La Colf della Zia. III Parte.
di
Sir Wilfred
genere
etero
Un paio di giorni dopo i fatti narrati nella seconda parte di questo trittico, riuscii a partire pel meritato periodo di ferie estive.
Feci ritorno a Roma durante la prima decade di settembre, mentre la Zia Adele, come al solito, si sarebbe trattenuta sino all'autunno inoltrato.
Ripresi il tran tran quotidiano, ed anche settembre passò, nella più totale tranquillità.
Ricordo perfettamente che, quell'anno, avemmo una ottobrata decisamente atipica: ferme restando le splendide condizioni meteorologiche, le temperature iniziarono a calare fin dalla fine di settembre, costringendoci ad anticipare, di circa tre settimane, il cambio di stagione.
Nel pomeriggio di un giorno della metà di ottobre, mi ero recato presso lo studio di un Collega, per portare a termine una pratica, invero decisamente noiosa, quando, sostando in attesa dell'ascensore, incontrai Paulette.
Scambiati i dovuti convenevoli, mi informò che si era impiegata, "part time", in qualità di cassiera, in un grande magazzino e che, al momento, svolgeva anche le funzioni di badante di una povera anziana, completamente allettata, abitante al terzo piano
Poi, abbassata la voce, mi disse:
- Dalle quattordici alle ventuno, quando prende servizio l'infermiera di notte, sono completamente sola...
spero che tu abbia conservato il mio numero di telefono...
- Ovviamente...potremmo, già da ora, concordare per la prossima settimana...
E così fu.
Il successivo mercoledì, varcavo il portone dell'edificio.
Dissi alla portinaia, una donnetta con un aria tutt'altro che cerberesca, che avevo un appuntamento con il dentista e mi diressi, fortunatamente solo, all'ascensore.
Salii sino al terzo piano; quando fui di fronte alla porta dell'interno sei, questa subito si aprì su di un'entratura completamente buia: tutto, nel più perfetto stile "casa allegra".
Non appena ebbi chiuso la porta alle mie spalle, la luce si accese, rivelando un corridoio di non eccessiva lunghezza.
- Buonasera - disse, quasi bisbigliando, una voce femminile.
Mi voltai verso sinistra, e potei ammirare Paulette in tutto il suo splendore.
Indossava un completo mutandine, reggiseno, entrambi di colore nero, completato da velatissime, scure, calze autoreggenti.
Ai piedi, un paio di scarpe nere, décolleté, con tacco dieci.
Il reggiseno aveva le coppe completamente trasparenti ed il minislip, sia davanti che dietro, aveva la forma di una farfalla.
A tutta prima, le calzature suscitarono il me, vecchio frequentatore di "certi ambienti", una qualche titubanza: ma poi compresi. La lingerie, anche la più erotica, può, tranquillissimamente, essere occultata, anche sotto i più casti vestimenti: al contrario, ovviamente, delle altrettanto erotiche calzature.
A ciò, andava aggiunto che, le condizioni meteorologiche, non consigliavano più certe "nudità pedestri", a ben guardare, tipicamente estive.
Paulette aveva, infine, indossato un trucco decisamente sofisticato, ma assolutamente non volgare, nell'ambito del quale risaltavano, decisamente, le unghie, e le labbra laccate di un brillante rosso, tendente al cupo.
Teneva, il braccio sinistro, disteso in orizzontale all'altezza della spalla, ed aveva appoggiato la mano sinistra allo stipite della porta, mentre il suo braccio destro era rimasto lungo il corpo.
Ci guardammo, entrambi, negli occhi, poi Paulette venne verso di me, ancheggiando vistosamente, come mai le avevo visto fare in casa della povera Zia.
- Benvenuto, Sir Wilfred, meraviglioso stallone - disse, parlando sempre a voce bassa.
- Bentrovata, Madame Paulette, femmina come poche...
"Madame Paulette"... lì per lì non ci feci caso ma questo sintagma, riferito ad una donna presentatesi come appena narrato, contribuiva a conferire, a tutto l'insieme, un "arriere gout" che, la pur ottima Senatrice Carolina Merlin, di certo non avrebbe gradito.
Ci baciammo.
Fu un bacio, lungo e profondo, che rivelava, non solo il grandissimo desiderio carnale che pervadeva la donna, ma anche qualcosa in più: un sentimento arcano, segreto, che, nascente dai più occulti recessi del suo cuore, giungeva ad occuparne le membra intere, non solo fondendosi con la sua libidine, ma moltiplicandola all'infinito.
