Tra le righe dei loro sguardi
di
Lumi
genere
saffico
Titolo: "Tra le righe dei loro sguardi"
Era un martedì pomeriggio qualunque, di quelli in cui l’aula studio sembrava sospesa tra il silenzio e l’elettricità.
Daphne era seduta a una scrivania d’angolo, le cuffie calate sul collo, gli occhiali leggermente scivolati sul naso e il libro di anatomia aperto davanti. I suoi occhi, però, non leggevano da almeno cinque minuti.
Li aveva su Iris.
Iris era entrata con passo sicuro, jeans neri aderenti, una camicia sbottonata quanto basta da lasciare intuire la pelle calda sotto. Si era seduta a due banchi di distanza, ma lo sguardo lo aveva posato subito su di lei.
«Sempre così concentrata, eh?» le aveva sussurrato con un sorriso sfacciato.
Daphne si era sentita arrossire fino alle orecchie.
«Sto studiando...» aveva balbettato, ma la voce le era uscita più sottile del solito.
Iris si era limitata a sorridere, piegando la testa di lato.
«Sicura che non stai solo... osservando?»
Quel giorno fu l’inizio di un gioco. Ogni pomeriggio, uno sguardo di troppo. Una mano che sfiorava per caso. Un commento sussurrato a pochi centimetri dall’orecchio. Iris era fuoco vivo. E Daphne, nonostante la timidezza, imparava in fretta a rispondere a modo suo.
Fino a quel pomeriggio.
L’aula era quasi vuota. Il sole scendeva oltre i vetri, tingendo di arancio le pareti. Iris era seduta di fronte a Daphne, le gambe accavallate, la gonna corta, il sorriso di chi sapeva esattamente quanto potere aveva.
Daphne alzò lo sguardo.
«Perché lo fai?» chiese, con un filo di voce.
«Cosa?»
«Mi guardi così.»
Iris si alzò, lenta. Fece il giro della scrivania e si fermò accanto a lei.
«Perché tu mi guardi anche di più. Solo che pensi che non si veda.»
Daphne si voltò di scatto, cercando di nascondere il rossore. Ma Iris era già lì, in piedi dietro di lei. Le mani si posarono leggere sulle sue spalle.
«Se vuoi che smetta... dimmelo adesso.»
Silenzio.
Poi, un impercettibile cenno. No.
Iris si chinò, il fiato caldo sul collo di Daphne.
«Finalmente...» sussurrò.
Le mani scesero lungo le braccia, poi le afferrarono delicatamente i fianchi.
Daphne si alzò lentamente dalla sedia, voltandosi verso di lei. Il cuore le batteva come un tamburo impazzito, ma nei suoi occhi c’era luce nuova.
«Chiudi la porta.»
Iris lo fece senza esitare. Quando tornò, Daphne la guardava con un’espressione diversa. Timida, sì, ma determinata.
«Mostrami cosa volevi dirmi da giorni...» sussurrò.
Le labbra si cercarono, si trovarono. Il bacio fu prima lento, poi denso, profondo. Le mani di Iris scivolarono sotto la maglietta di Daphne, accarezzandole la schiena nuda, risvegliando ogni centimetro.
Daphne gemette piano, chiudendo gli occhi. Si lasciò condurre, ma non era più solo spettatrice: rispondeva, esplorava, mordeva appena le labbra di Iris con desiderio.
La scrivania scricchiolò sotto il loro peso. Iris spinse via i libri con un gesto deciso, senza smettere un attimo di guardarla negli occhi.
«Qui? Sul serio?» sussurrò Daphne, la voce rotta da un misto di incredulità ed eccitazione.
«Qui. Ora.» La risposta fu ferma, decisa, affamata.
Daphne si lasciò sollevare sulla superficie fredda del legno, i muscoli delle cosce che si strinsero istintivamente attorno alla vita di Iris. Il contatto tra i loro corpi era elettrico.
Iris si chinò su di lei e cominciò a baciarle il collo, leccandolo lentamente fino al lobo dell’orecchio, mentre con una mano le sollevava la maglietta.
Daphne si contorceva piano sotto le sue carezze, i capezzoli già tesi sotto il reggiseno, il respiro spezzato.
Iris glielo slacciò con una facilità sfacciata, facendo scivolare via anche quello. Le osservò il seno per un attimo, poi cominciò a baciarlo, le labbra calde e morbide attorno al capezzolo, la lingua che lo accarezzava a cerchi lenti.
Daphne gemette, portando una mano tra i capelli di lei, tirandoli piano.
