Giocare con il fuoco - 1a parte -

di
genere
trio

Era giovedì sera, e Luna lo sapeva bene. Ogni giovedì, il vichingo - non sapeva il suo nome se non quello di signore - arrivava, come una costante che non cambiava mai, un appuntamento tacito che lei non avrebbe mai potuto ignorare. Non si parlavano mai molto, mai prima, mai dopo. Solo quel momento. Quella sua presenza silenziosa che lei conosceva troppo bene. Ogni settimana, senza eccezioni, lui la trovava pronta.

Ma quella sera, qualcosa di diverso aleggiava nell'aria. Il ragazzo riccio le aveva chiesto di vedersi, proprio quella sera. Luna aveva esitato per un momento, ma poi aveva deciso di non rifiutare. Non voleva dire di no. Ma non sapeva cosa stava facendo, o forse lo sapeva troppo bene. Non sapeva se fosse giusto, ma in quel momento, l'idea di provare a bilanciare entrambi le dava un brivido di eccitazione.

Così, senza pensarci troppo, l'aveva invitato a casa. La stessa ora, la stessa stanza, dove il vichingo sarebbe arrivato. Era una sfida, una corsa sul filo del rasoio. Non c'era spazio per il rimorso, solo per l'adrenalina.

Quando Luna si guardò allo specchio, si sentì pronta. Non indossava una vestaglia morbida, né un abito da bambina. Quella sera, il suo corpo parlava un'altra lingua. Aveva scelto di indossare qualcosa che la facesse sentire in controllo, qualcosa che la definisse come una donna consapevole di ciò che voleva e non si nascondeva. Un completino nero, sobrio ma sensuale. Pizzo che accarezzava la pelle, ma senza farla sembrare fragile. La sensualità di quel capo non gridava, ma suggeriva, lasciava intravedere senza svelare troppo. Una camicia bianca, leggera, si appoggiava sul suo corpo, come una seconda pelle, senza coprire la sua femminilità.

Era pronta, ma il cuore batteva forte. Non per paura, ma per il fatto che quella sera, stava cercando di camminare su una linea sottile. Il rischio, l'incertezza, quella scintilla che faceva crescere la tensione in ogni angolo della stanza.

Quando il campanello suonò, Luna sussultò, ma non fece una piega. Era il ragazzo riccio. Lo invitò a entrare con un sorriso che sembrava neutro, ma che in realtà nascondeva un turbinio di emozioni. "Ciao, bimba," disse lui, con quel tono che, pur morbido, non nascondeva il suo modo di vedere Luna come un gioco. Ma non c'era malizia in quello tono. Solo un'affettuosa possessività che Luna riconosceva bene.

"Ciao," rispose, la sua voce calma. "Vieni su."

Lui salì le scale senza aggiungere nulla, e poi in casa si sedettero in salotto. Non c'era molta conversazione, ma l'atmosfera si faceva sempre più densa. Era come se ci fosse una sottile tela invisibile tra loro, una sorta di gioco di sguardi non dette, di attese. Lui la guardava, ma con quella tranquillità che spesso l'inquietava. Lei era sicura che lui sapesse chi era, cosa fosse, e cosa stesse facendo. Non erano necessarie parole. Solo l'aria che cambiava ogni volta che si trovavano nello stesso spazio. Le diede un bacetto sulla guancia e l'abbracciò. Le braccia muscolose intorno al suo collo, la face imbarazzare. Era un gesto estremamente intimo, e se ne vergognava da morire.

E proprio in quel momento, il campanello suonò di nuovo. Il vichingo. La sua presenza non richiedeva parole, e Luna lo sapeva bene. Lui arrivava sempre puntuale, sempre con quel silenzio che riempiva la stanza. Non c'era bisogno di salutarsi, di chiedere come andava la giornata. C'era solo il momento. Solo quello che sarebbe successo dopo.

