Una storia da spiaggia 2: un bel fim

Scritto da , il 2022-10-11, genere etero



Lo stabilimento balneare era grande ed elegante, tra i più cari e rinomati di una delle località balneari più ambite da milanesi e torinesi ricchi in vacanza.
Sulla spiaggia larga e dorata, gli ombrelloni erano, in realtà, isole ben distanziate le une dalle altre, agghindate con teli e veli, e dotate di tutti i comfort. Le passerelle in legno laccato bianco, quelle utilizzate per arrivare dal bar e dalle cabine alla riva, erano tenute in modo tanto impeccabile, che parevano essere non da spiaggia, ma da sfilata di moda. In effetti, molte signore eleganti sembravano sfilare su quelle, con prendisole e bikini, ancheggiando come modelle a un defilé.
Nessuna era però spettacolare quanto la Debhora…
Era -questa signora molto bionda, molto giovane, molto piacente e sexy- corteggiata da tutti i giovanotti della spiaggia, almeno nei giorni in cui il marito non l’accompagnava. Tra l’altro, il giorno in cui il marito era in loco era molto facile saperlo, in quanto Debhora appariva con costume intero, scosciatissimo e poco castigato, ma intero. I giovanotti capivano il messaggio e si eclissavano aspettando la partenza dell’indaffarato consorte. I giorni in cui invece era sola, sulla spiaggia, lei sfoggiava bikini minuscoli e vezzosi che catturavano l’attenzione a centinaia di metri di distanza; dopodiché gli spazi attorno al suo ombrellone cominciavano subito a popolarsi.

A Debhora piaceva da morire farsi guardare. Camminava sculettando sulle zeppe in sughero, con il suo tanga da urlo. La spiaggia era elegante, ma ogni tanto, qualcuno che eccedeva e fischiava c’era. Ebbene lei, quando sentiva la tensione dei maschi intorno, doveva andare in sollucchero. Si toccava leziosa il cappellino di paglia, si aggiustava gli occhiali scurissimi e sculettava di più.
Quell’anno, in una decina scarsa di giorni, aveva avuto almeno quattro giovani amanti, nello stabilimento, e con l’ultimo sembrava divertirsi parecchio, perché si concedeva al giovane ormai da quasi una settimana, senza pensare di cambiare cavaliere, almeno sulla spiaggia. Il ragazzo -biondo, atletico e belloccio- si trastullava, come del resto avevano fatto altri con Debhora, nella cabina di lei. C’entravano verso le dieci e ne uscivano dopo quasi due ore, e nel mentre sperimentavano di tutto. Lei voleva proprio divertirsi: voleva liberarsi di tutto il grigiore e di tutto il perbenismo del lungo inverno milanese, voleva farsi una scorpacciata di aria, mare -quello poco in realtà- e sesso - di questo moltissimo.
Nella cabina, ogni giorno, dal biondo come da altri, si faceva prendere in tutte le posizioni, praticando il sesso in tutte le sue variazioni o quasi.
Quel dì, mentre il biondo la stava montando in piedi, con lei con le spalle alla parete e le gambe avvinghiate a lui, sentirono un po’ di rumori. Si guardarono un attimo negli occhi e il ragazzo disse:
“C’è qualcuno che ci guarda! ...”
“Mmmm… meglio!” Rispose lei con un mugolio eccitato.
Debhora si sciolse ancora di più e si fece sbattere in ogni modo, con molta più foga del solito, non lesinando mugolii e gemiti. Fattogli un pompino da manuale, si sdraiò e aprì le cosce per farsi sbattere con molto trasporto. Gli urletti di Debhora dovevano sentirsi bene anche da fuori. Ma lei poco importava, anzi, la cosa la deliziava.

Quel giorno, tornò al lettino sazia e stanca, sentendo ancora intenso il languore nelle membra. E si stese morbidamente sul lettino. Era in penombra, distesa a pancia sotto. Si slacciò il reggiseno e mugolò soddisfatta. Chi l’aveva guardata? Magari aveva goduto anche lui, da solo, guardandola… Più ci pensava e più le tornava voglia. Avrebbe fatto sesso ancora, magari con qualche altro ragazzo, di quelli che la guardavano allupati, magari proprio con quello che l’aveva spiata.

“Ciao bella signora bionda, come stai?”
Debhora si scosse. Dietro le sue spalle era apparso Patrick, un venditore nero che girava da anni su quelle spiagge. Ogni tanto lei gli comprava delle cose da nulla e lui, molto alto e molto cortese, si mostrava sempre contento e sorridente, quando lei acquistava da lui.
“Bene, Patrick. E tu?”
“Bene, bene, bella signora sempre più bella.”
“Cosa hai da vendermi oggi?” disse lei riagganciandosi il reggiseno e tirandosi sul lettino.
“Oh, una cosa speciale, ti piacerà, vedrai. Oggi ho un bel film per te. Bello, bello!”
“Un… film?”
“Sì, un film molto interessante, per te, vedrai!”

