Amsterdam - Openminded

Scritto da , il 2020-08-19, genere etero

Entriamo e mi accorgo subito che, come bar, è un posto completamente diverso. Innanzitutto, c’è musica e si balla. E poi dubito fortemente che nel bar dove siamo state prima avrei trovato due ragazzi abbracciati a torso nudo e con una bottiglia di birra in mano. A uno dei due, per la verità, leccherei via molto volentieri il sudore dai pettorali. Se non avessi voglia di leccare le tette di Debbie, ovviamente. Le stramberie e gli eccessi nel vestirsi sono comunque pochi. Per la maggior parte ragazzi e ragazze (ci sono moltissime ragazze) sono vestiti come mi vestirei io.

– E’ un gay bar? – chiedo a Debbie.

– Openminded… – risponde – beviamo qualcosa prima di buttarci?

Ci sediamo su due sgabelli miracolosamente lasciati liberi al bancone. Nemmeno vi dico l’effetto dell’ovetto che ronza dentro di me mentre mi siedo. Mi avvicino con il volto a quello di Debbie, lei fa lo stesso aprendo le labbra al bacio. Ma non la bacio, le sussurro semplicemente sulle labbra “ho una terribile voglia di essere scopata da te”. E’ lei che mi bacia. “Lasciati andare, Sletje…”, mi fa mettendomi una mano sulla coscia e risalendo su. Mi alza la mini, mi fa squagliare la fica. Quando arrivano i Moscow Mule li sorseggiamo sorridendoci e guardandoci senza parlare per un po’. “Ti vedevo già un po’ su di giri con quello del bar”, mi dice. “Se sono su di giri la colpa è tua…”, rispondo. E quando mi domanda se ci abbia fatto un pensierino le dico la verità. Le dico che quello su cui avrei fatto più di un pensierino era quell’altro, quello che si era intromesso per un momento tra noi e che lei, per sua stessa ammissione, non ha visto bene. E le confesso che per un attimo, sì, ho avuto un desiderio impossibile, quello di essere presa da quell’uomo, con forza, anche nei bagni di quel bar. Ma immediatamente dopo aggiungo che avrei voluto che ci fosse anche lei. “Ti sei mai messa tra le gambe di una ragazza per leccare lo sperma che usciva?”, le domando quando lei mi chiede il perché. “A me una mia amica l’ha fatto, e vorrei che me lo facessi tu… e vorrei farlo io a te”. Metterei la mano sul fuoco sulle pulsazioni della sua vagina quando mi chiede ancora “chi è questa amica?”. Ma prima ancora che io possa risponderle mi fa “è sconvolgente quanto ci somigliamo, Sletje”. “Mi sembra di essere una gemellina uscita fuori sette anni dopo…”, le dico. E mentre lo dico rido, ma arrossisco anche. Non so perché, ma sento il caldo sulla faccia oltre che tra le gambe. Vorrei che mi infilasse un dito nella vagina ora, come ho fatto io con lei a casa sua. Vorrei che capisse l’italiano, il romano, e che mi capisse se le dicessi “scopami la fregna, adesso”. Ho voglia di essere posseduta e di essere volgare. La sua presenza mi fa sbroccare, l’ovetto mi fa sbroccare. Le due ragazze che qualche metro più in là si baciano e si strusciano mi fanno sbroccare.

