71 anni

di
genere
etero

Sono Marisa, ho settantuno anni e ieri la mia vita è cambiata.
Ieri, 4 febbraio, giorno veramente triste per compiere gli anni.
È tutta settimana che piove, fa freddo e non ho nessuno con cui festeggiare. Sono vedova da 19 anni, da quando mio marito Franco è morto in un incidente stradale. Dei miei genitori non ho più notizie da quando sono scappata di casa il giorno del mio 18 compleanno. Ero stufa di sottostare alle loro malate perversioni, alla loro sessualità violenta. Ero stanca di essere usata come bambola di piacere per loro e i loro amici. Ho preso al volo l’invito di Franco, un mio vicino di casa di dieci anni più vecchio di me che si trasferiva al nord per lavoro e dopo tre anni avevamo tre figli. Con lui ho conosciuto l’amore, quello vero fatto di sincerità, rispetto, sostegno. Con lui ho conosciuto il sesso dolce, condiviso, passionale, fatto di tenerezza ma anche di prove estreme proposte ed accettate, mai imposte. Il sesso era libero da pregiudizi ma sempre e solo tra di noi. Non aveva limiti di tempo e spazio, ogni luogo poteva essere il nostro talamo. Certo la presenza dei figli ci limitava ma sapevamo prenderci i nostri tempi aiutati da amici e conoscenti. Una volta al mese uscivamo. Andavamo al cinema dove Franco provvedeva a masturbarmi a lungo nel buio della sala, oppure in balera dove ci chiudevamo nei bagni per una sveltina, o anche solo per appartarci in macchina in qualche posto isolato dove facevamo l’amore con la paura di essere scoperti. Eravamo felici, io impegnata in casa, lui al lavoro, e la domenica scampagnate e picnic. Ad agosto quindici giorni ospiti di amici in un residence al lago. Poi gli anni passano, le esigenze aumentano e Franco che trova lavoro come rappresentante. Una condizione economica migliore ci ha permesso di comprare una villetta in periferia, inoltre, i figli ormai tutti a scuola e più tempo per me. La mattina andavo a fare qualche ora in una stireria poi a casa con i figli. Franco, rappresentante di prodotti zootecnici, fuori dalla mattina alla sera in giro in macchina nelle campagne lombarde. La macchina, quella maledetta macchina. Gli avevo detto molte volte di trovare un lavoro che non lo tenesse tutto il giorno sulla strada ma lui era innamorato del suo lavoro, e questa cosa mi rendeva un po’ gelosa e mi toglieva serenità. Fino a quel giorno, il campanello che suona, i carabinieri che mi comunicano dell’incidente, e la vita stravolta. E la solitudine. I figli, i nipoti, gli amici, tante persone a cercare di rendermi il dolore più sopportabile a riempire il mio tempo, lo spazio lasciato vuoto da lui ma con lui era morta una grande parte di me. Poi il tempo passa e il dolore, la solitudine rimangono a fare da sfondo alla quotidianità. Fino a quando tutte quelle persone smettono di abitare il tuo tempo e tornano prepotenti solitudine e dolore. E la depressione. E una psicoterapeuta che continua a ripetermi che il dolore si vince tornando a vivere. E una vicina di casa che continua a propormi occasioni per vivere.
È piombata in casa mia già al mattino, Stefania la mia vicina di casa, cinquantotto anni ben portati, salutista insegnante di danza. Confidente e consulente. Con lei riesco ad aprirmi più che con le “amiche vere”. Con lei affronto argomenti che con le mie amiche non potrei mai. Forse saperla più giovane, forse sapere che è più sfrontata mi rende più libera di dire. Quello che per le mie amiche, e anche per me quando sono con loro, è tabù, con Stefania è argomento di chiacchiere. Quindi nulla di strano se ieri mattina mi ha trascinata fuori per prepararmi alla serata che, mi ha garantito, sarebbe stata travolgente eccitante “orgasmica” l’ha definita. Col marito Andrea, l’uomo che passa inosservato anche nel nulla assoluto, aveva preparato la mia festa di compleanno a sorpresa, perciò, non dovevo chiedere né obiettare ma solo ubbidire. Non so perché ho accettato, forse per l’insistenza o forse perché veramente volevo essere al centro dell’attenzione. Il risultato è stato un giro per negozi dove l’ho stupita non poco. Per quello che ci siamo dette ma anche per quello che ha visto. Sono una donna anziana della vecchia scuola educata da una nonna che non conosceva i collant ma solo autoreggenti o reggicalze, molto più pratiche nel momento dei “bisogni” anche perché non sapeva cosa fossero nemmeno le mutande, inutili in campagna, diceva che bastava allargare le gambe, sollevare un poco la sottana e tutto era possibile, mia madre poi una cosa giusta me l’ha insegnata ed è il culto dell’igiene e una volta alla settimana mi depilo le parti intime. La prova del vestito per la serata è stata quindi abbastanza scioccante per entrambe.