Tira fuori un cellulare e fa vedere un filmato. Sono due persone che scopano, l’ambiente dove lo fanno è scuro, ma si vedono bene chi sono: lei e il biondo.
Debhora ha un sussulto e guarda il venditore impaurita e arrabbiata.
“Che diavolo sarebbe questa roba?”
“Una vendita: io do a te un film e te dai a me un’ora di “scopare” in cabina.”
“Ma sei impazzito?”
“Allora vendo a tuo marito, quando lui torna. Magari lui è contento…” E ridacchiò.
“No… no, sei pazzo?”
“Allora vieni in cabina con me. Tu poi sarai contenta…”
Alzò la maglia e fece vedere con la mano, tendendo la stoffa leggera del pantalone, un qualcosa che sembrava un manganello.
“Tu sei proprio pazzo! Io…”
“Faccio vedere il film a tuo marito, oppure ti diverti con me in cabina… Come vuoi tu, signora bella bella.”

Debhora ha la testa come vuota... Era tranquilla, spossata eppure languida e ancora vogliosa. Poi arriva ‘sto benedetto Patrick a impaurirla con questa storia. Certo che, se quel rigonfiamento sotto il pantalone era veramente roba sua… E cominciò a pensare che… non l’aveva mai fatto con uno di colore… e, magari…
Lo guardò con uno sguardo cattivo:
“Ok, facciamo come dici tu, ma distruggi il filmato sotto i miei occhi, appena fatto un’ora di “scopare”, va bene?”
Si sarebbe tolta la curiosità e la voglia, ma non voleva dargliela vinta in tutto: voleva lei avere le redini della situazione.

Gli fece segno di seguirlo, ma a distanza. Lei aveva troppi occhi addosso per farsi vedere con un venditore ambulante carico di roba dietro. Cominciò a camminare sulla passerella, con passo che, nelle sue intenzioni, voleva fosse più deciso possibile, ma chi la guardava muoversi, notava un certo languore, nel suo sculettìo.
Aprì la porta della cabina e aspettò che lui arrivasse. Scoprì di provare paura che, in quel minuto scarso di attesa, Patrick non arrivasse, che avesse cambiato idea.
Invece arrivò, tutto sorridente e lei chiuse la porta. Lui si calò i pantaloni e, dal bacino, qualcosa di enorme si alzò verso di lei. Debhora si inginocchiò, lo prese in mano e cominciò a leccare, come una gatta. L’odore e il sapore aspri la eccitavano parecchio. Sputò sul glande e cercò di prenderselo in bocca. Ci riuscì a farlo al secondo tentativo e, una volta dentro, prese a muovere avanti e indietro la testa. Il membro la invadeva e lei era sconvolta ed eccitata. Patrick rimaneva silenzioso, la guardava. Lei si tolse reggiseno e tanga, continuando sempre a succhiarlo, in ginocchio.
Si staccò, si distese, e, mugolando, spalancò le cosce e gli offrì la passera. Lui entrò piano, trovandola pronta, bagnata e aperta. Dovette però procedere con cautela, assestare qualche colpetto alternandolo a momenti di immobilità assoluta, che davano il tempo a lei di adattarsi a quelle dimensioni.
“Bella signora, bella, bianca, bella!” sussurrava lui, aumentando il ritmo.
Lei, sotto il peso di lui, mugolava e godeva. Venne due volte, prima che lui le riempisse la fica di sperma.
Lui disteso, lei di nuovo a succhiarlo, ma da sopra. Quindi gli sale a cavalcioni e se lo rinfila dentro.
“Scopa che lo voglio, ora!”
Il cazzo entra meglio, questa volta, ed è lei che decide quanto essere penetrata e il ritmo della cavalcata. La posizione le piace, anche perché si sente quasi in una situazione di comando.
“Decido e comando io, stronzo…” pensa lei, come se non volesse dargliela vinta, nonostante gliela stesse dando…
Lui la tiene per i fianchi e, quando è sul punto di venire, le serra il bacino con le due mani e dà due colpi forti. Lei cede, comincia a godere e viene facendo un vero lago.
Mentre è di nuovo in ginocchio a leccare, da un’occhiata all’orologino e vede che l’ora è passata.

“Hai avuto l’ora, ora cancella il film. Fammi vedere come lo cancelli.”
“Ci metterò un po’… non sono molto bravo con i telefoni…”
“Fai presto, ho detto…” dice lei secca, ma col fiatone.
Mentre lui smanetta sul telefono, lei smanetta la bega ancora eretta e, mentre il file viene cancellato, lei, con due colpetti di mano, lo fa venire sulla parete della cabina…

La mattina dopo, lei è sul suo lettino. Si sente una gatta in calore e, quando vede il biondo, si fa rincorrere in cabina, dove iniziano subito a darsi da fare. Scopano, ma la sua passerina deve ancora risentire del trattamento del giorno prima. Anche il biondo la trova più larga del solito…
“Come sei larga Debhora, quasi ci nuoto stamattina…”
“Spingi, spingi di più…” fa lei.
“E’ che sei larga, proprio larga…”
“Allora, sodomizzami, forse lì mi trovi stretta, forse…” fa lei, tutta vezzosa.
“Ma… non l’abbiamo mai fatto… e poi…”
“Baciami il buchetto, leccalo ben bene e facciamolo.” Lo interrompe lei, quasi brusca.
Il biondo si dà fare: la prepara con la lingua e poi la sodomizza, trovando da subito una risposta molto eccitata da parte della ragazza.
“Sììì, così… più in fondo ancora!”
“C’è ancora qualcuno che guarda, Deb, vedo qualcosa sulla parete!”
“Meglio! Mi piace! Che guardi pure! Sì, che bello, tu dacci dentro, in fondo, più forteeee! Fagli vedere come mi sbatti!”

