Io, Eva (parte 3)
di
Van88
genere
etero
Ero tornata in quel club, non per il beat, ma per lui. Dopo la folle liberazione con il pompiere, sapevo che Serkan era la chiave per sbloccare l'ultima porta.
Ero in pista, i miei occhi scansionavano la folla, quando i nostri sguardi si incrociarono di nuovo. Stava aspettando. Sorrise, e in quel sorriso c'era una conoscenza spaventosa di ogni mio desiderio.
"Andiamo," ordinò, senza nemmeno toccarmi.
Lo seguii fuori dal frastuono, nella notte fredda di Berlino, fino al suo appartamento. Era essenziale, minimalista, proprio come lui.
Appena la porta fu chiusa, mi prese il viso tra le mani, i suoi occhi scuri mi trapanarono.
"Dimmi cosa vuoi, bambina. Non giocare."
Non esitai. "Voglio essere tua. Fai di me il tuo giocattolo sessuale, Serkan. Ti prego, promettimi che non ti fermerai. Non importa cosa ti dico, anche se ti imploro di fermarti, devi andare avanti. Non mi lasciare. Non darmi tregua."
Lui annuì, la sua mascella tesa per l'eccitazione. "Accetto. Ma stabiliremo una safe word. Solo una parola, Eva. Se la dici, io mi fermo. Capito?"
"Capito," risposi. Sapevo che non l'avrei mai usata.
"La parola è: Berlino."
Serkan non mi lasciò neanche il tempo di togliermi i vestiti. Li strappò, letteralmente.
Mi sollevò e mi sbatté contro il muro più vicino. "Guardami. Guarda quanto sei bagnata solo perché sei qui, Eva. Sei solo un buco da riempire". Mi penetrò con una forza tale da farmi urlare. Ero ancora in piedi, le mie gambe che cedevano, sollevai il bacino per avvolgerle intorno a lui. Mi sorreggeva mentre mi penetrava: era brutale, ma era anche esattamente quello che avevo chiesto. Lo pregai di non uscire e mi venne dentro, come piaceva a me.
Poi mi portò a terra, in una posizione scomoda, quasi dolorosa, che non avevo mai provato. "Questo non è per il tuo piacere, puttana. Questo è per il mio. Devi sentire ogni centimetro, devi sentirti aperta e usata." La sua voce era un comando, il suo corpo una macchina. Mi muoveva come una bambola, usandomi fino a quando non sentii le pareti interne urlare e cedetti in un orgasmo che scoppiò proprio quando venne di nuovo.
Mi portò sul letto, il viso affondato nel cuscino. Ero stanca, i muscoli tremavano. "Ti prego, un attimo," gemetti, la mia voce un filo. Lui si fermò. Per un secondo pensai che avesse ceduto.
Poi mi prese i fianchi e mi sollevò con cattiveria. "Hai chiesto di non fermarmi e ti accontenterò". La sua furia aumentò, la penetrazione divenne punitiva, e l'eccitazione che ne derivò fu mostruosa. Era la negazione del mio tentativo di controllo, e il piacere era indescrivibile. Urlavo, persa in un turbine di piacere.
Si fermò quanto bastò per riprendere fiato.
La quarta volta fu sottomissione fisica e caos erotico. In ginocchio, piegata, a cavalcioni, ogni posizione permessa. Non c'era più Eva, c'era solo la sensazione di essere piena, usata, svuotata.
Ero stremata, ma ancora affamata. Questa volta mi mise supina, di modo che potessi accoglierlo di nuovo nonostante fossi priva di energie. "Sì, questo è il tuo scopo. Guarda come ti ho ridotta, Eva. Sei solo un cumulo di carne bagnata che aspetta il prossimo colpo," mi sussurrò all'orecchio mentre mi riempiva di nuovo, per l'ultima volta quella notte.
Quando finalmente si staccò dopo la quinta volta, i miei muscoli erano così tesi che quasi non riuscivo a muovermi. Ero stremata, ma in pace.
Serkan era accanto a me, il suo respiro pesante. Prima che il sonno mi inghiottisse, strisciai la mano sul suo petto e gli affermai il braccio.
"Promettimi" sussurrai, la mia voce quasi inesistente. "Promettimi che domani mattina, mi sveglierai scopandomi."
Sentii un piccolo sorriso sulle sue labbra. "Dormi ora, piccola. Domani farai quello che ti dico."
Caddi in un sonno profondo, la testa annebbiata dalla stanchezza e dal sesso.
