Le mele e il miele II

Scritto da , il 2020-05-18, genere saffico


Avrebbe dovuto incontrare Cristina sulla strada che andava al, e tornava dal, centro commerciale di Sinalunga. Proprio la stessa su cui la lasciò l'autobus.. Una volta scesa Sally attese una mezz'ora, poi non ricevendo segni di presenza da nessun lato del paesaggio, si avviò in direzione del centro commerciale, convinta che fosse meglio che passare il tempo in piedi e sola.
Mentre dava le spalle al sole Cristina arrivò vestita di un abito rosso dorato, scollato e sbracciato. Perfettamente adatto alle condizioni meteo, e molto meno all'ora, al luogo e all'occasione.
Anche i suoi occhi gentili, di solito grigi, erano rossi e dorati al trionfo del tramonto.
Notò che era incredibilmente sottile ma sempre armoniosa.
Il cuore seguiva il ritmo del suo orologio da polso, uniformandosi al rumore prodotto dai tacchi dell'altra.
Sally non disse ciao, Cristina non giustificò il suo ritardo, si scambiarono un tocco di labbra che non produsse rumore. Poi Cristina fece dietrofront, Sally la seguì e mentre le apriva la portiera di una macchina nera troppo bella per essere sua, le chiese se non c'era nulla che avrebbero potuto raggiungere a piedi.

“Solo un fast food nel centro commerciale ma...” Cristina si indicò le scarpe con un cenno di capo e Sally intuì che non ci sarebbe stato modo di farla camminare.

Trattenne il respiro quando arrivarono. L'odore del posto non era migliore di quello di un fast food.

“Che hai fatto tutto il giorno?” Sally iniziò un tentativo di conversazione dopo il primo quarto d'ora passato a bere di brutto e pensare di tutto.

“Ho esumato cadaveri.” Buttò lì Cristina, con un tono torbido fissando i calici trasparenti e nuovamente vuoti.

“Che intendi dire?”

Dopo aver posto la domanda Sally distolse lo sguardo rapidamente dagli occhi di Cristina, certa che qualsiasi risposta le avrebbe ridotto il cuore in poltiglia in un secondo e osservò il balenio di carne traslucida che le illuminava la scollatura e le dita, intervallato dal brillio falso di spille, anelli e tutto il resto.

“Nulla, dico solo che ho passato la giornata a pulire la cantina. Ho portato su un po' di quadri e qualcos'altro.”

Sally scacciò subito il ricordo della collezione di sgorbi che Cristina teneva appesi nella sua camera da studentessa col coraggio di chiamarli dipinti.

“Si, mi ricordo quelle creazioni... arte moderna dicevi tu. E... che altro?”

“Ho trovato l'anellino che mi avevi comprato prima di sparire.” Rispose Cristina tutto d'un fiato.

“Sei arrabbiata con me perché non sono venuta subito l'altra sera?”

“No, niente affatto. Ma stai cambiando discorso.”

“Senti Cri, non svio il discorso ma non vorrei che tu l'altro giorno...”

“Che sia venuta a cercarti apposta per ricordarti che mi hai lasciata quando stavo male? No, no. Assolutamente no. Quella è acqua passata, tu avevi trovato il posto fisso... l'impiego pubblico. Dovevi trasferirti, facesti bene. Molto bene.”

Sally ragionò un secondo sulla controbattuta, poi decise che quando una donna parte in quarta per rinfacciarti qualcosa è meglio lasciarle terminare la performance.

“Che poi, Sally, se lo ricordi... io non ti volevo nemmeno. Tu mi hai corso dietro all'inizio... e poi sei corsa via.”

“Non ti ho mai forzata a fare nulla.”

“No, però mi avevi convinta. A provare con una donna intendo. A vedere se era diverso. E invece mi sei corsa dietro e poi sei corsa via... come fanno i maschi.”

“Forse non siamo poi così diversi. Adesso, pensi di rimproverarmi per tutto il tempo della nostra cena?”

“No. Mi sento già apposto.”

“Bene, meglio così. Tieni.”
Sally mise una mano sotto la sedia per recuperare il pacco pieno di mele infiocchettate una a una e il miele dorato che adesso notava, essere dello stesso colore del fermaglio luminoso di Cristina.
Lo lasciò cadere sicura che le mani dell'altra lo avrebbero afferrato e invece sbatté rumorosamente al centro del tavolo.

“Come l'accendino” commentò Cristina “perdo la coordinazione vicino a te.”

“Mi sembra una cosa dolce.”

Sally specchiò nel calice di vino ed ebbe l'impressione che la sua faccia dovesse essere davvero rossa e tonda come nel riflesso e mentre si lambiccava il cervello con strani paragoni sentì avvicinarsi una sagoma scura. Un po' chiara e un po' scura a dire il vero.
La sagoma del cameriere, infagottata in camicia bianca e pantaloni neri, parlava con Cristina, prendeva ordinazioni, tornava coi loro piatti e quando lampeggiò l'ultima volta reggeva solo un piattino. Cristina stava intingendo le dita tinte del sangue delle fragole.

“Dove andiamo dopo?” Le chiese Sally.

“Eh?”

“Visto che non mi inviti a casa tua, dove andiamo dopo?”

“Dopo?”

“Si dopo e poi dimmi, perché non vuoi che venga a casa tua?”

“Diciamo che è sempre in disordine. Vogliamo ordinare qualcosa di dolce?”

“No. Casa mia invece era perfettamente pulita, un'altra volta puoi venire tu da me... ho un ristorante cinese sotto casa e cucina meglio di questo posto.”

“Così, non ti è piaciuto.”

