Driade

di
genere
pulp

Driade

Nascosto quest'angolo di cielo intrappolato nell'acqua. Quello che colpisce in questo luogo è il silenzio. Una pace interiore pervade il mio Essere e sembra che qualcosa mi sussurra un invito. Là, nelle placide acque immobili, qualcosa sembra muoversi tra il limo e le radici delle mangrovie.
Sospendo il fiato e mi soffermo, quasi paralizzato, alla visione di quel corpo lucido di acqua e limo. Ha la forma di una donna, le orecchie leggermente appuntite, il corpo nudo coperto, in alcuni punti, da scaglie. Forse una driade nominata nelle leggende? O una ninfa delle acque che si mostra al chiarore della luna?
Eccola, quella leggiadra figura, che emerge dalle acque e si mostra nelle sue nudità. Bella da togliere il fiato, con la luce della luna che danza sulle gocce dello stagno che le è rimasto appiccicata addosso.
Lentamente lei volge lo sguardo verso di me. Mi ha visto? Eppure sono celato tra le ombre del pioppeto. Distende le braccia verso di me, come un richiamo. Sussurrata nell’aria notturna, giunge una musica fatta di flauti, forse anche un violino.
E io, come stregato, lascio le ombre e vado verso di lei che, nel frattempo, ha raggiunto la spiaggia dello stagno. Non riesco a voltarle le spalle. La mia volontà è stata cancellata da quella visione e da quella figura leggiadra che sembra uscita da una leggenda.
Continua a sorridere e la sua voce mi arriva come in un canto, ammaliante come una sirena, danzando sulle note di quella suadente musica.
E mi spoglio davanti a lei, con pudore nascosta ma incapace di rifiutarmi. E lei, sempre sorridente che si avvicina a me e preme il suo nudo corpo contro il mio. Subito il vigore che nasce, la voglia di possedere quel corpo. Subito le sue mani che cercano il mio sesso. E io che mi lascio cullare da quella musica, da quel profumo quasi salmastro, fatto di canne di palude, giaggioli e mughetti.
Ora sdraiato su di lei, annegato in quegli occhi che sembrano specchi affacciati sull’Universo. Ora le sue labbra che accolgono il mio sesso. Ora, la fusione al ritmo dei flauti e la notte che respira attorno a noi. La sua lingua sul mio collo, i suoi capezzoli che mi graffiano, la sua passione che mi divora. Mi sembra di esplodere, mi sento sciogliere. In un vortice sono risucchiato nel profondo abisso. E mari di stelle esplodono attorno a me. Ora, fluttuo in una galassia lontana, verso un mondo verde che sembra uno smeraldo. E mi vedo circondato da creature mitologiche, che sono donne bellissime coperte di scaglie. Sono ninfe, driadi e sirene. Sono Dee nascoste nell’Olimpo dell’amore.
E poi loro che mi cedono i loro abbracci mentre il sole raggiunge il suo apice ed esplode in una supernova.

Apro gli occhi che l’alba è una sottile linea blu. Nudo alla fresca brezza del mattino, contemplo lo specchio nero davanti a me. Le acque immobili e nere e mi chiedo se non ho vissuto un sogno. E tirandomi su a sedere cercando di captare la musica dei flauti o l’odore della palude che avvertivo su di lei.
Le mie vesti giacciono lì, a terra, dove io me le ero tolte. E capisco che il sogno a superato le mie fantasia. Con un sorriso, lento mi rialzo, basito di quel sogno appena passato. Un riflesso cattura il mio sguardo, poco più di un baluginio nel fango ghiaioso. Mi chino a raccogliere quella luce e, con vago stupore resto di sasso: tra le mie dita, una scheggia blu.

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scritto il
2021-05-18
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