Questa sera mi chiamo Giulia - 10

Scritto da , il 2019-09-28, genere etero

FINZIONI

Quella che ci rimane peggio è Serena. Perché, visto che Trilli è già da un pezzo che se ne è andata, quando le dico che sarà Davide a riportarmi a casa capisce che le toccherà farsi il viaggio di ritorno con Lapo e Bambi. Peggio di così, in effetti non poteva capitarle. E’ talmente dispiaciuta che le offro persino di tornare con noi, senza nemmeno averlo chiesto a Davide. Tanto lo so che lui farebbe qualsiasi cosa gli chiedessi. Ma lei mi dice di no, fa un sorrisino ironico e mi dice “vai, vai con il tuo riccetto”.

Sono sollevata, non tanto per il suo rifiuto, quanto per il fatto che non si sia accorta di nulla. Eppure con lei stasera avrei potuto combinare un bel casino.

Prima per il pompino, fatto solo per una stupida ripicca, a quel Roberto-camicia-da-frocio. Che vabbè, visto quanto è successo in seguito tra lei e lui, e considerato il ruolo che ho avuto, ci sarebbe potuta anche passare sopra. Ma, soprattutto, per essermi fatta scopare da Lapo. Quello sì che l’avrebbe fatta impazzire, temo.

Invece, non si era accorta di niente, nonostante con Lapo ci fossimo imboscati molto più tempo di quanto avessi messo in conto.

Ma era stato per molti versi inevitabile. Nel bagno di quella camera nella quale ci eravamo rifugiati ero rimasta un po’ sotto shock. Non ero lucida, d’accordo. Ero ubriaca, fumata, d’accordo. Ero estenuata dagli orgasmi perché lui mi aveva fatto la festa due volte, senza peraltro mai togliersi da dentro di me, dandomi esattamente la ripassata di cui avevo bisogno in quel momento. Ma non era per questo che ero sotto shock. Erano state le sue parole a stendermi.

Mi ero seduta quasi meccanicamente sul bidet perché, beh sì, mi aveva farcita come un bignè alla crema e il suo seme iniziava a colare dappertutto. Nonostante l’acqua gelida (evidentemente in quella parte dell’agriturismo gli scaldabagni non erano stati attivati), il bisogno di lavarmi era quasi istintivo. Ero talmente sotto botta che non mi ero nemmeno resa conto che stavo facendo una cosa che non avevo mai fatto prima di fronte a nessuno. So che vi sembrerà incredibile, ma ho molto pudore di quei momenti, ho sempre avuto il terrore che qualcuno mi potesse sorprendere. E invece mi stavo lavando proprio di fronte a lui, con la testa che mi girava. E avevo persino automaticamente aperto la bocca quando mi aveva offerto ancora una volta il suo cazzo per farselo ripulire meglio, o solo per il gusto di farselo succhiare un altro po’, non saprei. Lo avevo fatto quasi per istinto. Ero, appunto, un automa.

Mentre ritornavamo giù verso il salone principale ho avuto però la forza di scuotermi e domandargli che significato avrei dovuto dare alle sue parole.

Voglio dire, cercate di seguirmi: al piano di sotto c’è Davide che, ne sono certa, se non sta ancora dormendo sta cercando il coraggio di dirmi che si è innamorato di me. Non so se saranno proprio queste le parole che mi dirà, ma il senso è quello. E invece Lapo mi ha appena detto che vorrebbe sentirmi strillare che lo amo mentre mi scopa. Significa che prova qualcosa per me? O che altro? Ragazzi, io non ci sono abituata. Che cazzo avete tutti stasera? Sì, lo so che capita. Anche a me è capitato un sacco di volte. Non è mica raro che qualcuno ti dica “mettiamoci insieme, mi piaci, mi sono innamorato di te” dopo che gli hai fatto un pompino nel bagno del bar davanti scuola o in qualche parco. Ma insomma, dai, erano situazioni diverse, ho sempre saputo come destreggiarmi.

– Senti Lapo, ma che cazzo significa quello che mi hai detto? – gli ho chiesto fermandomi un secondo in cima alle scale.

– Esattamente quello che ti ho detto – mi ha risposto senza fare il finto tonto, per fortuna – vorrei che quando scopiamo mi dicessi che mi ami.