Ed è arrivata la sera. E la festa.
In una villa di amici di Stefania e Andrea cinque coppie tra i trenta e i cinquant’anni, tutte estremamente eleganti, tutte a me sconosciute. Tutte belle persone che si sono rivelate di grande compagnia. Da subito mi sono sentita accolta, coccolata ma non commiserata, anzi. Certo il vino ha reso tutto più semplice, il vino e i numerosi incensi accesi per la casa. E non sono certa che fosse solo incenso. Col passare del tempo ero sempre più coinvolta, e sempre più sciolta. Ma c’era una cosa che mi spaventava e che si stava manifestando sempre più e che non volevo accettare, mi stavo eccitando, sentivo crescere dentro di me una voglia che avevo ormai accantonato da tempo. Guardavo quelle persone e vedevo quanto erano complici, ascoltavo le loro voci e sentivo quanto erano legate, ma non era solo amicizia, c’era una piacevolissima tensione tra di loro che mi coinvolgeva ma che non sapevo spiegare. Poi due uomini hanno cominciato una discussione che li vedeva entrambi pretendere la ragione fino a quando uno ha proposto una sorta di sfida, chi avesse avuto ragione avrebbe baciato la moglie dell’altro, ed è successo. L’uomo vincitore ha baciato la moglie dell’altro ma non è stato un bacio casto, veloce, labbra a sfiorare le labbra, bensì un bacio godurioso, con le lingue che battagliavano voraci, e le mani di lui che stringevano con violenza il culo di lei. L’applauso dei presenti ha sottolineato questo lungo momento, anche quello dei rispettivi coniugi. E la cosa invece di disgustarmi a fatto crescere ulteriormente la mia eccitazione. Avrei voluto esserci io tra le braccia dell’uomo. Mi sono ritrovata ad immaginare le mani di un uomo tastarmi il culo, la sua lingua frullare nella mia bocca, volevo che il mio seno fosse fatto preda delle mani di un uomo, i miei capezzoli fossero strizzati, tirati come molte volte aveva fatto mio marito, volevo sentire ancora dentro di me il sesso duro e caldo di un uomo. Volevo godere. Volevo godere. Questo “confronto” è diventato subito un gioco che ha coinvolto tutti, una sorta di “vero o falso” dove uno/una faceva una domanda ad un altro/altra. E tutti i perdenti dovevano pagare pegno. E il pegno era sempre più spinto. Quando un uomo si è tuffato tra le grosse tette di una donna altrui ho dovuto correre in bagno, avevo bisogno di placare le dimenticate voglie. Chiusa la porta mi sono lavata le mani e lo specchio mi ha rimandato la mia immagine. Ma cosa volevo fare? Davvero volevo tradire mio marito? E poi, ho settant’anni, anzi settant’uno, sono vecchia e le vecchie non se le fila nessuno. Sono tornata con gli altri. E dopo poco mi sono ritrovata al centro dell’attenzione. Disposti a cerchio intorno a me ballavano una musica dolce, lenta, passandosi uno strano cocktail da bere. In quel momento ho capito, no, forse devo dire ho scelto che la vita deve essere vissuta ogni momento e le azioni, se non fanno male a nessuno, devono essere compiute. Ho accettato le mani di questi sconosciuti sul mio corpo, uomini e donne, ho lasciato che l’eccitazione, la voglia di godere prendesse il controllo del mio corpo.
