Trasloco
di
onilad54
genere
incesti
Mamma, come tutte le mattine, mi chiamò: Era l’ora di alzarsi per andare a scuola.
Mi stropicciai gli occhi e mi stiracchiai sbadigliando. Sbuffai infastidito dalla luce, che entrava dalle imposte che mia madre, indifferente alle mie smorfie di insofferenza, aveva aperto sul poggiolo della camera.
Con la sua solita ironia mi disse: “ Svegliati dormiglione!… Dai alzati, che è ora!… La sera leoni e la mattina coglioni mi sembra!”
La osservai ammirato, era da un po di tempo che guardavo mia madre come un figlio non dovrebbe!
In quel momento, stagliata contro la porta finestra in controluce, era uno spettacolo a cui non riuscivo a rimanere indifferente: Aveva un fisico pienotto ma molto invitante, con le curve nei punti giusti. Tra le gambe, la leggera sottoveste semitrasparente, non riusciva a nascondere la curva inguinale, semi nascosta dalle mutandine bianche, che formava quella dolce protuberanza estremamente invitante che caratterizza tutti i corpi femminili..
Il seno, libero dalla biancheria intima, era leggermente cadente, ma ancora bello pieno, probabilmente di una quarta misura, la trasparenza del tessuto non riusciva a nascondere i grossi capezzoli, contornati da una larga aureola scura, che ben evidenti spingevano contro l’abbigliamento leggero.
I capelli, di un bel biondo cenere, soffici e vaporosi, illuminati dal sole mattutino, le cadevano a boccoli sulle spalle.
I suoi stupendi occhi verdi, come smeraldi incastonati nel suo bel volto angelico, nascondevano il suo carattere birichino e furbo.
Mamma o non mamma, era decisamente una gran gnocca, ancora molto bella nonostante i suoi quarantatré anni suonati e nonostante tutti i sacrifici che aveva fatto per accudire me, senza contare tutti quelli che ancora stava facendo!
Mi alzai mio malgrado dal letto, vidi gli occhi di mia madre soffermarsi divertiti sul mio inguine, abbassai lo sguardo, mi resi conto solo allora della mia erezione mattutina, che tendeva la stoffa dei boxer. Dall’apertura frontale sull’intimo sbucava parte del mio uccello in tiro!
Mia madre sorrise e spiritosa puntualizzò: “Certo che stamane abbiamo un bell’alzabandiera mi sembra!” Arrossii, portandomi le mani a nascondere il pacco, scoppiò a ridere del mio imbarazzo e avviandosi verso la porta che portava al piano inferiore, mi disse: “Dai maialino… Vieni giù, che è pronta la colazione!”
Guardai fuori dalla finestra: il lago, di una cromia indefinita e sospetta, era solcato da alcune piccole imbarcazioni, dove alcuni coraggiosi turisti, armati di canna da pesca, cercavano di catturare qualche povero pesce, che non era ancora morto per l’inquinamento idrico del bacino. Un airone volava spaesato e confuso, sopra allo specchio d’acqua.
Ci eravamo da poco trasferiti dal nord, scegliendo una zona più tranquilla nel centro Italia, nella speranza di un tenore di vita più adeguato alle nostre disponibilità economiche.
Negli ultimi anni, dopo la pandemia di Covid, il costo della vita nel settentrione era diventato proibitivo. Con le poche risorse a nostra disposizione, non riuscivamo più a sostenere quello che, fino a poco tempo prima, era alla nostra portata. Così avevamo deciso di spostarci in un’area poco conosciuta del centro italia, dove gli affitti erano più accessibili.
Fortunatamente, grazie a un annuncio su Indeed, mamma aveva trovato lavoro in una piccola sartoria della zona. La paga non era altissima, ma per iniziare poteva andare bene. Inoltre, lei si trovava bene nel nuovo ambiente di lavoro, un dettaglio importante che rendeva il cambiamento meno pesante per tutti noi.
Nella nostra nuova zona di residenza, le attività erano improntate sopratutto sulla pastorizia, all’allevamento dei maiali allo stato brado ed una stentata agricoltura praticata ancora con metodi tradizionali.
I pochi e coraggiosi turisti, che evidentemente non potevano permettersi qualcosa di meglio, in estate erano comunque una boccata di ossigeno per il territorio.
Scesi a fare colazione, salutai con un bacio mia madre che stava uscendo per recarsi al lavoro.
Io e mia madre vivevamo da soli. Non avevo mai conosciuto mio padre, ero nato da un rapporto occasionale quando lei aveva solo ventitré anni.
Non aveva mai preso in considerazione l’idea di interrompere la gravidanza, pur consapevole delle difficoltà che avrebbe affrontato con quella decisione. Aveva affrontato tutto con coraggio, sacrificando molto per crescermi da sola, con amore. Si era occupata di me e del lavoro nello stesso tempo, senza l’aiuto di nessuno. I miei nonni, dopo aver scoperto che la loro unica figlia era incinta, avevano tagliato ogni legame con lei.
Il nostro rapporto era profondo e il legame che ci univa ci aveva aiutato a superare molti momenti difficili, incluso il trasferimento in quella zona meno privilegiata.
Non mi piaceva vivere lì. Avevo dovuto lasciare i miei amici, la scuola che frequentavo e gli agi a cui ero abituato. Tuttavia, comprendevo che quel cambiamento era necessario, e per questo cercavo di adattarmi alla nuova realtà.
Uscii per prendere l’autobus, mentre stavo chiudendo il portone, una voce femminile mi salutò: “Ciao Luciano, anche oggi già pronto per la scuola?…Bravo!”
Ricambiai il saluto di Giuditta. Era una donna sui cinquantacinque anni, piuttosto formosa, con un bel sorriso ed un viso rubicondo e simpatico, in quel momento stava facendo dei lavori di giardinaggio nella zona verde davanti al suo appartamento adiacente il nostro: “Buongiorno signora… Eh si! Anche oggi al Liceo. ma ancora per pochi giorni, da lunedì prossimo cominciano le ferie estive, finalmente.” Guardai dalla sua parte, mentre scosciata, stava sradicando alcune erbacce dalle aiuole.
Sbirciai tra le sue gambe, non portava le calze, era messa leggermente di lato e questo non mi permetteva di vedere bene. Ma le sue sensuali cosce bianche e generose, quel vedo e non vedo, mi fecero inalberare immediatamente la mia esuberante virilità.
Mi guardò in modo malizioso intercettando il mio sguardo, soffocò una risata e si spostò in avanti, a favore della mia vista. Adesso le sue cosce erano ben divaricate ed esposte! Dei peli riccioluti e scuri sfuggivano ai lati dell’indumento intimo, di colore bianco, che in trasparenza velavano le piccole labbra, grosse e scure, schiacciate contro il tessuto. I seni opulenti, premuti contro la pancia per la posizione accovacciata, quasi sgusciavano dalla scollatura.
Dovetti sforzarmi per non accarezzarmi la verga che spingeva contro la patta dei pantaloni.
Lei continuò il suo lavoro fingendosi indifferente alla sua oscena mise. Mi fece alcune domande sull’andamento dello studio a cui io, rapito dal panorama delle sue intimità, rispondevo a mono sillabi.
Lei, lusingata dal mio interessamento, conscia della mia evidente erezione, mi guardò con uno sguardo di malizioso e affettuoso rimprovero, senza per altro spostarsi da quella licenziosa postura: “Vai a scuola, birichino!… E mi raccomando…. Non pensarmi troppo, quando andrai in bagno, maialino!”
Era già la seconda volta che mi davano del maiale quella mattina!
Distolsi a fatica lo sguardo dallo spettacolo che Giuditta mi elargiva con tanta generosità.
Corsi verso la fermata del bus, rosso in faccia e con gli occhi della mente ancora tra le gambe della mia vicina di casa.
Mentre ero in piedi nel bus stracolmo di studenti. Ripensai a Giuditta, lei viveva con il marito che faceva il camionista per una ditta di trasporti internazionali, ed a volte non rincasava neanche il fine settimana, tra l’altro aveva il vizio del gioco e sapevo, grazie alle confidenze di Giuditta a mia madre, che sperperava un sacco di soldi in quella passione, che ormai era diventata una dipendenza.
Avevano un figlio sposato che viveva a Roma, che si faceva i cazzi suoi e si faceva vedere poco.
La vedevo spesso rincasare con accompagnatori occasionali che le portavano le borse della spesa a cui, era da tutti risaputo, pagava gli acquisti al supermercato con delle concessioni sessuali.
Avevo inoltre scoperto che, in zona, non era la sola che incrementava i bassi redditi con quel genere di consuetudini.
Non era da molto che io e mia mamma risiedevamo in quel luogo, ma non ci era voluto molto per rendermi conto della scarsa moralità di parte della gente del posto. Questa situazione era, in parte, conseguenza di un elevato tasso di analfabetismo e della scarsa interazione sociale con altre realtà.
Ricordo che non molto tempo prima ero andato a casa di una mia compagna di scuola, dopo aver suonato il campanello ed aver chiamato senza ricevere risposta, entrai in casa dall’ingresso principale che era aperto, Delle voci, che sembravano dei lamenti, provenivano dall’estremità di un lungo corridoio. Lo percorsi fino ad una porta laterale, appena accostata: mi fu chiaro che quelli che avevo scambiato per lamenti, in realtà erano dei gemiti di piacere. Attraverso lo spiraglio vidi Claudia, la mia amica, completamente nuda, seduta sopra al padre steso supino sul letto, lui se la stava scopando alla grande, mentre lei si dimenava, con evidente soddisfazione sopra di lui, strizzandosi le tette già belle sviluppate per la sua età e così sode che sembravano sfidare la gravità
Ero scioccato da ciò che si stava svolgendo davanti ai miei occhi, ma questo non impedì al mio uccello di inalberarsi immediatamente davanti a quell’incestuosa scena.
Mi strizzai il cazzo con una mano. Preso dal lussurioso spettacolo, inavvertitamente toccai la porta che si mosse cigolando. Si girarono tutti e due dalla mia parte. Suo padre mi guardò, e più seccato che imbarazzato, mi apostrofò: “ Che cazzo ci fai qua!!… E che cazzo hai da guardare…Vai fuori dai coglioni stronzo!” La mia amica, continuando saltare sopra al padre ansimando, con il viso che esprimeva tutto il suo piacere, mi disse: “Ah ciao!… Vengo tra un attimo, aspettami di là che faccio subito!”
Mi diressi verso la sala da pranzo e, appena varcata la soglia, quasi mi scontrai con la mamma di Claudia. Era una donna magra e dall’aspetto trascurato, con i capelli arruffati e un grembiule logoro che poco valorizzava la sua femminilità. Sul suo viso, solcato da profonde rughe, erano impresse tutte le fatiche di una vita difficile.
Mi salutò con un sorriso stanco: “Ciao Luciano, stai aspettando Claudia?”
Senza aspettare risposta, aggiunse sconsolata: “Quel porco non ne ha mai abbastanza!” Poi alzando la voce urlò verso il fondo del corridoio: ”Dai sbrigatevi!!… Dai Claudia che poi devi andare a prendere il latte!” Dal fondo arrivò la risposta del marito: “Brutta troia!!…. Lasciami fottere in pace mia figlia!… Vai tu a prendere il latte stronza!!” Lei di rimando, a voce bassa, disse: “Coglione sfaticato!!” Si rivolse verso di me e concluse malignamente: ”Non preoccuparti, non dovrai aspettare ancora molto, quel maiale non dura mai più di dieci minuti, prima della sigaretta!!… Ho sempre dovuto menarmela da sola per venire, mentre il porco egoista si accendeva la cicca pago della sua egoistica spruzzatina!” Assentivo come un’imbecille, ero sotto shock per la situazione surreale che stavo vivendo!
Ma che cazzo di famiglia era quella! Mi stavo chiedendo se stavo sognando oppure era tutto vero!!
Dei passi mi fecero girare, Claudia, vestita di un corto prendisole, mi sorrise e, come se fosse tutto normale, mi chiese: “Mi accompagni alla stalla di Remo a prendere il latte?” Sua madre baciò la figlia sulla guancia, dicendole: “Fai presto amore, che tra poco passa il camion del caseificio a ritirarlo”. Poi aggiunse: “E lavati la faccia, che sa di cazzo!” Fregandosene delle ultime parole della madre, mi disse: “Vieni”. Preso il contenitore per il latte, la seguii come un automa, lungo la stradina di campagna.
Lei camminava saltellando leggermente più avanti di me, il corto e leggero capo di abbigliamento che indossava, metteva in risalto il suo bel culo armonioso, i lembi inferiori del coprisole, mentre avanzava ballonzolando, le toccavano alternativamente le giovani e invitanti chiappette, scoprendone buona parte.
Ripensai a quello di cui ero stato testimone poco prima e a tutto al ben di Dio che si nascondeva sotto a quei pochi lembi di tessuto.
Mi venne spontanea una domanda, presi il coraggio a due mani e le chiesi: “Scusa ma ti scopi tuo padre?” Lei mi guardò stupita, come se avessi chiesto qualcosa di assurdo e mi rispose: “Beh… E allora!? Che c’è di male! Mia mamma è troppo presa dalle sue cose, così devo occuparmi io di lui!” Poi come se dicesse una cosa ovvia, aggiunse: “E poi è compito delle donne occuparsi dei bisogni degli uomini, no?!” Prima che potessi ribattere, alzandosi i lembi del vestito sui fianchi ed accucciandosi a terra a gambe larghe, disse: “Aspetta che devo pisciare!”
La guardai stupefatto con gli occhi sbarrati, in quel momento realizzai che non indossava le mutande, tra le pieghe della sua giovane figa aperta vidi sgorgare un copioso getto paglierino che bagnandole l’abbondante peluria e in parte scivolando lungo le chiappe, cadeva a terra, spargendosi tra l’erba della stradina di campagna.
Lei mi guardò, sorridendo del mio evidente turbamento: “E’ la prima volta che vedi una donna pisciare?” Mentii: “Si! E’ la prima volta” In realtà avevo iniziato da poco a spiare mia madre in bagno attraverso il buco della serratura. Mi chiese :”Ti piace?” Le sorrisi intrigato e le risposi strizzandomi il cazzo da sopra i pantaloni: “Oh si!… Mi piace guardarti mentre pisci”.
Rise compiaciuta della mia risposta e mentre continuavo a guardarla urinare, mi disse: “Ma a te non scappa?… Dai piscia anche tu!” Veramente avevo il cazzo troppo duro per poter urinare a mia volta, ma non mi lasciai sfuggire l’occasione di tirarlo fuori davanti a lei. Lo estrassi e mi girai dalla sua parte, con l’uccello in tiro, lei mi guardò compiaciuta e disse: “Che bel cazzo che hai!… Avvicinati!” Non me lo lasciai ripetere, mi portai ad un passo da dove era accucciata, aveva finito di pisciare, ma potevo ancora sentire l’odore intenso del liquido sparso sul terreno, annusai l’aria inalando quell’eccitante aroma che mi fece drizzare ulteriormente la verga.
Lei rimanendo accucciata mi invitò ad avvicinarmi ancora, mi accostai fino a metterle il cazzo a pochi centimetri dalla faccia, lei lo guardò riempiendosene gli occhi, poi guardò in alto, verso di me e mi sorrise sensuale, umettandosi le labbra, quasi toccando il glande con la lingua. Con la voce alterata dalla libidine mi chiese: “E adesso?” Io risposi al suo sorriso spingendo in avanti il bacino, toccandole le labbra con la punta dell’uccello scappellato e odoroso, bagnato di pre sperma. Lei chiuse gli occhi e lo annusò: “Mmm… che buono l’odore di cazzo!… Mi piace da impazzire!” Aprì la bocca e se lo fece entrare fino in gola, con le palle che le toccavano il mento.
