L'occasione, parte seconda

di
genere
sadomaso

La facevo dondolare sulle punte netalliche con la povera fighetta infantile completamente esposta e... dentro e fuori, dentro e fuori il piccolo clitoride, l'uretra, poi la chiudevo e dondola dondola sulle labbra, dondola dondola. La feci scendere perché era completamente imbrattata di sangue e non mi godevo più niente. La feci lavare e le consentii di riposare. L'indomani mattina sarei partito per Dubai, avevo 10 giorni di tempo per lucidare a specchio la casa e, per quanto possibile, guarire. Almeno un po'. La feci vedere dal mio amico medico e disse che poteva sopportare molto, molto di più, perché allenata da anni e anni di botte. Le pizzicò forte e a lungo la figa martoriata, che buttò ancora fuori il sangue di ieri.
Quando tornai, ispezionai la casa con un guanto di velluto bianco, trovando polvere sulla sommità di un armadio e dell'unto sulla cappa della cucina. Si mise subito a piangere convulsamente, quando glielo dissi, chiedendo perdono. La sfondai forte senza preparazione, venendole dentro, quindi le dissi di uscire e prendere dal bagagliaio dell'auto in pacco lungo. Capì subito. Tornò, lo scartò e mi porse il frustino sottile ma duro, creato appositamente per punire i seni delle bambine cattive, quelle che non si concedono. Erano così lisci e candidi, con capezzoli chiari. Il primo colpo produsse una riga violacea, in rilievo, e con mio orgoglio, aveva preso bene entrambi i seni. La colpii forte intorno all'aerola, sui capezzoli che subito sanguinarono e poi le sollevai i seni con il braccio e la colpii sotto. Forte, più forte, senza pietà. Le misi la mano sotto ed era bagnata, ne approfittai per farle sentire l'ebrezza del pugno dentro. Ho le mani grossolane, da muratore e non da imprenditore. Lunghe, larghe, nodose. Due delle mie dita coprivano interamente la sua fighetta. Iniziai subito con tre dita. "Cosa vuoi fare?", Mi chiese piangendo. Compresi che non conosceva il fisting. Eh, signorina, stasera te lo presento. Trovai il modo per bloccarla e al contempo aprirla ben bene tramite un sistema di corde. Le strinsi forte un bavaglio dentro la bocca e iniziai a esplorare il tenero buchino con la mia manona. Non riuscivo però, nonostante la forza, a farla aprire e restavano dentro solo le dita. Mi arrabbiai e andai a prendere della cera bollente. "Adesso ti inondo il clitoride, e non smetterò finché non rilasserai i muscoletti permettendo alla mia manina (ah ah) di entrare bene. Disse subito così ma io la ricoprii di cera all'interno ugualmente, così che comprendesse l'errore. Dopo molta fatica riuscii a farmi strada e a infilare interamente il pugno in quel vestibolo stretto mentre le membrane clitoridee si erano ampiamente lacerate, sanguinando. Le trapanai a lungo e forte il canale e quando ebbi finito, dovetti chiamare il mio amico medico che mi impose di "non utilizzarla" per almeno due mesi in maniera così crudele, dovevo darle il tempo di guarire. Mi concesse solo solo venti colpi di canna di bambù sul dietro delle cosce e venti colpi di guinzaglio da cane sul ventre a settimana, distribuiti in 4 sessioni, ossia 10 colpi alla volta. La fighetta era off-limits, i dolci seni anche e il canale fecale a me non piace. Ottenni anche di schiaffeggiarla e tirarle i capelli. Pompini senza limiti.
Ci vollero più di 5 mesi prima che la patatina si ristabilisse e siccome dopo il periodo di "quarantena avevo nuovamente esagerato con le frustate", mi era, per il mio bene (perderla mi avrebbe distrutto) sottratta completamente per un anno.
La rividi solo l'inverno successivo.
di
scritto il
2023-12-15
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