Notturno

di
genere
tradimenti

Appoggio sul comodino il libro che ho finto di leggere per dieci minuti, spengo la luce, saluto con il monotono bacio della buonanotte e mi giro sul fianco chiudendo gli occhi in un falso sonno.
Torno a quel pomeriggio con il pensiero e la pelle già eccitata. Oggi l’ho incontrato per la quarta volta, un mese dal primo contatto in quella chat per cuori solitari, rifugio vero di uomini e donne alla ricerca di emozioni nuove che vecchi compagni non hanno più voglia o non sono più in grado di dare.
Due primi incontri per caute e poi sempre più ardite manovre: un caffè, un sorriso, qualche parola, una mano stringe una mano, poi un bacio sfiora le labbra, una lingua prende contatto, un bottone slacciato, poi due, un seno, un eccitato capezzolo, un cazzo eretto ancora nascosto sotto il tessuto ma dai confini che presto si svelano alla mano curiosa.
Poi un motel di periferia, abbastanza squallido in verità. Ma che importa, basta che sia pulito e discreto. Una stanza a piano terreno, il posteggio per l’auto davanti alla porta. Meglio evitare incontri inattesi. Persiane chiuse, nessun armadio. A che serve un armadio per coppie che qui si nascondono solo per poche ore di sesso. Un piccolo bagno con una minuscola doccia, un letto a due piazze con vecchie lenzuola che hanno conosciuto molti corpi diversi e da molti piaceri sono state macchiate. Un grande specchio sul soffitto a rimandare immagini nude e film triti e ritriti di amplessi sempre uguali e sempre diversi.
La prima volta con un uomo diverso. L’emozione, l’ansia e la curiosità spaventata. Le sue mani, rivelatrici di molte esperienze, esperte hanno tolto gli indumenti scelti con cura al mattino. Avrei voluto spegnere quella luce che illuminava i difetti di un corpo che comincia a mostrare i segni del tempo. Ma sapevo che lui voleva vedere quello che si celava sotto quei pantaloni, sotto quel reggiseno e quei piccoli slip di cotone.
Ho chiuso gli occhi sulla mia nudità, ho lasciato che le mani mi stringessero i seni e mi schiudessero le cosce. Ho tremato quando una bocca e una lingua sconosciute hanno esplorato la mia intimità già ricca di tiepido miele. A occhi chiusi ho sentito che si svestiva, una camicia levata, una cerniera abbassata, la fibbia della cintura. Ho immaginato lo slip aderente che a stento conteneva il cazzo già duro. Poi ho aperto gli occhi e l’ho visto ergersi già prepotente tra il riccio e scuro pelo.
“Prendilo! Toccalo!” Ho allungato una ancora timida mano e l’ho accarezzato. Più sicura poi l’ho afferrato, circondandolo a fatica con le dita, grosso, più di quello cui sono abituata da tempo. Le cose hanno preso il verso che entrambi volevamo. Si è steso sopra di me, mi ha afferrato le gambe appoggiandole alle spalle, è entrato dentro di me, scivolando con facilità nella mia figa dilatata e bagnata. L’ho guardato negli occhi, mi guardava. Non c’era amore nei nostri sguardi, solo voglia e desiderio lascivo.
Mi ha penetrato a fondo con ritmo crescente. Le gambe scivolate a circondare i suoi fianchi per farlo entrare ancora di più, fin dove era possibile, fin dove arrivava. Ho cominciato a sentire il piacere farsi largo nella mia mente e spalancarmi davanti l’abisso del primo clandestino orgasmo. Lui mi guardava ansimando con rauchi respiri e io godevo afferrando con dita nervose il folto pelo del suo torace. Un orgasmo infinito, profondo, ho tremato, gridato forse, non ricordo.
Dopo un tempo che sembrava eterno lui è scivolato fuori da me, ha appoggiato il cazzo ancora duro sul mio ventre. Abbassando una mano, l’ho preso, era bagnato ma non aveva ancora goduto. Ho guardato i suoi occhi ancora eccitati, mi sono chinata per prenderlo in bocca, un sapore diverso, non conosciuto. Ho accarezzato l’asta con la lingua, ho imparato a conoscere le vene che corrono lungo il dorso, sono arrivata al cercine scoperto, ho aperto le labbra e finalmente l’ho accolto. I miei occhi nei suoi. “Sto venendo” ha sussurrato, l’ho guardato, lui sapeva di poter godere nella mia gola.
Aveva un buon sapore, era caldo e copioso. L’ho lasciato finire, poi è scivolato fuori. Sono rimasta a giocare con il cazzo che perdeva lentamente vigore e ho pulito le ultime gocce. Almeno questo lo so, che agli uomini, a tutti, piace vedere che non ne vada persa una goccia. Mi sono passata la lingua sulle labbra sporche di lui e ho sorriso. Sembrava contento di quella prima volta con una quarantenne annoiata.
Oggi l’ho incontrato di nuovo. Conosco il suo corpo, ormai conosce il mio, i miei segreti, i miei desideri. Solo poche ore fa il suo cazzo era dentro di me. Oggi ha violato il mio fiore segreto che mio marito ha posseduto rare volte. Ma con lui è diverso, mi fa sentire puttana, gliel’ho anche detto già dalla seconda volta in quella squallida stanza.