Proprio come quando eravamo sedute al bancone di quel bar, un’altra figura si intromette tra noi. E’ una ragazza stavolta. Molto alta. La vedo solo di spalle mentre si rivolge a Debbie. Ha i capelli castano chiari, quasi biondi, tenuti in una coda. Una canotta nera di quelle che ti disegnano le spalle. E da quello che vedo sono spalle larghe, mi ricordano quelle di Giovanna. Sembrano le spalle di una che ha fatto molto nuoto, o qualcosa del genere, da cui partono due tatuaggi. Non è ipertrofica e spigolosa come una palestrata, ma scommetto che se le dessi un pugno sarei io a farmi male. Indossa un paio di jeans dove forse ci sono più strappi che tela me che le fanno, devo essere onesta, un bel culo. E per svariati secondi questo è tutto ciò che vedo di lei. Parla con Debbie e non mi si fila proprio. Non capisco una parola e la mia amica mi sembra sorpresa, quasi intimorita nonostante il tono della ragazza appaia suadente (per quanto può essere suadente l’olandese…). A un certo punto Debbie mi indica, fa il mio nome. La ragazza si volta verso di me e sorride, ma è solo un sorriso di cortesia, perché subito dopo torna ad interessarsi a Debbie. Mi assale un groppo di pura e inequivocabile gelosia, mi sento impotente. In quel secondo che si è voltata l’ho vista bene e ho sentito un tuffo al cuore. Non potrei farcela mai contro di lei. A dispetto della figura imponente è bellissima ed enigmatica. Un sorriso che sa molto di superiorità, sottolineato da un piercing sul lato del labbro. Gli strass che scendono da una spallina della sua canotta si allargano ad avvolgerle morbidamente un seno, sottolineando la morbidezza di certi suoi movimenti. Un seno che, detto per inciso, senza essere nulla di eccessivo, io e Debbie ci sogniamo. Allo stesso tempo però il modo in cui mi ignora per tornare a rivolgersi a Debbie e la mano che le passa senza timidezza sull’avambraccio mi danno una impressione completamente diversa. Se metto insieme quel gesto e quello sguardo percepisco in lei qualcosa che non è interamente femminile, è quasi androgino. Maschile, per certi versi, senza esserlo per nulla né nell’aspetto né nelle movenze. Qualcosa che, a pelle, mi chiama e mi frustra. Non ho mai provato prima attrazione per qualcosa del genere. E banalmente, per un istante, riesco perfino a capire gli uomini che vanno con i travestiti. Lei non è travestita. Non è “uomo”. È donna. Ma ha qualcosa che sa di maschio. E in più, mi ricorda terribilmente qualcuno, anche se avrei bisogno di darle un’altra occhiata per capire chi.

Quella che vedo bene, invece, è Debbie. E ciò che vedo mi fa paura perché è come essere di fronte a uno specchio. Uno specchio messo davanti a me quando perdo la testa e comincio a pulsare e bagnarmi in mezzo alle gambe. Chiacchierano, ma la mia amica pare completamente soggiogata da quella mano che le accarezza l’avambraccio. Poi la ragazza si volta verso di me e chiede ancora una volta come mi chiamo. In inglese. Le rispondo “Annalisa” e lei mi fa “io sono Frederieke”. Ed è una specie di sganassone, perché mi è improvvisamente chiaro chi mi ricorda: Federica Pellegrini. Penso che sia una coincidenza incredibile.

– Tu somigli molto a una ragazza molto famosa in…

– Sì, lo so – mi gela. Mi sento come una bambina sculacciata e messa in castigo.

Lei invece mi sorride ancora, ma la sua sembra quasi compassione. Dice a Debbie delle parole che non capisco. Cambia registro, passando ad un tono molto più intimo. Vedo la mia amica restare un attimo interdetta, senza rispondere. La ragazza si rialza e, per quanto capisco dai gesti, dice che si allontana un attimo. Non ho nessun dubbio che tornerà.

– Che ti ha detto? – domando a Debbie.

– Prima che ti presentassi a lei, aveva chiesto se sei mia sorella.

– E poi… ?

– E poi… beh visto che non sei mia sorella mi ha chiesto se sei il mio divertimento di stasera.

Mi esce spontaneo un “oddio…” così miagolato che non ha bisogno di interpretazioni. Ho una contrazione e l’ovetto si fa sentire tantissimo, mi sento di nuovo iperbagnata.

– Questo ti eccita? – chiede Debbie, neanche lei del tutto tranquilla.

– Sì…

– Ti piace quella ragazza?

