Madame L. e il retroscena dell'incontro con Madonna (parte 3)
di
PifferaioMagico
genere
dominazione
Quel tubino nero, quegli stivali a mezza coscia, quelle autoreggenti a rete a maglie larghe... Era davvero lei?!?
Da quasi sei anni avevo perso di vista Madame L. con tutto ciò che ne era conseguito. Come capita a molti, la vita mi aveva proiettato lungo scenari imprevedibili, all'interno di atmosfere poco spensierate. Nulla di grave, nulla di serio. Qualche sfumatura di grigio, ma senza l'ombra di manette e frustini. La vita, insomma.
Lì dentro, in quei meandri dell'esistenza dove ti muovi senza bussola, la perfida maîtresse dai tratti nordici e dagli occhi di ghiaccio non c'era più. Era scomparsa. Eravamo scomparsi. Entrambi ci eravamo eclissati uno dall'altra. Niente più giochi di dominazione, cinturini e anal-plug nella borsetta. Niente più bustini o cuissard al ginocchio...
Ma la vita riserva sorprese. Che si rivelano solo a chi si dimostra pronto a coglierle.
E dunque appena entrato in questo locale per aperitivi, inondato di suoni e colori, a pochi passi da piazza Mazzini, in un fine pomeriggio di dicembre del 2024, risentir pronunciare in mezzo a una folla vociante quel «mon petit chou» con la "erre" parigina, mi è bastato per ripensare a lei in una frazione di secondo. Come un flash che scocca nella nebbia. Un richiamo del sangue.
– Mon Pifferaio!! Ma sei proprio tu... Che jiioia rivederti!
Madame L. mi viene incontro emergendo da un tavolo di finti manager che sbavano per lei. È sempre in forma come ai vecchi tempi: trucco elegante, capelli raccolti in una coda, orecchini da almeno mille euro.
Mi accarezza la barba di due giorni e mi schiocca un bacio tra l'attaccatura della guancia e la base dell'orecchio. Sorride. Mi rigira come se non credesse di avermi di nuovo fra le braccia.
– Oh là là... Ti sei anche dimagrito, non sei più il borghesuccio che mi ricordavo. Je ne sais quoi...
È piacevolmente gioiosa, ma poi si riprende il personaggio e per un attimo mi pianta gli occhi azzurri in cerca di segnali.
– Ma Chérie, les anges t'ont ramené à moi – le dico con il mio francese da croupier, sorridendo con il cuore e con tutto me stesso.
– Più che les anges, nel mio caso direi le diable – replica lei divertita, girandosi verso i suoi boyscout e mimando un "ci vediamo dopo" roteando il dito indice.
Insomma cari lettori, eccoci qui quasi sei anni dopo. Entusiasti di riprendere il filo ma ben sapendo che la vita – sempre lei – si mangia le promesse come noccioline.
Non vi sto ad annoiare riferendovi le chiacchiere che io e Madame L. ci siamo fatti tra un Margarita e un Daiquiri un po' annacquato. Un taglia-e-cuci con retroscena su uomini famosi, su donne che si prestano al gioco e su altre che scelgono di giocare dominando la scena.
Mi sento però di suggerire – se volete riagganciarvi agli ultimi racconti a firma di questo vostro Pifferaio – di riprendere i due intitolati "Madame L. al cospetto di Madonna". Perché è anche di questo che tra poco parleremo. O rileggere la divertente sexy-saga "Oltre il tramonto" dove – insieme a quella del povero prete ammanettato – la nostra dominatrice "spécial" aveva dato il meglio di sé.
+++++
Circa due ore dopo, nel calore invernale di una suite a cinque stelle, a due passi da piazza Navona, riassaporavo insieme alla mistress più famosa della Capitale il sapore della segretezza mista a un sentimento di illegalità. Questo trasmetteva Madame L. Questo era ciò di cui da tempo aveva bisogno il mio corpo. E la mia psiche a lungo trascurata.