Mi prese per mano, guidandomi verso una stanza di media grandezza, "asetticamente" arredata. Notai il letto, ad una piazza e mezza, ove, ben presto, avremmo potuto "duellare" senza essere disturbati.
Mentre indossavo il "costume di Adamo", mi venne in mente che era giunto il momento perfetto per suffragare, oppure confutare, una certa idea che mi ero fatto di Paulette.
"In primis" mi guardai intorno, senza trovare alcunché di "sospetto"; ciò fatto, mi posizionai alle spalle della donna per sganciarle il reggiseno, mentre tutta la scena veniva riflessa nello specchio appeso alla parete, vicino alla porta.
La girai verso di me: Paulette mi baciò di nuovo per poi, del tutto spontaneamente, andarsi a sedere sui talloni e prendere in bocca il mio scettro, in erezione, ormai dolente, fin dal momento della sua "entrata in scena".
Cominciò a succhiarlo con una "professionalità" a dir poco sorprendente. Alla consueta libidine, si coniugava una sopraffina conoscenza dell'"ars felsinea", precedentemente del tutto inusitata. Non solo il magico sfarfallio della lingua indugiante sul meato e lungo il corpo del mio scettro, ma, soprattutto, la suzione vera e propria, portata avanti ora con levità, ora con maggiore impegno, ma senza mai "nuocere" al "paziente".
Ovviamente, avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio: mi sentivo sospeso nell'aria, circondato da una bianchissima, abbagliante, luce.
Quando le appoggiai le mani sulle tempie, ed iniziai a ritmare il suo operare, Paulette si accorse dell'approssimarsi dell'esplosione.
E lo "tsunami" avvenne: pene e cervello mi sembrarono deflagrare nel medesimo tempo e l'unica, lunghissima, emissione di seme, mi parve durare per l'eternità.
Temetti, per un millisecondo, di non uscire vivo da quell'esperienza ma poi, con l' esaurirsi dell'eiaculazione, tornai lentamente in me.
Ricordo di aver udito, distintissimamente, il rumore dei muscoli della gola di Paulette che, con avidità belluina, inghiottiva il mio seme.
Conservai l'erezione e, senza por tempo in mezzo, le feci assumere la posizione "a la levrette".
Ho un ricordo "cinematografico" del gesto che la donna fece nello sfilarsi il minislip: rivolse lo sguardo al pavimento, con inimmaginabile pudicizia, quasi fosse un animale da macello che accettasse il suo destino, da sempre conosciuto.
Entrai in lei e cominciai il coito, come sempre a velocità alternate.
La sua natura era abbondantemente irrorata di secrezioni, ed il mio scettro percorreva il suo corpo col minimo attrito.
Subito raggiunsi il clitoride e ne iniziai la stimolazione.
Paulette iniziò a fare risuonare la stanza di ansimati gridolini che si trasformarono in un sordo ululato quando entrai nel suo ano: il tutto, beninteso, senza tralasciare, neppure per un attimo, la sua turgida gemma.
Ricordo, a questo punto, al Lettore che, a differenza del coito vaginale, in quello anale non sono solito variare la velocità mantenendomi, costantemente, su livelli decisamente "elevati".
La seconda eiaculazione stava per arrivare ed io, fulmineamente, tornai ad entrare nella bocca della donna che, nel contempo, si era, nuovamente, seduta sui talloni.
Un paio di minuti ed, ancora una volta, esplosi.
Mi sembrò che, la quantità di sperma secreto, non fosse poi molto inferiore a quella della volta precedente.
Non ho alcun ricordo di ciò che accadde subito dopo: quando mi riebbi, mi trovavo sul letto, da solo, con tutte le mie articolazioni che protestavano in coro.
Da uno stanzino da bagno, che presunsi essere contiguo, sentivo scorrere l'acqua.
Paulette entrò, indossando un accappatoio bianco. La doccia aveva lavato via il trucco, ma non aveva intaccato la sua femminilità.
Si sdraiò accanto a me.
- Sei stato fantastico - mormorò.
- E tu sei una vera femmina...un vero e proprio animale da letto...ma come avrà fatto tuo marito?...
- Non lo so. A volte penso che...mmah!