– Ma tu…?

– Io amo Kirsten, o Bambi come la chiamate, poi… boh, poi non lo so…

– Ma cazzo… Bambi ti adora, Serena si squaglia… cazzo c’hai, la sindrome dell’harem? – gli ho fatto quasi incazzata.

– Chiamala come ti pare – ha detto sorridendo – non lo so perché, ma è così.

Io, io che vi devo dire? Lo guardavo, e anche il quel momento non riuscivo a smettere di pensare quanto fosse figo. Ma ero disorientata. Io ho una mente razionale, semplice, forse pure troppo. Per me scopare è scopare, essere innamorati è essere innamorati. Cioè, non lo so nemmeno io, la cosa più vicina all’innamoramento che ho avuto è stata Tommy. E non ne sarei nemmeno troppo sicura. Le cose quando non sono chiare tendono a destabilizzarmi. Ed è stato così che, confusa e destabilizzata, ho fatto una cosa che non aveva e non ha nessuna logica: mi sono avventata su di lui e l’ho baciato. Ci siamo stretti, avvinghiati, ho sentito il suo pacco crescere sulla mia pancia e le sue mani desiderarmi ancora. “Ti griderò ‘ti amo’ tutte le volte che mi farai godere come stasera, macho man”, gli ho detto ancora affannata quando il bacio è finito. E ho anche aggiunto “vai avanti, non mi va che ci vedano tornare insieme… Metti che Bambi si è svegliata”. Sono rimasta da sola riconoscendo a me stessa che dicevo Bambi, ma in realtà pensavo a Serena. E soprattutto pensavo a me stessa, alle parole che avevo appena pronunciato. Ho cercato di rifletterci, ma non ho concluso un cazzo.

Sono tornata giù dopo un po’. Bambi dormiva ancora, Davide invece si era svegliato ma era rimasto sul divano dove l’avevo lasciato, quasi nella stessa posizione. Di Serena invece nessuna traccia. Anche lei era via da parecchio e chissà, magari la fidanzata di camicia-da-frocio si era rimesso a cercarlo. Stai a vedere se non succede un casino, mi sono detta.

“Al bagno”, ho risposto a Davide quando mi ha chiesto dove fossi andata. E ho anche deciso di fargli venire un po’ di sensi di colpa, tanto per placare i miei.

– E’ stata anche una fortuna che ci sia andata – gli ho detto indicando la camicetta – visto come mi avevi conciata.

Ha capito al volo a cosa mi riferissi. Alla sua mano intrufolata sotto, a tenermi una tetta, alla camicia quasi completamente sbottonata. Lì, di fronte a tutti.

– Scusa – mi ha chiesto arrossendo – non mi ero reso conto, sul momento.

Gli ho sorriso e mi sono chinata per baciarlo. Gli ho sussurrato “però era carino, sai?”. E’ stato in quel momento che mi ha proposto di riaccompagnarmi a casa. Gli ho detto sì.

Mentre gli dicevo di sì, tuttavia, ho ripensato a una cosa che non ha fatto altro che aumentare la mia confusione. Una cosa successa pochi minuti prima, con Lapo, mentre eravamo in quel bagno a scopare. Prima che perdessi del tutto la mia lucidità sotto le sue botte.

Mi aveva chiamato Annalisa, gli avevo ricordato ridendo che stasera mi chiamo Giulia. Lui mi aveva risposto, quasi per ridere, “ma piantala con questa cazzata”. Sulle prime non ci avevo proprio fatto caso, immagino che capirete che ero concentrata su altro. Ma adesso sì. Mentre mi rialzavo dal bacio a Davide e mi dirigevo verso i puff dove erano sistemati Lapo e Bambi ci ho pensato. E anche mentre ho visto arrivare Serena ci pensavo. Ero proprio in mezzo al salone.

Le sono andata incontro, ammiccandole un “beh com’è andata?” senza parole. Lei invece ha parlato. “Un vero stronzo, ma mi sa che era quello che mi ci voleva”. Non le ho chiesto i dettagli, sapevo che me li avrebbe raccontati in un altro momento. L’ho solo presa per la mano e l’ho stretta forte, poi l’ho portata da Lapo e Bambi. Lei si era appena risvegliata e si godeva le carezze del suo amore, con gli occhi ancora intorpiditi dal sonno.