– Ti prego mia cara – recitavo con tono volutamente shakespeariano – addomesticami con il sapore della tua frusta. Non sai quanto mi manca quel suono e quel bruciore sulla pelle.
– Tesoro di un povero Pifferaio – faceva eco come una novella Lady Macbeth – su questo non devi proprio preoccuparti. Nella borsa ho sempre il necessaire per rendere schiavi i prigionieri dell'orgoglio. Lo sai, tesorino, che non ho perso l'abitudine di pisciare in bocca ai preti? Vuoi forse fare un ripassino della mia "pluie dorée"?
Due ore dopo, ripassati i fondamentali della dominazione femdom – capezzoli martoriati (ancora me li sento indolenziti), strapon piramidale (lunghezza 26 centimetri, diametro fino a 8!), adorazione dello stivale e colpetti di frustino da equitazione County Whips England – giacevamo inerti ai piedi di una chaise longue verde menta. Un velluto trapuntato, in elegante stile Chesterfield.
– In questi anni ho ripensato spesso al tuo incontro parigino con Madonna – faccio io, massaggiandomi il torace e trastullando un cubetto di ghiaccio da una gengiva all'altra – per quale motivo miss Veronica Ciccone ti aveva convocato al suo cospetto?
– Oh Pifferaio, ancora adesso non mi spiego molte cose. Di certo il pretesto è stato quasi "cabalistico": da lì a poco – era l'aprile del 2019 – sarebbe uscito l'album "Madame X", quello che conteneva il singolo Medellin. Non so come, il mio nome era finito sul suo cellulare e lei, vista l'assonanza, l'aveva interpretato come un segno da non sottovalutare a tutti i costi. «Se avessimo collaborato insieme – mi ha detto quel giorno, dopo avermi convocato nella suite personale presso l'Hôtel de Crillon – avremmo potuto creare il brand Madame XL».
– Ma era lucida?
– Oh sì, e anche molto. Da anni non tocca un goccio d'alcol, e neppure il corollario di sostanze che l'hanno accompagnata nei primi anni di carriera. Il problema era la figlia, Lourdes Maria Ciccone, all'epoca 23enne. La ragazza percepiva la madre come una pornostar. Era confusa: in certi momenti le appariva come una maîtresse, una maestra, in altri nei panni di una suora. Santa e meretrice. È comprensibile che una figlia, se non riesce più a distinguere il personaggio dalla madre – il doppio ruolo di "icona" e di "persona" – vada nel panico. Pure se la tua mammina è la popstar più famosa del pianeta.
– Anzi, a maggior ragione.
– En effet la sua matrice di donna italiana e cattolica evidentemente le creava un conflitto. E lo generava anche in che le stava vicino. Allora le ho proposto di mélanger les choses, di prendere la situazione in contropiede.
– Ho il timore di conoscere la tua soluzione...
– Visto che mi chiamo Madame L., non potevo fare altro che portarla nel mio territorio.
– O mio Dio. C'est à dire?
– Un “giro dietro le quinte” di un set pornografico, durante una sessione di dominazione.
– Tu sei pericolosa. Ma sei un genio: una genia del male.
– Lo so, mon petit chou. L'unica strada era spiegare a entrambe, madre e figlia, che la percezione della pornografia è estremamente polarizzata: da un lato come qualcosa di volgare e degradante, dall’altro come pura arte sessuale. E che Madonna, giocando professionalmente con l'arte della dominazione, esprime regole e dinamiche ma traccia una separazione chiara tra il personaggio e la persona.
– Accidenti, non ti ci facevo... E Lourdes? Ha visto finalmente... la Madonna?!?
– Non fare della stupida ironia, Pifferaio. Non è stato facile... ma mi sono divertita. Nel backstage la ragazza ha potuto vedere come tutto sia orchestrato da un punto di vista artistico e tecnico, e che dietro il personaggio pubblico ci sono persone che lavorano, come ogni professionista.
– Tu sei matta. Ma per questo ti adoro. E com'è andata con le pornostar? Ci avete parlato?