Il mattino arrivò non con la luce, ma con una pressione inaspettata. Ero in un dormiveglia eccitato, non capivo cosa stesse succedendo. Sentivo solo il suo calore dietro di me, una forza nota e confortante.
Era lì, aveva mantenuto la promessa. Mi stava penetrando lentamente, con una dolcezza quasi inaspettata per lui. Il mio corpo rispondeva per conto suo, contorcendosi leggermente.
"Vedi come il tuo corpo mi vuole, Eva? Dormi, prenditi questo piacere mentre dormi. Non devi fare nulla. Solo sentire me, dentro di te."
La sua voce era un basso ronzio nel mio orecchio. La sensazione divenne intensa, e poi, senza sforzo, senza pensiero, l'orgasmo mi scosse. Era un risveglio glorioso, un'esplosione che mi riportò alla coscienza. Mi svegliai completamente, il mio corpo ancora in preda a spasmi di gratitudine.
"Sei una puttana perfetta, Eva," mi disse fissandomi negli occhi e poi si ritasse.
Mi sollevai, sorridendogli. Mi sentivo ricaricata, piena di un'energia folle. Mi ero concessa totalmente.
"Grazie," dissi, sincera. Poi, mi accigliai. "Ma non mi piacciono i numeri pari, Serkan. E non mi piace andarmene dopo una cosa così... tranquilla."
I suoi occhi si spalancarono di nuovo con quella fame predatoria che amavo. "Sei insaziabile. Va bene. Sette è il numero fortunato."
Mi afferrò, mi rovesciò sul bordo del letto. "Questo è l'ultimo, Eva, non avrai tempo per respirare. Mi pregherai di non smettere"
L'ultima volta fu un turbine di violenza gioiosa. Mi penetrò con una velocità tale che sentii il suo corpo vibrare contro il mio. Non ebbi tempo per i pensieri, solo per le sensazioni estreme. Mi tenni al lenzuolo, i miei gemiti strozzati, ansimavo così tanto che non riuscivo a prendere aria. "Nessuna pietà, Eva. Non te lo concedo"
Eslose di nuovo dentro di me, abbondante e caldo. Quando si staccò, lasciandomi con l'ultimo, più profondo dei gemiti, non riuscivo a muovere un muscolo. I miei occhi erano socchiusi.
Lui si vestì in silenzio, elegante, freddo. "Ora puoi andare. E ricorda cosa significa godere"
Ero un relitto sul letto, priva di energie, ma felice come non lo ero mai stata.
Ero in pista, i miei occhi scansionavano la folla, quando i nostri sguardi si incrociarono di nuovo. Stava aspettando. Sorrise, e in quel sorriso c'era una conoscenza spaventosa di ogni mio desiderio.
"Andiamo," ordinò, senza nemmeno toccarmi.
Lo seguii fuori dal frastuono, nella notte fredda di Berlino, fino al suo appartamento. Era essenziale, minimalista, proprio come lui.
Appena la porta fu chiusa, mi prese il viso tra le mani, i suoi occhi scuri mi trapanarono.
"Dimmi cosa vuoi, bambina. Non giocare."
Non esitai. "Voglio essere tua. Fai di me il tuo giocattolo sessuale, Serkan. Ti prego, promettimi che non ti fermerai. Non importa cosa ti dico, anche se ti imploro di fermarti, devi andare avanti. Non mi lasciare. Non darmi tregua."
Lui annuì, la sua mascella tesa per l'eccitazione. "Accetto. Ma stabiliremo una safe word. Solo una parola, Eva. Se la dici, io mi fermo. Capito?"
"Capito," risposi. Sapevo che non l'avrei mai usata.
"La parola è: Berlino."
Serkan non mi lasciò neanche il tempo di togliermi i vestiti. Li strappò, letteralmente.
Mi sollevò e mi sbatté contro il muro più vicino. "Guardami. Guarda quanto sei bagnata solo perché sei qui, Eva. Sei solo un buco da riempire". Mi penetrò con una forza tale da farmi urlare. Ero ancora in piedi, le mie gambe che cedevano, sollevai il bacino per avvolgerle intorno a lui. Mi sorreggeva mentre mi penetrava: era brutale, ma era anche esattamente quello che avevo chiesto. Lo pregai di non uscire e mi venne dentro, come piaceva a me.
Poi mi portò a terra, in una posizione scomoda, quasi dolorosa, che non avevo mai provato. "Questo non è per il tuo piacere, puttana. Questo è per il mio. Devi sentire ogni centimetro, devi sentirti aperta e usata." La sua voce era un comando, il suo corpo una macchina. Mi muoveva come una bambola, usandomi fino a quando non sentii le pareti interne urlare e cedetti in un orgasmo che scoppiò proprio quando venne di nuovo.
