Becoming Lucille

di
genere
trans

Buongiorno, mi chiamo Lucille e specifico subito che sono nata maschietto, ma fin da piccola sentivo che quel corpo non mi apparteneva appieno. Nata e cresciuta in una famiglia matriarcale, sola con mamma e nonna, il mio mondo è sempre stato coniugato al femminile. Mi piaceva guardarle nelle loro piccole routine quotidiane ovvero: truccarsi, vestirsi, indossare intimo e calze di nailon, portare i tacchi e muoversi. Ero affascinata da tanta femminilità tanto che ben presto le volli imitare. Così scoprì quasi per caso il gioco della “vestizione”, così come lo chiamavo io. Mi piaceva indossare gli abiti femminili di mamma. Per me era normale aprire il suo armadio, indossare i suoi vestiti e calzare i suoi sandali, per poi presentarmi a lei e sentire i suoi commenti. Le prime volte, sia mamma che nonna sorridevano, poi in seguito i sorrisi si trasformarono in rimproveri anche se fatti in modo bonario. Io non capivo, o forse non volevo capire. Capii solo una cosa, che da allora in avanti avrei dovuto fare il gioco della “vestizione” di nascosto, solo per me. Ma ahimè, colpa della mia goffaggine, la mamma si accorgeva sempre quando io riponevo i suo abiti nell’armadio e nei cassettoni, ed i rimproveri continuavano. Nonostante tutto il mio giocò continuò, per me era vitale, non potevo fare a meno di girare per casa con i suoi abiti e rimirarmi allo specchio. Dopo qualche tempo, acquisendo più malizia nel riporre i capi, li rimettevo esattamente dove e come li avevo trovati, i rimproveri divennero più radi fino a sparire completamente. Non ho mai capito se lei sapesse tutto lo stesso e si fosse stancata di riprendermi, o se avesse accettato il mio gioco della “vestizione”. Una svolta ed una presa di coscienza del mio essere, avvenne dopo qualche anno. Un giorno, all’uscita di scuola incontrai, io pensavo casualmente, un amico di mamma un certo Arturo. Questi riconoscendomi, mi chiese se volessi un passaggio, io accettai di buon grado perché non mi andava, visto che eravamo a primavera inoltrata e cominciavano i primi caldi, di prendere un bus affollato che esalava tutti gli odori del mondo. In auto le solite chiacchiere di circostanza, più che altro era lui a chiedermi come andava la scuola, come stavano mamma e nonna e così via. Arrivati davanti a casa mi chiese se avessi piacere, visto che quella strada la faceva quasi tutti i giorni, di tornare altre volte con lui. La mia risposta fu ovviamente si. Le prime volte il tragitto fu sempre quello il più veloce, un giorno invece mi disse: “Ti va se facciamo un giro un po’ più lungo?” E così dicendo, mi appoggiò la mano sul ginocchio. “Ti da fastidio?” Mi disse riferendosi alla sua mano. “No.. no..” Risposi in modo quasi impercettibilmente abbassando gli occhi. La sua mano calda non solo non dava fastidio, ma mi procurava piacere, insomma stavo bene. Giorno dopo giorno i passaggi ed i giri diventarono più lunghi. Quando sapevo che passava a prendermi, andavo a scuola indossando dei pantaloncini corti da ginnastica per poter godere meglio della sua mano calda. Probabilmente capì il mio stratagemma e così un giorno la sua mano non rimase sul ginocchio ma risalì lungo la coscia. “Ti da fastidio?” Si premurò di chiedermi come per avere il mio consenso. “No.. no..” Risposi prontamente come per dirgli di non smettere. Quando la sua mano mi accarezzava e risaliva lungo le cosce fino all’inguine e oltre, avevo la pelle d’oca ed un piacere mi pervadeva ovunque. I passaggi ed i giretti continuavano e le sue carezze pure. Finché un giorno ci fu un fatto che segno la