– Quello è stato un piccolo capolavoro. Ho scelto due donne che incarnassero l’idea di un'arte performativa e non solo di un'esibizione fisica. Loro due, parlando apertamente con Lourdes, le hanno spiegato cosa significa essere "un personaggio" nel loro settore, come gestiscono la loro vita privata e come vivono il loro lavoro. Perle ai porci? Peut-être.
– Ma qualche frustata a madre e figlia gliel'hanno fatta assaporare?
– Bien sûr, mon amour. Lourdes ha avuto l'opportunità di vedere dal vivo il lavoro sul set: come vengono preparati gli ambienti, come si gestisce il rapporto di potere tra i protagonisti, e come ogni gesto e parola sono parte di una costruzione teatrale. La dominazione, in questo caso, non è stata solo fisica.
– Lo so bene, me l'hai insegnato tu ma chère maîtresse.
– La dominazione nasce da una narrazione psicologica ed emotiva che si costruisce attraverso il consenso e la creatività. In questi anni in cui non ci siamo visti, ho imparato molte cose: potrei dare lezioni su questo. Altro che quelle sgualdrinelle che non sanno neppure impugnare una frusta e si fanno del male da sole: ridicole! Alla fine Lourdes ha capito che non si trattava di umiliazione reale, ma di una messa in scena erotica e artistica. Tant'è che alla fine madre e figlia si sono abbracciate.
– Mi sto commuovendo con le lacrime. Quasi quasi ti chiedo di ricominciare a camminarmi sui testicoli per distrarmi da questo sentimento vischioso. Chissà come ti ha ricompensato Madame X... Sono curioso.
– Beh questo resterà tra me e lei, occultato come il terzo segreto della Vergine Maria. Per arrivare a quel livello, te lo devi guadagnare, mio stupido schiavetto. Ricordati che con te non ho ancora finito. Intanto preparami la vasca da bagno, bollente con tanta schiuma: ricordi come piace a me?
– Spero proprio di sì: altrimenti so che verrò punito!
– Verrai punito a prescindere.
+++++
Riempita la vasca, ecco arrivare la perfida sorpresa. Dopo tanti anni di sospirata lontananza, poteva Madame L. non riservare un dolce regalino al suo tenero Pifferaio?
Prima di calarsi tra le nebbie dei vapori, l'ordine perentorio:
– Fai entrare le nostre ospiti, forza! Stanno fuori in corridoio già da troppo tempo.
Nonostante le mie gambe tremolanti, mi sollevo di slancio per aprire la porta della suite. Una visione che mi ripaga di ogni cedimento.
Con l'accento sulla À finale, Mistress Annà è una splendida brunetta parigina, alta quasi un metro e ottanta. Lunghi cheveux leggermente ondulati e occhi azzurro ghiaccio: una versione junior di Madame L. Inguainata in un body in pelle nera, indossa guanti sopra il gomito e stivali lucidi a mezza coscia. Uno schianto.
Al suo fianco c'è Nyomi, sexy ed elegante. Nera americana. Venticinquenne dalla pelle liscia color ebano: una vera goccia di cioccolato. Gambe lunghe da modella e un visetto da petit ange. Capelli ricci e voluminosi dalle tonalità castane. Questa è Nyomi, originaria di Chicago. Illinois. Porta con disinvoltura un top a fantasie scozzesi gialle-nere-bianche. La minigonna a pieghe – da scolaretta impertinente – è coordinata al top. Se fosse un cocktail, sarebbe un nettare di cornamuse (che intonano sessioni di jazz afroamericano).
– Abbassa lo sguardo e fai come ti dico! – è l'ordine perentorio di Madame L.
Per eseguire i suoi voleri, nella cabina armadio trovo il mio vestito di scena. Devo rappresentare un cameriere stile anni '30: quei ragazzini che portavano le colazioni nelle suite degli alberghi di lusso a New York.
– Fatti vedere, Pifferaio! Vediamo se rappresenti il mio immaginario.
