Synth-Punk

di
genere
etero

Si gela.
Le strade del quartiere sono deserte. È buio profondo, i lampioni sembrano esili fiammiferi pronti a spegnersi. Stupida luce calda, direbbe qualcuno, non io, a me piace.
Passiamo davanti ad un bar, dentro ci sono solo i proprietari, mi sembra un locale triste. La mia amica non ci fa caso, dobbiamo raggiungere il posto della serata.
La gente, una trentina di persone, è tutta lì fuori. Decisamente meno triste.
È lui Il primo che vedo, è inutile fingere che non sia così. Mi saluta sorridendo e poi dice che è tutto finito. Sta scherzando. Assurdo come tutti arrivino due ore in ritardo senza preoccuparsi, dice. Non è stata colpa mia, gli racconto.
Poi far iniziare una serata synth-punk alle 20 sarebbe stato strano.
Finalmente entriamo tutti dentro. Mi libero del giubbotto. Voglio che veda il vestitino corto, le calze con la fantasia a quadri che fanno intravedere la pelle, la giacca da tailleur che tengo chiusa per un bottone in modo che mi fasci la vita. Voglio che pensi che sono bellissima ed interessante.

Arrivano.
Buio e strobo.
Cassa e basso.
Parte il riff, le teste si muovono.
Il ritmo ipnotico, la rassegnazione insieme alla rabbia, le urla insieme ai sussurri. Le contraddizioni sono quello che ci piace. E possiamo ondeggiare un passo a destra e uno a sinistra, la testa su e giù, le braccia abbandonate ad oscillare. Siamo come tanti fiori recisi dal terreno, siamo senza radici. Ci hanno tagliato le vene ma non ci vergogniamo, vogliamo che tutti vedano come ci dissanguiamo sul questo parquet del cazzo. A destra e a sinistra, pestare i piedi, gente con i bicchieri di vino in mano. Appassiti eppure maledettamente poetici.

Balla pure con lei, non posso non pensare che sia così normale, che quel singolo dread che spunta dal suo caschetto non la renda particolare.
Mi sento più interessante, mi sento superiore per una volta.
Penso che noi due siamo gli unici ad entrare nella musica con tutto il corpo, gli altri la ascoltano, noi la sentiamo. Non mi importa nulla del fatto che tu mi dia le spalle, basta che balli, i tuoi piedi che pestano il pavimento fanno il resto, il legno vibra e raggiunge i miei, coltiva l’illusione di essere al tuo fianco.

Finisce tutto all’improvviso. Sette pezzi. Un Ep che si consuma in fretta e ci lascia orfani e storditi. Una playlist in sottofondo cerca di compensare. Ci fermiamo a parlare con i ragazzi del gruppo.
Quando ci mettiamo a pogare, dimmi, lei dov’è? Anche io sono solo un mucchietto d’ossa ma il piacere di schiantarsi sui corpi degli altri non si può spiegare, se poi posso farlo sul tuo corpo, allora, sono disposta anche a rompermi tutte le costole. Non è una cosa razionale, è l’impeto di un momento, non deve avere senso, deve farti sentire vivo.
Io viva mi ci sento più che mai. Profonda e autentica.
Come, non vedi che ho occhi solo per te?
Se solo volessi mi avresti. Nella mia forma migliore, titanica, preponderante e viva.
Per te potrei diventare ancora di più. Potrei essere nuda, esposta.
Toccami. Quanto vorrei che tu mi toccassi. Quanto vorrei il tuo collo fra i miei denti. Il tuo odore sulla mia pelle. Le tue mani che mi dilaniano. Quanto vorrei che ci intrecciassimo. Io terra e tu tenebra. Io calda, porosa e malleabile. Tu sfuggente, profondo e penetrante.
Come, proprio non vedi, che ho occhi solo per te?

No, non mi vedi.
Quindi vado via.
Anche tu dovresti farlo. Via dalla mia testa.
di
scritto il
2022-03-08
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