svolta definitiva della mia sessualità. Il mio “autista” mi chiese se potevo restare con lui un po’ di più, allora mi portò in un posto isolato sulla collina, si fermò e ricominciò a toccarmi dappertutto. Dalle cosce all’inguine, poi sul collo, accidenti come mi piacevano le carezze sul collo. Arturo capiva che non ero insensibile a tali carezze e, dopo avermi baciata sul collo, avvicinò le sue labbra all’orecchio e mi chiese: “Ti piace? Vedo che stai fremendo.” “Si..” Risposi a monosillabi. “Ma non è che sei un po’ checca?” “Non so..” Risposi quasi impaurita. “Secondo me si.” Mi disse continuando a baciare e leccare l’orecchio. Questi suoi baci e carezze mi fecero partire completamente per la tangente. Era una sensazione fantastica, anche se mi sarebbe piaciuto di più che si rivolgesse a me al femminile. Ora la sua mano aveva raggiunto la zip dei mie pantaloncini e la fece scivolare giù. Iniziò a baciarmi in bocca ma arrivarono altre macchine e ci spostammo. Io ero positivamente sconvolta, a lui si notava un evidente gonfiore sulla patta, allora mi disse: “Che ne dici se ci ritorniamo questa sera?” Io rossa in volto sia per l’eccitazione sia per la situazione nuova, annui con il capo, non riuscivo neanche a parlare. Tornata a casa non c’era nessuno. Andai in bagno e mi cambiai. Indossai la sottoveste che la mamma lasciava sempre li, mi truccai e indossai un bel paio di sandali con un tacco vertiginoso. Così abbigliata ed eccitata, lo ero sempre quando tornavo a casa dopo i giretti e passaggi del doposcuola, mi recai in salotto dove c’era una poltrona con i braccioli morbidi ed arrotondati, sui quali salii a cavalcioni e cominciai a sfregarmi avanti ed indietro, era il mio modo per darmi piacere. Lo facevo sempre, quel pomeriggio in modo particolare per la tanta voglia ed eccitazione per quello che era successo. Improvvisamente sentii la porta di casa aprirsi, mi ero dimenticata di chiudere dall’interno con il catenaccio. Con il cuore in gola, presi in mano i sandali e scappai nel direttamente nel ripostiglio. Chiusi la porta e mi sedetti accovacciata con la testa tra le gambe. Avevo il cuore a mille, di solito appena mamma o nonna tornavano venivano lì a levarsi le scarpe, sarebbe stata una questione di pochi secondi poi la porta si sarebbe sicuramente aperta e mi avrebbero scoperta. I secondi passavano, ma non venne nessuno. Sentivo la mamma ridere in corridoio, capii che era con qualcuno, forse la nonna? No era impossibile lei rientrava sempre più tardi, allora un’amica, si doveva essere con un’amica. O mio Dio pensavo, se adesso apre e mi vede mentre è con qualcuna che non sa, mi ammazza. Avevo il cuore in gola, sudavo freddo, ero impaurita, respiravo a fatica. Ancora secondi interminabili, poi silenzio assoluto, forse era entrata per prendere qualcosa insieme alla sua amica ed erano uscite di nuovo? Stavo cominciando a respirare di nuovo, non tremavo più, il peggio era passato. Uscii in punta di piedi timidamente, controllai la porta ma notai che non era chiusa con le mandate, ma aveva il catenaccio che mettiamo solitamente quando siamo in casa. Nel silenzio sentii un gemito che proveniva dalla camera di mamma. Ci volle poco a capire che lei era li dentro con qualcuno. Mi avvicinai spinta dalla curiosità ed allo stesso tempo con la paura di essere scoperta. La porta era socchiusa, riflessa nello specchio vidi la mamma inginocchiata davanti ad un uomo in piedi. Lui era nudo e lei solo con l’intimo. Lei mi dava le spalle e lui di fronte a me con lo sguardo fisso su di lei. Era facile capire cosa stesse facendo in quella posizione. Ero