Ho detto che stavo per andare via con Davide, di non preoccuparsi. Mi sono beccata gli sguardi e i sorrisini ironici di Lapo e Serena. Due ironie che più diverse di così non avrebbero potuto essere. Bambi si è alzata per salutarmi. Con uno sforzo per lei immane in quel momento, credo. Mi ha stretta forte forte e io mi sono sentita una stronza. Ho pensato “il tuo ragazzo ci ha avute entrambe stasera, e se avesse potuto ci avrebbe prese a tutte e tre, anche Serena”. Ma non riuscivo ad avercela con lui. Né con nessun altro, in definitiva. E oltre che stronza mi sono sentita zoccola, mi sono sentita io, Annalisa. Ho anche avvertito una contrazione giù in basso. Altro che stasera mi chiamo Giulia. Ho salutato Serena e ho visto il suo disappunto. Mi sono presa il suo rifiuto a venire con noi e il suo “vai, vai con il tuo riccetto”. Sono tornata da Davide e gli ho detto “andiamo?”.

Ed eccoci, ora, che camminiamo allacciati verso la sua macchina. In silenzio. Se fosse una situazione normale, forse le parole non sarebbero proprio necessarie. Ma, almeno per me, la situazione è tutto tranne che normale. Per lui io non sono Annalisa, sono Giulia. La ragazza di cui, parole sue, è completamente pazzo. Con cui vorrebbe una storia. Che ha invitato a cena stasera e che vorrebbe portare fuori Roma per qualche giorno. Da soli, come due fidanzati. E sì, ok, Giulia non gli ha ancora detto né sì e né no. Ma intanto gli ha fatto un pompino in macchina dicendogli che aveva voglia di fare una di quelle cose che i fidanzati fanno.

E sì, d’accordo, ancora non lo sa, ma Giulia ha fatto un po’ la troia stasera. Oltre che a lui ha anche fatto un pompino a altri due ragazzi, uno dei quali suo amico. E si è anche fatta scopare da un terzo. Però in fondo non c’è bisogno che lui lo sappia, perché Giulia non è questa. Giulia è una ragazza che vuole essere desiderata e corteggiata, che a volte si sente un po’ sola e che desidera un ragazzo che pensi a lei. Che le telefoni dicendo magari “sai, mi piacerebbe tenerti la mano adesso mentre prepari l’esame di Geometria Uno”. Che la accompagni per negozi e le dica “quanto sei bella con quel vestito addosso”. Un ragazzo che le apra il suo mondo e che la… che la ami? Boh, almeno sentirselo dire, per vedere che effetto fa.

E’ strano, no? A un certo punto della serata ho pensato che Giulia sarebbe stata molto più zoccola di Annalisa, e invece è il contrario. Ero Annalisa mentre con la faccia contro le piastrelle di quel bagno mi facevo stantuffare dal cazzo di Lapo. Questo sì. Sono Giulia invece adesso, mentre salgo in macchina e spero che lui rinnovi l’invito per stasera. E’ la cosa cui tengo di più in questo momento.

Prima di avviare il motore mi bacia di nuovo, con passione. Sento le sue mani premere sul giaccone e vorrei tanto che mi aprisse la zip e ne infilasse una sotto la camicia, anche se probabilmente è gelata. Ma non lo fa.

Non è che abbia voglie particolari, ora come ora. Da quel punto di vista, la sistemata che mi ha dato Lapo poco fa è stata più che sufficiente. L’unica vera voglia che ho è che Davide capisca che Giulia è pronta a dirgli di sì. Va bene, corteggiami, portami a cena, portami in gita, fammi essere la tua fidanzata. Non sono quella puttana di Annalisa, sono una brava ragazza. E se prima ti ho fatto un pompino non è stato perché avevo il desiderio di aggiungere un altro cazzo alla mia collezione, ma perché anche io sono uscita di senno per te.