Lo sliguò per un po, ciucciandolo e leccandolo bramosa.
Poi, all’improvviso, ricordando il motivo per cui si trovavano lì, si alzò con riluttanza: “Cazzo dobbiamo andare, altrimenti se non porto il latte a mia madre, quel porco di mio padre si incazza perché non può fare la solita colazione domattina!”
Cazzo! Proprio sul più bello!
Lei, asciugandosi i residui di piscio della bernarda, con il davanti dell’abito. Sorridendomi contrita, mi disse: “Dai ti finisco al ritorno! Ok?” Che troia!!
Con qualche difficoltà, non mi restò che rinfoderare l’arma.
Ci mettemmo ancora una ventina di minuti prima di arrivare davanti ad una cascina fatiscente con a fianco un vecchio capannone che fungeva da stalla, da dove provenivano i muggiti delle mucche.
Varcammo il portone dell’edificio, accolti da un intenso odore di letame. Con un senso di compassione, osservai gli animali stipati nel poco spazio a loro disposizione, in quell’ambiente poco luminoso. Povere bestie!
Sul fondo del capannone, un uomo dava da mangiare alle malcapitate. Indossava luridi pantaloni corti e una canottiera lercia, di un colore incerto, sbiadito e indefinito. Troppo piccolo per la sua corporatura, l’indumento non riusciva a contenere la prominente pancia, che restava abbondantemente scoperta. Dalla scollatura e da sotto le ascelle, spuntava una folta e ispida peluria. La barba incolta di un paio di giorni incorniciava un viso paffuto e rubicondo, mentre pochi capelli bisunti gli aderivano al capo. Quando ci vide, si avvicinò dondolando sul corpo pingue. Sorrise a Claudia con un’espressione lasciva, rivelando una dentatura malridotta, che probabilmente non aveva mai visto uno spazzolino. Un forte senso di repulsione mi invase..
Claudia lo salutò e gli porse il contenitore vuoto: “Ciao Remo, tutto bene?… Come il solito, sono venuta per il latte, mica è già passato quello del caseificio?” Squadrando la mia amica da capo a piedi, spogliandola con gli occhi, rispose: “Sei arrivata appena in tempo, dovrebbe a passare a momenti, Vieni che te lo dò.”
Dopo i convenevoli Remo ci accompagnò vicino ad un grande contenitore di acciaio, pieno per metà di latte, un nugolo di mosche ci volava sopra, ci immerse il bidoncino vuoto per riempirlo e lo porse alla mia amica. Per farlo passò davanti a me, fui investito da un forte odore di sudore stantio, da far rivoltare lo stomaco!
Claudia dopo averlo ringraziato, prese il denaro per pagarlo, ma lui rifiutò con un gesto della mano: “Dai, lascia stare i soldi. So che a casa non navigate nell’oro.” La guardò con uno sguardo carico di malizia, un ghigno che voleva essere un sorriso, poi aggiunse: “Te lo regalo io il latte, tu in cambio mi fai dare un’occhiata sotto al grembiule che indossi, e magari mi lasci toccare un po, come l’ultima volta.” Claudia scoppiò a ridere: “Ma allora sei proprio un porco incallito!” Guardandolo in maniera seducente, acconsentì: “Va bene, io ti lascio toccare, ma tu devi aggiungere un regalino di almeno venti euro al latte!” Remo fece finta di pensarci, poi disse: “Sei una piccola troia approfittatrice!… Va bene dai… Vieni qua!”
Ero incredulo e sgomento, eppure si stava svolgendo tutto sotto ai miei occhi! Cazzo quella troia si stava prostituendo per poco più di qualche litro di latte, con una persona che definire zotico era un eufemismo!
Remo prese Claudia per i fianchi, la sollevò di peso e la adagiò, seduta su delle balle di fieno e le sollevò la gonna. Lei allargò le gambe per meglio esibirsi agli occhi del bramoso bovaro.
Remo guardò con sguardo vizioso il sesso aperto e peloso della ragazza, un rivolo traslucido e lattiginoso, colava tra le sue rosee ninfe, rivelando la sua voglia. Dalla vagina colava ancora parte della sborra del padre che la aveva posseduta.
Piacevolmente sorpreso, esclamò: “Neanche le mutande indossi, troia!!” Lei, sempre a gambe aperte, rispose con un seducente sorriso eccitato: “Beh… così puoi goderti più facilmente quello per cui hai pagato!!” Non so perché, ma non mi stupii affatto quando, per prima cosa, la prese per le gambe, alzandole in alto, e infilandole la lingua nel buco del culo, dopo averle aperto le chiappe con le mani.
Lo sentii dire: “Cazzo come puzzi!… Troia!… Qua c’è un sacco da mangiare!” Lei gli teneva la testa premuta tra le chiappe e con la faccia stravolta dalla libidine, con la voce spezzata dal piacere, lo incitò: “Pulisci bastardo!… Lecca culo del cazzo!… Fammi un bel bidè, porco!”
La scena decisamente lussuriosa che mi si parava davanti non mi lasciò indifferente: Mi aprii i pantaloni e liberai l’uccello in erezione, me lo strinsi tra le mani ed iniziai a segarmi lentamente, guardando quei due porci.
Mi avvicinai, presi la mano di Claudia e me la portai sul cazzo, lei girò la testa verso di me, e ansimando, scuotendo il bacino contro le labbra del suo rozzo amante, disse: “Vieni vicino, mettimelo in bocca… Dai che ho voglia pazzesca di cazzo!… Riempimi la bocca di sborra!”
Salii sulle balle di fieno e avvicinai la verga alla sua bocca aperta, mentre mulinava la lingua in fremente attesa. Avvolse il glande con la lingua: “Mmm… Come è buono!” Mi mise una mano sul culo per spingermi verso le sue labbra, io la aiutai prendendole la testa e spingendoglielo bene in gola.
Remo cambiò posizione e si mise sopra alla mia giovane pompinara, infilandole il cazzo nella passera e si piegò sopra di lei, baciandola sulla bocca mentre mi stava succhiando l’uccello.
Lei sentendosi riempire l’utero, aprì la bocca in cerca d’aria, lui si impadronì del cazzo che le era sfuggito di bocca.
Io sorpreso, cercai di tirarmi indietro ma il suo possente braccio che mi allacciava i lombi mi tenne fermo, la mia ritrosia durò poco, il maiale ci sapeva fare con la lingua! Lasciai che succhiasse!
La situazione lussuriosa in cui mi stavo trovando, stimolò il mio orgasmo: Avvertii Remo che stavo per sborrare, lui mugugnando mi premette contro di se per impedirmi di uscire dalla sua bocca.
Gliela riempii con una copiosa e calda sborrata.
Lo sentivo deglutire, quella che gli sfuggiva dalle labbra, era lappata dalla bramosa lingua di Claudia. Unirono le loro bocche in un osceno bacio al sapore di cazzo, Remo riversò in bocca a Claudia parte del mio denso orgasmo.
Vidi la mia giovane amica, travolta dalla depravazione degli eventi, con le labbra lorde di sborra, dare sfogo a tutto il suo piacere urlando forte nel momento in cui si sentì riempire l’utero dallo sperma del maschio, che la pompava con forza.
Remo, soddisfatto, si lasciò scivolare a lato di Claudia, rilassata e paga.
Quel maiale, non ancora sazio, adocchiò il mio cazzo moscio che gli sfiorava la faccia, si allungò e lo prese in bocca, ciucciandolo con gusto, con la stessa ingordigia di un bimbo che poppa dalla tetta!
Mi premette la testa, facendomi abbassare sul suo inguine, la sua forza mi impedì di sottrarmi, guardai quel cazzo moscio e scuro, ancora ricoperto dai bavosi residui che la figa di claudia gli aveva lasciato addosso nel momento dell’orgasmo.
L’odore intenso di sudore rancido e di piscio stantio del suo uccello, colpì le mie narici. Lui mi premette la faccia contro quel sesso maleodorante, ero schifato, ma allo stesso tempo ne ero oscenamente attratto. Aprii la bocca quando sentii il glande impastato di smegma sfiorarmi le labbra. Lo lasciai entrare e succhiai avido quella capella salata, mi stupii della mia bramosa ingordigia, quando, con la lingua, cercai, quella ricottosa cremina.
Non avevo assolutamente mai avuto rapporti con altri maschi, a parte qualche palpatina più o meno scherzosa tra amici, ma quella situazione dissoluta aveva fatto cadere tutte le mie remore.
Poppai con avidità quel grosso e laido cazzo che sentivo prendere vigore nella mia bocca, mi nutrii con famelica brama di tutte le sue luride essenze, fino alla sborrata finale, che sembrava infinita.
Lui continuava a succhiarmi indomito. Nonostante avesse già raggiunto il piacere, avvertivo, dalla avidità con cui ciucciava, che non si sarebbe sentito appagato fino a che non gli avessi riversato in bocca una nuova, imminente sborrata.
Guardai Claudia che si stava smanettando con frenesia la sua bella fighetta, farcita dello sperma dei precedenti amanti, che schiumoso, veniva montato dalle dita, mentre ci guardava.
Oscenamente attratto da quella lussuriosa esibizione, senza più alcun freno inibitorio mi fiondai tra le sue gambe, a lappare ingordo quelle bave. La sentivo godere, mentre cercavo, con la punta della lingua, tra le pieghe il suo laido sesso, altri saporosi residui. La sentii venire, mentre gridava tutto il suo piacere, nel momento in cui le stavo succhiando la saporita clitoride, impregnata di ciprino.
Io e Claudia, stanchi, sudati e sporchi, seduti a riposarci su delle balle di fieno, accettammo un ristoratore bicchiere di bibita fresca da Remo.
Ci ricomponemmo per quanto possibile e salutammo Remo, mentre rivolto verso di noi, a cazzo di fuori, stava pisciando sulla lettiera delle vacche.
Io guardai quel buzzurro, peloso e pingue. Pensai a quanto ero caduto in basso. Ma anche a quanto avevo goduto di quei momenti di depravazione!
Uscimmo dalla fattoria, che avevo ancora in bocca il forte sapore del suo uccello e quello degli umori della passera di Claudia conditi di sborra!
Dopo quest’ultimo episodio, ne seguirono altri, più o meno dello stesso tono.
Claudia mi fece conoscere alcuni sue amiche ed amici, certi anche molto maturi e decisamente porci, non c’era distinzione di genere, di parentela o di età, tutti scopavano con tutti!
Più passavano i giorni e più mi assoggettavo alla alquanto dubbia moralità della gente del posto. Mi rendevo conto che, in pochi mesi, avevo vissuto più esperienze di quante molte persone vivano in tutta una vita.
Il tempo passava e anche il rapporto con mia madre cambiava, lei capiva che stavo crescendo e sicuramente si accorgeva che i miei sguardi nei suoi confronti non erano più così innocenti.
Intanto le cose andavano avanti come sempre:
Le intriganti scosciate, durante i lavori di giardinaggio di Giuditta continuavano ad allietare le mie uscite di casa mattutine, che lei faceva di tutto per renderle sempre più gradevoli!
Lei e mia madre erano diventate buone amiche: si incontravano spesso nelle rispettive case, per giocare a carte, a volte invitavano altre o altri conoscenti. In un’occasione avevo visto lei e mia madre scambiarsi delle effusioni alquanto sospette.
Forse il clima licenzioso che aleggiava in quel luogo stava corrompendo perfino la rettitudine di mia madre.
Poi, un giorno, successe l’inevitabile: Quel pomeriggio rincasai tardi. Mia madre era preoccupata, mi abbracciò felice di vedermi. Il suo impeto fu subito frenato dall’odore che non mi ero premurato di togliermi di dosso, mi guardò sospettosa: “Come puzzi!… Sei caduto in una latrina, o hai fatto sesso con la più lurida delle luride!?” La sua battuta mi tolse dall’imbarazzo e scoppiai in una fragorosa risata che contagiò anche mia madre, dopo il primo accesso di ilarità, mi indicò il bagno: “Vai a lavarti maialino!!” Mentre si girava per andarsene aggiunse: “Così giovane e già così porco!”
Mentre mi spogliavo per fare la doccia, notai un piccolo lembo di pizzo che usciva dal contenitore della biancheria sporca, capii subito cos’era. lo presi e lo tirai, naturalmente era un perizoma di mamma. Aveva sempre avuto la passione per
l’intimo seducente. Mi portai la mutandina al naso, la pattina dell’indumento intimo era macchiata di secrezioni giallastre, l’odore di sudore e di figa matura era intenso, un vago sentore di urina rendeva l’aroma molto più intrigante, Il tessuto era ancora umido e caldo, probabilmente se le era appena cambiate, come faceva sempre dopo il rientro dal lavoro, spesso anche prima di lavarsi.
Quell’odore stimolò la mia eccitazione, presi a segarmi sniffando l’effluvio intimo di mamma!
Con un tempismo inopportuno, proprio in quel momento, si aprì la porta ed apparve lei con il mio accappatoio lavato sul braccio, ci guardammo reciprocamente sgomenti, io con ancora il cazzo in mano e le mutande premute sul volto, mentre continuavo a segarmi meccanicamente.
Quando si realizzò ciò che stava succedendo, lasciò cadere l’indumento che aveva in mano. Mi fissò con uno sguardo colmo d’ira, i suoi occhi si posarono sulla mano con cui mi stavo ancora inconsapevolmente menando l’uccello. Per la prima volta nella sua vita, alzò le mani per darmi un ceffone. Istintivamente mi scostai prima che mi colpisse. Perse l’equilibrio, inciampò nell’accappatoio abbandonato sul pavimento e cadde rovinosamente, battendo violentemente un ginocchio a terra. Un urlo di dolore le sfuggì dalle labbra.
La soccorsi mentre, tra lamenti di dolore, cercava di rialzarsi. Ma questo non la calmò. “Lasciami stare, bastardo! Non toccarmi! Sei un porco! Ma che cazzo ti salta in mente?” Il furore iniziale si attenuò, ma le sue parole colpirono con lo stesso peso di un macigno. “Solo perché siamo finiti in un nido di porci, mio figlio deve comportarsi come tale?!” Poi, con la consueta veemenza materna, sentenziò: “Guarda che Io ti ho fatto, e io ti posso disfare… Sia chiaro!!” Cercò di rialzarsi da sola, rifiutando il mio aiuto. E mentre lo faceva, lottò per soffocare la risata che, nonostante tutto, le stava affiorando alle labbra: “Brutto porco, le mie mutande ti dovevi annusare! Quelle di una vecchia!!” Io adulandola cercai di addolcirla: “Mamma tu non sei affatto vecchia!” Scoppiò a ridere divertita dei miei tentativi di rimediare: “Oltre che porco, anche ruffiano!”
