Il socio

di
genere
dominazione

Ringrazio Claudia, mia lettrice, per avermi raccontato e chiesto di trasporre a parole questa sua fantasia.

So che ti piacerà perché la hai già letta e ne sei rimasta colpita, a detta tua.

Se altre o altri lettori avessero piacere, sono disponibile a narrare, per loro, fantasie e pezzi di vita vera. La mail è sempre la stessa: mastermind973@outlook.it

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Sono mesi che le cose non vanno bene. L’azienda di mio marito ha subito un forte contraccolpo economico e dopo aver, con fatica e dolore, licenziato quasi tutti gli operai, si trova a dover fare i conti coi costi sempre più alti e gli incassi sempre più bassi al punto che, veramente, iniziamo a fare fatica ad arrivare a fine mese.
È per questo che ho deciso di rimettermi in gioco e di tornare nel mercato del lavoro dopo circa dieci anni di vita agiata in cui mi sono occupata con soddisfazione della casa e della famiglia, contando sugli introiti di Stefano che ci hanno sicuramente permesso di vivere al di sopra della media, è arrivato il momento di contribuire.
Un’amica mi ha detto che stanno cercando una segretaria in uno studio di commercialisti in centro. Non serve particolare esperienza anche se è il lavoro che facevo da ragazza e se ho sempre aiutato mio marito a gestire la contabilità dell’attivita cosi da non fargli assumere una ragazzina che tenesse i conti, che poi lo so già come sarebbe andata a finire.
La telefonata con lo studio è durata un paio di minuti, una serie di domande sulla mia età, sulla mia esperienza, sulla mia disponibilità in fatto di orari di lavoro e alla fine sono riuscita a strappare questo colloquio.
Mi preparo come se dovessi andare ad un matrimonio, non che voglia risultare appariscente ma il vecchio adagio che racconta che “l’abito fa il monaco” per quanto se ne dica in giro è sempre attuale e vero. Decido per un outfit sobrio, una camicetta rosa antico che chiuso fino al collo, ornata con un filo di raso alto 3 cm di un tono più scuro legata a fiocco, una gonna nera a balze che mi scivola fino a metà coscia, autoreggenti fumo di Londra ed un paio di décolleté con tacco a blocco per stare comoda e al tempo stesso slanciare la mia figura.
A 37 anni posso dire di essere ancora una bella donna, non mi si sono allargati i fianchi con la gravidanza perché ho partorito nostra figlia con un cesareo e devo ammettere che il dottore più che un chirurgo è sembrato un sarto tanto è precisa e poco visibile la cicatrice che ho sull’addome. Poi mi è sempre piaciuto tenermi in forma, dopo che la bambina ha iniziato a frequentare la scuola materna, ho avuto il tempo per tornare a fare sport dilettandomi nello jogging e comprando un paio di attrezzi che teniamo in casa col risultato che è visibile sul mio fisico. Certo, è anche una questione di genetica, lo ammetto ma alla fine ho tutte le curve al posto giusto, una terza abbondante di seno che sta, per grazia ricevuta, ancora su da sola ed un sederino che è ancora bello sodo e spinge leggermente all’insu’ facendo mostra di sé qualunque cosa io indossi.
Gli occhi! Quelli sono il mio pezzo forte. Grandi, dicono magnetici, un nocciola tendente al verde che riesco sempre a mettere in risalto con le giuste tonalità di trucco ed i capelli neri mossi incorniciano un viso da bambolina, nonostante il tempo che passa stia iniziando a lasciare qualche segno sulla pelle. Insomma, qualche amico di mio marito, quelli con cui siamo più in confidenza, si è permesso di dire che sono ancora un gran bel bocconcino ed io lusingata ho ringraziato ma ho sempre fatto capire che non c’è “trippa per gatti”.
Guardo l’orologio. Sono le 8.30. Stefano è già al lavoro, Matilde tra pochi minuti la porterò alla materna. Il colloquio è alle 9.30 in centro, timing perfetto per prendere la metro e non impazzire nel traffico cittadino. Ed eccomi alla stazione della metro, 9 meno dieci, al solito la calca umana di gente che si muove è impressionante! Mi stringo nelle spalle quasi a volermi proteggere da quella moltitudine di volti di ogni colore ed etnia mentre un vociare unanime riempie lo spazio attorno a noi.
Arriva la metro, entro nel vagone e trovo posto, in piedi, davanti ad una donna di colore che alza il viso e mi guarda curiosa senza dire una parola mentre un fiume di persone si cerca di sistemare alla bene e meglio attorno a me. Partiamo!