“Si mi è piaciuto, ma sono un po' stanca adesso.”

“O te la sei presa per quello che ho detto prima?”

“Che ti ho lasciata e tutto? No, non me la sono presa. In fondo è vero, anche se sei stata tu che non hai voluto mantenere nessun tipo di contatto.”

“Non stavo bene.”

“E ora stai bene?”

“Ora si.”

“Ok. Se non c'è altro...”

“C'è un albergo...”

“In fondo a questa strada lo so. E c'è casa tua dove sono scesa...”

“Come lo sai?”

“Non c'è nessun'altra casa su quella via. Esiste google maps e le foto dei satelliti.”

“Ah si, sei stata sempre più sveglia di me in queste cose.”

Sally non rispose, chiuse gli occhi nel timore che lasciassero trapelare il suo nervosismo o altre sensazioni troppo intime, stava per dare a Cristina la sua giacca da sera riflettendo che fuori ormai era rinfrescato, ma temette che le avrebbe rinfacciato anche quello come un comportamento da uomo e così se la mise sulle spalle, le lasciò perfino pagare il conto e tornò alla macchina nera.

“E tu? Lavori?” Chiese quando furono di nuovo una a fianco all'altra al coperto.

“Non in questo momento.” Cristina le pareva più confusa di lei e anche più assonnata.

“E prima hai lavorato?”

“Si, un po'.”

“E poi?”

“E poi niente.”

Sally tirò un gran sospiro cercando altro da bere nel minifrigo.

“Di studiare poi, hai finito?”

“No.”

“Perché?”

“Perché così... non mi andava.”

Sally si sorprese ad annuire allo specchio, tirò su col naso e le guardò le scarpe. Così alte, così rosse. Si abbassò come chi cerca qualcosa a tentoni e le sfilò restando di fronte alle dita di Cristina coperte del solito smalto rosso e sorrise di nostalgia.
Era dello stesso tono di quando avevano dormito la prima volta insieme, quel giorno in cui credeva di averla trovata, quell'anima gemella che cercano tutti. E invece si era sbagliata. E ora sperava di nuovo che potesse esserlo perché in fondo se si erano riviste doveva esserci un motivo.
Cristina la osservava dall'alto con la testa piegata sulla spalla e gli occhi languidi.
“Che fai?”

“Sto cercando il collegamento delle cose.” Disse passandole la lingua lungo il polpaccio.

“Di quali cose?”

“Del passato... del presente...”

“Ah, cerchi i collegamenti impossibili... Lascia perdere. Lo sanno i matti e i geni com'è che funzionano queste cose...il caso ecc.”

Sally le diede ragione lasciandosi sfilare la maglietta dalle sue dita finissime e concordò di lasciare da parte, almeno al momento, i segni del destino e l'idea astratta di un rapporto, futuro e duraturo, qualunque cosa sia.
Niente più chiacchiere per non disturbare il ritmo del loro amore con pause necessarie a scegliere le parole.
Cristina era sudata e Sally si bagnava in lei come nell'acqua di mare, studiando ogni imperfezione della sua schiena color sabbia. Lei invece non aveva visto un giorno di spiaggia e aveva la pancia bianca ma piatta e forte come se fosse composta di un solo, elastico muscolo che Cristina succhiava e mordeva.

“Non ti vedo più..” La sentì dire quando l'esterno divenne solo buio.

“Possiamo accendere le luci.” Le ansimò Sally in bocca, staccandosi a fatica.

“Meglio in penombra.”

“Allora fammi accendere la luce del bagno e teniamo la porta semichiusa...”

“Prima vieni qui.”

Anche al buio Sally vedeva perfettamente le mutande brillanti di Cristina e si lasciò spingere la testa tra le sue gambe. Afferrò il bordo di pizzo coi denti, se le portò dietro andando ad accendere la luce.

“Mi piaceva tanto quando me le toglievi coi denti.” Ricordò Cristina mentre Sally prendeva a leccarla dentro intensamente, risalendo ogni tanto per succhiarle la clitoride e tirarla.

“Se potessi mi metterei le tue mutande in bocca ogni giorno.”

“Ti piace la mia figa?”

“Moltissimo. È così calda...”

“Se ti stendi sulla mia faccia posso leccarti anche io.”

Sally si girò e si vide con lei riflessa nello specchio, erano come un corpo solo coperto di tanti, morbidi, tantissimi, morbidissimi capelli.
Sentì Cristina allargarle le cosce e infilarci la testa in mezzo, attaccare a leccarla tenendo le mani salde sul suo culo.

“Ti voglio baciare.” Le disse dopo un po', strofinandole il naso sul collo alla ricerca di ogni particella del suo profumo che fosse possibile inalare.

“Baciami.” Assecondò Cristina ma invece di aspettarla la spinse via e le saltò sopra infilandole la lingua in bocca per intero. Sally la strinse forte dalle spalle provando a sollevarla per succhiarle le tette ma Cristina non ne voleva sapere di spostarsi e i suoi capelli le solleticavano le guance mentre le spingeva la testa nel cuscino con la sua. Pensò che era meglio così, che aveva troppo sonno per venire e che comunque avrebbero avuto tempo e una scusa per restare insieme la mattina dopo. Era come se nutrisse il dubbio che una volta esaurita l'energia che attraversava le loro vene durante quel momento, il loro amore sarebbe caduto in disgrazia una volta per tutte. Di fatto soffocò la voglia sotto uno strato di sentimenti inesprimibili, molto simili allo stato alcolico che la faceva sbadigliare e si addormentò trattenendo il capo di Cristina contro la pelle del collo.



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