«Ti voglio...» sussurrò, con voce rotta.
Le mani di Iris scesero rapide lungo il ventre, sbottonando i jeans di Daphne e facendoli scivolare lentamente lungo i fianchi.
Quando le sfilò anche le mutandine, la ragazza era già bagnata, visibilmente eccitata, le cosce tremanti.
Iris le accarezzò l’interno della coscia, prima con dolcezza, poi con più pressione, avvicinandosi sempre più al centro del suo piacere.
«Guarda come tremi per me...» sussurrò.
Poi, le dita la trovarono.
Un tocco prima lento, poi più deciso. Daphne si inarcò, trattenendo un gemito con il dorso della mano premuto contro la bocca. Iris la guardava mentre le dita si muovevano in profondità, mentre il pollice trovava il punto più sensibile e lo accarezzava con sapienza.
Ogni movimento era preciso, consapevole. Daphne non riusciva più a stare ferma — si muoveva sotto di lei, il corpo abbandonato al piacere, la pelle accaldata.
«Ancora... non fermarti...» ansimò, le mani che stringevano i bordi della scrivania.
Iris si chinò di nuovo, leccandola lentamente, mentre continuava a muovere le dita dentro di lei.
La lingua si muoveva con maestria, mentre i suoi gemiti si mescolavano a quelli di Daphne.
Questa sentiva il piacere montare come un’onda: le gambe che si irrigidivano, il respiro che si spezzava, gli occhi che si chiudevano stretti.
Poi esplose.
Un orgasmo violento, caldo, profondo.
Daphne gemette il suo nome mentre tremava, mentre il corpo le si contraeva attorno alle dita di Iris.
Quando si afflosciò, ancora tremante, Iris le accarezzò il viso e la baciò con dolcezza, le labbra ancora umide.
«Hai idea di quanto ti ho voluta?» sussurrò.
Daphne sorrise, le dita intrecciate alle sue.
«Adesso sì.»
L’aula era ancora silenziosa, immersa in quella luce del tardo pomeriggio che tingeva tutto di oro.
Daphne era sdraiata sulla scrivania, il petto che si alzava lentamente mentre cercava di riprendere fiato. I capelli spettinati, la pelle sudata, gli occhi socchiusi — sembrava fuori dal tempo.
Iris le accarezzava il ventre con la punta delle dita, disegnando cerchi pigri sulla pelle ancora calda.
«Stai bene?» sussurrò, con un tono così diverso da quello di prima: non più predatorio, ma dolce, intimo.
Daphne aprì gli occhi e sorrise.
«Non ho mai… fatto niente di simile. Mai sentito niente del genere.»
«Nemmeno io. Non così.»
Si baciarono di nuovo, stavolta con lentezza. Le labbra di Iris erano morbide, pazienti, e il bacio sapeva di gratitudine.
Daphne si tirò su a sedere, le gambe ancora molli.
«Devo sembrare uno straccio…» mormorò, tirandosi su i jeans con un sorrisetto stanco.
Iris la fermò, posandole una mano sul polso.
«Aspetta. Non ancora.»
Poi si mise in ginocchio tra le sue gambe.
Daphne spalancò gli occhi.
«Di nuovo? Ma io…»
Iris la zittì con un dito sulle labbra.
«Shh. Non devi fare niente. Lasciati solo andare.»
E così fece.
Iris si chinò, la lingua che ricominciava ad accarezzarla con estrema dolcezza. Non era più fame, era adorazione. Le sue labbra si muovevano lente, le dita leggere sulle anche, trattenendola mentre Daphne tremava di nuovo, incredula di sentire ancora così tanto piacere dopo quello che avevano appena vissuto.
Ogni leccata era lenta, precisa, come se volesse impararla a memoria.
Daphne ansimava, i gemiti più sommessi, più profondi. Le mani affondavano nei capelli di Iris, la schiena inarcata, la gola che lasciava sfuggire il suo nome, più volte, quasi a supplicarla di non fermarsi.
E di nuovo… esplose.
Questa volta fu più lenta, ma più profonda. Uno di quegli orgasmi che restano nei muscoli anche dopo che sono finiti, che ti fanno rimanere ferma a occhi chiusi per minuti, solo a respirare.
Iris si alzò, la prese tra le braccia e la strinse contro il petto, nuda, tremante e felice.
Rimasero così, sedute sulla sedia, Daphne tra le gambe di Iris, il capo poggiato contro la sua spalla.
«Sei una sorpresa continua, sai?» sussurrò la timida.
