I Casi della Vita III

di
genere
sadomaso

Mi alzo e bevo il caffè. Una moka da tre. Doccia. Sono pronto. Vado dal Padrone. Salgo le scale ed entro. Indosso collare e nudo mi presento a lui. Sta seduto impaziente su uno scranno a gambe aperte genitali in vista. La sua “Torre” svetta. Bacio l'anello, il glande, la punta del piede. In ginocchio a testa bassa aspetto ordini.
-”Buon Giorno schiavo”.
-”Buon Giorno Padrone”.
-”Oggi te lo offro”.
-”Padrone è bellissimo”.
-“Datti da fare”.
Alzo il musetto e mi sprofondo fra le sue chiome genitali abbondanti come una criniera, rosse come il fuoco. In perlustrazione mi ci strofino e le sniffo.
-”Bravo. Continua”.
Bacio l'asta, la imbocco. Succhio, sbavo. Sono in pompa. La sento in gola. Non esisto, continuo a sbavare l'osso duro del Padrone che me lo spinge a fondo. Si alza in piedi, mi preme contro. Rantolo. Batte diversi colpi e poi viene e mi dona a fiotti il suo miele. Inghiotto, mando giù, sparisce dentro di me. È una prima volta, mai stato in presa di una stanga che mi scopa e mi regala orgasmo.
-”Ti è piaciuto?”
-”Non so dire quanto”.
-”Per oggi abbiamo finito”.
-”Sono andato abbastanza bene Padrone?”
-”Benissimo”.
Pulisco il bastone, bacio l'anello, il glande, il piede. Mi liquida con una sberla e mi manda via.
Guadagno l'atrio, mi rivesto, mi allontano con tanti pensieri e il ricordo di quell'unico grande cazzo e quegli inguini selvaggi e rubicondi, un prato con un solo albero e due grosse noci di cocco piene di latte che è sgorgato a fontana. Tutto mi frulla nella mente e mi turbina figurandomi ancora e per sempre sua ombra ai suoi piedi più di quanto avrei pensato di stare e di fare da schiavo in catene e servo per il suo grandioso e il mio stupido succube piacere.

Tardo pomeriggio. Mi chiama. Ci vado. Bacio anello, glande che già sguscia, piede. Mi stende sul divano. Solleva le gambe. Le divarica. Si appoggia. Lo punta. Mi entra.
-”Conta i colpi”.
-”Uno. Due. Tre...Venti...Venticinque...Trenta. Huauuuuuu!”
-”Ti ho sverginato”.
-”Alla grande”.
-”Culo stupendo”.
-”Urca Padrone!”
-”Da zozza”.
In lacrime mugolo, sospiro, respiro, ringrazio, mi dice vattene. Sono stato suo. Triplo bacio di rito. Mi rivesto. Sbircio la sua “Mazza” ancora solida. Mi urla dietro:
-”LA PRIMA DI MOLTE!”.
Scendo le scale. Navigo nel vuoto. Ci ripenso: “Che bello che è stato!”.

Passano i giorni e le settimane. Sto sempre a tuffo sul suo bastone che mi fende e mi sfonda l'ugola e poi mi chiava l'ano. È suo diritto. Gli ubbidisco. Più mi strazia e più m'incanta. Gli vado bene e in quanto a me lo so che sono una Troia. La Sua. Serva e Schiava affamata di Tanta Minchia sempre agli ordini da fare schifo nel darmi a spalanco orgasmo dopo orgasmo dopo orgasmo, nutrita di caldo seme a pioggia dove capita capita, in festa di goduria senza altra virilità che la Sua.

Ormai vado dal Padrone tutte le sere dopo finito di lavorare e mi sembra di timbrare il cartellino. Mi tiene sotto pressione. È molto abitudinario. Una volta in settimana in genere il martedì so già che mi tocca quello che lui chiama il “Grande Momento”. Gli vado a prendere la frusta. La consegno fra le sue mani. Mi spiega per bene che non se ne può fare a meno, è utile e mi rafforza, è un rimedio a tutto, purifica e tiene vive le terminazioni nervose. La vibra in aria e già trasalisco. Le luci sono basse, la musica tenebrosa. Comincia e non mi da pace fino a quando gli pare che la razione sia sufficiente. Sono in fiamme completamente martoriato e piango. Mi accascio ai suoi piedi.
-”Dovevo farlo schiavo”.
Il suo cazzo diventa brutale mentre mentre mi amministra la più energica scopata che io possa sentire in corpo. Lui si assopisce soddisfatto. Ripongo la frusta in credenza e quatto quatto mi dileguo. So bene che non mi vuol fra i piedi al suo risveglio.
A casa mi guardo allo specchio. Sono una zebra. Impacchi freddi. Mi masturbo e poi mi addormento. In piena notte mi arriva SMS.
-”Piaciuto?”
-”Tantissimo”.
-”Il sublime piacere del dolore”.
-”La nostra cocaina Padrone”.
-”Sì”.
scritto il
2025-05-24
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