La vendetta di Salem 8

Scritto da , il 2021-05-04, genere pulp


SALEM 8

Ieri
Olaf recuperò delle catene arrugginite dal fondo del lago. Del corpo di Castro non vi era traccia. Numerosi altri corpi giacevano sul fondo del lago, disgraziati giustiziati in nome di Dio e della Chiesa, alla follia dell’uomo dettata dalla superstizione.
Olaf non seppe spiegarsi del perché il corpo di Castro non si trovi insieme a quei corpi. Eppure era stato giustiziato anche lui lo stesso giorno in cui Mary e sua madre erano stati impiccati.
Esaminando meglio le catene, vide che i lucchetti erano stati aperti e poi richiusi. Nella sua testa si affollarono mille pensieri ma la logica sembrava non prendere forma
Tornato da Ingrid, le fece notare la cosa “Lo hanno lapidato, incatenato e gettato nel lago. Lì non ci sono correnti da trascinare via il corpo. Eppure, i lucchetti sono stati aperti e poi richiusi”
“Il giovane Castro è uno di noi” disse Ingrid
“Lo spero per lui” disse Olaf “Resta il fatto che, non poteva liberarsi senza un aiuto”

Più tardi, Olaf ed Ingrid si recarono nella scuderia dove Castro aveva lavorato. Il padrone della stalla, tale Jacob Starr, era un tipo dal naso rubicondo, perennemente attaccato alla bottiglia. Si spacciarono per pellegrini in missione per la Chiesa e gli chiesero dove aveva dimorato il diavolo conosciuto con il nome di Castro.
L’uomo, inveendo come uno spalatore di letame, li indirizzò su una strada dietro la stalla, che portava ad un capanno, ora in disuso, dove la gente aveva timore di avvicinarsi “Quella è la casa del diavolo” aveva detto “Non l’abbiamo bruciata per timore che lui, si adiri con noi e venga stuprare le nostre mogli”
La capanna, poco più di una catapecchia, sorgeva alla fine di un sentiero cui le erbe avevano preso il sopravvento. Olaf scardinò la porta ed entro in un unico ambiente che sapeva di chiuso e polvere. Un letto sfatto da una parte, un tavolino e una sedia dall’altra. Poca roba, niente testi esoterici, simboli diabolici, o altro “Esattamente, cosa cerchiamo?”
“Non te lo so dire con esattezza” scosse la testa Olaf “Vorrei capire se il giovane Castro è uno di noi oppure no. Oppure se, in qualche modo, qualcuno si è immerso nel lago, ha lierato il suo corpo e lo ha trasportato chissà dove?”
“E perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere?”
“per dargli una degna sepoltura? Forse una donna?”

Era passato troppo tempo per capire cosa fosse accaduto realmente. Olaf aveva preso l’abitudine di fare lunghe passeggiate attorno al lago, in cerca di ispirazione. Pensava al giovane stalliere, alla paura che doveva avere provato nel vedere quella folla ignorante e inferocita che si scagliava contro di lui. Il dolore delle sassate, le ingiurie, l’acqua che entrava nei polmoni. Poi il buio.
E dopo? Era uscito con le sue sole forze? O era stato aiutato?. Olaf si fermò un attimo a contemplare un salice che bagnava la sua chioma nelle acque di un torrente. Una donna, a schiena china, stava lavando dei panni.
Abbassò lo sguardo a terra e vide qualcosa che brillava. Curioso, si chinò a terra ad osservare cosa fosse quell’oggetto. Vide una chiave. Una chiave che aveva già visto della medesima fattura, sul fondo del lago “Perdonate” disse una voce che lo fece trasalire. La donna che stava lavando i panni al fosso, gli era davanti. Aspetto sciatto, ma lineamenti fini, di una bellezza nascosta, il volto sporco di fuliggine. Vestiva ampi vesti, che sembravano stracci uniti tra loro e una bandana che copriva la testa da cui si intravedevano dei ciocchi bruni “Credo che quella sia mia” e gli porse la mano
Lui, senza lasciar trasparire la sua curiosità, disse semplicemente “Perdonatemi voi. Ne ho visto il riflesso e mi sono incuriosito”
“Grazie per avermela ritrovata”
“Si figuri, madama. E’ bene non perdere le chiavi, qualcuno potrebbe trovarle e chissà che accadrebbe”
“Ha ragione” si esibì un leggero inchino
“Posso chiedervi una cosa, madama?”
La ragazza esitò “Dite, se posso”
“Voi abitate qui da tanto tempo? Avete mai visto.. Avete mai visto qualcosa di strano accadere da queste parti?”
“Cosa intendete per strano?”
“Conoscete il lago di South Salem?”
La ragazza si irrigidì “Sì ma, non mi sono mai spinta fino a là”
“Per caso avete visto un ragazzo..”
“Sentite, devo finire di lavare i miei vestiti” lo sguardo sfuggente, di chi si sentiva a disagio
“Certo, scusate la mia insistenza” la lasciò andare, seguendola con lo sguardo fino al greto del fiume. Cosa c’era in quella ragazza che stonava così tanto? Una sensazione di fondo, qualcosa di sfuggente. Si allontanò pensieroso. Più a monte s’intravedeva la sagoma di un mulino. Si ricorda di quella struttura, un tempo molto attiva, poi abbandonato. Lo credeva disabitato da anni.