Iris sorrise.
«E tu… sei la mia rovina. Ma la voglio tutta.»
Un bacio sulla fronte. Una carezza sui fianchi. Un altro lungo silenzio.
Poi, da dietro la porta, si sentì un rumore.
Le due si guardarono, gli occhi allarmati.
Poi scoppiarono a ridere.
«Forse… è il caso di rimetterci i vestiti» disse Iris, stringendola ancora.
«Già. Ma domani… voglio un’altra lezione.»
L’aula era tornata silenziosa. Il sole era quasi scomparso dietro gli edifici dell’università, lasciando filtrare solo una luce tenue tra le tapparelle abbassate a metà.
Daphne era seduta accanto a Iris, i vestiti rimescolati in fretta, i capelli ancora spettinati, il viso arrossato.
Ridevano piano, complici, come se avessero appena compiuto un gesto folle — ed era proprio così.
«Non so come riuscirò a guardarti in facoltà domani senza pensare a quello che abbiamo fatto qui dentro…» disse Daphne, ancora con il cuore che correva.
Iris la guardò con uno sguardo che era già carezza.
«Io invece non vedo l’ora. Anzi, non smetterò un secondo di farlo.»
Daphne abbassò gli occhi, ma sorrise. Quella ragazza la metteva a nudo con un solo sguardo, e non solo nel corpo.
Poi si fece seria, anche se la voce era ancora morbida.
«Non è solo sesso, vero?»
Iris si avvicinò, le prese il viso tra le mani.
«Io ti desidero, sì. Ma non solo con il corpo. Ti voglio in tutti i modi. Voglio scoprire come sorridi quando ti addormenti, cosa sogni quando stringi le labbra studiando, come cambi umore al mattino. Ti voglio anche quando non ci tocchiamo.»
Un nodo salì alla gola di Daphne. Nessuno le aveva mai parlato così.
Si alzò in piedi, si avvicinò alla porta, poi si voltò verso di lei.
«Allora… non farmi aspettare domani. Vieni da me stanotte.»
Iris non rispose subito. Si limitò a raggiungerla e baciarla ancora, con quella lentezza nuova, quella che non aveva più fretta.
Quando si staccarono, le dita intrecciate, aprirono la porta dell’aula e uscirono.
Fuori era scesa la sera. Ma dentro… stava appena cominciando qualcosa.
Era un martedì pomeriggio qualunque, di quelli in cui l’aula studio sembrava sospesa tra il silenzio e l’elettricità.
Daphne era seduta a una scrivania d’angolo, le cuffie calate sul collo, gli occhiali leggermente scivolati sul naso e il libro di anatomia aperto davanti. I suoi occhi, però, non leggevano da almeno cinque minuti.
Li aveva su Iris.
Iris era entrata con passo sicuro, jeans neri aderenti, una camicia sbottonata quanto basta da lasciare intuire la pelle calda sotto. Si era seduta a due banchi di distanza, ma lo sguardo lo aveva posato subito su di lei.
«Sempre così concentrata, eh?» le aveva sussurrato con un sorriso sfacciato.
Daphne si era sentita arrossire fino alle orecchie.
«Sto studiando...» aveva balbettato, ma la voce le era uscita più sottile del solito.
Iris si era limitata a sorridere, piegando la testa di lato.
«Sicura che non stai solo... osservando?»
Quel giorno fu l’inizio di un gioco. Ogni pomeriggio, uno sguardo di troppo. Una mano che sfiorava per caso. Un commento sussurrato a pochi centimetri dall’orecchio. Iris era fuoco vivo. E Daphne, nonostante la timidezza, imparava in fretta a rispondere a modo suo.
Fino a quel pomeriggio.
L’aula era quasi vuota. Il sole scendeva oltre i vetri, tingendo di arancio le pareti. Iris era seduta di fronte a Daphne, le gambe accavallate, la gonna corta, il sorriso di chi sapeva esattamente quanto potere aveva.
Daphne alzò lo sguardo.
«Perché lo fai?» chiese, con un filo di voce.
«Cosa?»
«Mi guardi così.»
Iris si alzò, lenta. Fece il giro della scrivania e si fermò accanto a lei.
«Perché tu mi guardi anche di più. Solo che pensi che non si veda.»
Daphne si voltò di scatto, cercando di nascondere il rossore. Ma Iris era già lì, in piedi dietro di lei. Le mani si posarono leggere sulle sue spalle.
«Se vuoi che smetta... dimmelo adesso.»
Silenzio.
Poi, un impercettibile cenno. No.