– Sì, ma io… lei è chiaro che vuole te…

– Non è detto – mi sussurra Debbie interrompendomi con un gesto della mano – e tu comunque... tu sei con me…

Ho il cuore che si gonfia, le metto una mano su un ginocchio e lei ci mette sopra la sua. La vorrei baciare e anzi scendo dallo sgabello per farlo quando vedo la “Pellegrini” tornare verso di noi. Ci fissa, ci punta con quel modo di camminare incredibilmente sensuale e quel sorriso sicuro di sé. Mi intimorisce e allo stesso tempo mi attira come una calamita.

Passano almeno dieci minuti di chiacchiere al bancone. Lei continua a trattarmi con molta sufficienza, mi chiama “lassie”, parla perlopiù in olandese con Debbie. Sento tantissimo l’ovetto e non oso nemmeno rimettermi seduta. Adesso posso vedere che è alta più o meno come me con tutti i tacchi, ma nonostante questo e le spalle molto grandi non ha per nulla l’aria giunonica. E’ proprio una strafiga, non c’è discussione. E ha uno sguardo che ti inchioda. Il turbamento di Debbie e la sua eccitazione li capisco benissimo. Risponde quasi in trance a una domanda della Pellegrini, indicandomi. Lei si volta verso di me e domanda “quanti anni hai, ragazzina?”. Rispondo “venti” riuscendo a malapena a sostenere il suo sguardo. Mi lancia un’occhiata universale, quella che sottintende “ma chi vuoi prendere per il culo?” e Debbie interviene: “Dice la verità…”. La ragazza fa un sorriso che sembra una smorfia e mi fa “allora vieni a farmi compagnia anche tu”. Guardo interrogativa Debbie, che è già scesa dal suo sgabello. Cambia completamente espressione e tono di voce quando mi dice “fidati di me”, come se in un batter d’occhio avesse recuperato il controllo su se stessa e su di me. Mi sento l’ultima ruota del carro e questo, nonostante l’ansia, mi eccita ancora di più. E del resto seguirei Debbie in capo al mondo.

Non c’è bisogno di andare tanto lontano, la nostra destinazione sono i bagni del locale. Quando la Pellegrini tira fuori lo specchietto del trucco, capisco. Due strisce, una per lei e una per Debbie. Mentre la mia amica aspira la ragazza mi fa: “Hai mai provato?”. “Una volta”, le dico. Mentre prepara la mia striscia non posso non pensare a quel giorno con Tommy. Debbie domanda “hai paura?”. Rispondo di no, ma un pochino ne ho. Però ho più paura di restare esclusa.

Non ho ancora finito di combattere con il prurito al naso che la Pellegrini mi passa il dorso del dito su una guancia, rimettendomi a posto una ciocca. “Te la sei scelta proprio carina”, dice a Debbie, in inglese. “E’ bellissima”, le risponde Debbie accarezzandomi una guancia. Chiudo gli occhi e cerco di trattenere la sua mano lì. In questo momento mi piace più sulla guancia che se me la mettesse nelle mutandine. E’ come uno shock, mi sento euforica ed inclusa. Appena uscite dai bagni afferro la mano di Debbie e le grido come una scema “portami a ballareeee” sovrastando la musica. Lei mi risponde a voce forse più alta “dammi un minuto, Sletje!”. L’altra ragazza è un metro dietro di noi, non può non aver sentito. Si appiattisce sulla schiena di Debbie e le afferra le tette con le mani stringendola a sé. Debbie quasi scompare in quell’abbraccio, spalanca gli occhi e apre la bocca, ma io lo so che è senza fiato. So cosa prova con quelle mani che le abbrancano le tette e quel seno schiacciato contro la sua schiena. Solo a guardarle, la mia fica stringe l’ovetto in uno spasmo. Quello che mi fa aprire le cataratte è però lo sguardo della Pellegrini. Lo conosco quello sguardo. Ha capito benissimo che siamo solo due regalini da scartare e già pensa a come si divertirà usandoci, disponendo di noi.

– Come è che chiami questa piccola puttana? – domanda in inglese affinché anche io comprenda.