Mi portò sul letto, il viso affondato nel cuscino. Ero stanca, i muscoli tremavano. "Ti prego, un attimo," gemetti, la mia voce un filo. Lui si fermò. Per un secondo pensai che avesse ceduto.
Poi mi prese i fianchi e mi sollevò con cattiveria. "Hai chiesto di non fermarmi e ti accontenterò". La sua furia aumentò, la penetrazione divenne punitiva, e l'eccitazione che ne derivò fu mostruosa. Era la negazione del mio tentativo di controllo, e il piacere era indescrivibile. Urlavo, persa in un turbine di piacere.
Si fermò quanto bastò per riprendere fiato.
La quarta volta fu sottomissione fisica e caos erotico. In ginocchio, piegata, a cavalcioni, ogni posizione permessa. Non c'era più Eva, c'era solo la sensazione di essere piena, usata, svuotata.
Ero stremata, ma ancora affamata. Questa volta mi mise supina, di modo che potessi accoglierlo di nuovo nonostante fossi priva di energie. "Sì, questo è il tuo scopo. Guarda come ti ho ridotta, Eva. Sei solo un cumulo di carne bagnata che aspetta il prossimo colpo," mi sussurrò all'orecchio mentre mi riempiva di nuovo, per l'ultima volta quella notte.
Quando finalmente si staccò dopo la quinta volta, i miei muscoli erano così tesi che quasi non riuscivo a muovermi. Ero stremata, ma in pace.
Serkan era accanto a me, il suo respiro pesante. Prima che il sonno mi inghiottisse, strisciai la mano sul suo petto e gli affermai il braccio.
"Promettimi" sussurrai, la mia voce quasi inesistente. "Promettimi che domani mattina, mi sveglierai scopandomi."
Sentii un piccolo sorriso sulle sue labbra. "Dormi ora, piccola. Domani farai quello che ti dico."
Caddi in un sonno profondo, la testa annebbiata dalla stanchezza e dal sesso.
Il mattino arrivò non con la luce, ma con una pressione inaspettata. Ero in un dormiveglia eccitato, non capivo cosa stesse succedendo. Sentivo solo il suo calore dietro di me, una forza nota e confortante.
Era lì, aveva mantenuto la promessa. Mi stava penetrando lentamente, con una dolcezza quasi inaspettata per lui. Il mio corpo rispondeva per conto suo, contorcendosi leggermente.
"Vedi come il tuo corpo mi vuole, Eva? Dormi, prenditi questo piacere mentre dormi. Non devi fare nulla. Solo sentire me, dentro di te."
La sua voce era un basso ronzio nel mio orecchio. La sensazione divenne intensa, e poi, senza sforzo, senza pensiero, l'orgasmo mi scosse. Era un risveglio glorioso, un'esplosione che mi riportò alla coscienza. Mi svegliai completamente, il mio corpo ancora in preda a spasmi di gratitudine.
"Sei una puttana perfetta, Eva," mi disse fissandomi negli occhi e poi si ritasse.
Mi sollevai, sorridendogli. Mi sentivo ricaricata, piena di un'energia folle. Mi ero concessa totalmente.
"Grazie," dissi, sincera. Poi, mi accigliai. "Ma non mi piacciono i numeri pari, Serkan. E non mi piace andarmene dopo una cosa così... tranquilla."
I suoi occhi si spalancarono di nuovo con quella fame predatoria che amavo. "Sei insaziabile. Va bene. Sette è il numero fortunato."
Mi afferrò, mi rovesciò sul bordo del letto. "Questo è l'ultimo, Eva, non avrai tempo per respirare. Mi pregherai di non smettere"
L'ultima volta fu un turbine di violenza gioiosa. Mi penetrò con una velocità tale che sentii il suo corpo vibrare contro il mio. Non ebbi tempo per i pensieri, solo per le sensazioni estreme. Mi tenni al lenzuolo, i miei gemiti strozzati, ansimavo così tanto che non riuscivo a prendere aria. "Nessuna pietà, Eva. Non te lo concedo"
Eslose di nuovo dentro di me, abbondante e caldo. Quando si staccò, lasciandomi con l'ultimo, più profondo dei gemiti, non riuscivo a muovere un muscolo. I miei occhi erano socchiusi.
Lui si vestì in silenzio, elegante, freddo. "Ora puoi andare. E ricorda cosa significa godere"
Ero un relitto sul letto, priva di energie, ma felice come non lo ero mai stata.
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