Giocare col fuoco: parte due

di
genere
trio

Il tempo sembrava essersi dilatato. Un silenzio quasi sacro calava sulla stanza, ma non era pace. Era attesa. Densa, carica. Come l'aria prima di un temporale.

Luna era lì, al centro.
Il vichingo dietro di lei — solido, immobile, come scolpito nel legno scuro del desiderio. Il suo corpo era caldo, presente, e la sua erezione premeva con ostinazione contro il suo fondoschiena, un'ombra viva che diceva tutto senza bisogno di parole.
Davanti, il ragazzo riccio sembrava incerto. Le labbra socchiuse, la mano ancora posata sul suo seno, come se non sapesse se stringere o ritirarsi. Nei suoi occhi c'era una tempesta: confusione, lussuria, forse un filo di gelosia. Ma anche desiderio puro. Crudo.

«Sei sicura di quello che vuoi, bimba?» mormorò lui, quasi con un filo di voce, più per sé stesso che per lei.

Luna non rispose subito. Inspirò lentamente, sentendo il profumo mischiato dei due uomini: cuoio, sudore, desiderio. I suoi occhi si chiusero per un istante, solo uno. Bastava quello per raccogliere la lucidità che ancora le restava.

Poi li riaprì.

Senza parlare, fece scivolare la mano lungo il fianco, guidando lentamente quella del vichingo lungo la curva della sua coscia. Lui non esitò. Le sue dita erano grandi, forti, e si muovevano con una lentezza che la faceva impazzire. La accarezzava come se fosse sua da sempre, come se conoscesse già ogni centimetro di pelle, ogni brivido che poteva provocarle.

Sentì la tensione del ragazzo riccio aumentare, come se qualcosa in lui stesse per esplodere. Luna allora fece un passo in avanti, staccandosi leggermente dal vichingo, lasciando solo una sottile distanza d'aria tra lei e il ragazzo.
Era un movimento sottile, ma carico di significato. Una pausa. Un invito. Una provocazione.

Il ragazzo riccio era lì, fermo, con gli occhi che le scorrevano addosso come dita invisibili. Non cercava più di capirla. Aveva rinunciato. E forse proprio per quello, la desiderava ancora di più.

Luna prese l'altra mano e la guidò sulla camicia, all'altezza del petto, dove il tessuto si tendeva sul seno. Le dita del ragazzo strinsero curiose appena quando toccarono il primo bottone.

Sbottonò.
Poi il secondo.
Poi il terzo.

Ad ogni gesto, Luna lo fissava negli occhi, senza mai abbassare lo sguardo. Non si nascondeva. Non più.
Sentiva dietro di sé il vichingo che non si muoveva, ma la sua presenza era come una pressione costante sulla pelle. Un'energia che non si spegneva, che osservava tutto. E che attendeva il momento giusto per riprendersi ciò che considerava suo.

La camicia si aprì. Scivolò lentamente giù lungo le braccia, come se fosse viva.
Il ragazzo la guardò, trattenendo il respiro. Il completino nero abbracciava il corpo di Luna in modo quasi indecente, come se fosse cucito per metterla in vetrina. Ma non c'era nulla di volgare: era il potere della consapevolezza, di chi sa dove colpire.

Il ragazzo le accarezzò il fianco, lentamente. Le dita leggere, ma affamate. Risalì verso il seno, ma non lo prese subito. Lo sfiorò soltanto, la pelle che sembrava vibrare sotto il tocco.
Lei gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Un bacio affamato.
Ma c'era qualcosa di diverso. Non era solo desiderio. Era dominio.
Non il suo.
Il vichingo.
Luna lo sentiva dietro di sé, come una forza oscura che si faceva carne. Non parlava, non ne aveva bisogno. Il modo in cui le teneva i fianchi, la pressione delle sue dita, i piccoli gesti decisi... dicevano tutto. E quando finalmente aprì bocca, la sua voce non fu un suono comune.

Fu un sussurro.

«Stai ferma.»

Tre sillabe.
Un comando.

Luna sentì la pelle pizzicare, come se quel suono le fosse entrato direttamente nella spina dorsale. Il tono era basso, ruvido, leggermente rauco. Lo aveva sentito tante volte, solo quando il vichingo perdeva per un attimo il controllo. O faceva finta di perderlo.

Non si mosse. Nemmeno un respiro fuori posto.