Iris si chinò, il fiato caldo sul collo di Daphne.
«Finalmente...» sussurrò.
Le mani scesero lungo le braccia, poi le afferrarono delicatamente i fianchi.
Daphne si alzò lentamente dalla sedia, voltandosi verso di lei. Il cuore le batteva come un tamburo impazzito, ma nei suoi occhi c’era luce nuova.
«Chiudi la porta.»
Iris lo fece senza esitare. Quando tornò, Daphne la guardava con un’espressione diversa. Timida, sì, ma determinata.
«Mostrami cosa volevi dirmi da giorni...» sussurrò.
Le labbra si cercarono, si trovarono. Il bacio fu prima lento, poi denso, profondo. Le mani di Iris scivolarono sotto la maglietta di Daphne, accarezzandole la schiena nuda, risvegliando ogni centimetro.
Daphne gemette piano, chiudendo gli occhi. Si lasciò condurre, ma non era più solo spettatrice: rispondeva, esplorava, mordeva appena le labbra di Iris con desiderio.
La scrivania scricchiolò sotto il loro peso. Iris spinse via i libri con un gesto deciso, senza smettere un attimo di guardarla negli occhi.
«Qui? Sul serio?» sussurrò Daphne, la voce rotta da un misto di incredulità ed eccitazione.
«Qui. Ora.» La risposta fu ferma, decisa, affamata.
Daphne si lasciò sollevare sulla superficie fredda del legno, i muscoli delle cosce che si strinsero istintivamente attorno alla vita di Iris. Il contatto tra i loro corpi era elettrico.
Iris si chinò su di lei e cominciò a baciarle il collo, leccandolo lentamente fino al lobo dell’orecchio, mentre con una mano le sollevava la maglietta.
Daphne si contorceva piano sotto le sue carezze, i capezzoli già tesi sotto il reggiseno, il respiro spezzato.
Iris glielo slacciò con una facilità sfacciata, facendo scivolare via anche quello. Le osservò il seno per un attimo, poi cominciò a baciarlo, le labbra calde e morbide attorno al capezzolo, la lingua che lo accarezzava a cerchi lenti.
Daphne gemette, portando una mano tra i capelli di lei, tirandoli piano.
«Ti voglio...» sussurrò, con voce rotta.
Le mani di Iris scesero rapide lungo il ventre, sbottonando i jeans di Daphne e facendoli scivolare lentamente lungo i fianchi.
Quando le sfilò anche le mutandine, la ragazza era già bagnata, visibilmente eccitata, le cosce tremanti.
Iris le accarezzò l’interno della coscia, prima con dolcezza, poi con più pressione, avvicinandosi sempre più al centro del suo piacere.
«Guarda come tremi per me...» sussurrò.
Poi, le dita la trovarono.
Un tocco prima lento, poi più deciso. Daphne si inarcò, trattenendo un gemito con il dorso della mano premuto contro la bocca. Iris la guardava mentre le dita si muovevano in profondità, mentre il pollice trovava il punto più sensibile e lo accarezzava con sapienza.
Ogni movimento era preciso, consapevole. Daphne non riusciva più a stare ferma — si muoveva sotto di lei, il corpo abbandonato al piacere, la pelle accaldata.
«Ancora... non fermarti...» ansimò, le mani che stringevano i bordi della scrivania.
Iris si chinò di nuovo, leccandola lentamente, mentre continuava a muovere le dita dentro di lei.
La lingua si muoveva con maestria, mentre i suoi gemiti si mescolavano a quelli di Daphne.
Questa sentiva il piacere montare come un’onda: le gambe che si irrigidivano, il respiro che si spezzava, gli occhi che si chiudevano stretti.
Poi esplose.
Un orgasmo violento, caldo, profondo.
Daphne gemette il suo nome mentre tremava, mentre il corpo le si contraeva attorno alle dita di Iris.
Quando si afflosciò, ancora tremante, Iris le accarezzò il viso e la baciò con dolcezza, le labbra ancora umide.
«Hai idea di quanto ti ho voluta?» sussurrò.
Daphne sorrise, le dita intrecciate alle sue.
«Adesso sì.»
L’aula era ancora silenziosa, immersa in quella luce del tardo pomeriggio che tingeva tutto di oro.
Daphne era sdraiata sulla scrivania, il petto che si alzava lentamente mentre cercava di riprendere fiato. I capelli spettinati, la pelle sudata, gli occhi socchiusi — sembrava fuori dal tempo.