Vedo lo sguardo perso di Debbie un attimo prima che la ragazza la volti e la baci per la prima volta. La bacia come la bacerebbe un uomo, quasi possedendola. La vedo abbandonarsi, ma stranamente non ne sono gelosa. Dopo averla lasciata la Pellegrini si rivolge a me con il suo solito sorriso: “E tu non baci la tua amica?”. E’ quasi un ordine. Afferro la faccia di Debbie tra le mani mentre lei biascica “Sletje…”. Ci baciamo in modo completamente differente, più dolce, ma non per questo mi sento meno sua. E mentre siamo avvinghiate la ragazza mi infila una mano sotto la mini e mi accarezza il culo, scende in mezzo alle gambe, mi trova scandalosamente bagnata, fa un po’ di pressione e mi fa miagolare nella bocca di Debbie che mi si struscia addosso. La Pellegrini risale un po’ su e mi strizza una natica. Impazzisco per qualche secondo sentendo la sua voce che mi sussurra “chissà come si divertono con questo i ragazzi italiani, perché a te piace anche il cazzo, vero?”. Poi, come se non avesse detto nulla, cambia intonazione e ci fa “andiamo a ballare?”. In questo momento, proprio a essere sincera, avrei preferito che mi proponesse di essere il giocattolino di un’orgia bisex, le risponderei pure “che cazzo aspettavi a propormelo?”. Ma mi devo adeguare.

Più che ballare ci scateniamo, facciamo casino in mezzo al casino. Soprattutto io, che ho bisogno di scaricare l’eccitazione. Con Debbie alziamo spesso le braccia come a volere dire a tutti “siamo in offerta, prendeteci”. Penso che quello che mi sono appena fatto è, in assoluto, il mio terzo tiro e stavolta me lo gusto, lo sento salire. Ho tutti i sensi in allerta massima, mi sembra di dominare la situazione, sto benissimo. Gioco con Debbie e con la Pellegrini, e quando mi lasciano un po’ da sola non me ne frega un cazzo. Debbo allontanare le avances di una tipa davvero troppo macho-girl per i miei gusti. Corpo tozzo, tatuaggi ovunque e uno sguardo da vieni-con-me-bella-biondina-che-so-io-come-fare-con-quelle-come-te. Ballo altri due o tre minuti con la Pellegrini e con Debbie poi mi allontano di nuovo. Mi si avvicina una ragazza dallo sguardo timido, un vestitino di cotone a coste accollato e sbracciato, due tette enormi separate ed evidenziate dalla tracolla della borsa. Non tanto per le fattezze, ma per come mi guarda mi ricorda molto Antonella, quella zoccola che mi sono fatta nella discoteca di Ancona, a giugno. L’unica ragazza decisamente sub che mi sia capitato di scopare. Mi verrebbe da dirle “mi dispiace, ma stasera sono già il divertimento di un’altra…”. Tuttavia è una bella ragazza e per un attimo, ammetto, l’idea di portarla alla toilette e farmi leccare la fica prima di farla strillare con un paio di dita mi passa per il cervello. Ma la Pellegrini ritorna e mi fa morire di brividi infilandomi la lingua nell’orecchio. “Davvero ti scoperesti quella?”, domanda. Come lo abbia capito non lo so, ma cinque minuti fa credo che sarei scoppiata a piangere negandolo, adesso mi sento molto più sicura e presente a me stessa.

– Perché no? – rispondo.

– Mi ha detto Debbie che hai un segreto dentro di te… – dice lei senza curarsi di rispondermi – se solo lo avessi saputo prima…

– Cosa sarebbe successo?- le domando tornando a essere un po’ in soggezione.

– Little Pervert…. – sorride lei – you’re such a Little Pervert.

– Non sai quanto… – le dico cercando di mantenere un po’ il punto. In realtà ho ricominciato a squagliarmi.

– Questo lo vedremo – sussurra lei prima di baciarmi.

Cedo, mi consegno a lei. Le sue tette che strusciano sulle mie mi fanno impazzire. L’ultima cosa che vedo con la coda dell’occhio è lo sguardo della tettona submissive che si allontana delusa. E probabilmente invidiosa. La campionessa di nuoto si avvicina un’altra volta al mio orecchio, ma stavolta non per infilarci la lingua dentro. Mi sussurra qualcosa. Le sorrido e le faccio “wow…”, poi le lecco il tatuaggio dal punto in cui la canotta nasconde il seno fin dove finisce, vicino al collo. Cazzo, che pelle… e che sapore di buono.