Mentre viaggiamo nella notte mi racconto un po’. L’università, le amiche, le vacanze. No, proprio vacanze no, sono stata a Londra a studiare l’inglese. Ho fatto solo una settimana in Sardegna con quella mia amica che hai conosciuto, Serena. Sai, lei lavorava in un villaggio turistico e mi ha invitata.

Mi dice che gli è sembrato strano vedere due belle ragazze come noi da sole alla festa. Che è poi un suo modo di domandarmi un’altra volta se abbia qualcuno da qualche parte. Cazzo, ti ho già detto di no, ma sei proprio insicuro, eh? Comunque no, no, niente fidanzati. Ne ho avuto uno, un ex compagno di scuola, ma ci siamo lasciati ad aprile. Lui è andato a studiare a Bologna e… sai com’è.

Non avendo mai avuto un fidanzato vero, come ogni volta che si tocca questo tasto io parlo di Tommy. Per un attimo mi torna in mente anche la sua strana telefonata di mezzanotte, ma allontano subito il pensiero. No, da allora niente. Solo studio e qualche lavoretto. Sì, un paio di traduzioni. Ah beh, no, faccio anche un po’ di sport. Sai, palestra, jogging… “Ma insomma, non è che mi lamento”, gli dico con il tono di voce di chi invece si rammarica eccome e cerca di autoconsolarsi.

– Quindi se vieni a cena con me stasera non dai un dispiacere a nessuno? – si lancia.

– Credo che l’unica che avrebbe una reazione sarebbe mia madre – gli rispondo ridendo – ma nel senso che farebbe i salti di gioia, si sta convincendo di avere una figlia zitella… o anche peggio.

Davide ride, soprattutto per il mio “anche peggio”, e mi domanda ancora se mi va di uscire con lui stasera. Gli rispondo un vezzosissimo “se farai il bravo”. Vuole sapere cosa significa “fare il bravo” e io gli chiarisco che, per esempio, fare il bravo significa portarmi a casa sana e salva anche se sta guidando ubriaco come una zucca.

– Non sono ubriaco per niente! – ribatte ridendo – tu, piuttosto, prima mi sembravi un po’…

Lascia in sospeso la frase, ma immagino che si riferisca al modo indecente in cui, ormai qualche ora fa, la mia bocca si è offerta al suo cazzo. Cioè, non lo so se intende proprio quello, ma in ogni caso mi sembra sia giunto il momento di sottolineare come le sue attenzioni non mi siano dispiaciute per nulla.

– Se ti riferisci a come mi sono lasciata praticamente spogliare e farmi toccare le tette di fronte a tutti, ti informo che mi sono ripresa… Dio, chissà che avranno pensato di me… – dico mettendomi la faccia tra le mani ma in modo ostentato, affinché si capisca che ci sto giocando sopra.

– Mi è sembrato di capire che ti fosse piaciuto – risponde facendosi più audace – se vuoi lo rifaccio!

E’ chiaro che scherza. Non so se per saggiare la mia reazione o per altro. Lo capisco dal tono con cui lo dice. Resto in silenzio per qualche secondo, osservandolo con un sorrisino ironico.

– Magari anche no – gli faccio – ma potresti darmi un altro bacio…

– Ahahahah… sto guidando, ci ammazziamo…

– Non ci corre dietro nessuno…

Mi lancia per un attimo un’occhiata per capire se stia parlando sul serio. Aggiungo un po’ di languore al mio sorrisino, tanto per comunicargli “ehi, qui c’è una bella ragazza che vorrebbe che la strapazzassi un po’, senza esagerare”. Il suo sguardo cambia di colpo.

Su una provinciale di campagna, mentre fuori è ancora buio, trovare un posto dove fermare la macchina è meno facile di quanto si possa pensare. La carreggiata è stretta, le banchine sono dei fossi. Procediamo per un paio di chilometri senza parlare, nella sospensione dell’attesa. Poi però siamo fortunati, perché i fari illuminano uno sterrato che si inerpica dietro un piccolo poggio. Lo percorriamo, non per molto perché a un certo punto ci troviamo davanti un cancello sbarrato. Ma va bene lo stesso, siamo al riparo dalla strada, ormai.