Iris le accarezzava il ventre con la punta delle dita, disegnando cerchi pigri sulla pelle ancora calda.
«Stai bene?» sussurrò, con un tono così diverso da quello di prima: non più predatorio, ma dolce, intimo.
Daphne aprì gli occhi e sorrise.
«Non ho mai… fatto niente di simile. Mai sentito niente del genere.»
«Nemmeno io. Non così.»
Si baciarono di nuovo, stavolta con lentezza. Le labbra di Iris erano morbide, pazienti, e il bacio sapeva di gratitudine.
Daphne si tirò su a sedere, le gambe ancora molli.
«Devo sembrare uno straccio…» mormorò, tirandosi su i jeans con un sorrisetto stanco.
Iris la fermò, posandole una mano sul polso.
«Aspetta. Non ancora.»
Poi si mise in ginocchio tra le sue gambe.
Daphne spalancò gli occhi.
«Di nuovo? Ma io…»
Iris la zittì con un dito sulle labbra.
«Shh. Non devi fare niente. Lasciati solo andare.»
E così fece.
Iris si chinò, la lingua che ricominciava ad accarezzarla con estrema dolcezza. Non era più fame, era adorazione. Le sue labbra si muovevano lente, le dita leggere sulle anche, trattenendola mentre Daphne tremava di nuovo, incredula di sentire ancora così tanto piacere dopo quello che avevano appena vissuto.
Ogni leccata era lenta, precisa, come se volesse impararla a memoria.
Daphne ansimava, i gemiti più sommessi, più profondi. Le mani affondavano nei capelli di Iris, la schiena inarcata, la gola che lasciava sfuggire il suo nome, più volte, quasi a supplicarla di non fermarsi.
E di nuovo… esplose.
Questa volta fu più lenta, ma più profonda. Uno di quegli orgasmi che restano nei muscoli anche dopo che sono finiti, che ti fanno rimanere ferma a occhi chiusi per minuti, solo a respirare.
Iris si alzò, la prese tra le braccia e la strinse contro il petto, nuda, tremante e felice.
Rimasero così, sedute sulla sedia, Daphne tra le gambe di Iris, il capo poggiato contro la sua spalla.
«Sei una sorpresa continua, sai?» sussurrò la timida.
Iris sorrise.
«E tu… sei la mia rovina. Ma la voglio tutta.»
Un bacio sulla fronte. Una carezza sui fianchi. Un altro lungo silenzio.
Poi, da dietro la porta, si sentì un rumore.
Le due si guardarono, gli occhi allarmati.
Poi scoppiarono a ridere.
«Forse… è il caso di rimetterci i vestiti» disse Iris, stringendola ancora.
«Già. Ma domani… voglio un’altra lezione.»
L’aula era tornata silenziosa. Il sole era quasi scomparso dietro gli edifici dell’università, lasciando filtrare solo una luce tenue tra le tapparelle abbassate a metà.
Daphne era seduta accanto a Iris, i vestiti rimescolati in fretta, i capelli ancora spettinati, il viso arrossato.
Ridevano piano, complici, come se avessero appena compiuto un gesto folle — ed era proprio così.
«Non so come riuscirò a guardarti in facoltà domani senza pensare a quello che abbiamo fatto qui dentro…» disse Daphne, ancora con il cuore che correva.
Iris la guardò con uno sguardo che era già carezza.
«Io invece non vedo l’ora. Anzi, non smetterò un secondo di farlo.»
Daphne abbassò gli occhi, ma sorrise. Quella ragazza la metteva a nudo con un solo sguardo, e non solo nel corpo.
Poi si fece seria, anche se la voce era ancora morbida.
«Non è solo sesso, vero?»
Iris si avvicinò, le prese il viso tra le mani.
«Io ti desidero, sì. Ma non solo con il corpo. Ti voglio in tutti i modi. Voglio scoprire come sorridi quando ti addormenti, cosa sogni quando stringi le labbra studiando, come cambi umore al mattino. Ti voglio anche quando non ci tocchiamo.»
Un nodo salì alla gola di Daphne. Nessuno le aveva mai parlato così.
Si alzò in piedi, si avvicinò alla porta, poi si voltò verso di lei.
«Allora… non farmi aspettare domani. Vieni da me stanotte.»
Iris non rispose subito. Si limitò a raggiungerla e baciarla ancora, con quella lentezza nuova, quella che non aveva più fretta.
Quando si staccarono, le dita intrecciate, aprirono la porta dell’aula e uscirono.
Fuori era scesa la sera. Ma dentro… stava appena cominciando qualcosa.
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