paralizzata da quella scena, ma allo stesso tempo provocava in me un’emozione fortissima, quasi uno shock. Ero in imbarazzatissima, avrei voluto scusarmi io solo per il fatto di averla scoperta in quella situazione. Decine di pensieri mi giravamo per la mente. Alla fine, senza girarmi, ritornai a ritroso in punta di piedi e mi nascosi nuovamente nel ripostiglio. Sconsolata, pensando a quello che avevo visto, mi misi a piangere. Mia mamma era un gran bella donna, formosa, bionda, sensuale, sempre truccata in modo perfetto, le sue amiche la chiamavano Barbara Bouchet, come la famosa l’attrice di quei film tipici della commedia all’italiana, anche perché un po’ gli assomigliava. Io ero orgogliosissima di avere una mamma così. Era la mia musa ispiratrice, il mio punto di riferimento, avrei voluto assomigliare a lei. Quando andavamo al centro commerciale, tra le gallerie dei negozi, gli uomini si giravano a guardarla, la scrutavano dalla testa ai piedi. Aveva delle gambe lunghe e ben tornite, per non parlare delle sue forme. Altri aggiungevano dei commenti non sempre gentili, la cosa mi dava un po’ fastidio. Lei mi guadava sorridendo e mi diceva: “Gli uomini sono dei bambinoni, fanno i maschi tutti d’un pezzo, poi ti supplicano in ginocchio.”
Si, ma adesso c’era lei in ginocchio, quella scena era ancora davanti ai miei occhi che non voleva andarsene. Rimasi in quella posizione in silenzio e con le mani sulle orecchie per non sentire i gemiti del suo amante che diventavano sempre più intensi. Poi sentii lei dirgli: “Shhhh.. Fai piano amore, i vicini potrebbero sentirci.” Altro che i vicini, ero io, mio malgrado, a sentire tutto. Passò una mezzora o forse più, poi silenzio. Sentivo rumore di acqua che scorreva in bagno ed i passi leggeri di mia mamma, poi la sentii uscire e richiudere la porta a chiave. Rimasi ancora qualche minuto nascosta, finche non mi calmai del tutto. Pensai che se fosse entrata nel ripostiglio, dopo che il suo amante se ne fosse andato, forse sarebbe stato meglio, avremmo condiviso insieme quel segreto. Intanto ripensai a me stessa, al pomeriggio passato insieme al mio seduttore. Al pensiero ero ancora eccitata. Mi struccai, mi tolsi sottoveste e sandali e mi feci un bel bagno rilassante e mi depilai di quei pochi peli che avevo. Dopo mi profumai bene, misi un fard leggero, del lucidalabbra e andai nella camera del misfatto e presi un suo completino intimo seducente. Mi sarebbe piaciuto indossare quello che portava lei prima ma probabilmente lo aveva ancora indosso, mi misi un paio di calze a rete. Sopra indossai una tuta da ginnastica larga in modo che nascondesse ciò che portavo sotto. In uno zainetto invece i sandali tacco 10, un vestito nero e trasparente, dei trucchi, della bigiotteria ed il profumo che spesso indossava mamma. Aspettai mamma preparando la tavola per la cena. Rientrò per prima la nonna, con lei preparai la cena. Dopo un po’ arrivò anche mamma. Appena mi fu vicina mi prese per un braccio e mi tirò in disparte. Dentro di me pensai che la frittata fosse fatta, aveva visto tutto, invece: “Ma ti sei messa ancora il mio profumo?” Forse lo fece involontariamente, ma la gioia di sentirmi apostrofare al femminile mi provocò un immenso piacere. Ero tanto felice che quasi mi misi a piangere, avrei voluto abbracciarla, baciarla e non che altro, risposi subito: “Si, perché, non posso?” “No, solo che è da donna, se lo sentono in giro ti scambiano per un finocchio.” Le risposi che non mi interessava, piaceva a me ed era sufficiente. Mi venne in aiuto la nonna. “Su dai lascialo un po’ stare.” Anche lei