Tornò verso sera accompagnato da Ingrid. Olaf con la sua ascia dal filo rosso, Ingrid con la sua lancia e il suo scudo “Spiegami cos’è questa ossessione” disse Ingrid
“Non te la so spiegare. E’ come un prurito che si fa sentire ma non riesci a capire dove grattarti”
“Forse dobbiamo fare sesso più spesso”
“Come? Non ne facciamo già abbastanza?”
Trovarono il salice e il luogo dove aveva incontrato la ragazza. Ascia in pugno, avanzò nella notte fino ad intravedere la sagoma del mulino. Non c’era nessun campanello d’allarme nell’aria frizzante della sera. Nessuna luce, gli scuri chiusi, la porta chiusa. Ne cavalli, o asini, o altri animali
Olaf sapeva che, quel mulino, era stata abbandonato da una ventina d’anni. Fecero cautamente il giro dell’edificio ma non trovarono nulla di ostile. Poi, diretti verso la porta d’ingresso, entrarono.

Buio. Trovarono delle lanterne e le accesero, rivelando un ambiente confortevole. Due letti sfatti. Il camino era freddo. A terra trovarono delle chiavi, simili a quella che Olaf aveva rinvenuto nel bosco “Il deserto” commentò Ingrid
Rovistarono nella casa in ogni angolo: cassetti, cassapanche, bauli, sotto il letto, sulle travi. Poi, Olaf scovò una piastrella mobile dietro il camino. La rimosse e scoprì un vano in cui era stata riposta una pergamena. La prese e la svolse, togliendo un legaccio rosso. C’era un simbolo impresso sopra, ricordava un grosso salice ma, la forma assomigliava di più a.. “Yggdrassil” disse Ingrid “L’Albero della Vita”
Il foglio era vergato in molteplici lingue, alcune così antiche che l’uomo neanche si ricordava più di averle mai parlate. Ma Olaf aveva già visto le scritte che componevano le prime righe di quella pergamena. “Io conosco queste scritte. Non nel senso che riesco a capire cosa c’è scritto ma, le ho già viste in precedenza”
“Quando?”
“Duemila trecento anni fa”
“le rovine di Asgard?”
“Sì. Che diavolo significa questa cosa?”

Cinque anni dopo, Olaf ed Ingrid si ritrovarono in Francia, nell’Abazia di Moncher. Tra le severe mura di una fortezza risalente all’anno prima, convertita per volere di alcuni frati in un monastero. Padre Ranfield, padre Alistair, padre Devon erano tre immortali, uomini di chiesa che avevano voluto creare un’isola felice per i pellegrini e per coloro che, volevo rifuggire ai dolori della guerra sparsi per il mondo.
Moncher sorgeva su uno sperone roccioso al centro di una valle boschiva. Come un antico monolito, la sua tozza figura si ergeva a sentinella, i bastioni scavati nella roccia, un’unica via d’accesso che costituiva una scalinata in pietra scavata con parsimonia.
Qui, erano conservati migliaia di tomi, la storia dell’Umanità, raccolta in pergamene, libri, reperti.
Padre RAnfiel era un omone tondo e benevolo, dalle guance paffute e gli occhietti piccoli. Aveva un ventre prominente e, a stazza, rivaleggiava con quella di Olaf.
I due orsi si abbracciarono fraternamente “Dovresti smetterla di venirmi a trovare così spesso” disse il frate “Poi, le voci corrono”
“Ah, ma dai, saranno cinque secoli che non ci vediamo” rispose Olaf con una vigorosa passa sulle spalle del frate “Ti presento la mia dolce metà: Ingrid”
“Uh, che possente fanciulla per avere stregato un orso come Olaf” le strinse le mani “Allora, che venti vi portano qui a Moncher?”
“Una ricerca”
“Di che genere?”
“Noi cerchiamo notizie sulla Stirpe degli Dei”