Ci rivestimmo, mi accompagnò alla porta, ove ci baciammo ancora una volta.
Giunto a casa, prima di addormentarmi, meditai su quel pomeriggio, meditai su ogni gesto di Paulette che la mia memoria mi rimandava, quasi fosse stato da essa filmato, e giunsi ad una conclusione.
Lo "sfrenato bisogno" di Paulette di essere quasi una vera e propria schiava sessuale, nasceva dal complesso di colpevolezza nascente dal fallimento del suo matrimonio.
In altri termini, lei attribuiva a se stessa, al suo "modus gerendi", si noti: non solo sessuale, la conclusione del "ménage" coniugale con un uomo, all'atto pratico, assolutamente non degno di una tale donna e di una tale femmina.
A conti fatti, mi ripugnava, come mi ha sempre ripugnato, e mi ripugnera', di essere "usato", soprattutto a mia insaputa, vieppiù per una vendetta decisamente sporca, ammettendo, per ipotesi, che esistano mai vendette "pulite".
Decisi, per tanto, all'istante, di non continuare più ad essere suo complice in tutta questa complicatissima costruzione di sadomasochismo mentale, e cancellai il suo numero dalla memoria del telefonino.
Condendo la minestra della vita con il necessario pizzico di cinismo, Paulette non era, né sarebbe stata, l'unica e sola "operatrice sessuale" esercitante nel sistema solare.
Feci ritorno a Roma durante la prima decade di settembre, mentre la Zia Adele, come al solito, si sarebbe trattenuta sino all'autunno inoltrato.
Ripresi il tran tran quotidiano, ed anche settembre passò, nella più totale tranquillità.
Ricordo perfettamente che, quell'anno, avemmo una ottobrata decisamente atipica: ferme restando le splendide condizioni meteorologiche, le temperature iniziarono a calare fin dalla fine di settembre, costringendoci ad anticipare, di circa tre settimane, il cambio di stagione.
Nel pomeriggio di un giorno della metà di ottobre, mi ero recato presso lo studio di un Collega, per portare a termine una pratica, invero decisamente noiosa, quando, sostando in attesa dell'ascensore, incontrai Paulette.
Scambiati i dovuti convenevoli, mi informò che si era impiegata, "part time", in qualità di cassiera, in un grande magazzino e che, al momento, svolgeva anche le funzioni di badante di una povera anziana, completamente allettata, abitante al terzo piano
Poi, abbassata la voce, mi disse:
- Dalle quattordici alle ventuno, quando prende servizio l'infermiera di notte, sono completamente sola...
spero che tu abbia conservato il mio numero di telefono...
- Ovviamente...potremmo, già da ora, concordare per la prossima settimana...
E così fu.
Il successivo mercoledì, varcavo il portone dell'edificio.
Dissi alla portinaia, una donnetta con un aria tutt'altro che cerberesca, che avevo un appuntamento con il dentista e mi diressi, fortunatamente solo, all'ascensore.
Salii sino al terzo piano; quando fui di fronte alla porta dell'interno sei, questa subito si aprì su di un'entratura completamente buia: tutto, nel più perfetto stile "casa allegra".
Non appena ebbi chiuso la porta alle mie spalle, la luce si accese, rivelando un corridoio di non eccessiva lunghezza.
- Buonasera - disse, quasi bisbigliando, una voce femminile.
Mi voltai verso sinistra, e potei ammirare Paulette in tutto il suo splendore.
Indossava un completo mutandine, reggiseno, entrambi di colore nero, completato da velatissime, scure, calze autoreggenti.
Ai piedi, un paio di scarpe nere, décolleté, con tacco dieci.
Il reggiseno aveva le coppe completamente trasparenti ed il minislip, sia davanti che dietro, aveva la forma di una farfalla.
A tutta prima, le calzature suscitarono il me, vecchio frequentatore di "certi ambienti", una qualche titubanza: ma poi compresi. La lingerie, anche la più erotica, può, tranquillissimamente, essere occultata, anche sotto i più casti vestimenti: al contrario, ovviamente, delle altrettanto erotiche calzature.
A ciò, andava aggiunto che, le condizioni meteorologiche, non consigliavano più certe "nudità pedestri", a ben guardare, tipicamente estive.