sapeva delle mie voglie, non diceva niente, anzi mi assecondava sempre, le nonne, se non ci fossero sarebbero da inventare, però non ce la faceva proprio a rivolgersi a me al femminile. Mi ricordò che Arturo, suo amico e mio spasimante (in seguito mi confidò che ci aveva provato anche con lei), sarebbe passato a prendermi più tardi e che lo avrebbe sentito questo profumo femminile. Ovviamente non sapeva la vera ragione per la quel uscivamo insieme quella sera. Cenammo tutti e tre insieme, io mi diedi da fare ne lavare i piatti. Mi piaceva fare le cose di casa, nonna e mamma mi insegnarono a lavare, stirare, cucinare, mi dicevano che un giorno mi sarebbe stato utile. Prendemmo un caffè in cucina, poi chiesi alla mamma una sigaretta da fumare insieme a lei, per scaricare la tensione della giornata. Ci sedemmo sul divano e mentre fumavamo lei mi mostrò un album di fotografie di quando era ragazza. Rimasi sbalordita, ero il suo clone, senza tette ovviamente, le stesse gambe, le stesse mani, le stesse braccia e lo stesso culetto. Ero la sua controfigura, ovviamente lei più bella. Anche la nonna confermò: “E si, ti ho fatta proprio bene.” Suonò il campanello di casa, era Arturo. Diedi un bacio sulla guancia come non avevo mai fatto prima a nonna e mamma e scesi di corsa. Arturo mi aspettava davanti al portone. Non so perché, forse perché ero troppo su di giri, ma diedi un bacio sulla guancia anche a lui. Mi guardò con sguardo compiaciuto, mi aprì come un gentiluomo la portiera della macchina e la richiuse. Ero davvero molto eccitata, era la mia prima uscita, avevo voglio di stare insieme a lui e raccontargli tutto di me. Come da copione saliti in macchina mi mise la mano sul ginocchio e sorpreso mi disse: “Ed i pantaloncini corti dove sono?” Sorrise ed avviò la macchina. Arrivammo in uno di quei posti dove si appartano le coppie per avere un po’ di intimità, e spense la macchina. Io ero timida, ma le vicende della giornata avevano allentato i mie freni inibitori e rimosso ogni mia titubanza. Arturo cominciò ad accarezzarmi le cosce, poi il collo, cominciò a baciarmi, un bacio, poi un altro, le nostre bocche si incontrarono, eravamo entrambi eccitati, stavolta eravamo partiti con il piede giusto, c’eravamo solo noi, il piazzale era deserto. Dopo qualche minuto gli dissi: “Ti devo parlare.” “Su dimmi, parla pure.” Non qui in macchina, aspettami giù dall’auto, ti raggiungo subito, per favore non chiedermi niente adesso.” Senza chiedermi niente come gli avevo chiesto, scese dall’auto e raggiunse la balaustra del belvedere da dove si godeva di una vista splendida. Appena lui scese, nascosta dall’oscurità iniziai la mia vestizione. Mi tolsi l’odiosa tuta, mi infilai il vestitino sexy, le calze e l’intimo già le portavo, mi truccai velocemente con un trucco un po’ marcato, non volevo sembrare una ragazzina ma una donna, i sandali, la bigiotteria ed il profumo della mamma, forse ne misi un po’ troppo, e finalmente usci dall’auto. Avanzai verso di lui sculettando, attività della quale ero maestra vista la pratica quotidiana che facevo nei mie pomeriggi sola in casa. Con il mio corpo illuminato solo dal riflesso della luna mi sentivo protetta. Quando lo raggiunsi gli chiesi: “Me la offri una sigaretta? Ho voglia di fumare insieme a te.” Come se fossi una navigata prostituta. Era meravigliato, sentivo il suo sguardo concupiscente scannerizzare ogni parte del mio corpo. “Ma da quando sei così? Da dove sei uscita? Sei bellissima.” Per prima cosa gli chiesi di parlarmi come se fossi una femmina, precisazione inutile perché lo aveva già fatto, quindi, mentre