Oggi
“Forse so qualcosa” dico fissando il buio sopra di me
Nuda, sulle coperte, con Bob che mi stuzzica la fica, le sue dita giocano con le mie labbra “Sai chi è il complice di Ambrose?”
“Forse ma, la risposta non mi piace”
“Sai, che forse ho un sospetto anche io?” dice Bob
“Hai già detto ad Ambrose dove vi incontrerete?”
“Non ancora ma, glielo comunicherò entro domani mattina”
“Dove andrete?”
“Torneremo alle origini”
“Quali origini? Quelli della vostra stirpe?”
Gli afferrai il pene e cominciai a strofinarglielo “Ma che dici? Parlavo di South Salem”
Sento come una sorta di sospiro di sollievo “Ah, sì, certo” incomincio a masturbarlo più forte
“C’è qualcosa che mi devi dire?”
“Stai attenta”
Lo abbraccio, lo bacio, le mani si muovo con frenesia. Guido il suo sesso dentro di me. Lascio che danzi dentro di me, deve riempirmi, devo sentire che lui c’è. Sarà come portarmelo dietro. Lo dovrò sentire mio, avrò bisogno della sua presenza, quando affronterò Ambrose sul campo di battaglia.
Qualcosa brilla nel buio…

Ieri
La Stirpe degli Dei. Le cripte più profonde dell’abazia rinchiudono quei documenti così vecchi che la memoria dell’uomo ha dimenticato nel Tempo.
Lì, tra polvere e ragnatele, sono conservati testi in lingue sconosciute e, probabile, la storia delle origini di tutto “Per tutto intendi l’Universo?” chiese Ingrid
“La sorgente”
“Stiamo inseguendo un mito?”
“I miti si basano su verità” trovò un libro dalla copertina nera e in rilievo, l’albero della vita. Nell’alba dell’umanità si parla di un cataclisma che colpì il Mondo e causò la quasi totale estinzione delle speci che in essa viveva. Una gigantesca pietra che scosse la terra e sprofondò divorando. Ne nacque un periodo cupo che durò millenni. Dal punto in cui la pietra cadde, nacque un germoglio, che generò un albero. E da esso una sorgente che creò i primi Dei. Tutto ebbe origine da lì. Si narra che gli Dei come Odino, Thor, Freya, fossero degli Immortali. I primi nati dall’Yggdrassil. Coloro che generarono gli uomini”
“E il Ragnarok?”
“Credo ci sia stato. Che gli Dei non esistano più, almeno non nella forma che noi conosciamo”
“Questa è eresia. Nella mente e nella Fede degli uomini, loro sono ancora lì, a proteggerci”
“In un certo senso, sì” annuì Olaf “Loro sono in ognuno di noi. Vivono dentro di noi e attendono l’Adunanza per essere di nuovo Uno”
“Questo mi confonde. Come fai ad essere così informato?”
“Sono sempre stato un tipo curioso”
“Hai detto che gli Dei sono con noi. In che modo?”
“Mai sentito parlare di Trasmigrazione?”
“Non mi sembra. Ma credo che tu mi darai esauriente risposta”
“Credo che gli Dei fossero in grado di passare la loro Essenza di loro spontanea volontà. Non so il modo, non so per magia o altro. Ma, da quello che mi è stato raccontato, essi erano in grado di trasferire la loro Essenza senza il bisogno di essere uccisi. E loro divennero vulnerabili e lasciarono ad altri la loro eredità”
“Ma chi fu a raccontarti questo?”
“Un vecchio eremita che viveva su una montagna, tra i fiordi della Norvegia. Un vecchio dalla lunga barba e un occhio solo”
Ingrid lo guardò lungamente “Ma dai” e si mise a ridere
Ma Olaf non rideva e continuò a raccontare “Gli Dei senza Essenza non cessano di essere immortali. Diventano immuni allo scorrere del tempo, ma vulnerabili ai danni fisici. Gli Immortali di seconda generazione, ciò noi, hanno regole differenti, forse imposte dai vecchi Dei. Questo non mi è dato sapere. Il vecchio non mi disse nulla a tal proposito”
“Nemmeno sul perché, in suolo Consacrato perdiamo i nostri poteri? O sul perché svanisce l’Essenza se veniamo ‘uccisi’ su di esso?”
“Certi misteri sono destinati a rimanere tali”
“E’ una cosa difficile da mandare giù, se è vera” disse Ingrid guardando il marito “Ma, tralasciando questo, come si riunisce a quello che ci ha portato fino a qui?”
“La nostra Generazione ha perso la capacità di trasmigrare come fecero gli antichi Dei. Per avere l’Essenza dobbiamo staccarci la testa dal collo. Vai a capire perché questa variante. Ma, alla luce delle ultime scoperte, mi è venuto da pensare. E se esistesse qualcuno della nuova Generazione in grado di compiere la Trasmigrazione? Qualcuno come quella ragazza o il giovane Stalliere”
“Ma tu non hai rilevato la presenza di un immortale”
“E’ questo il punto. Chi effettua la Trasmigrazione, non è rilevabile”
“Aggiungendo altro sconcerto. E se, la ragazza che hai incontrato appartiene alla prima generazione e ha rilasciato la sua essenza per salvare il giovane Stalliere?”
“probabile, sì” annuì Olaf
“Quindi, arrivati a questo punto, che si fa?”
“Sono arrivato qui guidato da una semplice curiosità, che si è tramutata in un’ossessione. E ora, nelle viscere di questo antico monastero, rievoco antiche storie che i vecchi si raccontavano attorno ad un fuoco prima di addormentarsi”
“Chi poteva essere quella ragazza?”
“Non ne ho idea. Ma non è esclusa che la potremo incontrare, in futuro”