Il nostro terzetto si ricompone quasi subito. Ci ributtiamo a ballare, scherziamo, facciamo casino e ci cerchiamo con gli sguardi e con i corpi tra la gente che segue la musica e che non sa niente di noi. Tutto ciò che deve succedere sta per succedere, è davanti ai miei occhi. Lo desidero ma non ho fretta. Mi sfianco per un tempo che sembra infinito e velocissimo insieme a Debbie e all’altra. Sudo, ho i capelli appiccicati sulla fronte, sono eccitatissima. E nonostante senta ormai tantissimo l’ovetto che mi devasta la fica non perdo mai il controllo. Mi lascio persino sfiorare da qualche mano sconosciuta. Mi piace, non protesto, anzi. Ma a un certo punto, quando è la mano di Debbie che si posa su una mia spalla, la afferro e la trascino via, la bacio. Le dico “forse è ora di farci un altro giro”. Mi guarda perplessa e domanda “vuoi bere o…”. “Bere non sarebbe male, ma preferisco ‘o’… ahahahahah”. Mi guarda mordendosi un labbro e mi fa un cenno come a dire “aspettami qui”. Ritorna con Frederieke, che mi fa l’occhiolino e mi dice ironica “vedo che la Amsterdam way of life ti piace davvero, uh?”. “Ahahaha… a Roma abbiamo il papa e la pasta, le foto con i gladiatori al Colosseo, piazza Navona… qui avete le biciclette e i canali, stop… però anche roba buona, non pensavo…”. La campionessa di nuoto sorride e mi dà un buffetto sulla testa. Quando Debbie mi prende per mano le chiedo “tu non vieni?”, mi fa segno di no ma mi dà anche una carezza sul culo che mi fa sognare. Ha sempre lo stesso sorriso enigmatico, però il suo sguardo si fa più intenso mentre avvicina il volto ai nostri: “Sono proprio curiosa di sapere chi è più troia tra voi due…”. Io e Debbie ci allontaniamo avvinghiate verso i bagni, le sfioro un seno e trovo il capezzolo durissimo.

Entriamo e la copro mentre, piegata sul ripiano di un lavandino, prepara le strisce. Le accarezzo il sedere.

– Che effetto ti fa sentirti preda di quella? – le domando.

– Tu ancora non hai capito, “quella” ci vuole tutte e due… e ci farà fare tutto quello che vuole lei, credimi… – risponde prima di chinarsi un po’ di più a tirare.

Poi è il mio turno, lei ricambia la carezza. Sul sedere ma anche su una coscia. Sento il desiderio sui suoi polpastrelli e sulle unghie. Quando ho finito di combattere con il mio naso mi metto a un millimetro dalle sue labbra, gliele lecco. Lei le socchiude per accogliermi, ma la sorprendo spingendola dentro un box, chiudo la porta. Dice, nemmeno tanto convinta, “Sletje, non qui”, ma la zittisco con un lingua in bocca. Porto una mano tra le sue gambe. Sarà anche il sudore, eh?, ma il cotone è fradicio. A furia di scatenarsi in pista il cavallo della tutina si è un po’ allentato, infilo un dito. Anche le mutandine sono zuppe. Le scosto e le sfioro il grilletto. Lei ha un brivido, mi porta una mano su una tetta e le vorrei dire “lasciala lì per sempre”. Ma non è questo il mio piano.