fumavamo la sigaretta, gli raccontai tutta la mia storia. Dopo la sigaretta mi prese per mano e mi portò in una zona più oscura, dove il riflesso della luna non arrivava e mi cinse un braccio attorno i fianchi, istintivamente alzai la gamba attorno al suo polpaccio, e ci baciammo. Non era il solito bacio, questa volta le nostre lingue si attorcigliarono tra di loro in modo focoso ed appassionato. Era evidente che entrambi lo desideravamo da tempo. Ci baciammo senza interruzione per diversi minuti, era talmente focoso che dovetti allontanarlo un poco perché non mi faceva respirare. Quando si stacco ripresi fiato. Mi uscì un sospiro spontaneo tipico da donna con una tonalità di voce molto femminile che anche io stessa rimasi meravigliata, quindi riprese a baciarmi con più passione di prima. A quel punto gli chiesi di portarmi in macchina, mi sentivo più tranquilla. Mi prese per mano e come aveva fatto sotto casa, mi aprì lo sportello e lo richiuse. Una volta all’interno mi tirò vicina a lui e ricominciammo a baciarci come due forsennati. Adesso avevo appreso la tecnica giusta, il fiato non mi mancava più, avevo iniziato a respirare con il naso. Questa volta non era solo lui a toccarmi, anche se un po’ imbranata volli fare la mia parte. Dopo poco mi disse: “Dai sediamoci sul sedile dietro così stiamo più comodi.” Detto fatto riprendemmo a baciarci ed a toccarci. Mi leccava ovunque ed io cercavo di imitarlo. Sdraiato davanti a me conduceva il gioco, ed io felice e compiaciuta eseguivo ogni sua richiesta. Dopo un po’ mi slacciai il vestito e rimasi solo in intimo e calze, tacchi compresi. Per sembrare più zoccola, presi la pochette, estrassi il rossetto e me lo diedi sulle labbra mentre lui mi osservava, mi eccitava molto farlo. Seguendo me, anche lui si spogliò togliendosi la camicia. Mi venne naturale accarezzargli il petto nudo con delle movenze che solo una femmina vogliosa riesce a fare. Cominciai così a baciargli il petto, quindi i capezzoli poi con la lingua piano piano scesi fino alla cintura dei pantaloni che ancora indossava. “Su dai levameli tu.” Mi ordinò. Annui, ma prima avevo voglia di accarezzargli la patta, lo sentivo duro sotto le mani. Lui ansimava, come il pomeriggio avevo sentito ansimare l’amico di mamma. Eccitata dal ricordo, ma soprattutto felice di poter vivere di persona il momento da tempo sognato, cominciai a slacciargli la cintura, poi gli sbottonai il primo bottone e feci scendere la zip. Lui senza che gli chiedessi altro, inarcò la schiena in modo che potessi fargli scivolare giù i pantaloni. Ormai il gonfiore era spettacolare, gli accarezzai il cazzo e glielo baciai da sopra i boxer, si contorceva dal piacere, alla fine gli tolsi anche quelli. Era di una misura media ma molto ben tornito, rimasi per un po’ a rimirarlo, poi glielo presi in mano e cominciai ad accarezzarglielo. “Si.. toccami anche le palle mentre incominci a segarmi.” “Si amore, come vuoi tu.” Rivolgermi a lui con quel tono servizievole è sempre stata la mia passione, sentirmi usata mi dava l’impressione di sentirmi ancora più femmina, ed ancora oggi mi piace. Mente lo segavo ansimava eccitato e compiaciuto. Stavo facendo quello che voleva lui, accompagnava il mio movimento con il movimento del bacino. Più lo segavo e più gemeva di piacere. Mi venne in mente la mamma inginocchiata, ed immaginando quello che stesse facendo, mi avvicinai con la bocca al suo cazzo e cominciai a baciarlo e leccarlo. Quasi stupito della mia iniziativa, si riprese dallo stato di estasi in cui si trovava e mi disse: “Si dai continua a farlo, prendilo in bocca