Il mio corpo, vecchio ma tutto sommato accettabile per l’età grazie anche alla benevolenza della natura e all’abitudine di sfruttare i lavori domestici come palestra, ha reagito subito a quelle attenzioni. Come brace che giace sotto la cenere e che un alito di vento rinvigorisce, l’eccitazione che sentivo sopita dentro di me ha cominciato a crescere. Sentivo il sangue pulsare, il respiro accelerato, sentivo i capezzoli gonfiarsi e un calore espandersi nel ventre. Sensazioni ormai dimenticate. Qualcuno ha abbassato la cerniera del vestito, solo le calze nere e il reggicalze a coprirmi e le scarpe col tacco. La catenina d’oro con l’immagine di mio marito pendeva al centro dei vuoti seni, anche loro pendenti. Ero nuda in mezzo a queste persone, nuda nel corpo e nella mente. La danza che muoveva quelle persone è presto diventata uno spogliarello e quando sono stati tutti nudi è cominciata una vera e propria orgia. Non erano più uomo e donna, marito e moglie, giovane o vecchio ma corpi che si davano piacere reciprocamente. Ero in piedi, in mezzo a tutti questi corpi, affascinata, mentre sensazioni antiche tornavano a solleticare i miei istinti. Sentivo il sangue pulsare nel ventre e la secchezza delle labbra vaginali lasciare posto ad una piacevolissima sensazione di umido e quel punto particolare della vagina gonfiarsi come da tempo immemore. Un richiamo vitale ha fatto sì che portassi una mano in quel punto e il solo tocco ha scatenato in me il piacere dimenticato. Con la mano libera ho preso il capezzolo torturandolo, mi piace sentire il dolore come innesco del piacere, che è esploso in un primo orgasmo. L’applauso di approvazione dei presenti ha sottolineato il piacere raggiunto. Non mi sono accorta che gli altri mi guardavano. A quel punto mi hanno fatto inginocchiare su un cuscino e gli uomini si sono messi intorno porgendomi i loro cazzi duri. Sapevo bene cosa fare anche se sono passati tanti anni dall’ultimo pompino ma vederli lì veri, gonfi, nella loro arroganza, alcuni più grossi altri più piccoli ma ugualmente desiderabili, mi ha emozionato, sentivo gli occhi riempirsi di lacrime perché sentivo di essere ancora donna, non solo la vedova di o la nonna di, ero ancora donna che poteva dare e ricevere piacere. Come fosse cosa sacra ho preso tra le dita il primo cazzo, ne ho sentito la consistenza, la durezza, il calore, e l’ho baciato in punta. Un bacio casto, come il primo bacio tra due ragazzini, appena accennato, ad occhi chiusi. Poi ho aperto la bocca. Uno ad uno si sono alternati regalandomi sensazioni stupende. Tutti diversi, tutti uguali, tutti per me. Ho dovuto controllare l’euforia che mi stava prendendo. Avevo fame di cazzo, passavo da uno all’altro come fossero cibo vitale, come un bimbo libero in un negozio di dolci. Chi non ha mai provato non sa cosa vuol dire avere un cazzo in bocca, è una sensazione unica, piacere e potere insieme, nello stesso gesto. Il calore di quel corpo caldo che pulsa alle carezze della lingua, la setosità della pelle attraversata dalle vene gonfie, la rigidità della carne, la salinità più o meno evidente delle prima gocce di seme che escono dal meato, e vedere come l’uomo reagisce; i glutei si contraggono, la schiena si inarca, il respiro accelera. Tutto per mia volontà. E mentre tieni quel corpo vivo in bocca con una mano gli carezzi le palle, mentre con l’altra gli stimoli l’ano fino ad infilargli un dito nel culo mentre sta per eiaculare. E l’uomo eiacula, eccome se eiacula. Quando gli infili un dito nel culo, perché difficilmente l’uomo rifiuta, il membro sembra gonfiarsi ancor più, sembra diventare ancora più duro, e senti chiaramente il seme salire dalle palle percorrere l’asta ed esplodere nella tua bocca violento. Una due tre tante volte senti colpire la gola, il palato, la lingua da quel lattice bianco e vischioso e come nettare prelibato lo assapori fino all’ultima goccia traendone energia per i successivi amplessi. A tutti e sei gli uomini ho riservato lo stesso trattamento ricevendo in premio il loro seme. Lo desideravo, lo bramavo come la terra brama l’acqua dopo la siccità, e tutti i pensieri, i sensi di colpa, il falso perbenismo, l’educazione antica ricevuta, ho mandato tutto a quel paese rifiutandomi di subire ancora quel doloroso stato di vedovanza. E quale gioia scoprire che quei membri carnosi erano ancora vigorosi nonostante avessero già eruttato il loro seme segno evidente di qualche supporto chimico. Ma ora era il mio turno di subire il piacere. Mi hanno fatta sdraiare su una sorta di grande letto dove mi hanno legati mani e piedi ai quattro angoli. Mi sono trovata così immobilizzata a x senza possibilità di muovermi o difendermi, alla mercé di tutti, tette e figa in bella vista. Le donne si sono inginocchiate intorno e si sono prese cura di me. Una mi ha baciata infilandomi la lingua in bocca, due hanno preso i miei seni, vuoti e molli, e li hanno legati stretti lasciando liberi solo i capezzoli a cui hanno applicato delle pinzette. Il dolore era al limite della sopportazione ma ho resistito perché nel frattempo un’altra donna si era messa tra le cosce e si stava dedicando alla mia figa. Sentivo la lingua correre sulle grandi labbra, calda e delicata. Era la prima volta che provavo il piacere donato da una donna.

