vero signore.
“Alina mi ha mentito, sei molto più elegante di quello che m'ha detto... Scusa, non voglio disturbarti oltre, si vede che sei una che sta bene da sola. Goditi questo bel tramonto.”
Ellen si sente scema, è contentissima di quello che le ha detto e il tramonto sul mare è davvero bellissimo. Fissa il sole arancione pensando ad Alina: quella vigliacca le aveva detto che Léon ce l'aveva piccolo.


No!, com'ha fatto a crederle? Alina, quell'incantatrice logorroica l'ha presa per il culo come tutti gli altri coglioni!
Nulla è come s'aspettava. Questo club è un teatrino penoso per ricchi. È furibonda e si sente esplodere ogni volta che sente le risate di Alina. Odia la sua voce. E si odia, non ha le palle, dovrebbe mandare fanculo ed andarsene, l'ha tradita. Ma non lo fa dannata lei!, la cosa alla fine la eccita.
L'ha conciata come una coniglietta di playboy, orecchie da coniglio in testa e codino bianco. “Cazzo, Ellen, sei un sogno!”
Invece lei si sente una figa per porci segaioli. È nuda, a parte polsini e cavigliere nere. E il collarino che non s'è più tolta.
“È tra venti minuti, se devi andare in bagno puoi farlo solo adesso.”
“No... sì!” Corre a pisciare ancora.
Alina le rimette il codino bianco legato in vita con un elastico finissimo, le fa bagnare un plug lucido, grosso come un limone, e glielo spinge in culo. Manca solo la ball gag, ha scelto una cilindrica arancione e gliela fa provare.
La volta verso lo specchio, Ellen si vede e sta male, è una coniglietta con la carota in bocca!
“Vieni.” La trascina col guinzaglio.
Si fermano nascoste dietro una quinta. Sul palco una troia interamente tatuata in età appena legale intrattiene i porci milionari con numeri da circo incastrata fra le gambe di due stalloni. Ellen deve ammetterlo, Alina ha un parco tori eccezionale, ma la troia tatuata la disgusta: è come piacciono adesso, col culone molle che le balla più delle tette. La cagna ci dà dentro con passione ma riesce soltanto a strappare un timido applauso nel finale, per il più classico due cazzoni in culo e finto orgasmo.
Più deprimente non può essere e tra poco tocca a lei. A trentadue anni è ridotta a girare porno dal vivo per segaioli milionari.
“Il tempo di preparare il palco e entriamo noi.” Alina le aggiusta la codina e le sussurra all'orecchio. “Devo dirtelo, non spaventarti, Lèon userà una crema di Hiroshi che non puoi conoscere, la produce solo per il club.” La bacia stringendole il viso. “Capito?, non spaventarti, è innocua, ma non chiedermi cosa c'è dentro! Zenzero, caffeina, canfora, capsaicina, checazzosò?, ma ha un odore sopportabile. Rende la pelle sensibilissima, non spaventarti, non ti rimarrà alcun segno e domani avrai la pelle ancor più bella. Capito?” La gira per vederla bene in volto. “Noi qui siamo correttissimi. Io ora ti dirò chi ci sarà sul palco, cosa faranno e cosa useranno. Il minimo indispensabile per non rovinarti la sorpresa, ahaha! Ma tu, cucciolina mia, devi dirmi che accetti. Ogni volta devo sentirlo dalla tua voce...”
Ellen è nauseata, le gira la testa, non ascolta quasi e dice subito: “Va bene, va bene, ci sto.”
“Brava! E poi arrivo io, solo dieci minuti, giuro... ma non posso dirti nulla, qui la sorpresa è tutto. Ti fidi di me?”
Ellen fa cenno di sì. “Okay, ma non così! Ti prego! Levami almeno queste.” Si tocca le orecchie rosa da coniglietta.
Gli occhi neri sono inespressivi. “Ma perché mai? Tu vuoi essere umiliata.”


Alina si dilunga in un discorso auto celebrativo.
Ellen ha gli occhi bassi, avrebbe voluto essere bendata. Non sa dove tenere le mani. La feriscono le risate, Alina l'ha chiamata figa bollente di ghiaccio. Cerca di estraniarsi, si chiude dentro e Alina deve spingerla. Ellen si muove, va verso Léon senza alzare la testa.
Ora è sua.
Le raddrizza la testa tirandole i capelli.
Ora è costretta a vedere i tavolini, uomini e donne senza volto. Riconosce però Karl seduto in fondo con una coppia di californiani sessantenni, lui mascella che più americana non si può, lei una Pamela Anderson mummificata, di un biondo assurdo. Con loro c'è Alain, camicia bianca e pantaloni eleganti, è in piedi accanto alla Pamela Anderson che non vuole andare in pensione: gli sta palpando l'interno coscia.
Sorridono tutti come in vacanza.
La coniglietta di Léon li diverte.
È sulla pedana con Léon, è più alto di lei di tutta la testa. La pedana ruota lentamente e l'eccitazione le sale dall'inguine. La sta spalmando con la crema di Hiroshi, intinge quattro dita in un grosso barattolo e gliela spalma ovunque. L'effetto è stranissimo, subito un'intensa sensazione di fresco e poi un calore invasivo. Le unge le labbra e le sente gonfiarsi come per degli spaghetti troppo piccanti. Non le leva però la carota. Sulla figa è un piacere devastante, Lèon ci insiste a lungo dopo averle impastato i seni, dopo averle chiodato i capezzoli.
La pedana smette di girare, si ferma di fronte al pubblico. C'è una gogna, due tubi sagomati di plastica, e Léon gliela chiude sul collo. Solo la testa, le mani gliele tira indietro, a braccia tese, e le aggancia a delle catene in alto, costringendola a stare ben ritta sulle gambe, in perfetta squadra col culo in alto.
Le infila tre dita unte, Ellen gode spaventata, è tutta lì, nella figa che si scalda, ma Léon le accende il plug d'acciaio e la vibrazione le corre sulla pelle fino alla punta delle dita. Non può farne a meno, geme.
Non vede più nessuno, Léon è davanti a lei. Le fa scorrere sulle guance un gatto a nove code, è di microfibra, le setole lunghe mezzo metro sono morbidissime. Nell'altra mano ha un secchiello di plastica verde, quello che usano i bambini in spiaggia. Ci inzuppa la frusta.
“Devi contare.” E sparisce dietro.