Faccio un paio di passi indietro infilando stavolta la mano sotto la mini, nelle mie mutandine. La osservo e credo che davvero il mio sguardo giustifichi il nomignolo che mi ha dato Frederieke, Little Pervert. Gemendo, mi sfilo l’ovetto dalla vagina. Ne sento la piccola vibrazione tra le dita, lo osservo. E’ lucido del mio succo. Lo porgo a Debbie e le dico “lecca”. Lei, stupita, lecca. Mi guarda incredula e domanda “che fai?”. Ma lo sa benissimo cosa sto facendo, sto infilando l’ovetto nella sua vagina. “Switch…” le sussurro mentre lo spingo dentro con più forza di quella che sarebbe necessaria. Lancia un urletto e poi si morde il labbro, poi quasi rovescia gli occhi mentre le mie dita roteano e si godono il bagnetto nel suo brodo tiepido. Sussurra un tremolante “Sletje…” prima che io le passi la lingua sulle labbra e le sospiri “mi ha detto Frederieke di fartelo”. Tiro fuori le dita e ancora una volta le dico “lecca”. Lei prima lecca, poi succhia. Quando gliele spingo un po’ in bocca accelera e sembra quasi che me le voglia spompinare. Anzi, togliete il quasi. E’ una scena che mi eccita da morire e vorrei che in questo esatto istante mi spingesse contro il muro e mi sditalinasse con forza.

– Ti vorrei vedere mentre succhi un cazzo – mormoro – credo che godrei senza nemmeno toccarmi…

Debbie mi guarda ancora un po’ stravolta. O forse comincia a sentire di più l’ovetto dentro di lei. Però mi sorride e con quel sorriso sembra voglia rimettere le cose a posto, dimostrare che, tra me e lei, in fondo quella che prende le decisioni è lei. Non credo che riesca nemmeno a immaginare quanto la desideri quando fa così. Che bisogno mi senta addosso di essere presa da lei. La adoro a vederla così scintillante di voglia. E intanto la mia, di voglia, esplode. Per l’ennesima volta da quando sto con lei, non ce la faccio più, la imploro.

– Debbie fottimi, fottimi adesso – dico appoggiandomi al muro e allargando le gambe.

– Non ora, non qui – risponde.

Però mi allunga una mano tra le cosce ed esclama “holy God” per quanto sono bagnata. Mi fa sobbalzare e piagnucolare “ti prego!”, ma non ha pietà. Apre la porta del box e devo rassegnarmi a seguirla. Giusto un attimo prima di uscire ho la netta sensazione che la seconda dose stia iniziando a fare effetto. Forse mi sbaglio, ma di sicuro sto recuperando un po’ della lucidità perduta.

Fuori dai bagni c’è la Pellegrini che ci aspetta. Ci squadra. Tira a sé Debbie e le dice “sei bellissima”, poi fruga dentro la sua borsetta. Si impadronisce del telecomando dell’ovetto e me lo consegna. Appiattisce Debbie contro di sé, una mano sul culo e l’altra sulla schiena, le infila la lingua in bocca. Da come la mia amica si abbandona capisco benissimo come si sente: ora sì che è una preda senza via di scampo, catturata, posseduta, pronta per essere finita.

Schiaccio un tasto del controller e, cazzo, capisco più che bene cosa è successo questo pomeriggio dentro il sexy shop: è sensibilissimo. Debbie schizza e si contorce tra le braccia forti della ragazza, mugola nella sua bocca, trema, strizza gli occhi. Se potesse, strillerebbe. Se la Pellegrini la mollasse ora, finirebbe rannicchiata e scossa dai brividi sul pavimento, con le mani tra le gambe.

Rallento la vibrazione e poco a poco anche gli spasmi di Debbie rallentano. La ragazza mi sorride quasi complice e la lascia andare. Debbie si appoggia a un muro ancora ansimante.

– Andiamo… – sospira e, chi lo sa, forse vuole tornare in sala. O forse no, non lo sapremo mai. Si avvia, ma io le vado alle spalle e la blocco. La abbraccio e le metto le mani sui seni come aveva fatto prima la Pellegrini, senza però quella dimostrazione implicita di possesso. Sono stordita dalla altalena di sensazioni. Voglia di prenderla, voglia di essere presa. Ma come qualche minuto fa ho la percezione chiarissima che tutto ciò che deve succedere sta per succedere, anzi sta già succedendo.

Frederieke ci guarda, sempre con il suo sorriso indecifrabile sul volto.

– Andiamo – ripete – casa mia non è lontana…

CONTINUA

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