Mi guardo nello specchio a figura intera e mi vedo al tempo stesso elegante e un po' impacciato. Di certo intimidito dagli sguardi delle tre donne che - accennando un sorriso complice - mantengono l'allure da potenziali dominatrici.
La giacca nera mi sta bene, così come questa camicia bianca immacolata dal colletto rigido. Pantaloni ben stirati, scarpe in pelle lucida. Papillon e guanti bianchi. Peccato per quello stupido berretto, piccolo e piatto, decorato con il logo dell'hotel.
– Ora cerca di procurarti un carrello porta vivande e servici una cena d'altri tempi. Guarda che abbiamo piuttosto fame: la dominazione richiede energie fisiche. Non ti scordare il Veuve Clicquot: ce ne vogliono almeno due bottiglie.
Nelle cucine del seminterrato evidentemente mi aspettavano. Tutto faceva parte del piano di Madame L. Padrona di casa indiscussa e frequentatrice abituale delle suite. Eccomi dunque spingere lungo i corridoi un elegante carrello con tanti piccoli assaggini.
Cocktail di gamberi servito con salsa a base di maionese e tabasco. Ostriche fresche su ghiaccio tritato con limone e salsa mignonette. Filetto alla Wellington avvolto in pasta sfoglia con funghi e paté di fegato. Bocconcini di aragosta alla Thermidor servita con salsa cremosa a base di formaggio, senape e cognac. Asparagi al burro (con una spruzzata di limone), purè di patate al tartufo. E per finire in dolcezza, crème brûlée e soufflé al cioccolato.
– Peccato Pifferaio, sembrava tutto a posto. Invece devi rifarti un po' di piani a piedi: hai dimenticato il mio pane fresco artigianale servito con burro cremoso. Allez, Allez!
Finita la cena – durante la quale il vostro Pifferaio ha potuto soltanto assaporare un po' di ghiaccio tritato al sapore di ostriche, rimanendo in piedi a debita distanza e con lo sguardo fisso al pavimento – le tre principesse capiscono che è arrivato il momento di giocare.
[CONTINUA / 3]
Da quasi sei anni avevo perso di vista Madame L. con tutto ciò che ne era conseguito. Come capita a molti, la vita mi aveva proiettato lungo scenari imprevedibili, all'interno di atmosfere poco spensierate. Nulla di grave, nulla di serio. Qualche sfumatura di grigio, ma senza l'ombra di manette e frustini. La vita, insomma.
Lì dentro, in quei meandri dell'esistenza dove ti muovi senza bussola, la perfida maîtresse dai tratti nordici e dagli occhi di ghiaccio non c'era più. Era scomparsa. Eravamo scomparsi. Entrambi ci eravamo eclissati uno dall'altra. Niente più giochi di dominazione, cinturini e anal-plug nella borsetta. Niente più bustini o cuissard al ginocchio...
Ma la vita riserva sorprese. Che si rivelano solo a chi si dimostra pronto a coglierle.
E dunque appena entrato in questo locale per aperitivi, inondato di suoni e colori, a pochi passi da piazza Mazzini, in un fine pomeriggio di dicembre del 2024, risentir pronunciare in mezzo a una folla vociante quel «mon petit chou» con la "erre" parigina, mi è bastato per ripensare a lei in una frazione di secondo. Come un flash che scocca nella nebbia. Un richiamo del sangue.
– Mon Pifferaio!! Ma sei proprio tu... Che jiioia rivederti!
Madame L. mi viene incontro emergendo da un tavolo di finti manager che sbavano per lei. È sempre in forma come ai vecchi tempi: trucco elegante, capelli raccolti in una coda, orecchini da almeno mille euro.
Mi accarezza la barba di due giorni e mi schiocca un bacio tra l'attaccatura della guancia e la base dell'orecchio. Sorride. Mi rigira come se non credesse di avermi di nuovo fra le braccia.