Non riusciva mettersi in piedi, nei tentativi, la gonna era salita scoprendole completamente le cosce, le belle mutandine rosa piccole e trasparenti non riuscivano a nascondere molto, quando si rese conto della sua involontaria esibizione e del fatto che io la stavo ammirando, con un plateale sospiro di disappunto si abbassò l’indumento sulle gambe: “Invece di guardare allupato, Cosa aspetti ad aiutarmi, imbecille!” Mi affrettai a soccorrerla: Cercai di sollevarla prendendola sotto alle ascelle, in quella posizione aveva il cazzo che le sfiorava il viso, girò la testa battendoci contro con il naso. Invece di indignarsi, intimandomi di rivestirmi, scoppiò a ridere e mi stupì quando mi diede un bacio a fior di labbra sulla verga, Parlando quasi tra se, aggiunse rassegnata: “Cosa vuoi farci, dopo tutto sei sempre mio figlio!” Poi con tono di rimpianto, guardando l’uccello, aggiunse: “Purtroppo!!”
Il fatto di essere li, nudo, con il cazzo a pochi centimetri dal volto di mia madre, mi faceva impazzire dalla libidine, lo sentii iniziare a inalberarsi di nuovo.
Lei se ne accorse e, con tono canzonatorio, mi disse prendendomi in giro: “Certo che sei proprio un irriducibile maiale!… Cosa vorresti adesso, un pompino!?” Con la voce vagamente ironica, alterata da quella forte emotività che si stava creando, aggiunse: “Vorresti che la tua mammina te lo succhiasse?” Dai alzami, porco!” Non la avevo mai sentita usare termini così scurrili!
La sollevai e la strinsi saldamente in braccio. Lei mi avvolse il collo, aggrappandosi a me. Potevo sentire le sue chiappe setose, contro il mio avambraccio. Con passi decisi la trasportai in camera e, con estrema attenzione e dolcezza, la adagiai sul letto.
Con voce dolce mi disse: «Grazie, amore. Scusami se mi sono arrabbiata così tanto poco fa, ma devi ammettere che sei stato proprio una peste!» Poi si avvicinò e mi sfiorò le labbra con un bacio fugace, carico di una promesse. I suoi occhi, scintillanti di complicità, mi osservarono con una malizia quasi sensuale: “Certo che ti sei fatto un bel maschietto…" sussurrò, lasciando che le sue dita scivolassero lente sul mio petto e lungo la schiena, accarezzandomi con una delicatezza e con una sensualità che solo una donna sa avere, ma non come una mamma dovrebbe!
Mi guardò con un’espressione civettuola, e diede un buffetto all’uccello, dopo un sospiro di rammarico, disse: “Rinfodera sto bel pistolone e mettiti le mutande!”
Intanto il mio uccello, incoraggiato dal distendersi dalla situazione, e dalle sue carezze, era tornato al massimo splendore!
D’altronde, chissà da quanto tempo non faceva sesso, io non la avevo mai vista con un altro uomo. Probabilmente quello che stava succedendo quella sera, stava facendo esplodere tutta la sua sessualità a lungo repressa.
Mi sporsi sopra di lei per prendere l’altro cuscino dall’altra parte del letto per metterla più comoda, non mi resi conto che le stavo nuovamente le sfiorando il viso con il cazzo, lei non disse niente, neanche quando sentì il glande umido sfregarla sulle gote.
Mi misi un paio di mutande, che non riuscivano a coprire completamente la mia prepotente erezione.
Mia madre mi chiese di prendere della crema antidolorifica, quando gli porsi il l’unguento, cercò di piegarsi per spalmarselo sul ginocchio, ma aveva troppo male per riuscirci e chiese il mio aiuto: “Devi fare tu, mi fa troppo male. Ma toglimi la gonna prima, altrimenti se si macchia con quel medicamento, non si pulisce più.” Vagamente ironica, sorridendo, aggiunse: “Non credo che ti dispiaccia, vero?”
Le sfilai la gonna, involontariamente, assieme, le abbassai anche le mutandine fino a metà coscia.
Non riuscii a distogliere lo sguardo da quel bel cespuglio peloso, la fessura aperta, le piccole labbra gonfie, l’umidore che notai nel mezzo rendevano palese la sua eccitazione.
Lei si accorse che mi ero reso conto del suo stato. Con un sorriso briccone, mi esortò a ricomporla: “Beh… Adesso che ti sei goduto la vista della mia passera, che ne dici di tirarmi su le mutande?!… Porco!” La guardai malizioso.
Lei stizzita con se stessa, rendendosi conto che non potevo non essermi accorto di quanto era eccitata, continuò: “Ti pare normale? Che io debba ridiventare donna davanti a mio figlio, per farmi guardare almeno da lui?”
Mi abbassai su di lei per sistemare l’intimo, venni a trovarmi con il viso a una ventina di centimetri dal suo inguine, fui investito dall’odore della sua bella passerona eccitata e da quel lieve sentore di urina che già avevo notato sull’intimo. Era un effluvio che mi faceva vacillare, un'ondata invisibile che avvolgeva i miei sensi e li conduceva sull’orlo dell’estasi. Inspirai profondamente, lasciando che quel femmineo aroma, pregno della sua voglia, mi pervadesse, insinuandosi in ogni fibra del mio essere. I miei sensi, inebriati da quella dolce assuefazione, furono scossi dalla voce suadente e vagamente ironica di mia madre: “Ehi!… Ti ci stai addormentando sopra?” Mi scossi e con la voce malferma, dissi: “Scusa mamma mi ero perso un attimo” Lei rise e puntualizzò: “Si!… Mi sono ben accorta dove ti eri perso!… Dai maialino, stendimi la crema sulla gamba.”
Presi l’unguento, lo scaldai sulle mani ed iniziai a spalmarlo sul ginocchio dolorante di mamma, massaggiando lentamente. Gli occhi cadevano spesso sul suo inguine. lei mi guardava dolce e sorridente senza parlare.
Mi misi più comodo, tra le gambe che lei teneva ben aperte, con il cazzo che svettava verso l’alto, il cui glande sbucava dall’elastico degli slip. D’altronde quel punto di osservazione era tremendamente intrigante: Avevo una visuale ottimale sulla passera pelosa, appena velata dall’indumento intimo trasparente che era più scuro e bagnato in corrispondenza della fessura.
Mia madre, interpretando miei pensieri e indicando l’uccello in tiro, mi disse sorridendo: “Mi sembra che lui sia ben contento della situazione!” Le sorrisi a mia volta: “E’ tutto merito tuo” Mi sorrise di nuovo, civettuola.
Dopo un po che massaggiavo, lei, con voce fremente, mi incoraggiò: “Già che ci sei, massaggiami anche la coscia.” Non sia mai! Mi spinsi verso l’alto, con le dita a sfiorarle l’inguine, lei allargò le gambe per farmi posto.
Non osavo toccare in maniera più decisa, anche se sentivo il respiro di mamma farsi più pesante. I nostri occhi si incontrarono, il suo respiro irregolare riempiva il silenzio. Mi fissava con le pupille leggermente dilatate, come se cercasse qualcosa di non detto nelle mie espressioni. Si umettò le labbra in un gesto decisamente sensuale, era palesemente un un chiaro invito.
Non attesi oltre: la sua muta esortazione aveva cancellato ogni mia ulteriore remora, con le mani tremanti dall’eccitazione, le spostai le mutandine da un lato, scoprendole la figa pelosa e gonfia di voglia, guardai estasiato quell’esplosione di matura femminilità.
Le passai un dito lungo la fessura bagnata, tra le piccole labbra. Raccolsi un po della sua liquida e libidinosa smania, mi portai il dito intriso del suo nettare alle labbra, il cui sapore intenso, di femmina in calore, fece cadere ogni mia riserva.
Intanto che mi succhiavo il dito, i miei occhi cercarono nuovamente i suoi, eccitata fino all’inverosimile, spingeva il bacino verso l’alto allargando le gambe, confermando la sua disponibilità: Aveva la faccia stravolta dalla libidine, Nel suo sguardo lessi la consapevolezza che ormai non c’era ritorno.
Con voce alterata dall’eccitazione, mi chiese : “Ti piace il sapore della passera di mamma, vero?… Guarda come mi hai fatto bagnare, porco!!”
Non attesi oltre, mi fiondai con la faccia tra le sue cosce. Lei spinse il bacino verso l’alto inarcandosi sulle gambe e sulla schiena, offrendosi totalmente.
Immersi la lingua in tanta abbondanza, lappando con desiderio tutto quel nettare che avevo appena saggiato. Leccai per bene quella patonza pelosa, pulsante di desiderio, resa saporita da una lunga e calda giornata di lavoro.
Mi sfuggì un apprezzamento di cui mi pentii subito; “Che vaccona che sei mamma!!” Mi resi subito conto della strozzata che avevo detto, cercai di rimediare: “Scusa mamma, mi è sfuggito, perdonami ti prego!” Mi guardò seria: “Come mi hai chiamato!!?” Ancora più attapirato, le rinnovai il mio dispiacere: “Non l’ho fatto apposta, scusami mamma!”
Quando incontrai i suoi occhi, mi resi conto che avevo frainteso, non era affatto arrabbiata. In realtà il suo sguardo era carico di libidine. Mi prese per i capelli, protese il bacino verso l’alto e di nuovo mi spinse la faccia contro la sua sorca, strofinandomela sul viso con incredibile veemenza, rasentando la violenza.
Con la voce alterata dalla lussuria, disse: “Oooh, Si!!…. Diglielo alla mamma quanto è vacca, digli che è una puttana!!” Rovesciò gli occhi all’indietro: “Diglielo alla mamma quanto è porca!!… Dimmi che sono una bagascia che si fa fare da suo figlio!!”
Il pensiero che stava commettendo incesto le fece raggiungere le più alte vette della libido. La carica erotica di quel momento la fece capitolare. La sentii venire, mentre mi strofinava la figa contro la bocca: “oooh, si!… Cazzo vengo!”
Era tutto un fremito. Sentii i succhi del piacere appena raggiunto, colarmi in gola e sulla faccia, mi abbeverai come un assetato del suo lussurioso e prorompente orgasmo.
Mi lasciò andare, rilassandosi ansimante, mentre io cercavo di darmi sollievo segandomi guardandola, penso che non ci sia niente di più bello che osservare il volto di una donna che hai appena appagato!… Se poi quella donna è tua madre, non c’è storia…!!
Venni, sborrando sulle sue gambe.
Lei, urlò il suo disappunto: “No!… Cazzo!…” Con un senso di smarrimento, aggiunse: “Volevo che tu ti finissi nella mia bocca!… Beh… Lasciamelo almeno pulire!” Pur lamentandosi per il dolore al ginocchio, si protese verso di me, portandosi con la faccia sul mio inguine.
La sentii annusare a pieni polmoni, strofinando il volto contro il cazzo, la sentii dire con voce roca: “Puzzi di tutto, Porco!” Alzando lo sguardo. sorridendomi sensuale, aggiunse: “Come mi piace!!” Se lo mise in bocca aiutandosi con le mani, sentii la sua lingua lambirmi il glande, ripulendolo famelica dai residui di sborra.
In quel preciso istante il campanello di casa suonò.
Mia madre sussultò: “Cazzo!… La partita a carte!… Me ne ero dimenticata” Si tirò addosso il lenzuolo asciugandosi la figa, lorda dei suoi umori e sulle gambe schizzate dal mio sperma.
Mi guardò grave: “Dai vestiti… Sbrigati!” Aggiunse: “Sono la Laura e la Giuditta!”
Lei, sistematasi alla meglio, abbassandosi la gonna stropicciata, andò ad aprire la porta, io mi rivestii il più velocemente possibile.
Dalla camera udii le risate delle donne ed una gutturale voce maschile, salutare nel tipico dialetto del posto con una forte inflessione tipica delle zone più periferiche della regione.
Uscii dalla porta e salutai i presenti con un timido sorriso, Giuditta mi venne incontro per salutarmi con un bacio, ovviamente non potè fare a meno di sentire l’odore di figa di mia madre! Si bloccò un attimo sorpresa, si girò verso mia madre, il sorriso di complicità e lo sguardo di intesa che si scambiarono, mi fece intendere che i miei sospetti sul loro legame particolare erano fondati.
Giuditta, sul suo intrigante e procace corpo, indossava un corto vestitino estivo svolazzante. Il seno prorompente premeva contro l’abbottonatura, che sembrava cedere sotto quella pressione impetuosa.
La signora che rispondeva al nome di Laura, sui qurantacinque, cinquant’anni, che scoprii poi essere la cognata di Giuditta, non era da meno: Indossava un paio di leggings azzurri attillatissimi che le disegnavano le forme del culo e della grassa patonza in maniera oscena, tra l’altro il tutto reso più sconcio dal fatto che indossava una canottiera, senza reggiseno che le lasciava scoperta la pancia, e a mala pena, con le bretelle, le copriva i grossi capezzoli di una bella e flaccida quarta di seno. Per non parlare del fatto che era abbondantemente in carne, tanto che abbondanti rotolini di grasso risaltavano, mal nascosti dalla canottiera.
Il signore, che scoprii chiamarsi arturo, il fratello di Laura, era parecchio robusto, con una pancia enorme, probabilmente frutto di abbondanti libagioni. Indossava dei logori e sudici pantaloni corti ed una lisa canottiera, che a stento gli copriva la pancia, una foresta di peli sbucava dalla scollatura e da sotto le ascelle.
I maschi del posto sembravano fatti tutti con lo stesso stampino!
Lui mi strinse la mano con una presa molle, quasi svogliata. Si presentò dicendo: «Sò l’omo della grassa», indicando Giuditta con un cenno compiaciuto. Lei, per nulla offesa, scoppiò in una risata sguaiata e, indicandolo in modo teatrale, ribatté: «E te pareva! Ha parlato l’Apollo!»
Un silenzio di mezzo secondo, poi tutti risero: non tanto per la battuta, quanto per il tono con cui era stata sparata.
Dopo i convenevoli di rito e qualche altra battuta scontata sull’afa, le zanzare e le condizioni meteo, si accomodarono attorno al tavolo della saletta: un vecchio mobile con il piano in legno scolorito e le sedie scompagnate. Mia madre prese le carte da ramino, appoggiando il mazzo con un gesto teatrale che sapeva già di sfida: “Allora, chi fa coppia con chi?” Chiese mia madre, con quello sguardo furbo che preannunciava l’incontro.
Si formarono le coppie dei contendenti, mentre io dissi che avrei fatto l’osservatore, standomene comodamente seduto sul divano.
Intanto che mia madre mescolava le carte, invitò Laura a prendere i liquori e i bicchierini sul mobile basso del salottino. Lei si abbassò esponendo il generoso culo alla vista dei presenti, Il tessuto leggero ed elastico venne teso all’inverosimile dalle abbondanti forme, Io che ero in una posizione ottimale, notai che in trasparenza si poteva vedere la fessura tra le chiappe, dove non c’era segno di alcun indumento intimo.
Sentii l’uccello reagire immediatamente a tale vista! Me lo sarei carezzato volentieri, ma dovetti rinunciare perché non sarei riuscito nascondere il gesto ai giocatori seduti al tavolo.
Laura servì i liquori stando in piedi. Non mi stupii più di tanto quando Arturo le infilò le mani tra le gambe, da dietro, palpandola: “Che bella fregna morbida che sc’hai, sorellina!!… Te sento er pelo!!” Lei rise, lasciando fare e ribattè: “Per forza non c’ho e mutande!” Il gesto era stato fatto con tanta naturalezza che sicuramente non era la prima volta! Giuditta, per niente risentita, per l’intraprendenza del marito, con il tono tra lo scherzoso e l’ironico, disse: “E tocca porco!…Divertete!… Tanto o sai che questa è na troia in calore!!”
Scoppiarono tutti a ridere. Laura, dopo essersi lasciata toccare il culo dal fratello, con evidente soddisfazione e aver servito i liquori che promettevano allegria, si sedette al tavolo, a fianco di Arturo, per giocare.