e succhialo, fammi vedere quanto sei zoccola.” Detto fatto, tanto ero su di giri che ubbidii all’istante. Avevo perso la testa ed eravamo solo all’inizio, finalmente venivo trattata da donna, e quando mi apostrofava così, zoccola, non capivo più niente, ero completamente presa da lui. Lo prendevo in bocca cercando di arrivare fino alla base del cazzo, il piacere di avere quella carne calda in bocca, era come se godessi anche io. Più lo sentivo gemere e più me lo infilavo in gola, stavo capendo perché mamma l’avesse fatto con foga e trasporto al suo amante. Ora era il mio momento di essere come lei in quel frangente ed era terribilmente e morbosamente eccitante. L’insana fantasia che mi stava passando per la mente era di succhiarlo insieme a lei ad Arturo, chissà come avrebbe goduto con due bocche come le nostre. Non so da quanto tempo non godesse, ma mentre lo succhiavo continuava a ripetere: “Si amore, non sai quante volte ho sborrato pensandoti.” Ed io arrapata, continuavo a farlo più intensamente senza fermarmi anzi, ora mentre lo succhiavo, senza staccare la bocca, lo guardavo negli occhi, quasi per fargli capire che in quel momento comandavo io. Continuai così finché con una voce simile ad un rantolo mi disse: “Si.. zoccola, godo.. godo.. voglio sborrarti in bocca.” Ero la sua femmina e una femmina fa quello che gli chiede il suo maschio, così, con estremo piacere ricevetti tutto il suo caldo piacere in bocca. Quando deglutii il suo seme, la femmina in me si sentì molto compiaciuta e soddisfatta per aver fatto godere il suo maschio. Continuai a baciarlo e leccare le gocce che erano uscite dalla mia bocca, lo leccavo proprio come si lecca un gelato per non farlo sgocciolare dal cono. Il suo gusto di maschio mi eccitava. Aveva goduto, ed io mi sentivo felice per averlo soddisfatto e per essere stata all’altezza della situazione. Dopo essersi un po’ ripreso mi disse: “Su amore, vieni, ti voglio baciare.” Finalmente il maschio, dopo che aveva fatto il suo comodo nella mia gola, ora aveva voglia di tenerezze. Come una cagnolina ubbidisce al suo padrone, mi avvicinai, questa volta più teneramente, mi abbracciò rimasi stretta tra le sua braccia per più di un’ora. Nell’abitacolo si sentiva l’odore del sesso, misto al profumo di mamma, ora come allora trovo ancora questo mix di odori estremamente eccitante. Io non avevo goduto, ma non mi dispiaceva, così ero ancora carica e vogliosa. Non mi sono mai masturbata veramente se non all’età di 25 anni, Prima di allora il mio godimento era sfregarsi contro qualcosa di morbido, un tappeto, un cuscino o il bracciolo della poltrona. Mi strusciavo e dopo poco godevo, l’idea di farlo come un maschio, non mi piaceva, il mio era un mondo al femminile. Quando riacquistò le forze ero pronta a soddisfarlo come prima. Ci baciammo di nuovo, questa volta con ardore, avevamo messo da parte il romanticismo per sentirci due insaziabili porcelli che vogliono disperatamente consumare. Ripresi a leccarglielo per benino, con la lingua partivo giù dalle palle e salendo lungo l’asta raggiungevo la cappella per poi farlo scivolare tutto in gola. Mentre lo facevo, lo guardavo in faccia, facendo due occhi da cerbiatta indifesa. Anche il suo tono era cambiato, non ero più il suo amore ma la sua piccola zoccola pompinara, in quel momento non era un’offesa anzi, mi piaceva quando me lo diceva, ed io ricambiavo succhiando ed ingoiando con più foga. Ero pronta a ricevere in bocca nuovamente il suo seme ma questa volta, afferrandomi per i capelli mi disse: “Adesso ti voglio, devi essere la mia puttana.” Non so cosa avesse