La via del dolore e della sofferenza.

Scritto da , il 2022-09-07, genere pulp

I- La via del dolore e della sofferenza.

(( questo è un frammento e potrei continuarlo. ))


La via del dolore e della sofferenza.
Così si guadagnava la Libertà. Combatti per la tua Vita e per l'Onore degli Dei. Scegli l'arma che ti difenderà, vestiti di sudore e di sangue. Dimostra al Mondo che tu sei un'Eletta e lascia le colpe agli altri. Questa è la Via dei Reietti.

"Adja, figlia di Arthun. Sei rea di aver tradito il sacro vincolo del matrimonio, non una ma più volte. Sei stata scoperta in flagranza di reato con il tuo amante secreto. La pena prevista è quella di essere messa alla pubblica gogna insieme al tuo amante e che ti vengano inflitte dieci frustate. Dopodiché, dovrai passare un anno detentivo nel carcere di Bell-Avi e marchiata come fedifraga. Io sono il Giudice e questa è la mia sentenza. Come si dichiara l'imputata?"
"Mi dichiaro colpevole, Giudice" risponde la donna "E, chiedo a Vostra Signoria, l'applicazione della Legge del Dolore e della Sofferenza"
Il Giudice annuisce "Scelta temeraria, donna. Per quale delle pene vorrai essere esclusa?"
"Chiedo l'esenzione dal carcere, Giudice"
"Scelta strana ma, accetto la tua richiesta. Dopo la gogna e le pubbliche frustate, sarai condotta all'Arena dove sarai iniziata all'arte del combattimento da mastro Archorius"
"Vi ringrazio, Giudice"
"Possano gli Dei esserti favorevole"
"In quanto a te, Beghos, figlio di Raza, avrai le seguenti imputazioni: sarai messo alla gogna e di saranno inflitte dieci frustate. Cinque sulla schiena e cinque in zona inguinale. Dopo di che, sarai condotto in carcere dove sconterai la tua pena di un anno e sei mesi. Hai qualcosa da aggiungere?"
"Se vostro Giudice permette, anche io vorrei richiedere la Via del Dolore e della Sofferenza"
"Sei ben consapevole dei rischi cui vai incontro?"
"Sono consapevole"
"Sei consapevole che la Via del Dolore e della Sofferenza minerà il tuo spirito e il tuo corpo fino a spezzarsi?"
"Sono consapevole"
"Sei consapevole sul fatto che, qualora scenderai nell'Arena, ti troverai di fronte la tua amante?"
"Sono consapevole"
“E che potrai essere il suo boia?”
“O lei il mio”
"Allora così decido" sentenzia il Giudice

La frusta termina in un nerbo dalla punta acuminata. Colpisce la pelle, la lacera. Strisce di sangue prendono a scorrere come rivi da una montagna. Nuda, le braccia aperte ed assicurate a robuste cinghie di cuoio,i piedi assicurati alle caviglie da altrettante cinghie. Al suo fianco, Beghos, esposto al pubblico ludibrio, la schiena ridotta a brandelli insanguinati
Adja, con gli occhi chiusi, rimanda all’ultima notte passata insieme, il corpo nudo di lui che la penetrava con fervore e lei, come una cagna, che lo incitava a spingere di più.
Con il marito erano mesi che le cose non funzionavano. Lui, che rientrava tardi alla sera, dopo ore passate in taverna. Lei, costretta a subire il suo ardore sessuale, quel cazzo grottesco che si ritrovava e che le entrava dentro a forza. Lui, che dopo tre colpi, cadeva sul letto ronfando come un orso nella sua caverna
Poi aveva conosciuto Beghos, l’aiuto panettiere e, da lì, erano iniziati gli incontri clandestini, le scopate frettolose negli androni della case, nelle camere di vecchie locande dalle coperte polverose, il retro del negozio dove lavorava. La storia andava avanti da tre mesi quando, qualcuno, l’aveva vista appartarsi con Beghos ed era andato a riferirlo al marito. Da lì, lui che arriva come una furia, la lotta furibonda, l’intervento dei soldati, l’arresto

La decima frustata arriva, come a sottolineare la fine del suplizio. Più profonda, più dolorosa. Beghos ha avuto un’erezione a quel supplizio. Sapeva che era una cosa normale e che pochi non hanno avuto quell’effetto. Agli uomini gli si drizzava, alle donne si rilasciava sperma ed urina. La gente aspettava solo quello per deriderli e colpirli con fango, frutta e verdura marcia.
Anche i genitali erano rossi per le frustrate subite. Pezzi di pelle laceri e lo sperma che si mescolava al sangue.
Con le lacrime agli occhi si gira verso di lei, sorride “Dolore e sofferenza”
Dolore e sofferenza.
Non la fanno dormire, nessun unguento lenitivo dopo la punizione. Le cicatrici deturperanno la sua pelle, rendendola appetibile solo ai disperati.
Nuda e sanguinante, nella cella accanto a colui con cui ha condiviso sofferenza, seduta sul pagliericcio e stando bene attenta a non poggiare la schiena al muro sudicio.
Un uomo con la divisa di un legionario apre la cella, sul volto scolpito un ghigno feroce. Ha i genitali liberi e la sua arma pronta. Un suo accompagnatore, balestra in pugno, intima ad Adja di alzarsi. Dolore e sofferenza. Lui la fa voltare e chinare. Lei poggia i palmi delle mani contro la parete. Lui ghigna e la penetra da dietro. Lei si aggrappa ai mattoni, le unghie che si spezzano, il sangue che fluisce. Lui la penetra in maniera selvaggia, vuole spezzarla, umiliarla. Lei, non un gemito, ne una supplica. Alla fine lui smette e se ne va, disgustato "Odio quando non implorano" li sente commentare