I bicchieri si svuotavano rapidamente, mentre l’ilarità cresceva insieme alle battute, sempre più spinte e contagiose.
Dalla mia posizione, potevo godermi lo spettacolo che Giuditta, seduta con le cosce ben aperte, mostrava: Il corto vestitino, che da seduta era salito ben oltre il lecito, potevo vedere le mutandine di pizzo bianche infilate nella fessure della figa, l’abbondante pelo scuro, sbordava ai lati dell’indumento appallottolato tra le grandi labbra di quel sesso maturo. La sua oscena mise non era una novità, ma in quel contesto, con mia madre e suo marito presenti era molto più intrigante, che nei suoi siparietti mattutini!
Lei si era incartata, era rimasta con in mano solo due carte, l’altra mano la vidi appoggiarsi sulla coscia di mia madre. La quale guardò, con evidente disagio, verso di me. Prese la mano della sua amica e la allontanò, poi si sporse verso di lei e la vidi sussurrarle qualcosa in all’orecchio, guardarono tutte e due verso di me, il volto di Giuditta si illuminò di un sorriso furbo e sornione, osò di nuovo, infilò le mani sotto alla gonna, tra le cosce di mia madre. Avvicinandosi a sua volta al volto, le sussurrò qualcosa di rimando. La mia genitrice, prima tentò di allontanare di nuovo quell’intrusione, ma quello che le venne sussurrato la intrigò, smise di contrastare la mano dell’amica e cercò di nuovo il mio sguardo. sorridendomi in modo seducente, si umettò le labbra in un chiaro preludio a successive e lussuriose esternazioni, Mentre la sua amica, continuando a esplorarle la figa, le succhiava in modo erotico e sensuale il lobo dell’orecchio, sbirciando verso di me.
Io non potei fare a meno di accarezzarmi e stringermi l’uccello in tiro, mentre guardavo mia madre che faceva la troia. La invitai a proseguire con il mio sguardo carico di lussuriosa aspettativa!
Anche gli altri, ovviamente si accorsero di ciò che stava succedendo.
Arturo, smesso di giocare, rivolto a Laura, in modo provocatorio, disse: “T’ha dato della troia a tè prima!… E guardala un po adesso!… Sta mignotta!… Pure lesbica!”
Giuditta, senza ribattere, si portò la mano con cui aveva palpeggiato il sesso di mia madre al volto, annusò le dita e poi ne saggiò il sapore con evidente trasporto. Si baciarono. Mentre l’una sulle labbra dell’altra, ridevano divertite della battuta di Arturo.
Laura, evidentemente infoiata, con una mano mise a nudo una tetta, stuzzicandosi il capezzolo, mentre l’altra la infilò dentro ai pantaloncini del suo vicino di posto, lui per agevolarla si aprì la patta, mentre lei più comoda, iniziò a fargli una sega.
Io mi ero abbassato i pantaloncini e segandomi lentamente mi godevo la scena.
Mia madre mi guardò con sguardo torbido, si alzò in piedi, si sollevò la gonna sui fianchi, rivelando che non indossava nessun tipo di intimo, si girò verso Laura, si aprì la figa pelosa con le mani e flettendo leggermente le ginocchia, allargò le gambe, portando in avanti il bacino. Non ci furono bisogno di parole, l’amica le si accucciò davanti, infilando il volto tra le sue cosce, andando a cercare il saporito sesso di mia mamma, con la lingua.
Lei mentre si faceva leccare la figa, mi guardava ansimante, mentre teneva la testa della sua amante pressata contro il proprio inguine. Mi resi conto che lo spettacolo era per me e che la sua eccitazione era dovuta all’esibizione davanti a suo figlio, a quell’incesto per procura.
Laura si era abbassata con la testa sul cazzo del fratello e lo stava succhiando esperta, lui le aveva abbassato i leggings da dietro e la teneva un dito infilato sul culo, con il quale la stava sditalinando analmente.
Mi alzai, andai a stendermi sotto a Giuditta che era ancora accucciata davanti a mia madre, mentre le stava letteralmente divorando la figa. Finalmente potevo gustarmi quella bella sorca che molte volte mi era stata fatta intravedere con tanta disinvoltura.
Spostai le mutande e avvicinai il volto a quella figona matura e pelosa. Fui investito da un forte odore di piscio, sudore e sborra, oltre al dolce odore di femmina in calore.
Non capivo se puzzava di più la sua figa o le mutande.
Estasiato da quell’intenso odore, affondai la lingua in tanto olezzo, tremendamente eccitato da tanta verità, lappai eccitato tutte quelle saporite secrezioni, quei residui di precedenti scopate e molteplici pisciate.
Ormai da tempo avevo interiorizzato che l’igiene non fosse tra i valori primari della gente del posto; e forse, a forza di conviverci, ero diventato un buongustaio di quelle pratiche tanto grezze quanto autentiche.
Infatti non tralasciai di dedicare del tempo al buco del culo. Ovviamente, come la figa, era lussuriosamente e notevolmente saporito. I peli erano appiccicati tra loro da recenti residui di evacuazione anale che confermarono che era da un po che la maialona non usava il bidè.
i sussulti di Giuditta, i suoi scuotimenti di bacino, mi gratificarono del mio lavoro di lingua, la troia stava godendosi l’oscena leccata!
Lappai a lungo, fino al momento in cui tornai a concentrarmi sulla sorca, ponendo maggiormente la mia attenzione sulla sua grossa e grinzosa clitoride, la sentii esplodere in un prorompente orgasmo, oltre agli umori prodotti dal suo godimento, fui investito da abbondanti schizzi di urina, probabilmente causati anche dalla posizione accucciata oltre che dall’incontinente piacere.
Estasiato da quegli effluvi speziati e dalle inattese effusioni, ingollai con avidità quel liquido paglierino dal retrogusto acre e salato, ne cercai le ultime gocce tra il pelo appiccicaticcio. Dei rivoli mi scesero lungo le guance. Ne anelai dell’altra andando a stimolare l’uretra con la punta della lingua, quasi a volerla penetrare, fui gratificato da altri più copiosi spruzzi.
Eccitato da tanta perversione, mi stavo segando, stavo quasi per sborrare, quando sentii il glande avvolto dal calore di una bocca che mi succhiò avida il cazzo, tolsi le mani e lasciai spazio a quelle labbra esperte. La barba mal rasata contro le palle, mi rivelò che era Arturo che mi stava spompinando, la cosa non mi stupì, già da tempo avevo capito che da quelle parti i ruoli di genere non sempre erano quelli canonici. Del resto il trasporto e il fervore con cui quella bocca mi stava succhiando non mi facevano rimpiangere le labbra di una femmina.
Stimolato dalle sue abili labbra, in breve, gli riversai in bocca una ormai imminente, copiosa sborrata, mentre godevo, annusavo in estasi gli intensi odori della matura e trasandata figa di sua moglie!
Il mio orgasmo fece eco a quello di mia madre che venne a sua volta gridando il suo piacere, riempendo la bocca di Giuditta di lattiginosi e saporiti umori.
Giuditta si sollevò in piedi paga del suo orgasmo e del piacere condiviso con la sua saffica amante, mi guardò con un sorriso grato: “Però!!… Ce sai fà co a lingua!” Le sorrisi a mia volta, non c’era bisogno di risposta.
Volsi lo guardo verso mia madre che continuava a tenersi la gonna sollevata sui fianchi. Ricambiò il mio sguardo con una luce torbida e carica di libidine, evidentemente non ancora paga. Girata verso di me, esibiva con ostentazione, a gambe larghe, la passera pelosa, con il pelo ancora umido della lingua di Giuditta e degli umori del recente orgasmo, che le inumidivano ancora l’interno delle cosce. La sua postura era chiaramente un invito ad approfittare di lei.
Dei gemiti di piacere mi fecero girare, sul tappeto Laura, completamente nuda, era seduta sopra a suo fratello, e si muoveva forsennatamente, impalata sulla verga di Arturo.
Era decisamente una scena indecente: Il corpo generoso e pingue della troia, le sue grasse tette cadenti che poggiavano sull’addome, i lunghi e grossi capezzoli che strofinavano l’enorme pancia del suo incestuoso amante, il tutto reso ancora più osceno dal prosperoso pelo che ricopriva la pancia e il petto di Arturo e la sua barba incolta, mal rasata che incorniciava una bocca sdentata. Erano veramente sconci e proprio per questo tremendamente intriganti nella loro squallida esibizione!
L’odore di sesso nella stanza era intenso: Il forte odore di culo, figa e cazzo si confondevano nell’aria stagnante della stanza chiusa, creando un mix che sapeva di licenzioso e perverso.
Mi sentii chiamare: “Luciano, vieni a scoparti la mammina…. Vieni a sbatterti sta troiona in calore!” Era Giuditta che parlava, mi girai verso di loro, lei era dietro a mia madre e le stava impastando le belle e sode tette con le mani, mentre mamma si stava masturbando, con le gambe larghe, leggermente inclinate. Dai suoi occhi , puntati sui miei traspariva tutta la voglia che aveva di me.
Giuditta aggiunse: “Devi fare tu perché non sono riuscita a placare la voglia di questa vacca!!… Ha bisogno del tuo cazzo!” Il tutto mentre mi guardava baciando sensualmente il collo della sua amante!
Mi avvicinai a mamma e la presi dolcemente per mano, tirandola verso la camera da letto, Giuditta ci seguiva da vicino, mano nella mano con lei.
Mentre mi avvicinavo alla porta, sentii Laura urlare vari empiteti ad Arturo: “Brutto imbecille!… Muovi il culo, bastardo!… Fottimi, porco!… Sbattiti la tua sorellina!”
La risposta del suo rozzo amante non si fece attendere: “Sei tu sopra, bagascia!… O non te ne sei accorta!?… Muovo quel cazzo di grasso culone!!… Sei talmente spanata che manco ti sento, Troia!!”
Li lasciammo alle loro lubriche beghe incestuose.
Feci stendere mia madre nel letto, a gambe larghe, le salii sopra con attenzione, con dolcezza. La guardai bellissima e radiosa i boccoli biondi le incorniciavano il viso dolcissimo, prima di penetrarla, rispose al mio sguardo con i suoi stupendi occhi verdi persi nei miei, da donna innamorata. Forse alla fine lo era sempre stata.
Dio, era così bella!!
La penetrai piano, facendole sentire la mia erezione che entrava centimetro dopo centimetro, mentre lei apriva la bocca in un smorzato gemito, inarcando la schiena per cercare il mio affondo finale.
Urlò tutto il suo piacere, a stento represso fino a quel momento, nell’attimo in cui si sentì piena di suo figlio.
Sentii le sue unghie piantarsi sulla schiena e i suoi denti affondare nella mia spalla. Sentii il dolore trasformarsi in piacere, mentre spingevo il mio membro all’interno del ventre di colei che mi aveva generato, quasi a voler esplorare quel dolce limbo in cui ero nato.
Il nostro amplesso aveva cancellato tutti i suoni, tutto era sparito: Esistevamo solo io e lei, solo il nostro amore, solo la nostra passione, Tutto si fondeva e si confondeva. Non sapevamo più chi fosse figlio, chi fosse radice, solo il battito ossessivo ci univa in un legame fatto di carne e memorie. Non c’era più peccato, non c’era virtù: era solo l’urlo muto di un legame senza nome.
Per un tempo indefinito ci perdemmo l’uno nell’altro, le succhiai i seni di nuovo, dopo immemore tempo. Lei godeva del mio suggere, come forse già era successo all’albore della mia vita. Spingevo piano il mio membro dentro di lei, senza premura, godendo del suo piacere come fosse il mio, le cercai le labbra e la baciai con un trasporto che le nostre bocche forse non avevamo mai conosciuto.
Venni dentro di lei. In un ventre non più fecondo, ma che avrei tanto voluto che lo fosse! Sarebbe stato stupendo essere di nuovo nel suo seno!
Lei venne con me, trasportata dal mio piacere, dopo aver sentito il calore del mio orgasmo riempirla.
Stemmo abbracciati per un tempo indefinito, persi nelle braccia l’uno dell’altro.
Ci ridestammo, tonammo alla realtà, quando la voce di Giuditta, ci riportò al presente da quel intimo spazio creato dal nostro amore. Una bolla, un sogno spezzato dalla concretezza delle parole della nostra spettatrice.: “Wow!… Ragazzi!… Che scopata!” Volsi lo sguardo verso di lei: era seduta a gambe larghe, si stava accarezzando il pelo pregno di umori. Puntualizzò: “Sono venuta, sbattendomela, eravate bellissimi” Guardando mia madre, aggiunse: “Si vedeva proprio che avevi bisogno di un bel cazzo Valeria!” Mia madre le sorrise in modo circostanziale, senza rispondere.
Mi resi conto che la nostra amica, non aveva compreso che l’atto sessuale, al quale aveva assistito, era stato solo una cornice di qualcosa di molto più profondo.
Quella bolla di intensi sentimenti si dissolse del tutto quando Arturo e Laura si affacciarono alla porta, lei nuda e pscvena, stava perdendo sperma dalla figa, che scendeva rigandole le cosce. Giuditta, le sorrise, si inginocchiò davanti a sua cognata, la guardò, e trasudando perversione da tutta se stessa, infilò la faccia tra le sue grasse cosce andando a cercare, con evidente avidità, tutti i fluidi che lordavano quella matura patonza. Laura mugolava il suo assenso e ridacchiava della manifesta ingordigia della moglie di suo fratello.
Arturo si avvicinò a me che ero ancora steso sul letto, mi mise il cazzo moscio davanti alla faccia, cercai il suo sguardo sorridendo, avvicinai il volto a quel grosso e flacido nerbo scuro, semiscappellato. Annusai con trasporto la puzza di sperma vecchio, di figa mal lavata e di piscio stantio, che esalava da quel cazzo.
Incredibilmente attratto da quei potenti afrori, ingollai quel cazzo lurido, cercai la cremina depositata sotto al glande e me ne nutrii con vorace piacere, mentre mia madre, al mio fianco, mi guardava e si masturbava, di nuovo persa in quel turbinio di perversione, mentre con la mano con cui non si stava dando piacere, mi palpava da dietro il culo e le palle.
Ci demmo pace solo quando tutti eravamo spossati.
Ognuno con addosso i sapori e gli odori di ognuno!
Dopo esserci ripresi da quei torbidi giochi incestuosi, finimmo di bere quei liquori che ci avevano fatto perdere in tanta lussuriosa perversione, all’inizio di quella serata e che adesso ci corroboravano per vincere la nostra stanchezza.
I nostri ospiti si rivestirono e dopo i convenevoli di commiato, dopo esserci ripromessi altre orge incestuose, finalmente se ne andarono.
Io e mia madre nudi, andammo a letto con ancora addosso tutti gli odori di quella serata di perdizione.
Eravamo stanchi, sazi di sesso promiscuo, ma non sazi di noi: Iniziai succhiando leggero i capezzoli di lei. Di nuovo le nostre bocche saggiarono i nostri rispettivi sessi. Di nuovo fummo dentro l’uno dell’altro.
Nel momento in cui ci demmo reciproco piacere, pensai che nostro amore era così intenso e passionale, la nostra unione così completa, da cancellare il peccato dell’incesto e trasformarlo in un unico sentimento senza etichette.
Ci addormentammo abbracciati, scambiandoci un mare di carezze e baci dolcissimi, casti e un po meno casti.