Il ragazzo riccio, davanti a lei, sembrava sospeso. Gli occhi fissi sulle sue labbra, le mani ancora sul corpo di Luna, ma quasi immobili. Sapeva di non essere più al centro. E sapeva anche che le regole stavano cambiando.

«Togliti la maglia,» disse Luna, con voce ferma. La sua.

Il riccio obbedì. La tirò via dalla testa, rivelando il petto magro, muscoloso quanto basta. Lo guardava mentre lo faceva. Non per desiderio. Per controllo.
Le mani di lui tornarono subito su di lei, ma Luna le fermò. Le afferrò con decisione e le spinse lungo i fianchi, dove voleva che stessero.

«Tocca. Ma non decidere. Lo faccio io.»

Il ragazzo abbassò gli occhi, accennando un sorriso teso. Sapeva che era il loro gioco.
«Sì, bimba...»

Ma non era solo un gioco.
C'erano momenti in cui Luna si chiedeva se non fosse davvero questo il suo posto naturale: tra due estremi. Il comando e la resa. L'obbedienza e il dominio.

Il vichingo la spinse leggermente in avanti, facendola inclinare verso il ragazzo.
Le mani sul suo fondoschiena si fecero più dure, più esatte.
Poi, la voce.
Ancora quel sussurro.
Ancora all'orecchio.
Ancora più vicino.

«Fatti toccare. Ma guarda me.»

Luna si voltò leggermente, abbastanza da incrociare gli occhi del vichingo.
Azzurri. Freddi. Implacabili.
Non un sorriso, non una domanda. Solo la certezza di chi sa esattamente cosa farà. E di quanto lei lo desideri.

Il ragazzo la prese e la guidò sul letto e non appena lei si distese il riccio le accarezzava le cosce, ora. Le dita curiose scorrevano sopra il bordo del completino. Guardava il suo viso, in cerca di approvazione.
Lei gliela diede. Solo uno sguardo. Solo un piccolo movimento della bocca.
Il respiro di Luna era ancora spezzato. Le cosce spalancate, attendendo che qualcuno la facesse godere. Il vichingo si tolse i vestiti e i tatuaggi neri gli marchiavano la pelle bianca.
Il riccio le mise un dito in bocca e la lingua calda e bagnata lo accolse.
La ragazza invece continuò a fissare il vichingo. Si raddrizzò lentamente, quando il vichingo si avvicinò col cazzo alla sua bocca. Subito le mani sulle ginocchia del vichingo che la teneva ancora ferma con una presa solida sula testa. Spalancò la bocca e glielo prese in bocca. Il sapore le face avere delle scariche alle fica. Era duro, un marmo. Impazziva per il suo cazzo. Le piaceva da morire.

Il ragazzo davanti a quella scena , lei si leccava le labbra, come se volesse tenersi dentro il sapore. La guardava con gli occhi accesi, confuso tra euforia e sottomissione.

«Ti piace sentirlo duro sotto la lingua, eh?»
La voce del riccio era bassa, dura. Quasi un ringhio. Non perse un attimo a togliersi anche lui i vestiti. Anche il suo cazzo era eretto, dritto e duro.

La ragazza annuì. Non riusciva a rispondere a parole. Non poteva.
Il vichingo si chinò, lentamente. Gli afferrò il mento. Lei si staccò con la saliva che le colava dalle labbra.

«Adesso guarda com'è quando la fotto io.»

Luna si girò, sentendo la tensione tornare come una lama calda.
Il vichingo la spinse in avanti, piegandola sopra il letto con un gesto deciso. Nessuna esitazione. Solo desiderio puro, autoritario.

«Divarica le gambe, bimba.» Sfottò il vichingo.
La sua voce era diventata roca, minacciosa.
Luna obbedì. Lo fece lentamente, consapevolmente. Il completino era ancora lì, spostato, ma ormai del tutto inutile.

Dietro di lei, sentì il suono inconfondibile del cazzo che le sbatteva sul culo. Pelle che si sfrega contro pelle.

«Guardami,» disse il vichingo al ragazzo. «Tu la lecchi. Io la prendo. È questo che le piace, no?»

Il ragazzo annuì, ma Luna parlò per prima.
«No. Voglio che guardi me. Baciami mentre mi scopa, bimbo.»

Si voltò quanto bastava per incontrare gli occhi del riccio, mentre sentiva il vichingo spingere la punta contro di lei. Caldo. Grosso. Pronto.