La metro ondeggia nel suo viaggio, alla fermata successiva una nuova ondata di gente riempie il vagone, mi schiaccio contro il palo di sostegno avvolgendolo con entrambe le braccia, il freddo del metallo che si incastona tra i miei seni lo avverto anche attraverso la stoffa della camicetta e mi procura un leggero brivido e quando ripartiamo sobbalzo. La sensazione di qualche cosa che si appoggia furtivamente al mio posteriore è forte, avverto il calore di un corpo estraneo contro il mio, provo a spostarmi di qualche cm invano perché le persone al mio fianco sono troppe e non mi lasciano spazio.
Un braccio fasciato in un cappotto cammello sovrasta la mia spalla e si tende ad afferrare il palo di metallo davanti a me, una mano grossa se pur curata, non ha i segni della fatica sulla pelle ma un patek Philippe al polso ed io mi chiedo come sia possibile che un uomo che si può permettere un orologio da almeno cinque zeri si muove in metropolitana.
“mi scusi” la sua voce alle mie spalle è calda e rassicurante e per assurdo riesce a darmi un senso di sicurezza nonostante io senta ancora il suo bacino contro le mie terga.
Il viaggio prosegue. Mi sento come un animale in trappola. Avverto il suo corpo che sospinto dai movimenti del vagone sfiora ripetutamente il mio posteriore, sento chiaramente il suo membro che ha preso vigore, incastonato nella stoffa che preme sul mio sedere, vorrei urlare ma non ne ho la forza, vorrei sottrarmi a quel contatto furtivo ma non ne ho la volontà. Sento malgrado tutto un leggero calore pervadere il mio corpo, avverto il mio viso infiammarsi di una strana voglia, la mia mente iniziare a cavalcare territori inesplorati e mi ritrovo a domandarmi cosa farei se lui esagerasse, un fremito mi pervade cogliendomi impreparata ed avverto il mio sesso rispondere ad ancestrali comandi che sono lontani anni luce dalla mia volontà, il mio intimo si bagna di un recondito e sconosciuto desiderio, il mio sesso si apre come un fiore caldo rimandando alla mia mente immagini surreali e sconvolgenti.
La sua mano destra! La sento. Scivola leggera e non curante della nostra estraneità e delle persone che ci circondano, lungo la mia gamba, sale lenta a disegnare ipotetici quadri astratti sulla mia carne coperta solo dalla stoffa delle autoreggenti, procurandomi piccoli brividi che alimentano questo cieco desiderio che non riesco a controllare mentre il suo membro, oramai duro come il marmo, preme contro i miei glutei cercando di farsi strada attraverso i nostri vestiti. Socchiudo gli occhi e mi mordo leggermente il labbro assaporando quel momento tanto folle quanto eccitante, da una parte vorrei sottrarmi, dall’altra vorrei non finisse mai.
Il calore che mi pervade mi scioglie la mente impedendomi di pensare con lucidità. Sono vittima di pulsioni che nemmeno ero consapevole di avere di desideri che mai avrei pensato di poter provare. Mi ritrovo aggrappata con entrambe le mani al palo metallico e mi rendo conto che sto spingendo il mio bacino contro il suo corpo per saggiare a pieno di quella pressione che mi sta portando alla follia.
La metro rallenta, pronta a giungere alla nuova fermata. La sua voce alle mie spalle mi scuote nel profondo dell’anima.
“seguimi!”
Quel tono caldo. Una parola che non porta con sé alcuna titubanza, un dictat pronunciato col tono di chi sa ciò che vuole e sa come ottenerlo, si stacca da me e si muove rapido verso le porte si uscita, il suo braccio proteso all’indietro è un comando, un invito, una silenziosa quanto efficace imposizione.
In modo automatico afferro la sua mano, la sento calda e forte. La testa mi esplode, il respiro è irregolare, il cuore mi esplode in petto facendo danzare il mio seno ad un ritmo tribale, lo guardo da dietro, il suo fisico è robusto, immenso, fasciato nel suo cappotto cammello, sicuro e dominante solo per postura. Silenziosa mi lascio trascinare.
Siamo fuori dalla metro. La luce del giorno mi colpisce sul viso come uno schiaffo facendomi socchiudere gli occhi al punto che la sua figura rimane irregolare, la sua mano stringe la mia anche se lui è un passo avanti a me, agli occhi altrui potremmo apparire come una coppia “bene” che si muove di fretta perché in ritardo a chissà quale appuntamento, invece questo sconosciuto mi sta trascinando nemmeno io so dove ed io non riesco a sottrarmi.
D’un tratto si infila nell’androne di un antico palazzo, di quelli le cui pareti si lati dell’ingresso hanno più targhe che marmo, non ho il tempo di comprendere dove siamo che mi trovo nella penombra, la schiena premuta contro il muro freddo in quell’ angolo buio e privo di luce che reputo essere l’ingresso delle cantine. Tremo, per la prima volta un moto di paura mi pervade, apro la bocca per emettere un grido liberatorio, con la speranza che qualcuno mi possa udire e salvare ma la sua mano si poggia sulla mia bocca infilandomi il silenzio.