Dopo tutto cosa c’è di più grande dell’amore tra madre e figlio!
Mi stropicciai gli occhi e mi stiracchiai sbadigliando. Sbuffai infastidito dalla luce, che entrava dalle imposte che mia madre, indifferente alle mie smorfie di insofferenza, aveva aperto sul poggiolo della camera.
Con la sua solita ironia mi disse: “ Svegliati dormiglione!… Dai alzati, che è ora!… La sera leoni e la mattina coglioni mi sembra!”
La osservai ammirato, era da un po di tempo che guardavo mia madre come un figlio non dovrebbe!
In quel momento, stagliata contro la porta finestra in controluce, era uno spettacolo a cui non riuscivo a rimanere indifferente: Aveva un fisico pienotto ma molto invitante, con le curve nei punti giusti. Tra le gambe, la leggera sottoveste semitrasparente, non riusciva a nascondere la curva inguinale, semi nascosta dalle mutandine bianche, che formava quella dolce protuberanza estremamente invitante che caratterizza tutti i corpi femminili..
Il seno, libero dalla biancheria intima, era leggermente cadente, ma ancora bello pieno, probabilmente di una quarta misura, la trasparenza del tessuto non riusciva a nascondere i grossi capezzoli, contornati da una larga aureola scura, che ben evidenti spingevano contro l’abbigliamento leggero.
I capelli, di un bel biondo cenere, soffici e vaporosi, illuminati dal sole mattutino, le cadevano a boccoli sulle spalle.
I suoi stupendi occhi verdi, come smeraldi incastonati nel suo bel volto angelico, nascondevano il suo carattere birichino e furbo.
Mamma o non mamma, era decisamente una gran gnocca, ancora molto bella nonostante i suoi quarantatré anni suonati e nonostante tutti i sacrifici che aveva fatto per accudire me, senza contare tutti quelli che ancora stava facendo!
Mi alzai mio malgrado dal letto, vidi gli occhi di mia madre soffermarsi divertiti sul mio inguine, abbassai lo sguardo, mi resi conto solo allora della mia erezione mattutina, che tendeva la stoffa dei boxer. Dall’apertura frontale sull’intimo sbucava parte del mio uccello in tiro!
Mia madre sorrise e spiritosa puntualizzò: “Certo che stamane abbiamo un bell’alzabandiera mi sembra!” Arrossii, portandomi le mani a nascondere il pacco, scoppiò a ridere del mio imbarazzo e avviandosi verso la porta che portava al piano inferiore, mi disse: “Dai maialino… Vieni giù, che è pronta la colazione!”
Guardai fuori dalla finestra: il lago, di una cromia indefinita e sospetta, era solcato da alcune piccole imbarcazioni, dove alcuni coraggiosi turisti, armati di canna da pesca, cercavano di catturare qualche povero pesce, che non era ancora morto per l’inquinamento idrico del bacino. Un airone volava spaesato e confuso, sopra allo specchio d’acqua.
Ci eravamo da poco trasferiti dal nord, scegliendo una zona più tranquilla nel centro Italia, nella speranza di un tenore di vita più adeguato alle nostre disponibilità economiche.
Negli ultimi anni, dopo la pandemia di Covid, il costo della vita nel settentrione era diventato proibitivo. Con le poche risorse a nostra disposizione, non riuscivamo più a sostenere quello che, fino a poco tempo prima, era alla nostra portata. Così avevamo deciso di spostarci in un’area poco conosciuta del centro italia, dove gli affitti erano più accessibili.
Fortunatamente, grazie a un annuncio su Indeed, mamma aveva trovato lavoro in una piccola sartoria della zona. La paga non era altissima, ma per iniziare poteva andare bene. Inoltre, lei si trovava bene nel nuovo ambiente di lavoro, un dettaglio importante che rendeva il cambiamento meno pesante per tutti noi.
Nella nostra nuova zona di residenza, le attività erano improntate sopratutto sulla pastorizia, all’allevamento dei maiali allo stato brado ed una stentata agricoltura praticata ancora con metodi tradizionali.
I pochi e coraggiosi turisti, che evidentemente non potevano permettersi qualcosa di meglio, in estate erano comunque una boccata di ossigeno per il territorio.
Scesi a fare colazione, salutai con un bacio mia madre che stava uscendo per recarsi al lavoro.
Io e mia madre vivevamo da soli. Non avevo mai conosciuto mio padre, ero nato da un rapporto occasionale quando lei aveva solo ventitré anni.
Non aveva mai preso in considerazione l’idea di interrompere la gravidanza, pur consapevole delle difficoltà che avrebbe affrontato con quella decisione. Aveva affrontato tutto con coraggio, sacrificando molto per crescermi da sola, con amore. Si era occupata di me e del lavoro nello stesso tempo, senza l’aiuto di nessuno. I miei nonni, dopo aver scoperto che la loro unica figlia era incinta, avevano tagliato ogni legame con lei.
Il nostro rapporto era profondo e il legame che ci univa ci aveva aiutato a superare molti momenti difficili, incluso il trasferimento in quella zona meno privilegiata.
Non mi piaceva vivere lì. Avevo dovuto lasciare i miei amici, la scuola che frequentavo e gli agi a cui ero abituato. Tuttavia, comprendevo che quel cambiamento era necessario, e per questo cercavo di adattarmi alla nuova realtà.
Uscii per prendere l’autobus, mentre stavo chiudendo il portone, una voce femminile mi salutò: “Ciao Luciano, anche oggi già pronto per la scuola?…Bravo!”
Ricambiai il saluto di Giuditta. Era una donna sui cinquantacinque anni, piuttosto formosa, con un bel sorriso ed un viso rubicondo e simpatico, in quel momento stava facendo dei lavori di giardinaggio nella zona verde davanti al suo appartamento adiacente il nostro: “Buongiorno signora… Eh si! Anche oggi al Liceo. ma ancora per pochi giorni, da lunedì prossimo cominciano le ferie estive, finalmente.” Guardai dalla sua parte, mentre scosciata, stava sradicando alcune erbacce dalle aiuole.
Sbirciai tra le sue gambe, non portava le calze, era messa leggermente di lato e questo non mi permetteva di vedere bene. Ma le sue sensuali cosce bianche e generose, quel vedo e non vedo, mi fecero inalberare immediatamente la mia esuberante virilità.
Mi guardò in modo malizioso intercettando il mio sguardo, soffocò una risata e si spostò in avanti, a favore della mia vista. Adesso le sue cosce erano ben divaricate ed esposte! Dei peli riccioluti e scuri sfuggivano ai lati dell’indumento intimo, di colore bianco, che in trasparenza velavano le piccole labbra, grosse e scure, schiacciate contro il tessuto. I seni opulenti, premuti contro la pancia per la posizione accovacciata, quasi sgusciavano dalla scollatura.
Dovetti sforzarmi per non accarezzarmi la verga che spingeva contro la patta dei pantaloni.
Lei continuò il suo lavoro fingendosi indifferente alla sua oscena mise. Mi fece alcune domande sull’andamento dello studio a cui io, rapito dal panorama delle sue intimità, rispondevo a mono sillabi.
Lei, lusingata dal mio interessamento, conscia della mia evidente erezione, mi guardò con uno sguardo di malizioso e affettuoso rimprovero, senza per altro spostarsi da quella licenziosa postura: “Vai a scuola, birichino!… E mi raccomando…. Non pensarmi troppo, quando andrai in bagno, maialino!”
Era già la seconda volta che mi davano del maiale quella mattina!
Distolsi a fatica lo sguardo dallo spettacolo che Giuditta mi elargiva con tanta generosità.
Corsi verso la fermata del bus, rosso in faccia e con gli occhi della mente ancora tra le gambe della mia vicina di casa.
Mentre ero in piedi nel bus stracolmo di studenti. Ripensai a Giuditta, lei viveva con il marito che faceva il camionista per una ditta di trasporti internazionali, ed a volte non rincasava neanche il fine settimana, tra l’altro aveva il vizio del gioco e sapevo, grazie alle confidenze di Giuditta a mia madre, che sperperava un sacco di soldi in quella passione, che ormai era diventata una dipendenza.
Avevano un figlio sposato che viveva a Roma, che si faceva i cazzi suoi e si faceva vedere poco.
La vedevo spesso rincasare con accompagnatori occasionali che le portavano le borse della spesa a cui, era da tutti risaputo, pagava gli acquisti al supermercato con delle concessioni sessuali.
Avevo inoltre scoperto che, in zona, non era la sola che incrementava i bassi redditi con quel genere di consuetudini.
Non era da molto che io e mia mamma risiedevamo in quel luogo, ma non ci era voluto molto per rendermi conto della scarsa moralità di parte della gente del posto. Questa situazione era, in parte, conseguenza di un elevato tasso di analfabetismo e della scarsa interazione sociale con altre realtà.
Ricordo che non molto tempo prima ero andato a casa di una mia compagna di scuola, dopo aver suonato il campanello ed aver chiamato senza ricevere risposta, entrai in casa dall’ingresso principale che era aperto, Delle voci, che sembravano dei lamenti, provenivano dall’estremità di un lungo corridoio. Lo percorsi fino ad una porta laterale, appena accostata: mi fu chiaro che quelli che avevo scambiato per lamenti, in realtà erano dei gemiti di piacere. Attraverso lo spiraglio vidi Claudia, la mia amica, completamente nuda, seduta sopra al padre steso supino sul letto, lui se la stava scopando alla grande, mentre lei si dimenava, con evidente soddisfazione sopra di lui, strizzandosi le tette già belle sviluppate per la sua età e così sode che sembravano sfidare la gravità
Ero scioccato da ciò che si stava svolgendo davanti ai miei occhi, ma questo non impedì al mio uccello di inalberarsi immediatamente davanti a quell’incestuosa scena.
Mi strizzai il cazzo con una mano. Preso dal lussurioso spettacolo, inavvertitamente toccai la porta che si mosse cigolando. Si girarono tutti e due dalla mia parte. Suo padre mi guardò, e più seccato che imbarazzato, mi apostrofò: “ Che cazzo ci fai qua!!… E che cazzo hai da guardare…Vai fuori dai coglioni stronzo!” La mia amica, continuando saltare sopra al padre ansimando, con il viso che esprimeva tutto il suo piacere, mi disse: “Ah ciao!… Vengo tra un attimo, aspettami di là che faccio subito!”
Mi diressi verso la sala da pranzo e, appena varcata la soglia, quasi mi scontrai con la mamma di Claudia. Era una donna magra e dall’aspetto trascurato, con i capelli arruffati e un grembiule logoro che poco valorizzava la sua femminilità. Sul suo viso, solcato da profonde rughe, erano impresse tutte le fatiche di una vita difficile.
Mi salutò con un sorriso stanco: “Ciao Luciano, stai aspettando Claudia?”
Senza aspettare risposta, aggiunse sconsolata: “Quel porco non ne ha mai abbastanza!” Poi alzando la voce urlò verso il fondo del corridoio: ”Dai sbrigatevi!!… Dai Claudia che poi devi andare a prendere il latte!” Dal fondo arrivò la risposta del marito: “Brutta troia!!…. Lasciami fottere in pace mia figlia!… Vai tu a prendere il latte stronza!!” Lei di rimando, a voce bassa, disse: “Coglione sfaticato!!” Si rivolse verso di me e concluse malignamente: ”Non preoccuparti, non dovrai aspettare ancora molto, quel maiale non dura mai più di dieci minuti, prima della sigaretta!!… Ho sempre dovuto menarmela da sola per venire, mentre il porco egoista si accendeva la cicca pago della sua egoistica spruzzatina!” Assentivo come un’imbecille, ero sotto shock per la situazione surreale che stavo vivendo!
Ma che cazzo di famiglia era quella! Mi stavo chiedendo se stavo sognando oppure era tutto vero!!
Dei passi mi fecero girare, Claudia, vestita di un corto prendisole, mi sorrise e, come se fosse tutto normale, mi chiese: “Mi accompagni alla stalla di Remo a prendere il latte?” Sua madre baciò la figlia sulla guancia, dicendole: “Fai presto amore, che tra poco passa il camion del caseificio a ritirarlo”. Poi aggiunse: “E lavati la faccia, che sa di cazzo!” Fregandosene delle ultime parole della madre, mi disse: “Vieni”. Preso il contenitore per il latte, la seguii come un automa, lungo la stradina di campagna.
Lei camminava saltellando leggermente più avanti di me, il corto e leggero capo di abbigliamento che indossava, metteva in risalto il suo bel culo armonioso, i lembi inferiori del coprisole, mentre avanzava ballonzolando, le toccavano alternativamente le giovani e invitanti chiappette, scoprendone buona parte.
Ripensai a quello di cui ero stato testimone poco prima e a tutto al ben di Dio che si nascondeva sotto a quei pochi lembi di tessuto.
Mi venne spontanea una domanda, presi il coraggio a due mani e le chiesi: “Scusa ma ti scopi tuo padre?” Lei mi guardò stupita, come se avessi chiesto qualcosa di assurdo e mi rispose: “Beh… E allora!? Che c’è di male! Mia mamma è troppo presa dalle sue cose, così devo occuparmi io di lui!” Poi come se dicesse una cosa ovvia, aggiunse: “E poi è compito delle donne occuparsi dei bisogni degli uomini, no?!” Prima che potessi ribattere, alzandosi i lembi del vestito sui fianchi ed accucciandosi a terra a gambe larghe, disse: “Aspetta che devo pisciare!”
La guardai stupefatto con gli occhi sbarrati, in quel momento realizzai che non indossava le mutande, tra le pieghe della sua giovane figa aperta vidi sgorgare un copioso getto paglierino che bagnandole l’abbondante peluria e in parte scivolando lungo le chiappe, cadeva a terra, spargendosi tra l’erba della stradina di campagna.
Lei mi guardò, sorridendo del mio evidente turbamento: “E’ la prima volta che vedi una donna pisciare?” Mentii: “Si! E’ la prima volta” In realtà avevo iniziato da poco a spiare mia madre in bagno attraverso il buco della serratura. Mi chiese :”Ti piace?” Le sorrisi intrigato e le risposi strizzandomi il cazzo da sopra i pantaloni: “Oh si!… Mi piace guardarti mentre pisci”.
Rise compiaciuta della mia risposta e mentre continuavo a guardarla urinare, mi disse: “Ma a te non scappa?… Dai piscia anche tu!” Veramente avevo il cazzo troppo duro per poter urinare a mia volta, ma non mi lasciai sfuggire l’occasione di tirarlo fuori davanti a lei. Lo estrassi e mi girai dalla sua parte, con l’uccello in tiro, lei mi guardò compiaciuta e disse: “Che bel cazzo che hai!… Avvicinati!” Non me lo lasciai ripetere, mi portai ad un passo da dove era accucciata, aveva finito di pisciare, ma potevo ancora sentire l’odore intenso del liquido sparso sul terreno, annusai l’aria inalando quell’eccitante aroma che mi fece drizzare ulteriormente la verga.
Lei rimanendo accucciata mi invitò ad avvicinarmi ancora, mi accostai fino a metterle il cazzo a pochi centimetri dalla faccia, lei lo guardò riempiendosene gli occhi, poi guardò in alto, verso di me e mi sorrise sensuale, umettandosi le labbra, quasi toccando il glande con la lingua. Con la voce alterata dalla libidine mi chiese: “E adesso?” Io risposi al suo sorriso spingendo in avanti il bacino, toccandole le labbra con la punta dell’uccello scappellato e odoroso, bagnato di pre sperma. Lei chiuse gli occhi e lo annusò: “Mmm… che buono l’odore di cazzo!… Mi piace da impazzire!” Aprì la bocca e se lo fece entrare fino in gola, con le palle che le toccavano il mento.