«Voglio che guardi come mi prende. E che ti rendi conto di cosa voglio. Vi voglio tutte e due dentro di me.»

Il ragazzo deglutì.
Il vichingo entrò in lei con un colpo secco.
Luna gemette forte, la testa indietro, la bocca aperta.

«Che troia la mia ragazza...» mormorò il ragazzo. Non riusciva a staccare gli occhi da lei.

«Senti com'è bagnata?» ringhiò il vichingo, spingendo più a fondo.


Ogni colpo era pieno, profondo, brutale ma preciso. Le sue mani stringevano i fianchi di Luna come se volesse scolpirla.

Lei gemeva nella bocca del ragazzo che aveva iniziato un bacio lungo ed eccitante, ma non cedeva. Lo cercava. Si muoveva contro di lui, in cerca di più.

«Guardami in faccia,» disse al ragazzo, staccandosi. «Fammi vedere quanto ti eccita. Fammi vedere se riesci a non toccarti.»

Il ragazzo iniziò a farsi una sega. Moriva dalla voglia di scoparle la bocca e dopo la fica.

«Così, bimbo,» ansimò Luna. «Guardami mentre vengo con il suo cazzo dentro. Guarda bene.»

Il vichingo affondò più forte. Più profondo.

«Chiamami..,» ringhiò.

«Sì... sì, prendimi—»
«No..»
«Sì, signore.»

Il nome uscì come un grido, spezzato e pieno di piacere.
Il vichingo la afferrò per i capelli, tirandola indietro, il suo petto incollato alla sua schiena.

«Di' a lui cosa sei.»
«Io... io sono la tua puttana. La tua fottuta puttana.»
«Brava,» sussurrò lui, mordendole l'orecchio. «E ora fatti scopare da lui. Ma mentre, mi guardi negli occhi.»

E Luna lo fece.

Il suo corpo era in fiamme, ogni nervo teso. Il vichingo si posizionò di fronte a lei, i suoi occhi azzurri fissi su quelli di Luna, come ancore in una tempesta di desiderio. La teneva piegata, la sua presa sui capelli salda, quasi dolorosa, ma in quel dolore c'era un piacere che le mozzava il fiato.

Il ragazzo si mise dietro di lei. Luna sentì la sua erezione, tesa e impaziente, sfiorarle l'apertura. Un fremito le corse lungo la schiena. La fica era già larga, bagnata, pulsante, ma la sensazione del secondo pene che le cercava l'ingresso era nuova, un'ondata di anticipazione che si mescolava all'intensità già presente. Quando lui entrò, Luna non trattenne un gemito acuto. Non era solo pienezza, era eccesso. I muscoli si contrassero istintivamente, tentando di stringersi attorno a entrambi, quasi a imprigionarli. Sentiva il corpo del ragazzo premere contro il suo fondoschiena, mentre il vichingo, di fronte, continuava a spingere e a osservare.

Ogni spinta del vichingo spingeva Luna più a fondo contro il ragazzo, e ogni affondo del ragazzo la schiacciava in avanti verso il vichingo. Era un movimento a croce, un macinacarne di piacere che non le lasciava via di scampo. Sentiva la carne stirarsi, allungarsi al limite, la parete vaginale che si adattava con una difficoltà che era essa stessa eccitante. I due sessi si sfioravano, premevano l'uno contro l'altro all'interno di lei, creando una frizione doppia, insopportabile.

Il respiro le usciva a strappi, un suono roco e disperato. Le unghie si affondavano nel lenzuolo, le dita dei piedi si arricciavano. Non c'era spazio per pensare, solo per sentire. Sentiva la punta del piacere farsi un nodo stretto, un centro pulsante che si ingrandiva ad ogni spinta. Le gambe le tremavano, incontrollabili. La sua vista si annebbiò per un attimo, mentre il mondo si riduceva a quelle due presenze, a quelle due sensazioni, a quella pienezza che la stava spaccando in due e ricostruendo nello stesso istante.

Continuava a fissare il vichingo, i suoi occhi azzurri che bruciavano. C'era un'espressione di trionfo sul suo viso, di possesso assoluto, che la spingeva ancora più in profondità nel piacere e nella sottomissione. E mentre il ragazzo dietro di lei si muoveva con una foga quasi disperata, Luna si lasciò andare, la sua mente svuotata da tutto tranne l'onda crescente del suo orgasmo.

Il vichingo la scopò, profondamente, riempiendola mentre lei tremava ancora dall'orgasmo precedente.