“Mi fai sentire troia, puttana. Mi fai morire!” gli ho detto quando ha appoggiato la punta del cazzo al mio ano ammorbidito dall’unguento profumato. Lui ha spinto, si è fatto largo. Un subitaneo dolore. “Rilassati” mi ha detto ed è entrato lentamente ma senza fermarsi. Ho allungato una mano sotto di me a cercare il bocciolo eretto, con il pollice ho preso a strofinarlo con crescente energia mentre lui finalmente era tutto dentro di me.
Mi sono sentita piena di lui. Ho inarcato la schiena, mi sono appoggiata al letto in ginocchio per prenderlo ancora di più, per agevolare i suoi movimenti e quelli delle mie dita dentro di me. Le spinte si sono fatte violente, il dolore è diventato godimento inarrestabile. Dopo un tempo breve e infinito lui è venuto riempiendomi il ventre del bollente piacere. Ha aspettato che io finissi, ha aspettato fino a sentire i rantoli che ormai conosce, le piccole grida, il mio “Vengo” quasi urlato “Non uscire adesso”.
Poi si è levato e si è disteso al mio fianco. Con la mano gli ho accarezzato il petto giocando con il suo torace, la mano è scesa a incontrare il giocattolo di carne ancora pulsante e ancora eretto. Con il pollice ho sfiorato il meato urinario, ho raccolto le ultime gocce di sperma. Le ho portate alla bocca, un sapore diverso, un sapore strano che può anche piacere se superi il disgusto di quel confine. L’altra mano ha lasciato il nido di miele, ha seguito la traccia di sperma che colava dallo sfintere dilatato.
Ora, con gli occhi chiusi, distesa sul fianco, fingendo un sonno che non arriva, lo sento ancora dentro di me, sento ancora pieno il mio ventre, le labbra di nuovo gonfie di voglia. Lui spegne la luce sul suo comodino, si gira nel letto. “Ma dormi sempre??!!” mi sussurra all’orecchio. Sa che non dormo, vuole fare l’amore.
Appoggia il cazzo eretto sulla mia schiena. Poco dopo mi afferra le spalle e mi mette a sedere sul letto. Nel chiarore lunare che entra dalla finestra con le serrande alzate mi sfila dalla testa la camicia da notte. I seni dondolano morbidi e pieni davanti ai suoi occhi, si china a succhiare con noiosa lentezza i capezzoli che bramano invece morsi feroci e dita cattive. Si leva i boxer, il cazzo è già pronto. Mi prende per i capelli e mi spinge con tacito invito. Appoggio le labbra sul glande scoperto e pulsante, lui lo spinge in bocca. Lecco e succhio un sapore diverso. Lo voglio far finire così. Lecco, succhio, lo graffio con i denti. Mugola di piacere ma non gli basta.
Mi gira prona e prende a scoparmi con violenza insolita mentre un dito esplora profondo l’altro mio fiore ancora un po’ dilatato. I seni oscillano al ritmo dei suoi colpi dentro di me. Poi tutto finisce, improvviso come è cominciato. Scarica il suo sperma, lo sento colare caldo dalla vagina in mezzo alle cosce.
Si lascia cadere supino sul letto, in silenzio. Lo spio, ha gli occhi aperti fissi al soffitto. Mi sembra di sentire il rumore dei suoi pensieri. Ha capito. Ha toccato il fiore aperto, violato da un altro. Non volevo che soffrisse per me, forse avrei dovuto sottrarmi al suo desiderio stasera. Il silenzio tra noi si prolunga, sappiamo entrambi che l’altro è sveglio. Gli prendo la mano, è sudata. “Hai un altro?” mi chiede senza voler davvero sapere.
Rimango in silenzio, non so cosa dire. Confessare o negare. Un lungo sospiro. Con forza torna sopra di me, poi mi gira prona. Il cazzo è di nuovo eretto. Mi entra nel culo senza fatica. Puro sesso violento, mi scopa come fossi una troia. Mi chiama puttana, mi morde sul collo, mi stringe un seno. Una mano mi afferra i capelli, mi tira indietro la testa, inarco la schiena. Sto per godere di nuovo. Sudo anche se non mi sembra di avere caldo. Non soffoco il verso che mi esce di gola quando il cervello mi esplode nel nuovo lungo orgasmo.
Mi riempie di nuovo il ventre come il mio amante del pomeriggio. Poi si lascia andare sopra di me. Lo sperma caldo scivola fuori dall’ano e va a mescolarsi con i miei umori mielosi. Sento lo sfintere contrarsi e cominciare a rilassarsi dopo la penetrazione. Ho la testa confusa, il cuore rallenta, il respiro si fa più profondo. Frammentari irrompono i ricordi e le immagini delle due penetrazioni subite, due cazzi diversi, due piaceri intensi e diversi. Ho gli occhi chiusi, non voglio finire. Paura del dopo, dell’alba, del nuovo giorno.
Sento tiepide gocce cadere sul collo, mescolarsi al mio sudore. Forse piange. Non si può tornare indietro.
scritto il
2024-02-27
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