– Oh là là... Ti sei anche dimagrito, non sei più il borghesuccio che mi ricordavo. Je ne sais quoi...
È piacevolmente gioiosa, ma poi si riprende il personaggio e per un attimo mi pianta gli occhi azzurri in cerca di segnali.
– Ma Chérie, les anges t'ont ramené à moi – le dico con il mio francese da croupier, sorridendo con il cuore e con tutto me stesso.
– Più che les anges, nel mio caso direi le diable – replica lei divertita, girandosi verso i suoi boyscout e mimando un "ci vediamo dopo" roteando il dito indice.
Insomma cari lettori, eccoci qui quasi sei anni dopo. Entusiasti di riprendere il filo ma ben sapendo che la vita – sempre lei – si mangia le promesse come noccioline.
Non vi sto ad annoiare riferendovi le chiacchiere che io e Madame L. ci siamo fatti tra un Margarita e un Daiquiri un po' annacquato. Un taglia-e-cuci con retroscena su uomini famosi, su donne che si prestano al gioco e su altre che scelgono di giocare dominando la scena.
Mi sento però di suggerire – se volete riagganciarvi agli ultimi racconti a firma di questo vostro Pifferaio – di riprendere i due intitolati "Madame L. al cospetto di Madonna". Perché è anche di questo che tra poco parleremo. O rileggere la divertente sexy-saga "Oltre il tramonto" dove – insieme a quella del povero prete ammanettato – la nostra dominatrice "spécial" aveva dato il meglio di sé.
+++++
Circa due ore dopo, nel calore invernale di una suite a cinque stelle, a due passi da piazza Navona, riassaporavo insieme alla mistress più famosa della Capitale il sapore della segretezza mista a un sentimento di illegalità. Questo trasmetteva Madame L. Questo era ciò di cui da tempo aveva bisogno il mio corpo. E la mia psiche a lungo trascurata.
– Ti prego mia cara – recitavo con tono volutamente shakespeariano – addomesticami con il sapore della tua frusta. Non sai quanto mi manca quel suono e quel bruciore sulla pelle.
– Tesoro di un povero Pifferaio – faceva eco come una novella Lady Macbeth – su questo non devi proprio preoccuparti. Nella borsa ho sempre il necessaire per rendere schiavi i prigionieri dell'orgoglio. Lo sai, tesorino, che non ho perso l'abitudine di pisciare in bocca ai preti? Vuoi forse fare un ripassino della mia "pluie dorée"?
Due ore dopo, ripassati i fondamentali della dominazione femdom – capezzoli martoriati (ancora me li sento indolenziti), strapon piramidale (lunghezza 26 centimetri, diametro fino a 8!), adorazione dello stivale e colpetti di frustino da equitazione County Whips England – giacevamo inerti ai piedi di una chaise longue verde menta. Un velluto trapuntato, in elegante stile Chesterfield.
– In questi anni ho ripensato spesso al tuo incontro parigino con Madonna – faccio io, massaggiandomi il torace e trastullando un cubetto di ghiaccio da una gengiva all'altra – per quale motivo miss Veronica Ciccone ti aveva convocato al suo cospetto?
– Oh Pifferaio, ancora adesso non mi spiego molte cose. Di certo il pretesto è stato quasi "cabalistico": da lì a poco – era l'aprile del 2019 – sarebbe uscito l'album "Madame X", quello che conteneva il singolo Medellin. Non so come, il mio nome era finito sul suo cellulare e lei, vista l'assonanza, l'aveva interpretato come un segno da non sottovalutare a tutti i costi. «Se avessimo collaborato insieme – mi ha detto quel giorno, dopo avermi convocato nella suite personale presso l'Hôtel de Crillon – avremmo potuto creare il brand Madame XL».
– Ma era lucida?