Lo sliguò per un po, ciucciandolo e leccandolo bramosa.
Poi, all’improvviso, ricordando il motivo per cui si trovavano lì, si alzò con riluttanza: “Cazzo dobbiamo andare, altrimenti se non porto il latte a mia madre, quel porco di mio padre si incazza perché non può fare la solita colazione domattina!”
Cazzo! Proprio sul più bello!
Lei, asciugandosi i residui di piscio della bernarda, con il davanti dell’abito. Sorridendomi contrita, mi disse: “Dai ti finisco al ritorno! Ok?” Che troia!!
Con qualche difficoltà, non mi restò che rinfoderare l’arma.
Ci mettemmo ancora una ventina di minuti prima di arrivare davanti ad una cascina fatiscente con a fianco un vecchio capannone che fungeva da stalla, da dove provenivano i muggiti delle mucche.
Varcammo il portone dell’edificio, accolti da un intenso odore di letame. Con un senso di compassione, osservai gli animali stipati nel poco spazio a loro disposizione, in quell’ambiente poco luminoso. Povere bestie!
Sul fondo del capannone, un uomo dava da mangiare alle malcapitate. Indossava luridi pantaloni corti e una canottiera lercia, di un colore incerto, sbiadito e indefinito. Troppo piccolo per la sua corporatura, l’indumento non riusciva a contenere la prominente pancia, che restava abbondantemente scoperta. Dalla scollatura e da sotto le ascelle, spuntava una folta e ispida peluria. La barba incolta di un paio di giorni incorniciava un viso paffuto e rubicondo, mentre pochi capelli bisunti gli aderivano al capo. Quando ci vide, si avvicinò dondolando sul corpo pingue. Sorrise a Claudia con un’espressione lasciva, rivelando una dentatura malridotta, che probabilmente non aveva mai visto uno spazzolino. Un forte senso di repulsione mi invase..
Claudia lo salutò e gli porse il contenitore vuoto: “Ciao Remo, tutto bene?… Come il solito, sono venuta per il latte, mica è già passato quello del caseificio?” Squadrando la mia amica da capo a piedi, spogliandola con gli occhi, rispose: “Sei arrivata appena in tempo, dovrebbe a passare a momenti, Vieni che te lo dò.”
Dopo i convenevoli Remo ci accompagnò vicino ad un grande contenitore di acciaio, pieno per metà di latte, un nugolo di mosche ci volava sopra, ci immerse il bidoncino vuoto per riempirlo e lo porse alla mia amica. Per farlo passò davanti a me, fui investito da un forte odore di sudore stantio, da far rivoltare lo stomaco!
Claudia dopo averlo ringraziato, prese il denaro per pagarlo, ma lui rifiutò con un gesto della mano: “Dai, lascia stare i soldi. So che a casa non navigate nell’oro.” La guardò con uno sguardo carico di malizia, un ghigno che voleva essere un sorriso, poi aggiunse: “Te lo regalo io il latte, tu in cambio mi fai dare un’occhiata sotto al grembiule che indossi, e magari mi lasci toccare un po, come l’ultima volta.” Claudia scoppiò a ridere: “Ma allora sei proprio un porco incallito!” Guardandolo in maniera seducente, acconsentì: “Va bene, io ti lascio toccare, ma tu devi aggiungere un regalino di almeno venti euro al latte!” Remo fece finta di pensarci, poi disse: “Sei una piccola troia approfittatrice!… Va bene dai… Vieni qua!”
Ero incredulo e sgomento, eppure si stava svolgendo tutto sotto ai miei occhi! Cazzo quella troia si stava prostituendo per poco più di qualche litro di latte, con una persona che definire zotico era un eufemismo!
Remo prese Claudia per i fianchi, la sollevò di peso e la adagiò, seduta su delle balle di fieno e le sollevò la gonna. Lei allargò le gambe per meglio esibirsi agli occhi del bramoso bovaro.
Remo guardò con sguardo vizioso il sesso aperto e peloso della ragazza, un rivolo traslucido e lattiginoso, colava tra le sue rosee ninfe, rivelando la sua voglia. Dalla vagina colava ancora parte della sborra del padre che la aveva posseduta.
Piacevolmente sorpreso, esclamò: “Neanche le mutande indossi, troia!!” Lei, sempre a gambe aperte, rispose con un seducente sorriso eccitato: “Beh… così puoi goderti più facilmente quello per cui hai pagato!!” Non so perché, ma non mi stupii affatto quando, per prima cosa, la prese per le gambe, alzandole in alto, e infilandole la lingua nel buco del culo, dopo averle aperto le chiappe con le mani.
Lo sentii dire: “Cazzo come puzzi!… Troia!… Qua c’è un sacco da mangiare!” Lei gli teneva la testa premuta tra le chiappe e con la faccia stravolta dalla libidine, con la voce spezzata dal piacere, lo incitò: “Pulisci bastardo!… Lecca culo del cazzo!… Fammi un bel bidè, porco!”
La scena decisamente lussuriosa che mi si parava davanti non mi lasciò indifferente: Mi aprii i pantaloni e liberai l’uccello in erezione, me lo strinsi tra le mani ed iniziai a segarmi lentamente, guardando quei due porci.
Mi avvicinai, presi la mano di Claudia e me la portai sul cazzo, lei girò la testa verso di me, e ansimando, scuotendo il bacino contro le labbra del suo rozzo amante, disse: “Vieni vicino, mettimelo in bocca… Dai che ho voglia pazzesca di cazzo!… Riempimi la bocca di sborra!”
Salii sulle balle di fieno e avvicinai la verga alla sua bocca aperta, mentre mulinava la lingua in fremente attesa. Avvolse il glande con la lingua: “Mmm… Come è buono!” Mi mise una mano sul culo per spingermi verso le sue labbra, io la aiutai prendendole la testa e spingendoglielo bene in gola.
Remo cambiò posizione e si mise sopra alla mia giovane pompinara, infilandole il cazzo nella passera e si piegò sopra di lei, baciandola sulla bocca mentre mi stava succhiando l’uccello.
Lei sentendosi riempire l’utero, aprì la bocca in cerca d’aria, lui si impadronì del cazzo che le era sfuggito di bocca.
Io sorpreso, cercai di tirarmi indietro ma il suo possente braccio che mi allacciava i lombi mi tenne fermo, la mia ritrosia durò poco, il maiale ci sapeva fare con la lingua! Lasciai che succhiasse!
La situazione lussuriosa in cui mi stavo trovando, stimolò il mio orgasmo: Avvertii Remo che stavo per sborrare, lui mugugnando mi premette contro di se per impedirmi di uscire dalla sua bocca.
Gliela riempii con una copiosa e calda sborrata.
Lo sentivo deglutire, quella che gli sfuggiva dalle labbra, era lappata dalla bramosa lingua di Claudia. Unirono le loro bocche in un osceno bacio al sapore di cazzo, Remo riversò in bocca a Claudia parte del mio denso orgasmo.
Vidi la mia giovane amica, travolta dalla depravazione degli eventi, con le labbra lorde di sborra, dare sfogo a tutto il suo piacere urlando forte nel momento in cui si sentì riempire l’utero dallo sperma del maschio, che la pompava con forza.
Remo, soddisfatto, si lasciò scivolare a lato di Claudia, rilassata e paga.
Quel maiale, non ancora sazio, adocchiò il mio cazzo moscio che gli sfiorava la faccia, si allungò e lo prese in bocca, ciucciandolo con gusto, con la stessa ingordigia di un bimbo che poppa dalla tetta!
Mi premette la testa, facendomi abbassare sul suo inguine, la sua forza mi impedì di sottrarmi, guardai quel cazzo moscio e scuro, ancora ricoperto dai bavosi residui che la figa di claudia gli aveva lasciato addosso nel momento dell’orgasmo.
L’odore intenso di sudore rancido e di piscio stantio del suo uccello, colpì le mie narici. Lui mi premette la faccia contro quel sesso maleodorante, ero schifato, ma allo stesso tempo ne ero oscenamente attratto. Aprii la bocca quando sentii il glande impastato di smegma sfiorarmi le labbra. Lo lasciai entrare e succhiai avido quella capella salata, mi stupii della mia bramosa ingordigia, quando, con la lingua, cercai, quella ricottosa cremina.
Non avevo assolutamente mai avuto rapporti con altri maschi, a parte qualche palpatina più o meno scherzosa tra amici, ma quella situazione dissoluta aveva fatto cadere tutte le mie remore.
Poppai con avidità quel grosso e laido cazzo che sentivo prendere vigore nella mia bocca, mi nutrii con famelica brama di tutte le sue luride essenze, fino alla sborrata finale, che sembrava infinita.
Lui continuava a succhiarmi indomito. Nonostante avesse già raggiunto il piacere, avvertivo, dalla avidità con cui ciucciava, che non si sarebbe sentito appagato fino a che non gli avessi riversato in bocca una nuova, imminente sborrata.
Guardai Claudia che si stava smanettando con frenesia la sua bella fighetta, farcita dello sperma dei precedenti amanti, che schiumoso, veniva montato dalle dita, mentre ci guardava.
Oscenamente attratto da quella lussuriosa esibizione, senza più alcun freno inibitorio mi fiondai tra le sue gambe, a lappare ingordo quelle bave. La sentivo godere, mentre cercavo, con la punta della lingua, tra le pieghe il suo laido sesso, altri saporosi residui. La sentii venire, mentre gridava tutto il suo piacere, nel momento in cui le stavo succhiando la saporita clitoride, impregnata di ciprino.
Io e Claudia, stanchi, sudati e sporchi, seduti a riposarci su delle balle di fieno, accettammo un ristoratore bicchiere di bibita fresca da Remo.
Ci ricomponemmo per quanto possibile e salutammo Remo, mentre rivolto verso di noi, a cazzo di fuori, stava pisciando sulla lettiera delle vacche.
Io guardai quel buzzurro, peloso e pingue. Pensai a quanto ero caduto in basso. Ma anche a quanto avevo goduto di quei momenti di depravazione!
Uscimmo dalla fattoria, che avevo ancora in bocca il forte sapore del suo uccello e quello degli umori della passera di Claudia conditi di sborra!
Dopo quest’ultimo episodio, ne seguirono altri, più o meno dello stesso tono.
Claudia mi fece conoscere alcuni sue amiche ed amici, certi anche molto maturi e decisamente porci, non c’era distinzione di genere, di parentela o di età, tutti scopavano con tutti!
Più passavano i giorni e più mi assoggettavo alla alquanto dubbia moralità della gente del posto. Mi rendevo conto che, in pochi mesi, avevo vissuto più esperienze di quante molte persone vivano in tutta una vita.
Il tempo passava e anche il rapporto con mia madre cambiava, lei capiva che stavo crescendo e sicuramente si accorgeva che i miei sguardi nei suoi confronti non erano più così innocenti.
Intanto le cose andavano avanti come sempre:
Le intriganti scosciate, durante i lavori di giardinaggio di Giuditta continuavano ad allietare le mie uscite di casa mattutine, che lei faceva di tutto per renderle sempre più gradevoli!
Lei e mia madre erano diventate buone amiche: si incontravano spesso nelle rispettive case, per giocare a carte, a volte invitavano altre o altri conoscenti. In un’occasione avevo visto lei e mia madre scambiarsi delle effusioni alquanto sospette.
Forse il clima licenzioso che aleggiava in quel luogo stava corrompendo perfino la rettitudine di mia madre.
Poi, un giorno, successe l’inevitabile: Quel pomeriggio rincasai tardi. Mia madre era preoccupata, mi abbracciò felice di vedermi. Il suo impeto fu subito frenato dall’odore che non mi ero premurato di togliermi di dosso, mi guardò sospettosa: “Come puzzi!… Sei caduto in una latrina, o hai fatto sesso con la più lurida delle luride!?” La sua battuta mi tolse dall’imbarazzo e scoppiai in una fragorosa risata che contagiò anche mia madre, dopo il primo accesso di ilarità, mi indicò il bagno: “Vai a lavarti maialino!!” Mentre si girava per andarsene aggiunse: “Così giovane e già così porco!”
Mentre mi spogliavo per fare la doccia, notai un piccolo lembo di pizzo che usciva dal contenitore della biancheria sporca, capii subito cos’era. lo presi e lo tirai, naturalmente era un perizoma di mamma. Aveva sempre avuto la passione per
l’intimo seducente. Mi portai la mutandina al naso, la pattina dell’indumento intimo era macchiata di secrezioni giallastre, l’odore di sudore e di figa matura era intenso, un vago sentore di urina rendeva l’aroma molto più intrigante, Il tessuto era ancora umido e caldo, probabilmente se le era appena cambiate, come faceva sempre dopo il rientro dal lavoro, spesso anche prima di lavarsi.
Quell’odore stimolò la mia eccitazione, presi a segarmi sniffando l’effluvio intimo di mamma!
Con un tempismo inopportuno, proprio in quel momento, si aprì la porta ed apparve lei con il mio accappatoio lavato sul braccio, ci guardammo reciprocamente sgomenti, io con ancora il cazzo in mano e le mutande premute sul volto, mentre continuavo a segarmi meccanicamente.
Quando si realizzò ciò che stava succedendo, lasciò cadere l’indumento che aveva in mano. Mi fissò con uno sguardo colmo d’ira, i suoi occhi si posarono sulla mano con cui mi stavo ancora inconsapevolmente menando l’uccello. Per la prima volta nella sua vita, alzò le mani per darmi un ceffone. Istintivamente mi scostai prima che mi colpisse. Perse l’equilibrio, inciampò nell’accappatoio abbandonato sul pavimento e cadde rovinosamente, battendo violentemente un ginocchio a terra. Un urlo di dolore le sfuggì dalle labbra.
La soccorsi mentre, tra lamenti di dolore, cercava di rialzarsi. Ma questo non la calmò. “Lasciami stare, bastardo! Non toccarmi! Sei un porco! Ma che cazzo ti salta in mente?” Il furore iniziale si attenuò, ma le sue parole colpirono con lo stesso peso di un macigno. “Solo perché siamo finiti in un nido di porci, mio figlio deve comportarsi come tale?!” Poi, con la consueta veemenza materna, sentenziò: “Guarda che Io ti ho fatto, e io ti posso disfare… Sia chiaro!!” Cercò di rialzarsi da sola, rifiutando il mio aiuto. E mentre lo faceva, lottò per soffocare la risata che, nonostante tutto, le stava affiorando alle labbra: “Brutto porco, le mie mutande ti dovevi annusare! Quelle di una vecchia!!” Io adulandola cercai di addolcirla: “Mamma tu non sei affatto vecchia!” Scoppiò a ridere divertita dei miei tentativi di rimediare: “Oltre che porco, anche ruffiano!”
Non riusciva mettersi in piedi, nei tentativi, la gonna era salita scoprendole completamente le cosce, le belle mutandine rosa piccole e trasparenti non riuscivano a nascondere molto, quando si rese conto della sua involontaria esibizione e del fatto che io la stavo ammirando, con un plateale sospiro di disappunto si abbassò l’indumento sulle gambe: “Invece di guardare allupato, Cosa aspetti ad aiutarmi, imbecille!” Mi affrettai a soccorrerla: Cercai di sollevarla prendendola sotto alle ascelle, in quella posizione aveva il cazzo che le sfiorava il viso, girò la testa battendoci contro con il naso. Invece di indignarsi, intimandomi di rivestirmi, scoppiò a ridere e mi stupì quando mi diede un bacio a fior di labbra sulla verga, Parlando quasi tra se, aggiunse rassegnata: “Cosa vuoi farci, dopo tutto sei sempre mio figlio!” Poi con tono di rimpianto, guardando l’uccello, aggiunse: “Purtroppo!!”