Ieri. Da un’altra parte.
L’odore del deserto arrivo attraverso le imposte abbassate. I beduini iniziavano il loro canto, mentre il sole sorgeva tingendo d’oro il paesaggio.
Mafdet, completamente nuda, cavalcava con sinuosa passione il corpo del giovane sotto di lui. Un bel ragazzo dai capelli color del grano, gli occhi come il cielo, il fisico asciutto e muscoloso e la virilità di un Dio.
Facevano sesso ad ogni ora del giorno, quando ne avevano voglia, desiderosi uno dell’altro come l’acqua per gli assetati.
Ora, abbracciati uno all’altro, condividevano il suono armonioso del loro respiro “Non potrò mai ripagarti abbastanza” disse lui facendo sentire la sua virilità contro la schiena di lei “Credevo di essere perduto”
“Non potevo lasciare che finisse così. L’amore che ti lega ad una persona è più forte di qualsiasi vincolo” si girò verso di lui, gli accarezzò il viso, lasciò che il suo sesso le sfiorasse il pube “Ora siamo simili”
“Ho temuto il peggio, là a Salem. Quell’uomo è puro male”
“Avrà la sua punizione. Non oggi, ma un giorno pagherà le sue colpe”
“Confidi in quella ragazza?”
“Spero in lei. O in ognuno dei suoi amici”
“Come quell’uomo che incontrasti nel bosco”
“L’uomo orso” sorrise Mafdet “Lui sa”
“Hai lasciato apposta quella pergamena al mulino?”
“Avrebbe capito. Lui è uno dei vecchi” la mano di lei scivola sui suoi fianchi, accarezza i suoi muscoli sottili, fino alla schiena, seguendo il profilo della cicatrice “Fa male?”
“Ho sentito di peggio”

Oggi. Nel buio
Si osserva allo specchio la schiena. E’ ancora lì, anche se, nel tempo, la cicatrice si è assorbita, lei è ancora lì e, ogni tanto, si fa sentire.
Si riveste in fretta e decide di fare jogging lungo il corso del fiume. Cinque chilometri, il fiato regolare. Si ferma vicino ad una fontanella, poi ripiega verso il parco, dove gli alberi cominciano a colorarsi d’Autunno.
Lei è là, sembra attenderlo. Distrattamente getta molliche di pane alle papere nello stagno. Lui si ferma e la osserva. Bella da togliere il fiato. I secoli non hanno intaccato la sua pelle “Dunque, il momento è giunto?” chiese lei
“Così pare. Tra poco si chiuderà un capitolo lungo 400 anni e la Vendetta di Salem sarà conclusa”
“E dopo, cosa accadrà?”
“Chi lo sa. Chiuso un capitolo, se ne fa un altro”
“Resterai con lei?”
“Devo farlo. E tu?”
“Il mio cuore appartiene a te. Per l’Eternità”

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