– Oh sì, e anche molto. Da anni non tocca un goccio d'alcol, e neppure il corollario di sostanze che l'hanno accompagnata nei primi anni di carriera. Il problema era la figlia, Lourdes Maria Ciccone, all'epoca 23enne. La ragazza percepiva la madre come una pornostar. Era confusa: in certi momenti le appariva come una maîtresse, una maestra, in altri nei panni di una suora. Santa e meretrice. È comprensibile che una figlia, se non riesce più a distinguere il personaggio dalla madre – il doppio ruolo di "icona" e di "persona" – vada nel panico. Pure se la tua mammina è la popstar più famosa del pianeta.
– Anzi, a maggior ragione.
– En effet la sua matrice di donna italiana e cattolica evidentemente le creava un conflitto. E lo generava anche in che le stava vicino. Allora le ho proposto di mélanger les choses, di prendere la situazione in contropiede.
– Ho il timore di conoscere la tua soluzione...
– Visto che mi chiamo Madame L., non potevo fare altro che portarla nel mio territorio.
– O mio Dio. C'est à dire?
– Un “giro dietro le quinte” di un set pornografico, durante una sessione di dominazione.
– Tu sei pericolosa. Ma sei un genio: una genia del male.
– Lo so, mon petit chou. L'unica strada era spiegare a entrambe, madre e figlia, che la percezione della pornografia è estremamente polarizzata: da un lato come qualcosa di volgare e degradante, dall’altro come pura arte sessuale. E che Madonna, giocando professionalmente con l'arte della dominazione, esprime regole e dinamiche ma traccia una separazione chiara tra il personaggio e la persona.
– Accidenti, non ti ci facevo... E Lourdes? Ha visto finalmente... la Madonna?!?
– Non fare della stupida ironia, Pifferaio. Non è stato facile... ma mi sono divertita. Nel backstage la ragazza ha potuto vedere come tutto sia orchestrato da un punto di vista artistico e tecnico, e che dietro il personaggio pubblico ci sono persone che lavorano, come ogni professionista.
– Tu sei matta. Ma per questo ti adoro. E com'è andata con le pornostar? Ci avete parlato?
– Quello è stato un piccolo capolavoro. Ho scelto due donne che incarnassero l’idea di un'arte performativa e non solo di un'esibizione fisica. Loro due, parlando apertamente con Lourdes, le hanno spiegato cosa significa essere "un personaggio" nel loro settore, come gestiscono la loro vita privata e come vivono il loro lavoro. Perle ai porci? Peut-être.
– Ma qualche frustata a madre e figlia gliel'hanno fatta assaporare?
– Bien sûr, mon amour. Lourdes ha avuto l'opportunità di vedere dal vivo il lavoro sul set: come vengono preparati gli ambienti, come si gestisce il rapporto di potere tra i protagonisti, e come ogni gesto e parola sono parte di una costruzione teatrale. La dominazione, in questo caso, non è stata solo fisica.
– Lo so bene, me l'hai insegnato tu ma chère maîtresse.
– La dominazione nasce da una narrazione psicologica ed emotiva che si costruisce attraverso il consenso e la creatività. In questi anni in cui non ci siamo visti, ho imparato molte cose: potrei dare lezioni su questo. Altro che quelle sgualdrinelle che non sanno neppure impugnare una frusta e si fanno del male da sole: ridicole! Alla fine Lourdes ha capito che non si trattava di umiliazione reale, ma di una messa in scena erotica e artistica. Tant'è che alla fine madre e figlia si sono abbracciate.
– Mi sto commuovendo con le lacrime. Quasi quasi ti chiedo di ricominciare a camminarmi sui testicoli per distrarmi da questo sentimento vischioso. Chissà come ti ha ricompensato Madame X... Sono curioso.
– Beh questo resterà tra me e lei, occultato come il terzo segreto della Vergine Maria. Per arrivare a quel livello, te lo devi guadagnare, mio stupido schiavetto. Ricordati che con te non ho ancora finito. Intanto preparami la vasca da bagno, bollente con tanta schiuma: ricordi come piace a me?
– Spero proprio di sì: altrimenti so che verrò punito!
– Verrai punito a prescindere.