Poi, senza avvisare, una mano del vichingo le si avvolse intorno alla gola. Non era una stretta violenta, non per spezzare, ma per togliere l'aria, per imporre un altro livello di controllo. Luna sentì il suo respiro farsi un rantolo, la gola che si contraeva, e un panico primordiale si mescolava all'onda di piacere. Le sue mani istintivamente si portarono su quelle di lui, non per spingerle via, ma quasi per aggrapparvisi, in un paradosso di resa e disperazione. L'aria scarseggiava, i suoi polmoni bruciavano, e proprio in quel momento, la sensazione all'interno di lei divenne ancora più acuta, più proibita. Ogni spinta del ragazzo dietro di lei sembrava amplificata da quella mancanza di ossigeno, ogni frizione del vichingo davanti si faceva insostenibile.

Un attimo dopo, una mano aperta e forte le colpì la guancia. Lo schiocco risuonò nella stanza, un suono crudo e inequivocabile. La testa di Luna scattò di lato, la pelle le bruciava, e un sapore ferroso, amaro, le riempì la bocca. Non era rabbia, non era offesa; era pura scossa. Il dolore le accese i sensi, la fece sentire più viva, più presente in quel vortice di sensazioni che la stavano divorando. I suoi occhi tornarono a fissare quelli del vichingo, umidi, dilatati, un misto di sottomissione e una scintilla selvaggia che non aveva mai pensato di possedere.

Il colpo la spinse ancora più vicina al bordo del suo stesso limite. Non era solo sesso, non era solo piacere. Era un'esperienza che le stava strappando via ogni velo, ogni inibizione. Si sentiva esposta, vulnerabile, eppure potentemente desiderata. La gola ancora tesa, la guancia in fiamme, Luna si abbandonò completamente ai due uomini che la stavano prendendo, la sua mente un'esplosione di bianco mentre il suo corpo raggiungeva, finalmente, un altro orgasmo, questa volta più violento, più disperato, una scarica elettrica che le fece inarcare la schiena e urlare contro la mano che ancora le stringeva la gola.

Il vichingo continuò a pompare, il suo sguardo un fuoco implacabile, mentre Luna gemeva il suo nome, ancora e ancora. Era un misto di dolore e gratitudine, una scarica così intensa da farle vedere le stelle. Lui si spinse per l'ultima, potentissima volta, e Luna sentì una calda ondata inondarla, una pressione interna che si liberava, saturando ogni spazio. Il vichingo si irrigidì, un ringhio gutturale gli sfuggì mentre il suo corpo tremava sopra il suo. La sua carne fremeva, pulsava, e Luna percepì distintamente il suo sperma riversarsi in lei, un flusso denso e caldo che la riempiva fino all'orlo. Era la sua essenza, pura, virile, che ora la abitava completamente.

Il ragazzo dietro di lei, un attimo di silenzio, poi un gemito strozzato, quasi di incredulità. Aveva visto tutto. Aveva sentito le sue reazioni. E la visione della sua ragazza che si prendeva la sborra di un altro uomo lo spinse oltre il limite. Luna sentì un cambiamento nel ritmo, un'accelerazione frenetica, disperata. Il riccio non aveva mai fatto nulla del genere, lo percepiva nel suo modo quasi goffo, ma così intenzionale, di spingere. E poi, improvvisamente, un'altra ondata. Questa volta, la sensazione era diversa: più liquida, meno "pesante", quasi un gorgoglio che si mescolava al primo.

Era come se due fiumi si incontrassero. Luna sentì il calore che si raddoppiava, una sensazione vischiosa e incredibilmente piena. Le pareti della sua vagina erano sature, piene fino a traboccare. Sborra su Sborra. Era una sensazione che non aveva mai provato, un'intimità così profonda e animalesca da toglierle il fiato. I suoi muscoli si contrassero ancora, spasmi prolungati che cercavano di accogliere, di contenere quella doppia inondazione. Chiuse gli occhi, la mente in fiamme, avvolta in un turbine di sensazioni inaudite.

Il ragazzo ansimava dietro di lei, il suo corpo che collassava leggermente, mentre il vichingo, davanti, la teneva ancora con una mano ferma sui suoi fianchi, gli occhi che la fissavano con una possessività che le fece venire i brividi. Luna era lì, tra i due, piena di entrambi, il corpo stanco ma vibrante, la mente svuotata eppure incredibilmente consapevole di ogni singola sensazione che l'aveva travolta.