in mente ma per risposta gli diedi un bacio così forte che mi vibrarono e mi fecero male le labbra. Quando mi fece sdraiare realizzai il tutto. Lo guardavo un po’ impaurita e gli dissi: “No ti prego, facciamolo un’altra volta, ho paura, non voglio.” Richieste inutili, quando il toro è arrapato, la vacca deve sottostargli. Così mi abbassò le mutandine zuppe dei miei umori ed esclamò guardando il mio pube depilato: “Hai fatto bene a vestirti da donna, perché sei femmina anche tra le gambe.” Era il miglior complimento della serata, lo abbraccia e lo baciai ringraziandolo per le belle parole. Per risposta cominciò a leccarmi sotto in modo sublime, tanto che alla fine fui io a supplicarlo di fare l’amore, anzi gli dissi: “Amore scopami, ti voglio, prendimi, sono tua.” Così di forza mi girò alla pecorina e continuò a leccarmi e penetrarmi con un dito, poi con due. La sua saliva mi colava dentro il buchino. Era molto bravo nel farlo, stavo provando un piacere che mai avrei immaginato. Quando si accorse che ero pronta, mi si avvicinò e mi girò di nuovo, mi prese per le gambe, avvicinò il suo cazzo sempre duro e turgido e se lo inumidì abbondantemente, poi si chinò su di me e mi lecco, con mio grande piacere, le tettine. Avvicinò la bocca alla mia e ci baciammo perdutamente, quindi avvicinandosi ll’orecchio mi sussurrò: “Questa notte smetterai di essere una checca e diventerai una donna, la mia donna.” Ricordo benissimo che dalla mia bocca uscì un si molto flebile, ma intenso e prolungato. Prendendomi per i fianchi, puntò la cappella contro il mio buchino sapientemente allargato, e piano piano cominciò a spingere. Sentii la sua cappella deflorarmi lentamente. Gli dissi soltanto: “Amore, ti prego fai piano, non farmi male, ho tanta paura.” Per sua risposta mi allargò le cosce più che si potesse e lo sentii entrare piano e delicatamente. Capii che mi amava da come lo faceva, preoccupandosi di non farmi male. Io in quel momento non sentii mai male, solo un grande piacere sia quando lentamente entrava fino in fondo sia quando, sempre lentamente, usciva. Stavo vivendo il giorno più bello della mia vita, quando mi diceva che ero la femmina più sexy che avesse mai incontrato, non smettevo di baciarlo e ringraziarlo per quanto fosse stato tenero e dolce con me. Ora era il momento di scoparmi, di farlo con più forza, cominciò a penetrarmi sempre più violentemente ma mai senza farmi male. Ero al settimo cielo, non finiva più, lui continuava a scoparmi sempre più forte e violentemente, così forte che un fremito pervase tutto il mio corpo. Questa sensazione durò abbastanza a lungo per farmi avere il mio primo orgasmo. Probabilmente, durante la penetrazione, mi stimolò un punto che mi permise di avere un orgasmo prostatico, il sogno di ogni trav e non solo. Lui fu così bravo a prendermi che io non resistetti e venni copiosamente impazzendo di gioia. Vedendo il mio piacere, lui non duro molto di più, terribilmente eccitato dopo qualche colpo lo sentii urlare: “Sto godendo.. sto godendo.. ti vengo dentro, sboooorro.” “Si amore , vienimi dentro, voglie sentire il tuo caldo piacere dentro il mio ventre.” Sentii il suo fiume di sborra inondarmi le viscere e rimase dentro di me finche anche l’ultima goccia di sborra uscì dal suo cazzo, poi scherzando mi disse. “Adesso ti ho messa incinta.” In risposta lo tirai verso di me e lo baciai. Questa fu la mia prima volta e, come si dice , la prima volta non si scorda mai. Da allora capii la mia vera natura e decisi di diventare Lucille.


scritto il
2025-09-09
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