Quando ero ancora con i miei genitori ho sempre dovuto dare piacere senza poterlo ricevere, ho leccato molte donne, tutte ben più vecchie di me, e dovevo stare attenta a come leccavo pena punizioni dolorose, dovendo sopportare spesso la cattiva igiene con sapori e odori sgradevoli. È stato il mio Franco a farmi conoscere la bellezza dell’orgasmo procurato con la lingua. Nessuno mai mi aveva leccato li, e anche dopo essere scappata con Franco non ho mai voluto provare il cunnilingus, fino a quel giorno, lo ricordo come fosse oggi. Eravamo in vacanza al lago, era fine estate, il piccolo residence aveva una bella piscina, era mezzanotte passata, i bambini dormivano beati e faceva molto caldo, Franco ha proposto di rinfrescarci nella piscina così, non senza qualche preoccupazione per i bimbi e per la paura di essere scoperti, ci siamo immersi nell’acqua. Non so cosa è stato, forse la paura di essere visti o trovarmi finalmente sola con lui, ma una strana eccitazione mi ha preso e quando mi ha abbracciata da dietro non ho fatto resistenza, nemmeno quando mi ha slacciato il reggiseno liberando le mie tette. Le sue mani hanno cominciato a giocare con i capezzoli già abbondantemente duri per l’eccitazione mentre sentivo il suo cazzo premere duro sul culo. Poi ha infilato una mano nelle mutandine e il solo tocco alla vagina mi ha regalato il primo orgasmo. Volevo mi scopasse ma ugualmente volevo continuasse quel tocco. Ero attraversata da continue scosse di piacere che partivano dal capezzolo martoriato da quelle dita per raggiungere il mio sesso torturato dalle altre dita. Un tempo indefinito di immenso piacere. Poi mi ha girata e mi ha baciata spingendo la lingua nella mia bocca mentre le mani si sono prese cura del culo tastandolo con vigore. Sentivo il cazzo eccitato premere sul mio sesso e desideravo averlo dentro ma lui aveva altri progetti. Mi ha preso per i fianchi e, come fossi una bambola, mi ha fatto sedere sul bordo della piscina poi si è messo tra le mie gambe e ha cominciato a baciarmi il seno. Mi baciava il seno mentre le mani correvano sul mio corpo, sui fianchi, la schiena e le cosce. Ero al settimo cielo, mi sentivo amata, desiderata, eccitata. In quel momento avrei accettato tutto, anzi ho realizzato che non mi bastava la sua attenzione, volevo di più. Volevo essere al centro dell’attenzione di tanti, corpo desiderato e usato, come troppe volte mi era stato negato. Ma lui aveva altri progetti. Pian piano è sceso con la bocca a baciarmi la pancia poi il ventre poi le cosce, baciava e leccava, leccava e baciava, donandomi un tenero piacere, infiniti brividi, ha preso i miei piedi e li ha leccati, ha succhiato una per una le dita poi è risalito lungo i polpacci, le cosce, baciandone ogni centimetro la parte interna fino a sfiorare col naso la mia alcova. Istintivamente ho fatto per chiudere le gambe ma Franco con una leggera ma decida pressione le ha riaperte, e guardandomi con infinito amore mi ha detto di fidarmi. È stato come entrare in un mondo parallelo. Non ero più io e Franco, non eravamo in quella piscina, non c’era spazio né tempo solo piacere, piacere infinito. La calda e morbida lingua correva sulle tenere labbra del mio sesso che si sono dischiuse come ali di farfalla al sole. Sentivo il sangue pulsare e gonfiare il clitoride regalandomi sensazioni mai provate prima, togliendomi il respiro e il controllo. Un urlo liberatorio ha sottolineato l’orgasmo più violento provato fino a quel giorno e una quantità incredibile di piacere denso ha riempito la faccia di mio marito e gocciolato nell’acqua trasparente della piscina. Sono rimasta lunghi minuti con le gambe chiuse sulla testa di Franco tenendolo ancorato alla mia fica madida di umori e pulsante di piacere, non volevo che quel momento finisse mai. Da quella volta non è passato giorno che non sentissi la sua bocca sul mio sesso, anche solo per un casto bacio.