Ci vanno così forte e bene, che lo fanno due volte di seguito, che ci sia del pubblico o meno.
Quando lei torna al suo ombrellone, il suo sculettìo è da antologia. La spiaggia non guarda che lei.

Non passa che un’ora:
“Ciao bella signora, sempre più bella… Ho un'altra cosa per te! Molto speciale!”
“Cos’hai Patrick!” fa lei fintamente spaventata.
“Guarda tu! Bella, bella, guarda che spettacolo. Io ti vendo il film, ma tu devi fare lo stesso che hai fatto col biondo, con me…”
“Come ti permetti! Ricattatore!” Gli risponde severa e arrabbiata: una bravissima attrice.
“Io ricattatore, ma tu mi sembri molto, molto puttana, signora. Voglio fare vedere questo a tuo marito…”
“Maledetto! Non fai altro che ricattarmi, ti farei andare in prigione, se potessi… Andiamo in cabina, subito! Sei un bandito! Ma... che sia l’ultima volta! L’ultima!”

In cabina, l’arrabbiatura scompare in un attimo e lei diventa tutta d’un tratto docile e carina. Si mette completamente nuda e in ginocchio lecca e succhia mugolando l’affarone di Patrick. Si rimette in piedi solo per aprire la tasca di una borsa da mare appesa alla parete: tira fuori una boccettina di lubrificante.
Mentre lui la palpa tutta, lei unge il membro e si unge le belle natiche, che poi porge in una posizione alla pecorina spettacolare.
Si mette in ginocchio, su una specie di puff che non aveva mai usato col biondo; eppure, era sempre stato in cabina e sembrava fatto apposta per quell’uso.
Patrick poggia sul buchetto unto a dovere e ci va leggero; è lei che spinge. Davanti, Debhora è bagnata e cola. Si muove e si impala da sola.
Il nero la tiene per i fianchi e ora comincia a muoversi lui, piano, poi veloce; infine, quando sente di poterlo fare, comincia a dare dei colpi d’anca sempre più decisi.
“Bella, bella e puttana. Molto, molto puttana!” Le dice roco.
Lei mugola, gorgheggia, poi quasi urla, incurante che, fuori dalla cabina qualcuno possa sentire.

La porta della cabina si apre ed entra un ometto grassoccio con occhiali, baffetti, calvizie e pancetta prominente: è il marito di Debhora, che, in piedi e in silenzio, guarda la scena con gli occhi quasi fuori dalle orbite.
I due continuano imperterriti, come se l’ometto fosse un altro accappatoio colorato tra quelli appesi alla parete della cabina. Debhora, solo dopo un po’, dà un'occhiata distratta al marito; lo guarda con i suoi occhioni blu, ma continua imperterrita a farsi montare, a mugolare con la lingua di fuori. Dello sguardo sconvolto del marito non sembra fregargliene proprio niente…
Quando hanno finito, ovvero quando lei ha avuto un orgasmo lungo e intenso e lui le è venuto dentro, il marito si rianima. L'ometto ha una grossa macchia sui pantaloncini color cachi e un’aria stravolta da pesce lesso.

Patrick raccoglie i vestiti e le sue cose in fretta e furia per sgaiattolare via, non si asciuga neanche l’affare penzolante e sgocciolante, mentre Debhora rimane a pecorina, fremente ancora e nuda.
“Brava, bravissima, amore mio” fa il marito, quasi con un guaito, dando prova di essere presente, “sei una stupenda puttana, meravigliosa… La migliore che abbia mai visto.”
Le si avvicina e la prende tra le sue braccia non certo possenti, ma la bacia con grande trasporto, con un impeto da giovanotto quale lui non è.


Il giorno dopo, il biondo è al bar dello stabilimento. Di fronte a lui c’è Franco, il bagnino, uno che due anni prima ci aveva dato dentro mica da ridere con la Debhora.
Il biondo è un po’ silenzioso, ha una faccia strana e a un certo punto chiede:
“Ma Franco, ma tu hai saputo niente della Debhora? È tutto il giorno che la cerco, ma sembra sparita!”
“Ci credo” fa il bagnino, “è partita con il marito. Che allegrone lui! Era tutto bello contento e mi ha detto che ora si fanno insieme un’altra bella settimana in Giamaica. Hai capito? Si vede che la vuole tutta per lui. E finalmente, direi… Vero o no? Eh, biondo?”

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