Il suo viso vicino al mio, posso scorgere i suoi occhi azzurri come il ghiaccio, il suo sguardo è imperturbabile, il suo sorriso beffardo racconta la sua sicurezza, il suo viso è curato e perfetto, l’aroma del profumo che emana la sua pelle mi entra nelle narici e pervade i miei sensi, lo riconosco suvito, “Red Tobacco”! e mi trovo a maledire me stessa perché sono consapevole e conscia dell’effetto che ha quella fragranza su di me, mi inebria i sensi.
Mi scruta, sorride. Scosta la mano dalle mie labbra lasciandomi per un istante a bocca aperta, i miei occhi sono fissi nei suoi, il mio corpo è un misto di sensazioni contrastanti, paura e desiderio nello stesso istante che mi impediscono di sottrarmi a quella situazione paradossale. Il mio sguardo scende, seguendo le sue braccia, vedo le sue mani grandi e forti che si muovono sui suoi calzoni, lo vedo liberare il suo desiderio gonfio e pulsante davanti a me, una spada di carne che punta fiera verso il mio ventre come se fosse pronta ad infliggermi un colpo mortale.
È in silenzio. Non ha bisogno di parlare. È fin troppo sicuro, fin troppo consapevole, domina alla perfezione la situazione e la sottoscritta; la sua mano sinistra sale rapida come un fulmine, avverto le sue dita intrecciarsi nei miei capelli, sento la forza che impone nell’impartire quel silenzioso comando, il mio corpo si piega vinto da quel gesto deciso, scivolo verso il basso piegando le gambe, la gonna si solleva fino all’elastico delle autoreggenti mentre la mia schiena rimane adesa al muro del palazzo ed il mio viso, oramai, è alla stessa altezza del suo pulsante e duro desiderio.
La sua mano spinge sulla mia nuca costringendo il mio viso a lambire il suo sesso, è caldo, duro, gonfio. Non ha bisogno di parlare per narrare la sua volontà e di contro io oramai ho perso ogni barlume di lucidità in preda all’eccitante follia di questo momento, alzo lo sguardo alla ricerca dei suoi occhi mentre apro la bocca lasciando che lui penetri nelle mie fauci.
Lui detta il ritmo. Lui muove il mio capo a suo completo piacimento sulla sua asta nodosa, dovrei fuggire, sottrarmi a questa violenza ma il mio corpo mi narra si una eccitazione che non conoscevo, i capezzoli turgidi sfregano sulla stoffa del mio intimo mandandomi scariche di elettricità che arrivano al mio cervello pervadendo il mio corpo per poi tuffarsi, attraverso i miei centri nervosi, fino al mio sesso, gonfio si voglia, aperto come un fiore in primavera, avverto chiaramente il gocciolare del mio nettare caldo che si spegne nelle mie mutandine bagnandole oltre misura mentre lui, senza alcuna remora ne alcun ritegno, spinge a suo gusto e piacimento il suo fallo poderoso nella mia gola.
Ansima di piacere mentre affonda incessante il suo duro desiderio nelle mie fauci, lo accolgo come riesco sentendo il fiato mancare ad ogni suo affondo e un fremito che mi percorre ogni volta che la mia gola viene occlusa dalla sommità rossa e gonfia del suo scettro aumentando il lago caldo che giace placido tra le mie cosce fino a quando mi forza a sottrarmi, liberando le mie fauci da quella ingombrante presenza, permettendomi di respirare a fondo e nutrire di nuovo i miei polmoni di aria.
Mi solleva. Come una bambola di pezza mi sento in balia di quella forza e di quella decisione, mi volto al suo silenzioso domando trovandomi con i palmi sulla fredda parete, il suo braccio cinge la mia vita e mi costringe a piegarmi all’indietro facendo assumere al mio corpo una angolatura di trenta gradi che sono un invito. Le sue mani rapide e decise sollevano la mia gonna sui fianchi, sento le sue dita scostare il mio intimo e trovare il mio fiore caldo, pulsante, pronto, lo sfiora regalandomi un fremito che si traduce in un lamento di piacere mentre la sua voce mi giunge all’orecchio devastando i miei sensi.
“lo sapevo!” le sue parole sono una dichiarazione si guerra, il mio respiro è irregolare, affannato. Fremo nell’attesa dell’inevitabile e quando avverto la somma del suo membro poggiare sul mio fiore altro non posso fare che mugolare la mia totale ed incondizionata resa.
Le sue mani sui miei fianchi mi stringono e quando sento la sua spada di carne aprire il mio corpo per farsi spazio nella mia intimità gemo emettendo un lungo lamento che riempie l’androne del palazzo.