+++++
Riempita la vasca, ecco arrivare la perfida sorpresa. Dopo tanti anni di sospirata lontananza, poteva Madame L. non riservare un dolce regalino al suo tenero Pifferaio?
Prima di calarsi tra le nebbie dei vapori, l'ordine perentorio:
– Fai entrare le nostre ospiti, forza! Stanno fuori in corridoio già da troppo tempo.
Nonostante le mie gambe tremolanti, mi sollevo di slancio per aprire la porta della suite. Una visione che mi ripaga di ogni cedimento.
Con l'accento sulla À finale, Mistress Annà è una splendida brunetta parigina, alta quasi un metro e ottanta. Lunghi cheveux leggermente ondulati e occhi azzurro ghiaccio: una versione junior di Madame L. Inguainata in un body in pelle nera, indossa guanti sopra il gomito e stivali lucidi a mezza coscia. Uno schianto.
Al suo fianco c'è Nyomi, sexy ed elegante. Nera americana. Venticinquenne dalla pelle liscia color ebano: una vera goccia di cioccolato. Gambe lunghe da modella e un visetto da petit ange. Capelli ricci e voluminosi dalle tonalità castane. Questa è Nyomi, originaria di Chicago. Illinois. Porta con disinvoltura un top a fantasie scozzesi gialle-nere-bianche. La minigonna a pieghe – da scolaretta impertinente – è coordinata al top. Se fosse un cocktail, sarebbe un nettare di cornamuse (che intonano sessioni di jazz afroamericano).
– Abbassa lo sguardo e fai come ti dico! – è l'ordine perentorio di Madame L.
Per eseguire i suoi voleri, nella cabina armadio trovo il mio vestito di scena. Devo rappresentare un cameriere stile anni '30: quei ragazzini che portavano le colazioni nelle suite degli alberghi di lusso a New York.
– Fatti vedere, Pifferaio! Vediamo se rappresenti il mio immaginario.
Mi guardo nello specchio a figura intera e mi vedo al tempo stesso elegante e un po' impacciato. Di certo intimidito dagli sguardi delle tre donne che - accennando un sorriso complice - mantengono l'allure da potenziali dominatrici.
La giacca nera mi sta bene, così come questa camicia bianca immacolata dal colletto rigido. Pantaloni ben stirati, scarpe in pelle lucida. Papillon e guanti bianchi. Peccato per quello stupido berretto, piccolo e piatto, decorato con il logo dell'hotel.
– Ora cerca di procurarti un carrello porta vivande e servici una cena d'altri tempi. Guarda che abbiamo piuttosto fame: la dominazione richiede energie fisiche. Non ti scordare il Veuve Clicquot: ce ne vogliono almeno due bottiglie.
Nelle cucine del seminterrato evidentemente mi aspettavano. Tutto faceva parte del piano di Madame L. Padrona di casa indiscussa e frequentatrice abituale delle suite. Eccomi dunque spingere lungo i corridoi un elegante carrello con tanti piccoli assaggini.
Cocktail di gamberi servito con salsa a base di maionese e tabasco. Ostriche fresche su ghiaccio tritato con limone e salsa mignonette. Filetto alla Wellington avvolto in pasta sfoglia con funghi e paté di fegato. Bocconcini di aragosta alla Thermidor servita con salsa cremosa a base di formaggio, senape e cognac. Asparagi al burro (con una spruzzata di limone), purè di patate al tartufo. E per finire in dolcezza, crème brûlée e soufflé al cioccolato.
– Peccato Pifferaio, sembrava tutto a posto. Invece devi rifarti un po' di piani a piedi: hai dimenticato il mio pane fresco artigianale servito con burro cremoso. Allez, Allez!
Finita la cena – durante la quale il vostro Pifferaio ha potuto soltanto assaporare un po' di ghiaccio tritato al sapore di ostriche, rimanendo in piedi a debita distanza e con lo sguardo fisso al pavimento – le tre principesse capiscono che è arrivato il momento di giocare.
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