"Adja" la mano di lui si protende verso le sbarre
"Mi spiace" dice lei "Mi spiace averti ficcato in questo schifo"
"Avrei dovuto ucciderlo, il bastardo" commenta Beghus "Avrei dovuto afferrare il pugnale e conficcarglielo diritto in gola"
"non tu" risponde lei con malinconia
La voglia di staccargli i testicoli e tagliargli il cazzo, ce l'aveva da molto tempo ma, non aveva mai fatto il passo decisivo. Ogni volta le mancava il coraggio. Ogni volta,abbassava l'arma e piangeva. Ogni volta, preferiva l'umiliazione che la vendetta.
Contempla mesta il cazzo di lui, ridotto un brandello di carne. Allunga una mano verso di lui e glielo tocca. Lui ha uno scatto, digrigna i denti. Se non interviene al più presto un sacerdote, il suo apparato sessuale non sarebbe servito più a nulla.
"Ti amerò sempre" dice lui
"Sempre" risponde lei

Umiliazione. Nelle segrete della grande Arena, tra incitamenti, insulti e stupri, Adja si era fatta le ossa. Aveva combattuto, si era allenata, era sopravvissuta alle angherie degli uomini.
Ma, alla fine, la tenacia e la sofferenza l’avevano premiata. Ora era una guerriera pronta a scendere nell’arena e a fare scempio dei suoi avversari
Archorius, suo mentore, un uomo dalla corporatura imponente, le si affianca, mentre lei è ferma davanti alla grande porta di legno, il cui architrave ha la faccia di un toro, sormontato da due asce bipenne “Tazramanhian” dice con voce bassa e gutturale “Il primo gladiatore che si è conquistato il titolo di Re dell’Arena”
“Anche lui nella via del Dolore e della Sofferenza?”
“Fu colui che introdusse la Via. Il primo a scendere in campo. Il primo a vincere e guadagnarsi il Titolo”
“Quanto tempo fa?”
“Credo che siano più di tre secoli”
“Quale fu la sua colpa?”
“Lui era un minotauro. Violento e spietato nei combattimenti. Si rese responsabile della morte di una trentina di individui. Per non parlare degli incauti che si avventuravano nella sua caverna”
“E nonostante tutto, lui sfuggì alla forca”
“Come lui e tutti quello che lo seguirono, compreso il sottoscritto”
“Non mi hai mai detto quale fu la tua colpa”
“Ha importanza ora?”
“Dopo tutti questi mesi di convivenza forzata. Oggi potrei rimanerci su quella sabbia”
“Un po’ misero come ultimo desiderio, non trovi?”
“Il mio ultimo desiderio è quella di scopare. Non c’è niente di meglio che farsi scuotere da un vigoroso cazzo prima di una battaglia. Almeno, andrei tra le braccia di Jusaider con la fica contenta. Non trovi?”
Archorius scoppia in una fragorosa risata “lo dici ogni volta che ti prepari a combattere. Perché lo fai?”
“La Via del Dolore e della Sofferenza”
“Il tuo tirocinio e la tua espiazione sono state espletate mesi fa. Perché continui?”
“Perché, lo sai anche tu perché. Perché una volta che ti è entrato dentro, è difficile smettere”
Archorius annuì un paio di volte. Fuori, la folla aveva preso ad urlare ed incitare. I contendenti là fuori dovevano essere ad un punto culminante. Presto sarebbe toccato a lei.
La folla urlò in un unico giubilo. Il combattimento era finito. I battenti stavano per aprirsi.
“Boia” dice Archorius “Una volta facevo il boia”
“E come mai sei finito qui?”
“Mia figlia venne aggredita e uccisa da un paio di banditi al soldo di un signorotto locale. Tale fu la mia rabbia che, mi feci giustizia da solo. La Corona non apprezzo che un boia uccidesse al di fuori dei termini legali ed eccomi qui”
“E anche tu hai espiato ma sei rimasto”
“La morte mi veste come un sudario. E, l’odore del sangue mi inebria come l’aroma del loto nero” le porte si spalancano del tutto “Un consiglio Adja, finchè ne hai facoltà, lascia questo luogo che trasuda morte. Esci, torna a vivere, cercati un uomo con cui passare le tue notti. Lascia che questo sia solo un brutto incubo”
“forse un giorno” e si avvia verso il suo Destino con la spada nella mano destra e lo scudo di legno nel braccio sinistro

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