Il fatto di essere li, nudo, con il cazzo a pochi centimetri dal volto di mia madre, mi faceva impazzire dalla libidine, lo sentii iniziare a inalberarsi di nuovo.
Lei se ne accorse e, con tono canzonatorio, mi disse prendendomi in giro: “Certo che sei proprio un irriducibile maiale!… Cosa vorresti adesso, un pompino!?” Con la voce vagamente ironica, alterata da quella forte emotività che si stava creando, aggiunse: “Vorresti che la tua mammina te lo succhiasse?” Dai alzami, porco!” Non la avevo mai sentita usare termini così scurrili!
La sollevai e la strinsi saldamente in braccio. Lei mi avvolse il collo, aggrappandosi a me. Potevo sentire le sue chiappe setose, contro il mio avambraccio. Con passi decisi la trasportai in camera e, con estrema attenzione e dolcezza, la adagiai sul letto.
Con voce dolce mi disse: «Grazie, amore. Scusami se mi sono arrabbiata così tanto poco fa, ma devi ammettere che sei stato proprio una peste!» Poi si avvicinò e mi sfiorò le labbra con un bacio fugace, carico di una promesse. I suoi occhi, scintillanti di complicità, mi osservarono con una malizia quasi sensuale: “Certo che ti sei fatto un bel maschietto…" sussurrò, lasciando che le sue dita scivolassero lente sul mio petto e lungo la schiena, accarezzandomi con una delicatezza e con una sensualità che solo una donna sa avere, ma non come una mamma dovrebbe!
Mi guardò con un’espressione civettuola, e diede un buffetto all’uccello, dopo un sospiro di rammarico, disse: “Rinfodera sto bel pistolone e mettiti le mutande!”
Intanto il mio uccello, incoraggiato dal distendersi dalla situazione, e dalle sue carezze, era tornato al massimo splendore!
D’altronde, chissà da quanto tempo non faceva sesso, io non la avevo mai vista con un altro uomo. Probabilmente quello che stava succedendo quella sera, stava facendo esplodere tutta la sua sessualità a lungo repressa.
Mi sporsi sopra di lei per prendere l’altro cuscino dall’altra parte del letto per metterla più comoda, non mi resi conto che le stavo nuovamente le sfiorando il viso con il cazzo, lei non disse niente, neanche quando sentì il glande umido sfregarla sulle gote.
Mi misi un paio di mutande, che non riuscivano a coprire completamente la mia prepotente erezione.
Mia madre mi chiese di prendere della crema antidolorifica, quando gli porsi il l’unguento, cercò di piegarsi per spalmarselo sul ginocchio, ma aveva troppo male per riuscirci e chiese il mio aiuto: “Devi fare tu, mi fa troppo male. Ma toglimi la gonna prima, altrimenti se si macchia con quel medicamento, non si pulisce più.” Vagamente ironica, sorridendo, aggiunse: “Non credo che ti dispiaccia, vero?”
Le sfilai la gonna, involontariamente, assieme, le abbassai anche le mutandine fino a metà coscia.
Non riuscii a distogliere lo sguardo da quel bel cespuglio peloso, la fessura aperta, le piccole labbra gonfie, l’umidore che notai nel mezzo rendevano palese la sua eccitazione.
Lei si accorse che mi ero reso conto del suo stato. Con un sorriso briccone, mi esortò a ricomporla: “Beh… Adesso che ti sei goduto la vista della mia passera, che ne dici di tirarmi su le mutande?!… Porco!” La guardai malizioso.
Lei stizzita con se stessa, rendendosi conto che non potevo non essermi accorto di quanto era eccitata, continuò: “Ti pare normale? Che io debba ridiventare donna davanti a mio figlio, per farmi guardare almeno da lui?”
Mi abbassai su di lei per sistemare l’intimo, venni a trovarmi con il viso a una ventina di centimetri dal suo inguine, fui investito dall’odore della sua bella passerona eccitata e da quel lieve sentore di urina che già avevo notato sull’intimo. Era un effluvio che mi faceva vacillare, un'ondata invisibile che avvolgeva i miei sensi e li conduceva sull’orlo dell’estasi. Inspirai profondamente, lasciando che quel femmineo aroma, pregno della sua voglia, mi pervadesse, insinuandosi in ogni fibra del mio essere. I miei sensi, inebriati da quella dolce assuefazione, furono scossi dalla voce suadente e vagamente ironica di mia madre: “Ehi!… Ti ci stai addormentando sopra?” Mi scossi e con la voce malferma, dissi: “Scusa mamma mi ero perso un attimo” Lei rise e puntualizzò: “Si!… Mi sono ben accorta dove ti eri perso!… Dai maialino, stendimi la crema sulla gamba.”
Presi l’unguento, lo scaldai sulle mani ed iniziai a spalmarlo sul ginocchio dolorante di mamma, massaggiando lentamente. Gli occhi cadevano spesso sul suo inguine. lei mi guardava dolce e sorridente senza parlare.
Mi misi più comodo, tra le gambe che lei teneva ben aperte, con il cazzo che svettava verso l’alto, il cui glande sbucava dall’elastico degli slip. D’altronde quel punto di osservazione era tremendamente intrigante: Avevo una visuale ottimale sulla passera pelosa, appena velata dall’indumento intimo trasparente che era più scuro e bagnato in corrispondenza della fessura.
Mia madre, interpretando miei pensieri e indicando l’uccello in tiro, mi disse sorridendo: “Mi sembra che lui sia ben contento della situazione!” Le sorrisi a mia volta: “E’ tutto merito tuo” Mi sorrise di nuovo, civettuola.
Dopo un po che massaggiavo, lei, con voce fremente, mi incoraggiò: “Già che ci sei, massaggiami anche la coscia.” Non sia mai! Mi spinsi verso l’alto, con le dita a sfiorarle l’inguine, lei allargò le gambe per farmi posto.
Non osavo toccare in maniera più decisa, anche se sentivo il respiro di mamma farsi più pesante. I nostri occhi si incontrarono, il suo respiro irregolare riempiva il silenzio. Mi fissava con le pupille leggermente dilatate, come se cercasse qualcosa di non detto nelle mie espressioni. Si umettò le labbra in un gesto decisamente sensuale, era palesemente un un chiaro invito.
Non attesi oltre: la sua muta esortazione aveva cancellato ogni mia ulteriore remora, con le mani tremanti dall’eccitazione, le spostai le mutandine da un lato, scoprendole la figa pelosa e gonfia di voglia, guardai estasiato quell’esplosione di matura femminilità.
Le passai un dito lungo la fessura bagnata, tra le piccole labbra. Raccolsi un po della sua liquida e libidinosa smania, mi portai il dito intriso del suo nettare alle labbra, il cui sapore intenso, di femmina in calore, fece cadere ogni mia riserva.
Intanto che mi succhiavo il dito, i miei occhi cercarono nuovamente i suoi, eccitata fino all’inverosimile, spingeva il bacino verso l’alto allargando le gambe, confermando la sua disponibilità: Aveva la faccia stravolta dalla libidine, Nel suo sguardo lessi la consapevolezza che ormai non c’era ritorno.
Con voce alterata dall’eccitazione, mi chiese : “Ti piace il sapore della passera di mamma, vero?… Guarda come mi hai fatto bagnare, porco!!”
Non attesi oltre, mi fiondai con la faccia tra le sue cosce. Lei spinse il bacino verso l’alto inarcandosi sulle gambe e sulla schiena, offrendosi totalmente.
Immersi la lingua in tanta abbondanza, lappando con desiderio tutto quel nettare che avevo appena saggiato. Leccai per bene quella patonza pelosa, pulsante di desiderio, resa saporita da una lunga e calda giornata di lavoro.
Mi sfuggì un apprezzamento di cui mi pentii subito; “Che vaccona che sei mamma!!” Mi resi subito conto della strozzata che avevo detto, cercai di rimediare: “Scusa mamma, mi è sfuggito, perdonami ti prego!” Mi guardò seria: “Come mi hai chiamato!!?” Ancora più attapirato, le rinnovai il mio dispiacere: “Non l’ho fatto apposta, scusami mamma!”
Quando incontrai i suoi occhi, mi resi conto che avevo frainteso, non era affatto arrabbiata. In realtà il suo sguardo era carico di libidine. Mi prese per i capelli, protese il bacino verso l’alto e di nuovo mi spinse la faccia contro la sua sorca, strofinandomela sul viso con incredibile veemenza, rasentando la violenza.
Con la voce alterata dalla lussuria, disse: “Oooh, Si!!…. Diglielo alla mamma quanto è vacca, digli che è una puttana!!” Rovesciò gli occhi all’indietro: “Diglielo alla mamma quanto è porca!!… Dimmi che sono una bagascia che si fa fare da suo figlio!!”
Il pensiero che stava commettendo incesto le fece raggiungere le più alte vette della libido. La carica erotica di quel momento la fece capitolare. La sentii venire, mentre mi strofinava la figa contro la bocca: “oooh, si!… Cazzo vengo!”
Era tutto un fremito. Sentii i succhi del piacere appena raggiunto, colarmi in gola e sulla faccia, mi abbeverai come un assetato del suo lussurioso e prorompente orgasmo.
Mi lasciò andare, rilassandosi ansimante, mentre io cercavo di darmi sollievo segandomi guardandola, penso che non ci sia niente di più bello che osservare il volto di una donna che hai appena appagato!… Se poi quella donna è tua madre, non c’è storia…!!
Venni, sborrando sulle sue gambe.
Lei, urlò il suo disappunto: “No!… Cazzo!…” Con un senso di smarrimento, aggiunse: “Volevo che tu ti finissi nella mia bocca!… Beh… Lasciamelo almeno pulire!” Pur lamentandosi per il dolore al ginocchio, si protese verso di me, portandosi con la faccia sul mio inguine.
La sentii annusare a pieni polmoni, strofinando il volto contro il cazzo, la sentii dire con voce roca: “Puzzi di tutto, Porco!” Alzando lo sguardo. sorridendomi sensuale, aggiunse: “Come mi piace!!” Se lo mise in bocca aiutandosi con le mani, sentii la sua lingua lambirmi il glande, ripulendolo famelica dai residui di sborra.
In quel preciso istante il campanello di casa suonò.
Mia madre sussultò: “Cazzo!… La partita a carte!… Me ne ero dimenticata” Si tirò addosso il lenzuolo asciugandosi la figa, lorda dei suoi umori e sulle gambe schizzate dal mio sperma.
Mi guardò grave: “Dai vestiti… Sbrigati!” Aggiunse: “Sono la Laura e la Giuditta!”
Lei, sistematasi alla meglio, abbassandosi la gonna stropicciata, andò ad aprire la porta, io mi rivestii il più velocemente possibile.
Dalla camera udii le risate delle donne ed una gutturale voce maschile, salutare nel tipico dialetto del posto con una forte inflessione tipica delle zone più periferiche della regione.
Uscii dalla porta e salutai i presenti con un timido sorriso, Giuditta mi venne incontro per salutarmi con un bacio, ovviamente non potè fare a meno di sentire l’odore di figa di mia madre! Si bloccò un attimo sorpresa, si girò verso mia madre, il sorriso di complicità e lo sguardo di intesa che si scambiarono, mi fece intendere che i miei sospetti sul loro legame particolare erano fondati.
Giuditta, sul suo intrigante e procace corpo, indossava un corto vestitino estivo svolazzante. Il seno prorompente premeva contro l’abbottonatura, che sembrava cedere sotto quella pressione impetuosa.
La signora che rispondeva al nome di Laura, sui qurantacinque, cinquant’anni, che scoprii poi essere la cognata di Giuditta, non era da meno: Indossava un paio di leggings azzurri attillatissimi che le disegnavano le forme del culo e della grassa patonza in maniera oscena, tra l’altro il tutto reso più sconcio dal fatto che indossava una canottiera, senza reggiseno che le lasciava scoperta la pancia, e a mala pena, con le bretelle, le copriva i grossi capezzoli di una bella e flaccida quarta di seno. Per non parlare del fatto che era abbondantemente in carne, tanto che abbondanti rotolini di grasso risaltavano, mal nascosti dalla canottiera.
Il signore, che scoprii chiamarsi arturo, il fratello di Laura, era parecchio robusto, con una pancia enorme, probabilmente frutto di abbondanti libagioni. Indossava dei logori e sudici pantaloni corti ed una lisa canottiera, che a stento gli copriva la pancia, una foresta di peli sbucava dalla scollatura e da sotto le ascelle.
I maschi del posto sembravano fatti tutti con lo stesso stampino!
Lui mi strinse la mano con una presa molle, quasi svogliata. Si presentò dicendo: «Sò l’omo della grassa», indicando Giuditta con un cenno compiaciuto. Lei, per nulla offesa, scoppiò in una risata sguaiata e, indicandolo in modo teatrale, ribatté: «E te pareva! Ha parlato l’Apollo!»
Un silenzio di mezzo secondo, poi tutti risero: non tanto per la battuta, quanto per il tono con cui era stata sparata.
Dopo i convenevoli di rito e qualche altra battuta scontata sull’afa, le zanzare e le condizioni meteo, si accomodarono attorno al tavolo della saletta: un vecchio mobile con il piano in legno scolorito e le sedie scompagnate. Mia madre prese le carte da ramino, appoggiando il mazzo con un gesto teatrale che sapeva già di sfida: “Allora, chi fa coppia con chi?” Chiese mia madre, con quello sguardo furbo che preannunciava l’incontro.
Si formarono le coppie dei contendenti, mentre io dissi che avrei fatto l’osservatore, standomene comodamente seduto sul divano.
Intanto che mia madre mescolava le carte, invitò Laura a prendere i liquori e i bicchierini sul mobile basso del salottino. Lei si abbassò esponendo il generoso culo alla vista dei presenti, Il tessuto leggero ed elastico venne teso all’inverosimile dalle abbondanti forme, Io che ero in una posizione ottimale, notai che in trasparenza si poteva vedere la fessura tra le chiappe, dove non c’era segno di alcun indumento intimo.
Sentii l’uccello reagire immediatamente a tale vista! Me lo sarei carezzato volentieri, ma dovetti rinunciare perché non sarei riuscito nascondere il gesto ai giocatori seduti al tavolo.
Laura servì i liquori stando in piedi. Non mi stupii più di tanto quando Arturo le infilò le mani tra le gambe, da dietro, palpandola: “Che bella fregna morbida che sc’hai, sorellina!!… Te sento er pelo!!” Lei rise, lasciando fare e ribattè: “Per forza non c’ho e mutande!” Il gesto era stato fatto con tanta naturalezza che sicuramente non era la prima volta! Giuditta, per niente risentita, per l’intraprendenza del marito, con il tono tra lo scherzoso e l’ironico, disse: “E tocca porco!…Divertete!… Tanto o sai che questa è na troia in calore!!”
Scoppiarono tutti a ridere. Laura, dopo essersi lasciata toccare il culo dal fratello, con evidente soddisfazione e aver servito i liquori che promettevano allegria, si sedette al tavolo, a fianco di Arturo, per giocare.