Ed eccomi li, piegata con le mani contro una parete mentre uno sconosciuto ha profanato il mio corpo, sento la sua asta scivolare dentro di me, lo sento colpire deciso, senza sosta, la parte più intima e profonda del mio corpo, mi riempie, mi dilata, mi devasta. Il cuore galoppa come un cavallo impazzito, il corpo trema ad ogni affondo, la voce narra del piacere che mi inebria i sensi, colo miele caldo lungo le cosce ad ogni colpo, il cervello si spegne, vado in tilt tremando come una foglia al vento quando un orgasmo fortissimo mi devasta corpo e anima, e lui mi sostiene per impedirmi di accasciarmi al suolo proseguendo nella sua conquista.
Rantola gemendo assieme a me, si muove alternando colpi profondi a movimenti più rapidi ed io gemo e mi contorco continuando a fremere, ancora e ancora, sembra non finire mai. Altri due orgasmi in rapida successione mi scuotono fin nelle viscere, non ho più fiato, non ho più voce, non ho più la forza di pensare, sono fuoco che arde alimentata da una fiamma antica che non sapevo di avere fino a quando lo avverto, il suo sesso si gonfia dilatando a dismisura il mio, rantola come un lupo che ulula alla luna, le sue dita forti stringono la mia carne quasi a farmi male mentre un’onda di caldo seme mi riempie le viscere lasciandomi inerme.
Abbandona il mio corpo, ansimo e tremo ancora poggiata alla parete, avverto il fresco dell’aria mattutina contrastare col bruciore caldo del mio sesso mentre il mio e il suo piacere lenti colano nell’interno delle mie cosce marchiando a fuoco la mia natura che fino a ieri era silente, lo vedo allontanarsi da me senza avermi detto una parola, esce dal portone lasciandomi li ansimante e vinta, mi accascio a terra per l’assenza si energie cercando di ritrovare il respiro e quando mi rendo conto di avere le forze di muovermi mi sollevo e lentamente, con passo incerto, varco la soglia del portone.
La luce, nuovamente, mi coglie impreparata. Guardo l’ora, sono quasi le dieci del mattino, mi maledico per aver mancato il colloquio di lavoro, un velo di tristezza si dipinge sul mio viso mentre rassegnata riprendo la metro per tornare a casa e quando varco la soglia mi lancio sotto la doccia come a voler lavare via quanto accaduto.
L’acqua scivola leggera su di me. I miei grandi occhi vengono solcati dalle lacrime mentre ripenso a ciò che successo poche ore prima, l’immagine delle sue mani, dei suoi occhi azzurri come il ghiaccio, della sua voce sicura e dominante, del suo scettro di carne pulsante si susseguono nella mia mentre e quasi senza rendermene conto la mia mano scivola tra le mie cosce. Mi accarezzo con voluttuosa calma mentre il mio animo è di nuovo spaccato in questo dualismo emotivo che mischia eccitazione a senso di colpa, tremo, mi poggio alla parete della doccia, vengo….ancora….
Esco dalla doccia. Un messaggio di Stefano mi avvisa che vuole che passi in azienda perché ha una sorpresa che potrebbe risolvere i nostri problemi, gli domando quando e lui mi dice che è bene che vada subito.
Stanca, sconvolta, triste mi preparo. Salgo in auto e raggiungo la sede della nostra azienda, un capannone oramai silenzioso dove una volta vi era vita e lavoro e dove ora solo mio marito e pochi collaboratori cercando di mantenere in piedi quella gloria che fu.
Busso alla porta e mio marito mi apre. Mi saluta sorridente, mi abbraccia, è felice come un bambino mentre io provo un senso di colpa immenso, lo ascolto mentre saliamo le scale che portano al suo ufficio, mi racconta che quell’investitore di cui mi aveva accennato mesi addietro ha finalmente accettato di entrare in società, che non avremo più problemi, che vuole farmelo conoscere subito.
Apre la porta del suo ufficio e vedo un uomo alto e robusto, fasciato in un cappotto cammello che osserva la foto di famiglia poggiata sulla scrivania di mio marito, il sangue mi si gela nelle vene, il cuore smette di fare il suo lavoro, la testa esplode in un mare di pensieri, immagini, domande mentre mio marito, rivolgendosi lii dice
“Marco, questa è Claudia. Mia moglie”
Si volta. I suoi occhi color del ghiaccio mi scrutano, sorride mentre si avvicina e porgendomi la mano si presenta, il sole riflesso nel vetro del suo Patek Philippe mi annebbiano la vista.
“Claudia. Sarà un gran piacere collaborare con voi” la sua voce calda e sicura mi scivola nel cervello, abbasso gli occhi a terra mentre un fremito mi pervade il corpo e avverto il mio sesso schiudersi lasciando che il mio miele caldo si posi, di nuovo, nel mio intimo mentre con un filo di voce gli rispondo
“Il piacere sarà reciproco Marco”
scritto il
2025-10-30
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