Luna si alzò, il cuore che le batteva più forte. Si avvicinò alla porta, la mano che tremava leggermente, ma non lasciò che la sua faccia tradisse quella sensazione. Quando aprì la porta, lo vide. Il vichingo stava in piedi, immobile, il suo sguardo che attraversava il corpo di Luna senza giudizio, ma con quella certezza che solo lui possedeva.

Luna si fece da parte senza dire una parola. Non c'era nulla da aggiungere, nulla da spiegare. Lui entrò, e la porta si richiuse dietro di lui. Non c'era tensione tra loro, solo il silenzio che li avvolgeva come una seconda pelle. Ma Luna non poteva ignorare l'aria che si era fatta pesante. Il ragazzo riccio la guardava con curiosità, ma senza capire del tutto cosa stesse accadendo, senza sapere che quella sera, Luna stava cercando di mantenere il controllo su qualcosa che stava sfuggendo.

Luna si avvicinò al ragazzo riccio, con un sorriso che non tradiva nulla. Nessun segno di confusione, nessuna parola di scusa. Era la sua vita, il suo gioco. E, quella sera, si stava lasciando attraversare da quel gioco senza paura, senza rimpianti. I suoi occhi, però, tradivano un'inquietudine che non si riusciva a nascondere. 

Si fermò a pochi centimetri da lui, e il bacio che diede al ragazzo riccio fu lento, intenso, ma privo di vera passione. Era un gesto meccanico, ma con una sottile carica che li univa per un istante.  Il vichingo, però, rimase impassibile. Non si mosse, non parlò. La sua presenza era come una promessa, una minaccia silenziosa. 

Luna si distaccò dal ragazzo riccio, come se non avesse mai sentito nulla. "Aspetta un attimo," disse lei con voce calma, ma i suoi occhi non nascondevano la confusione che la stava attraversando. Si girò verso il vichingo, ma non c'era bisogno di altro. Lui non chiedeva nulla, non voleva altro se non lei.

Si avvicinò al vichingo, ma prima di fare qualsiasi mossa, si fermò un attimo, cercando di mantenere quel fragile equilibrio che stava cercando di costruire. Non doveva perdere il controllo, non ancora.

Il ragazzo riccio la guardava, ma non disse nulla. Il gioco era appena iniziato.

Lo guardò negli occhi azzurri e poi gli fissò le labbra. Si avvicinò, afferrandogli entrambi i lati della testa. Il corpo si tese leggermente verso Luna e l'attimo dopo il vichingo la stava baciando - meglio dire pomiciando - nel salotto. Le mise le mani sul culo e l'avvicinò a se, facendole sentire l'erezione. 

"Bimba, mi dici per favore che cosa succede? A parte il fatto che ti stai pomiciando con questo tizio?", chiese il ragazzo in piedi di fronte a loro. 

Smisero di baciarsi. Si guardarono negli occhi per qualche secondo. Luna voleva che lui dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Non fu sorpresa, quando non disse nulla. 

"Voglio scopare entrambi, stasera", disse girandosi verso il ragazzo e appoggiando il culo sull'erezione del vichingo. Iniziò a strusciarsi contro la protuberanza. 

La rabazza stava per morire di imbarazzo, ma gli occhi pieni di lussuria del ragazzo riccio, le permise di andare avanti facendola sentire sexy.

"Vuoi fare una cosa a tre? Quanto vuoi essere pagata? Io non divido niente, nemmeno i soldi", disse il riccio mentre si avvicinava a loro per poi metterle una mano sulla tetta. 

Il vichingo non si muoveva, stava lì a farsi stuzzicare il cazzo dal culo di lei. A lui non importava, forse avrebbe reso le cose più divertenti. Di certo non era contento che un altro uomo fosse lì con loro e che la ragazza avesse avuto questa intraprendenza. Ma scoparsi la puttana e farla godere, poteva solo ingrandire il suo ego. 

La ragazza baciò di nuovo riccio, già eccitata dalla situazione. Il ragazzo ovviamente non si tirò indietro e ricambiò il bacio con trasporto.  

Eccola lì, in mezzo a due uomini che l'avrebbero fatta godere.
scritto il
2025-07-29
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