I bicchieri si svuotavano rapidamente, mentre l’ilarità cresceva insieme alle battute, sempre più spinte e contagiose.
Dalla mia posizione, potevo godermi lo spettacolo che Giuditta, seduta con le cosce ben aperte, mostrava: Il corto vestitino, che da seduta era salito ben oltre il lecito, potevo vedere le mutandine di pizzo bianche infilate nella fessure della figa, l’abbondante pelo scuro, sbordava ai lati dell’indumento appallottolato tra le grandi labbra di quel sesso maturo. La sua oscena mise non era una novità, ma in quel contesto, con mia madre e suo marito presenti era molto più intrigante, che nei suoi siparietti mattutini!
Lei si era incartata, era rimasta con in mano solo due carte, l’altra mano la vidi appoggiarsi sulla coscia di mia madre. La quale guardò, con evidente disagio, verso di me. Prese la mano della sua amica e la allontanò, poi si sporse verso di lei e la vidi sussurrarle qualcosa in all’orecchio, guardarono tutte e due verso di me, il volto di Giuditta si illuminò di un sorriso furbo e sornione, osò di nuovo, infilò le mani sotto alla gonna, tra le cosce di mia madre. Avvicinandosi a sua volta al volto, le sussurrò qualcosa di rimando. La mia genitrice, prima tentò di allontanare di nuovo quell’intrusione, ma quello che le venne sussurrato la intrigò, smise di contrastare la mano dell’amica e cercò di nuovo il mio sguardo. sorridendomi in modo seducente, si umettò le labbra in un chiaro preludio a successive e lussuriose esternazioni, Mentre la sua amica, continuando a esplorarle la figa, le succhiava in modo erotico e sensuale il lobo dell’orecchio, sbirciando verso di me.
Io non potei fare a meno di accarezzarmi e stringermi l’uccello in tiro, mentre guardavo mia madre che faceva la troia. La invitai a proseguire con il mio sguardo carico di lussuriosa aspettativa!
Anche gli altri, ovviamente si accorsero di ciò che stava succedendo.
Arturo, smesso di giocare, rivolto a Laura, in modo provocatorio, disse: “T’ha dato della troia a tè prima!… E guardala un po adesso!… Sta mignotta!… Pure lesbica!”
Giuditta, senza ribattere, si portò la mano con cui aveva palpeggiato il sesso di mia madre al volto, annusò le dita e poi ne saggiò il sapore con evidente trasporto. Si baciarono. Mentre l’una sulle labbra dell’altra, ridevano divertite della battuta di Arturo.
Laura, evidentemente infoiata, con una mano mise a nudo una tetta, stuzzicandosi il capezzolo, mentre l’altra la infilò dentro ai pantaloncini del suo vicino di posto, lui per agevolarla si aprì la patta, mentre lei più comoda, iniziò a fargli una sega.
Io mi ero abbassato i pantaloncini e segandomi lentamente mi godevo la scena.
Mia madre mi guardò con sguardo torbido, si alzò in piedi, si sollevò la gonna sui fianchi, rivelando che non indossava nessun tipo di intimo, si girò verso Laura, si aprì la figa pelosa con le mani e flettendo leggermente le ginocchia, allargò le gambe, portando in avanti il bacino. Non ci furono bisogno di parole, l’amica le si accucciò davanti, infilando il volto tra le sue cosce, andando a cercare il saporito sesso di mia mamma, con la lingua.
Lei mentre si faceva leccare la figa, mi guardava ansimante, mentre teneva la testa della sua amante pressata contro il proprio inguine. Mi resi conto che lo spettacolo era per me e che la sua eccitazione era dovuta all’esibizione davanti a suo figlio, a quell’incesto per procura.
Laura si era abbassata con la testa sul cazzo del fratello e lo stava succhiando esperta, lui le aveva abbassato i leggings da dietro e la teneva un dito infilato sul culo, con il quale la stava sditalinando analmente.
Mi alzai, andai a stendermi sotto a Giuditta che era ancora accucciata davanti a mia madre, mentre le stava letteralmente divorando la figa. Finalmente potevo gustarmi quella bella sorca che molte volte mi era stata fatta intravedere con tanta disinvoltura.
Spostai le mutande e avvicinai il volto a quella figona matura e pelosa. Fui investito da un forte odore di piscio, sudore e sborra, oltre al dolce odore di femmina in calore.
Non capivo se puzzava di più la sua figa o le mutande.
Estasiato da quell’intenso odore, affondai la lingua in tanto olezzo, tremendamente eccitato da tanta verità, lappai eccitato tutte quelle saporite secrezioni, quei residui di precedenti scopate e molteplici pisciate.
Ormai da tempo avevo interiorizzato che l’igiene non fosse tra i valori primari della gente del posto; e forse, a forza di conviverci, ero diventato un buongustaio di quelle pratiche tanto grezze quanto autentiche.
Infatti non tralasciai di dedicare del tempo al buco del culo. Ovviamente, come la figa, era lussuriosamente e notevolmente saporito. I peli erano appiccicati tra loro da recenti residui di evacuazione anale che confermarono che era da un po che la maialona non usava il bidè.
i sussulti di Giuditta, i suoi scuotimenti di bacino, mi gratificarono del mio lavoro di lingua, la troia stava godendosi l’oscena leccata!
Lappai a lungo, fino al momento in cui tornai a concentrarmi sulla sorca, ponendo maggiormente la mia attenzione sulla sua grossa e grinzosa clitoride, la sentii esplodere in un prorompente orgasmo, oltre agli umori prodotti dal suo godimento, fui investito da abbondanti schizzi di urina, probabilmente causati anche dalla posizione accucciata oltre che dall’incontinente piacere.
Estasiato da quegli effluvi speziati e dalle inattese effusioni, ingollai con avidità quel liquido paglierino dal retrogusto acre e salato, ne cercai le ultime gocce tra il pelo appiccicaticcio. Dei rivoli mi scesero lungo le guance. Ne anelai dell’altra andando a stimolare l’uretra con la punta della lingua, quasi a volerla penetrare, fui gratificato da altri più copiosi spruzzi.
Eccitato da tanta perversione, mi stavo segando, stavo quasi per sborrare, quando sentii il glande avvolto dal calore di una bocca che mi succhiò avida il cazzo, tolsi le mani e lasciai spazio a quelle labbra esperte. La barba mal rasata contro le palle, mi rivelò che era Arturo che mi stava spompinando, la cosa non mi stupì, già da tempo avevo capito che da quelle parti i ruoli di genere non sempre erano quelli canonici. Del resto il trasporto e il fervore con cui quella bocca mi stava succhiando non mi facevano rimpiangere le labbra di una femmina.
Stimolato dalle sue abili labbra, in breve, gli riversai in bocca una ormai imminente, copiosa sborrata, mentre godevo, annusavo in estasi gli intensi odori della matura e trasandata figa di sua moglie!
Il mio orgasmo fece eco a quello di mia madre che venne a sua volta gridando il suo piacere, riempendo la bocca di Giuditta di lattiginosi e saporiti umori.
Giuditta si sollevò in piedi paga del suo orgasmo e del piacere condiviso con la sua saffica amante, mi guardò con un sorriso grato: “Però!!… Ce sai fà co a lingua!” Le sorrisi a mia volta, non c’era bisogno di risposta.
Volsi lo guardo verso mia madre che continuava a tenersi la gonna sollevata sui fianchi. Ricambiò il mio sguardo con una luce torbida e carica di libidine, evidentemente non ancora paga. Girata verso di me, esibiva con ostentazione, a gambe larghe, la passera pelosa, con il pelo ancora umido della lingua di Giuditta e degli umori del recente orgasmo, che le inumidivano ancora l’interno delle cosce. La sua postura era chiaramente un invito ad approfittare di lei.
Dei gemiti di piacere mi fecero girare, sul tappeto Laura, completamente nuda, era seduta sopra a suo fratello, e si muoveva forsennatamente, impalata sulla verga di Arturo.
Era decisamente una scena indecente: Il corpo generoso e pingue della troia, le sue grasse tette cadenti che poggiavano sull’addome, i lunghi e grossi capezzoli che strofinavano l’enorme pancia del suo incestuoso amante, il tutto reso ancora più osceno dal prosperoso pelo che ricopriva la pancia e il petto di Arturo e la sua barba incolta, mal rasata che incorniciava una bocca sdentata. Erano veramente sconci e proprio per questo tremendamente intriganti nella loro squallida esibizione!
L’odore di sesso nella stanza era intenso: Il forte odore di culo, figa e cazzo si confondevano nell’aria stagnante della stanza chiusa, creando un mix che sapeva di licenzioso e perverso.
Mi sentii chiamare: “Luciano, vieni a scoparti la mammina…. Vieni a sbatterti sta troiona in calore!” Era Giuditta che parlava, mi girai verso di loro, lei era dietro a mia madre e le stava impastando le belle e sode tette con le mani, mentre mamma si stava masturbando, con le gambe larghe, leggermente inclinate. Dai suoi occhi , puntati sui miei traspariva tutta la voglia che aveva di me.
Giuditta aggiunse: “Devi fare tu perché non sono riuscita a placare la voglia di questa vacca!!… Ha bisogno del tuo cazzo!” Il tutto mentre mi guardava baciando sensualmente il collo della sua amante!
Mi avvicinai a mamma e la presi dolcemente per mano, tirandola verso la camera da letto, Giuditta ci seguiva da vicino, mano nella mano con lei.
Mentre mi avvicinavo alla porta, sentii Laura urlare vari empiteti ad Arturo: “Brutto imbecille!… Muovi il culo, bastardo!… Fottimi, porco!… Sbattiti la tua sorellina!”
La risposta del suo rozzo amante non si fece attendere: “Sei tu sopra, bagascia!… O non te ne sei accorta!?… Muovo quel cazzo di grasso culone!!… Sei talmente spanata che manco ti sento, Troia!!”
Li lasciammo alle loro lubriche beghe incestuose.
Feci stendere mia madre nel letto, a gambe larghe, le salii sopra con attenzione, con dolcezza. La guardai bellissima e radiosa i boccoli biondi le incorniciavano il viso dolcissimo, prima di penetrarla, rispose al mio sguardo con i suoi stupendi occhi verdi persi nei miei, da donna innamorata. Forse alla fine lo era sempre stata.
Dio, era così bella!!
La penetrai piano, facendole sentire la mia erezione che entrava centimetro dopo centimetro, mentre lei apriva la bocca in un smorzato gemito, inarcando la schiena per cercare il mio affondo finale.
Urlò tutto il suo piacere, a stento represso fino a quel momento, nell’attimo in cui si sentì piena di suo figlio.
Sentii le sue unghie piantarsi sulla schiena e i suoi denti affondare nella mia spalla. Sentii il dolore trasformarsi in piacere, mentre spingevo il mio membro all’interno del ventre di colei che mi aveva generato, quasi a voler esplorare quel dolce limbo in cui ero nato.
Il nostro amplesso aveva cancellato tutti i suoni, tutto era sparito: Esistevamo solo io e lei, solo il nostro amore, solo la nostra passione, Tutto si fondeva e si confondeva. Non sapevamo più chi fosse figlio, chi fosse radice, solo il battito ossessivo ci univa in un legame fatto di carne e memorie. Non c’era più peccato, non c’era virtù: era solo l’urlo muto di un legame senza nome.
Per un tempo indefinito ci perdemmo l’uno nell’altro, le succhiai i seni di nuovo, dopo immemore tempo. Lei godeva del mio suggere, come forse già era successo all’albore della mia vita. Spingevo piano il mio membro dentro di lei, senza premura, godendo del suo piacere come fosse il mio, le cercai le labbra e la baciai con un trasporto che le nostre bocche forse non avevamo mai conosciuto.
Venni dentro di lei. In un ventre non più fecondo, ma che avrei tanto voluto che lo fosse! Sarebbe stato stupendo essere di nuovo nel suo seno!
Lei venne con me, trasportata dal mio piacere, dopo aver sentito il calore del mio orgasmo riempirla.
Stemmo abbracciati per un tempo indefinito, persi nelle braccia l’uno dell’altro.
Ci ridestammo, tonammo alla realtà, quando la voce di Giuditta, ci riportò al presente da quel intimo spazio creato dal nostro amore. Una bolla, un sogno spezzato dalla concretezza delle parole della nostra spettatrice.: “Wow!… Ragazzi!… Che scopata!” Volsi lo sguardo verso di lei: era seduta a gambe larghe, si stava accarezzando il pelo pregno di umori. Puntualizzò: “Sono venuta, sbattendomela, eravate bellissimi” Guardando mia madre, aggiunse: “Si vedeva proprio che avevi bisogno di un bel cazzo Valeria!” Mia madre le sorrise in modo circostanziale, senza rispondere.
Mi resi conto che la nostra amica, non aveva compreso che l’atto sessuale, al quale aveva assistito, era stato solo una cornice di qualcosa di molto più profondo.
Quella bolla di intensi sentimenti si dissolse del tutto quando Arturo e Laura si affacciarono alla porta, lei nuda e pscvena, stava perdendo sperma dalla figa, che scendeva rigandole le cosce. Giuditta, le sorrise, si inginocchiò davanti a sua cognata, la guardò, e trasudando perversione da tutta se stessa, infilò la faccia tra le sue grasse cosce andando a cercare, con evidente avidità, tutti i fluidi che lordavano quella matura patonza. Laura mugolava il suo assenso e ridacchiava della manifesta ingordigia della moglie di suo fratello.
Arturo si avvicinò a me che ero ancora steso sul letto, mi mise il cazzo moscio davanti alla faccia, cercai il suo sguardo sorridendo, avvicinai il volto a quel grosso e flacido nerbo scuro, semiscappellato. Annusai con trasporto la puzza di sperma vecchio, di figa mal lavata e di piscio stantio, che esalava da quel cazzo.
Incredibilmente attratto da quei potenti afrori, ingollai quel cazzo lurido, cercai la cremina depositata sotto al glande e me ne nutrii con vorace piacere, mentre mia madre, al mio fianco, mi guardava e si masturbava, di nuovo persa in quel turbinio di perversione, mentre con la mano con cui non si stava dando piacere, mi palpava da dietro il culo e le palle.
Ci demmo pace solo quando tutti eravamo spossati.
Ognuno con addosso i sapori e gli odori di ognuno!
Dopo esserci ripresi da quei torbidi giochi incestuosi, finimmo di bere quei liquori che ci avevano fatto perdere in tanta lussuriosa perversione, all’inizio di quella serata e che adesso ci corroboravano per vincere la nostra stanchezza.
I nostri ospiti si rivestirono e dopo i convenevoli di commiato, dopo esserci ripromessi altre orge incestuose, finalmente se ne andarono.
Io e mia madre nudi, andammo a letto con ancora addosso tutti gli odori di quella serata di perdizione.
Eravamo stanchi, sazi di sesso promiscuo, ma non sazi di noi: Iniziai succhiando leggero i capezzoli di lei. Di nuovo le nostre bocche saggiarono i nostri rispettivi sessi. Di nuovo fummo dentro l’uno dell’altro.
Nel momento in cui ci demmo reciproco piacere, pensai che nostro amore era così intenso e passionale, la nostra unione così completa, da cancellare il peccato dell’incesto e trasformarlo in un unico sentimento senza etichette.
Ci addormentammo abbracciati, scambiandoci un mare di carezze e baci dolcissimi, casti e un po meno casti.
Dopo tutto cosa c’è di più grande dell’amore tra madre e figlio!
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