Mentre quella donna mi rapiva l’anima con la sua lingua, Marisa si è accucciata sulla mia testa porgendomi la fica da leccare. I timori sono svaniti all’istante. Nessuno sgradevole odore, nessun sapore cattivo ma il naturale e inebriante profumo di una donna in calore e il sapore dolce dei suoi umori. E la morbidezza delle labbra dischiuse ad accogliere la mia lingua. Ho leccato quella carne gustandomi ogni goccia che colava come nettare prezioso. L’ho sentita fremere, vibrare, cercare sempre più la mia bocca fino al lungo sommesso lamento che ha accompagnato l’orgasmo. Avrei voluto stringerla, tirarla a me ma avevo le mani legate in alto agli angoli del letto e non potevo. Potevo solo vedere le sue magnifiche tette ondeggiare da cui sporgevano degli scuri e lunghi capezzoli che lei si stringeva tra le dita. Poi mi hanno bendata e fissato un grosso fallo finto in bocca. Non vedere, non poter parlare, non potermi muovere mi ha spaventata. Un tempo infinito di assoluto silenzio, poi, dopo che mi hanno liberato le tette dalle corde a dalle pinzette, mi hanno spalmato una crema sulla figa e sui capezzoli. Una piacevole frescura ha calmato i miei timori ma presto un forte calore ne ha preso il posto. Sentivo la fica in fiamme, i capezzoli bruciare e non potevo fare nulla. Bruciava ma non era dolore, era qualcosa di indefinibile che… mi piaceva ma non era la cosa che volevo di più, volevo essere presa con forza, volevo essere scopata, usata, mi mancava il cazzo di un uomo a riempirmi, lo desideravo, lo pretendevo ma non potevo far nulla per farmi capire. Ma non è servito gridare né agitarmi, In ordine crescente per misura di cazzo uno ad uno mi hanno scopata, usata, sfondata portandomi ripetutamente vicina all’orgasmo senza però farmelo raggiungere veramente. Poi si svuotavano sulla mia faccia. Ho dovuto chiudere gli occhi, sentivo lo sperma colare sulle guance sul mento sul collo sulle palpebre, lo sentivo caldo, profumato. Le donne lo raccoglievano per poi spalmarlo sul mio corpo, come crema, un vero e proprio balsamo naturale. Ma il gioco non era ancora finito, mi hanno infilato qualcosa nel culo, sembrava un uovo, e un enorme fallo finto in figa. Sentivo la carne tendersi, dilatarsi mentre quell’enorme simulacro si faceva strada dentro di me. Mi faceva male e quel dolore amplificava il piacere poi hanno applicato del tiralatte ai capezzoli. Li avevo già usati con i miei figli ma questi erano elettrici e molto potenti. Ho sentito i capezzoli tirarsi e mille spilli attraversarmi la carne. In contemporanea l’ovetto piantato nel culo e il grosso fallo che avevo in fica hanno preso a vibrare sempre più forte. È stato orgasmo. Meglio, Orgasmo con la O maiuscola. Ho avuto infiniti orgasmi, vaginali, clitoridei, anali, per penetrazione o per masturbazione, mia o di altri ma questo era altro, era di più. Ho sempre avuto orgasmi partecipati, condivisi, voluti, questo è stato subito. Quando raggiungo l’orgasmo mi chiudo su me stessa come un riccio, cerco di trattenere tutto il piacere in me, abbraccio il mio uomo, lo trattengo dentro di me con le gambe, lo controllo, lo dirigo. Ma quello è stato un orgasmo subìto. È esploso raggiungendo ogni estremità del mio corpo senza possibilità di controllarlo. Unica possibilità stringere le dita. Avrei voluto stringere le gambe, togliere quegli ingombranti oggetti dal mio