“Uno.”
La frustata è uno schianto che l'acceca, l'intera chiappa le va a fuoco ma il bruciore scompare subito, come volato via. Il plug le vibra in culo.
“Due.”
Quelli sotto, investiti dalle goccioline, tirano indietro il tavolino.
“Tre.”
“Quattro.”
“Cinque.”
Impara come incassare le frustate senza strapparsi le spalle, non si contrae più sulle braccia rivoltate all'indietro. Ora il bruciore, dopo le fiammate devastanti, permane più a lungo, ma è sopportabile.
Lascia a Leon il tempo d'inzuppare il gatto a nove code nel secchiello.
“Sei sette otto nove dieci”. Dice tutto di fila. È una tempesta di lampi. Chiappe e schiena. Sulle cosce la fanno impazzire.
Dal trenta in poi sono dal basso, su seni e ventre e gode da paura quando la sventagliata è tra le gambe, in piena figa. Morde la carota, strizza gli occhi, eccita i porci. Squirta. Ha orgasmi a raffica, sbaglia il conteggio. Si corregge, riprende e ogni volta spera e dispera che scelga di incendiarle la fica. Ma Léon è un professionista, la fa soffrire.
La rialza l'inserviente. Lèon ama il classico, in piedi, appesa per i polsi e caviglie bloccate larghe. Seni a disposizione. “Continua.”
“Sessantaquattro.”
Le gira intorno, non salta un centimetro di pelle. Ha la camicia incollata sulla schiena e il cazzo duro, nascosto nei pantaloni.
Ellen ha il cervello stordito e il corpo insensibile.
Se la sta scopando alla missionaria. Il plug vibra dolorosamente contro il pavimento di legno, il cazzo la scava in profondità. Sborra, le dice qualcosa tipo che obbligherà Alina a cedergliela due giorni ma spegne il plug. È finita.

Ma ora tocca ad Alina.
Fa portare sul palco tre grossi specchi verticali e dice come orientarli. Alina lo sa, Ellen gode male davanti agli specchi. “Guardati!”
Ellen non si rialza, può solo mettersi a gattoni. Non esiste più nessun pubblico di porci, si guarda affascinata. Ha il volto distrutto ma il corpo è perfetto, cosce e natiche sono appena arrossate.
“Rimani così, non serve alzarsi.”
Il solito inserviente le fissa mani e caviglie a dei ganci sull'impiantito. È a pecorina di profilo per il pubblico. Dietro le quinte vede due ragazzi di Bruce. Si toccano il pacco. Sì, facciamola finita.
Alina le toglie il plug e la carota ma le lascia le orecchie da coniglietta. Il codino è andato perso. “Bene, coniglietta mia, solo dieci minuti ancora, ma tu devi prima darmi l'okay. Devo sentirlo dalla tua voce.”
Ellen non capisce, okay per cosa? le chiede con gli occhi.
“Ma che occhioni spaventati ha la mia coniglietta, ahah! Non avrà mica paura del lupo?!”
Ellen s'incazza quando fa così.
Alina sta guardando in basso, verso la scaletta dietro lei. Ellen gira indietro la testa.
Pedro, il giardiniere tuttofare sta salendo sul palco. Trattiene per un corto guinzaglio un grosso danese. Nero con dei calzini bianchi alle zampe.
Ellen si rivolta di scatto, trema sulle ginocchia. Una lingua bavosa la lecca come una ciotola già svuotata. Lo sente ansimare, il naso bagnato, il fiato caldo. Nemmeno riesce a pensare a quanto è merda. Si vede nello specchio. Le orecchie ritte da coniglietta. Vede anche quelle del danese ma il muso è nascosto sotto le lunette delle sue fantastiche natiche. Un culetto da atleta, come Alain, non il culone flaccido della troia tatuata. Léon glielo vuole frustare due giorni, lo tiene per le palle. Il cagnone glielo lecca tutto con la sua linguona larga.
Gode nella parte più profonda della sua anima.
Guarda a sinistra, verso i tavolini.
Alain s'è allontanato da Pamela Anderson. E' ipnotizzato.
“Ellen?! Aspettiamo te!”
“Okay.” Dice.
scritto il
2025-08-13
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