Ferma il motore e si toglie la cintura di sicurezza, slaccia la mia. Resto immobile ad aspettare sorridente il suo assalto. Un assalto che ancora una volta è fatto di lingua in bocca, mani che mi accarezzano i capelli e che si stringono sul giaccone. Ricambio la passione e cerco di far aderire il mio corpo al suo, anche se imbacuccati come siamo non sento praticamente nulla se non il morbido dei nostri piumini. Baci lunghi, affamati, che gli confermano che Giulia ha voglia di essere omaggiata in quel modo.

Ma Giulia è anche pronta per fare un piccolo passo in più. E lui lo capisce dal fatto che non mi oppongo alla sua mano che, finalmente, mi abbassa la zip e va a cercare la pelle nuda sotto la camicia. Lo capisce anche dal fatto che mi irrigidisco per quel contatto così freddo e emetto un sospiro fatto di brividi, ma che non mi sottraggo.

Mentre mi bacia, gioca con la mia tettina e mi piace. Prende il capezzolo indurito tra le dita e mi piace anche di più. Il mio respiro nella sua bocca si fa più affannato.

Certo, un po’ sono eccitata e forse inizio anche a inumidirmi. Ma come vi ho detto prima, non è questo il piacere maggiore. Il piacere maggiore è fargli capire che Giulia è sua.

– Ho sempre desiderato baciare una ragazza senza reggiseno… la mia ex lo portava sempre…

– Non c’è molto da reggere – sospiro.

– Non lo metti mai?

– Si, in genere lo metto…

– E’ una fortuna che stasera non l’hai messo…

– Proprio una fortuna… – sospiro ancora.

E poi, boh, che ne so, è come se queste mie parole per lui fossero un segnale. Apre completamente la zip del mio giaccone e sbottona la camicia. Si tuffa a succhiarmele. Una la succhia e l’altra la tortura con la mano. E lo fa pure bene, devo dire. Lancio degli urletti di piacere forse un po’ eccessivi, ma vi assicuro che non devo nemmeno fingere tanto, all’inizio. Anzi, dopo un po’ non fingo per nulla e miagolo in modo spudorato stringendomi la sua testa sul petto.

Quando risale su per baciarmi lo fisso e non so se l’espressione più stravolta sia la mia o la sua.

– Mi piaci – sussurro – ti prego, dimmi che hai un preservativo…

– Qui? – mi fa spalancando gli occhi.

– Mi piaci, ti supplico… è tanto che non lo faccio…

Avete presente la stronzaggine? E’ quella che mentre lui ha tirato fuori la bustina e ti sta smanacciando le tette per farti impazzire, e mentre tu gli passi una mano sul pacco gonfio, ti porta a dirgli ironica: “Quindi eri venuto alla festa sperando di combinare qualcosa…”. Ecco, quella è la stronzaggine.

E avete presente la troiaggine? E’ quella che quando vi siete andati a mettere sul sedile posteriore, mentre lui apre la bustina e tu gli stai succhiando il cazzo per prepararlo, ti fa dire “te lo posso mettere io?” con lo stesso tono con cui gli domanderesti “me la offri una coca cola?”. Poi prendi il preservativo e glielo infili usando la bocca mentre lui esclama “cazzo!” e quasi quasi si strangola nel suo stupore. Ecco, quella è la troiaggine.

Però Giulia non è una troia. Fa cose da troia, ma è diverso. Le fa per lui, perché lui la fa impazzire. E perché il desiderio di farlo impazzire a sua volta la spinge a fare cose indecorose.

E’ per questo che, dopo essermi affogata con il suo cazzo in gola, alzo la testa verso di lui lasciando che il filo di saliva che ci unisce dondoli un po’ prima di spezzarsi e gli dico: “Mi fai essere come non sono mai stata”. E’ per questo che, dopo essermi abbassata leggings e mutandine, gli salgo sopra miagolando “fai piano, ti prego…”.

Strillo, quando affonda. Anche se affonda piano. Un po’ perché lo faccio sempre, un po’ perché non è piccolo. E un po’ perché risento ancora del metodo-Lapo, che ce l’ha ancora più grosso. Mi chiede “ti ho fatto male?” e io mi mordo il labbro senza rispondergli. Dice “mi dispiace”. Annalisa risponderebbe “a me no”, ma Giulia invece risponde: “E’ bellissimo, Davide”.