corpo, gridare, prendermi e stringermi le tette, respirare a bocca aperta a pieni polmoni, avrei voluto baciare Franco, avrei voluto guardarlo negli occhi, sentire le sue braccia stringermi, sentirmi amata e protetta ma tutto questo mi era negato, potevo solo subire subire subire e questo è stato il combustibile di un incendio che non voleva spegnersi. Sentivo gli orgasmi ripetersi con la violenza e il ritmo di imponenti marosi, come fuochi d’artificio che esplodono in serie. E ho goduto, ho goduto come mai avevo provato ed è stato magnifico, sublime, incredibile. Volevo finisse e allo stesso tempo pregavo che continuasse. Ero fuori dal tempo, senza volontà, pervasa da un piacere che mi consumava. Non so quanto è durato.
La luce del mattino mi ha colpito negli occhi stesa in un letto non mio. Scrivo queste cose per farne memoria, perché voglio capire chi sono, cosa potrò essere, cosa la vita mi può ancora donare, cosa io posso ancora donare agli altri. Sono indolenzita, puzzo di sudore e di sesso, ho il corpo e i capelli imbrattati di sperma secco, più tardi farò una doccia, più tardi, ora voglio tenere tutto addosso, memoria visibile di quello che è stato, di quello che sono stata. Ho i capezzoli gonfi e sensibilissimi, arrossati, la fica aperta come dopo il parto dei gemelli, nel culo un cuneo d’acciaio che non voglio togliere. Non ricordo molto del resto della serata se non che sono stata scopata ancora e inculata ancora, ho succhiato cazzi e leccato fighe e ho goduto ancora e, certo, qualcosa mi hanno dato per resistere tanto senza averne chiara memoria ma la cosa non mi spaventa. Ieri queste persone mi hanno fatto sentire donna come da tanto non mi capitava, mi hanno fatto godere come nemmeno Franco era riuscito, mi hanno reso partecipe del loro piacere, mi hanno aperto non solo i buchi ma una nuova vita che voglio vivere ancora per tutto il tempo che mi rimane. Ho conosciuto possibilità che non sapevo di avere, ho capito che l’età non può essere un limite al sesso in tutte le sue forme, ho capito che, se c’è rispetto, non conta con chi e come raggiungi l’orgasmo, che, se c’è qualità, la quantità aumenta in modo esponenziale il piacere. Ho scoperto che il sesso tra donne è appagante come quello con gli uomini, solo in modo diverso. Ho capito che un rapporto di amore vero, sincero, trasparente, non può togliere il desiderio personale, il bisogno di una persona di vivere il sesso in piena libertà, fantasia e modi. Quando ripenso al tempo passato con Franco, al nostro amore, a come abbiamo vissuto il sesso ho un solo rimpianto, non essere andati al di là di noi due, penso a come, a quanto avremmo potuto godere insieme coinvolgendo altre coppie. Ma allora non ne avevamo bisogno, ci bastavamo noi e il nostro amore era perfetto, è perfetto, perché io amo Franco come il primo giorno, anche se lui non c’è più. E sono sicura, ne ho la certezza, lo sento nel cuore prima che nella testa, che quello che è stato ieri lo renderebbe felice, orgoglioso. Ricordo ancora quanto mi ha scritto nell’ultima lettera per il mio compleanno: “sei una donna magnifica, con il mio amore ti dono la libertà di essere quella che vuoi. Ti amo”

P.S.
Ho capito perché Stefania ama tanto quell’uomo così anonimo. Perché lì sotto è veramente tanto e dura veramente tanto!
scritto il
2025-06-10
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