Il silenzio che seguì fu denso di un appagamento quasi tangibile, ma anche del sottile fruscio della realtà che tornava. Luna sentiva ancora i due pesi dentro di sé, il calore persistente, il retrogusto di dominio e piacere che le riempiva la bocca. Si mosse lentamente, staccandosi dal ragazzo, il suo sguardo che si posava brevemente sul vichingo e poi sul riccio. Entrambi erano appagati, spossati, ma anche curiosi, le loro reazioni molto diverse.

Il vichingo fu il primo a muoversi. Con la stessa calma con cui aveva preso il controllo, ora lo rilasciava. Si asciugò, si rivestì con gesti precisi, i suoi occhi azzurri che non lasciavano mai Luna. Si avvicinò al comodino, e senza una parola di troppo, posò sul legno scuro una manciata di banconote. Erano molte, più del solito. Un riconoscimento della performance, o forse un'offerta per quel piacere così unico e selvaggio che aveva trovato. I suoi occhi incontrarono quelli di Luna per un istante. Un cenno quasi impercettibile, un sorriso appena accennato che lei riconobbe: era un tacito accordo, un sigillo. Poi, si voltò e uscì, la porta che si chiudeva con un lieve click, lasciando dietro di sé solo il profumo pungente della pelle e del desiderio.

Luna sentì un brivido leggero. La sua mente, lucida nonostante il piacere appena vissuto, registrava il successo della sua messa in scena. Le piaceva il vichingo, il suo controllo, la sua potenza brutale e onesta. E le piaceva il riccio, la sua innocenza velata, la sua brama così palpabile, il modo in cui lei aveva saputo plasmare anche lui a suo piacimento.

Ora, rimaneva il ragazzo riccio. Era seduto sul bordo del letto, lo sguardo perso, gli occhi fissi sulla porta appena chiusa. C'era qualcosa nel suo silenzio che Luna non aveva mai visto, un'ombra di frustrazione che non era solo appagamento post-sesso. Quando i suoi occhi tornarono su Luna, c'era una nota di possessività amara, quasi di disappunto. Non si era ancora mosso per pagare.

"Non... non dividerò i soldi, lo sai," mormorò il riccio, la voce roca, quasi un rimprovero. La sua mano si mosse verso di lei, come se volesse toccarla, ma si bloccò a mezz'aria. Luna lo fissò, un leggero sorriso sul volto. Lo sapeva. Ed era proprio questo che la eccitava in lui: la sua resistenza, la sua ingenuità, la sua gelosia appena velata. Prese la mano del ragazzo, la guidò verso i suoi fianchi, un tocco lento e deliberato. "Non dividere?" sussurrò, la sua voce calda e vellutata. "Ma questo, bimbo, è stato un regalo. E adesso, il tuo regalo?" Il riccio la guardò, la frustrazione nei suoi occhi che lottava con il desiderio che non si era ancora spento. Sapeva che aveva perso quella battaglia. Sapeva che Luna aveva vinto. Con un sospiro quasi impercettibile, portò la mano al portafoglio, tirando fuori le banconote. Le posò sulla coscia di Luna, quasi con rabbia, con un gesto che non era né onore né piacere, ma solo rassegnazione.

Luna raccolse i soldi, li fece scivolare con studiata lentezza. Li ripose accanto a quelli del vichingo. Il suo sguardo tornò sul ragazzo, ora. C'era un luccichio nei suoi occhi, un accenno di sfida e di intesa. "Bravo, bimbo," disse, con una voce che era un mix di dominanza e un sottile, quasi impercettibile affetto. Era un'affermazione del suo potere, ma anche un riconoscimento del ruolo che lui, a suo modo, aveva giocato nel suo piacere.

Il ragazzo riccio la fissò, la gelosia che gli contorceva lo stomaco. Si chiese se lo avesse mai più visto, o se lei fosse ora solo un ricordo di un piacere così estremo da fargli quasi male. Il patto tra loro era chiaro, ma le emozioni che provava in quel momento non lo erano affatto. Luna non era solo la sua finta ragazza, o la donna che lo aveva dominato. Era la donna che lo aveva portato oltre i suoi limiti, e ora, lo aveva anche umiliato. Il suo sorriso finale, mentre lo osservava, diceva tutto: il gioco, per lei, era appena cominciato. Per lui, era appena diventato terribilmente complicato.
scritto il
2025-08-06
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