E’ proprio così, mi sento divisa in due. Due dentro un unico corpo. Annalisa che si sfila lo scarponcino e si libera una gamba per impalarsi meglio, per muovergli il culo sopra e sentirsi più riempita. Giulia che è come se le dicesse “taci, parlo io”, e che miagola a Davide “non so cosa mi è preso, mi fai sentire così… così…”.

E niente, siamo tornati al punto di partenza. Al primo capitolo del racconto, anzi al prologo. Se fossi buona potrei farvi un copia-e-incolla, ma a conti fatti, dai, non ce n’è bisogno.

“Dai, dai cazzo…”, cominciava così, ricordate? Mi ha fatto godere standogli sopra, una volta. Poi mi ha stesa sul sedile ed è salito su di me, mi ha fatto godere un’altra volta. Ricordate? E alla fine gli ho anche detto “mi fai morire… togliti sto cazzo di preservativo, voglio sentirti tutto… inondami…”. Ricordate?

Ed è finita così, come volevate che finisse? Con le sue ultime spinte forsennate, con i suoi rantoli, con la mia vagina che sembrava quasi glielo volesse succhiare. Con il suo sperma che mi dilagava dentro. E’ finita con me stessa che ritornava Annalisa per qualche istante, giusto il tempo di pensare quanto sono troia, che stasera ho preso quattro cazzi. In vario modo, d’accordo, ma quattro. E meno male che quando ero a casa con Serena non avevo nemmeno voglia.

Però, scusatemi se mi contraddico, vi ho detto che è finita così ma non è del tutto vero. Che epilogo sarebbe se vi dicessi che l’ultimo atto di questa storia è una scopata?

L’ultimo atto in realtà ha come prima battuta una mia domanda. Mentre ce ne stiamo lì, sdraiati l’uno sopra l’altra ancora ansimanti, Con lo sportello spalancato e l’aria che comincia a farsi davvero fredda, anche se noi continuiamo a baciarci e sembra quasi che non ce ne freghi nulla.

– Davvero pensi che io sia una troia?

– Perché? Quando l’ho detto?

– Hai detto “non pensavo che fossi così”…

– Non volevo…

Lo stringo, forte. Anche con le gambe, che gli allaccio dietro la schiena come se volessi invitarlo a sbattermi ancora. Lo stringo e resto in silenzio.

– Davvero, Giulia, non volevo…

– Shhhh – lo tacito sussurrando, come se mi vergognassi – nemmeno quando ti ho fatto un pompino alla festa?

– Ma no, nemmeno!

– Nemmeno quando ti ho chiesto se avevi un preservativo?

– No!

– Nemmeno quando te l’ho infilato in quel modo?

– Oddio, quasi svengo… è stato…

– Me ne ha parlato una mia amica – mento ridacchiando – non so neanche io come mi è venuto in mente… me ne sono sorpresa io stessa. Io… io davvero non lo so, te l’ho detto, non so cosa mi è preso con te, non sono una troia, credimi!

– No, Giulia, ti credo… sei semplicemente fantastica, mi è piaciuto da morire. Tutto.

– Anche a me… – gli dico restando poi in silenzio qualche secondo – però, se vuoi, per te posso esserlo… posso essere quello che vuoi…

Mi piaci tanto.

– Anche tu mi piaci tanto…

– Davvero?

La risposta è un altro bacio lingua in bocca. Lunghissimo e pieno di passione, di dolcezza. Che si interrompe solo perché a un certo punto le mie gambe nude cominciano a perdere sensibilità dal freddo.

E mentre ci rivestiamo penso che è quasi tutto perfetto. A Giulia piace Davide e a Davide piace Giulia. Chissà se anche Annalisa gli piacerebbe allo stesso modo? Chissà se glielo direbbe “sei una troia” mentre la scopa, ad Annalisa. Non lo so, mi sembra di non sapere più nulla, se non che voglio che questa finzione continui, che mi ci trovo bene dentro. E che forse era quello che cercavo.

Prima di ritornare sui sedili davanti, con la scusa del freddo, mi stringo a lui e mi faccio baciare un’altra volta.

– Dove mi porti a cena stasera?

FINE

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