Paulette aveva, infine, indossato un trucco decisamente sofisticato, ma assolutamente non volgare, nell'ambito del quale risaltavano, decisamente, le unghie, e le labbra laccate di un brillante rosso, tendente al cupo.
Teneva, il braccio sinistro, disteso in orizzontale all'altezza della spalla, ed aveva appoggiato la mano sinistra allo stipite della porta, mentre il suo braccio destro era rimasto lungo il corpo.
Ci guardammo, entrambi, negli occhi, poi Paulette venne verso di me, ancheggiando vistosamente, come mai le avevo visto fare in casa della povera Zia.
- Benvenuto, Sir Wilfred, meraviglioso stallone - disse, parlando sempre a voce bassa.
- Bentrovata, Madame Paulette, femmina come poche...
"Madame Paulette"... lì per lì non ci feci caso ma questo sintagma, riferito ad una donna presentatesi come appena narrato, contribuiva a conferire, a tutto l'insieme, un "arriere gout" che, la pur ottima Senatrice Carolina Merlin, di certo non avrebbe gradito.
Ci baciammo.
Fu un bacio, lungo e profondo, che rivelava, non solo il grandissimo desiderio carnale che pervadeva la donna, ma anche qualcosa in più: un sentimento arcano, segreto, che, nascente dai più occulti recessi del suo cuore, giungeva ad occuparne le membra intere, non solo fondendosi con la sua libidine, ma moltiplicandola all'infinito.
Mi prese per mano, guidandomi verso una stanza di media grandezza, "asetticamente" arredata. Notai il letto, ad una piazza e mezza, ove, ben presto, avremmo potuto "duellare" senza essere disturbati.
Mentre indossavo il "costume di Adamo", mi venne in mente che era giunto il momento perfetto per suffragare, oppure confutare, una certa idea che mi ero fatto di Paulette.
"In primis" mi guardai intorno, senza trovare alcunché di "sospetto"; ciò fatto, mi posizionai alle spalle della donna per sganciarle il reggiseno, mentre tutta la scena veniva riflessa nello specchio appeso alla parete, vicino alla porta.
La girai verso di me: Paulette mi baciò di nuovo per poi, del tutto spontaneamente, andarsi a sedere sui talloni e prendere in bocca il mio scettro, in erezione, ormai dolente, fin dal momento della sua "entrata in scena".
Cominciò a succhiarlo con una "professionalità" a dir poco sorprendente. Alla consueta libidine, si coniugava una sopraffina conoscenza dell'"ars felsinea", precedentemente del tutto inusitata. Non solo il magico sfarfallio della lingua indugiante sul meato e lungo il corpo del mio scettro, ma, soprattutto, la suzione vera e propria, portata avanti ora con levità, ora con maggiore impegno, ma senza mai "nuocere" al "paziente".
Ovviamente, avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio: mi sentivo sospeso nell'aria, circondato da una bianchissima, abbagliante, luce.
Quando le appoggiai le mani sulle tempie, ed iniziai a ritmare il suo operare, Paulette si accorse dell'approssimarsi dell'esplosione.
E lo "tsunami" avvenne: pene e cervello mi sembrarono deflagrare nel medesimo tempo e l'unica, lunghissima, emissione di seme, mi parve durare per l'eternità.
Temetti, per un millisecondo, di non uscire vivo da quell'esperienza ma poi, con l' esaurirsi dell'eiaculazione, tornai lentamente in me.
Ricordo di aver udito, distintissimamente, il rumore dei muscoli della gola di Paulette che, con avidità belluina, inghiottiva il mio seme.
Conservai l'erezione e, senza por tempo in mezzo, le feci assumere la posizione "a la levrette".
Ho un ricordo "cinematografico" del gesto che la donna fece nello sfilarsi il minislip: rivolse lo sguardo al pavimento, con inimmaginabile pudicizia, quasi fosse un animale da macello che accettasse il suo destino, da sempre conosciuto.
Entrai in lei e cominciai il coito, come sempre a velocità alternate.
La sua natura era abbondantemente irrorata di secrezioni, ed il mio scettro percorreva il suo corpo col minimo attrito.
Subito raggiunsi il clitoride e ne iniziai la stimolazione.
Paulette iniziò a fare risuonare la stanza di ansimati gridolini che si trasformarono in un sordo ululato quando entrai nel suo ano: il tutto, beninteso, senza tralasciare, neppure per un attimo, la sua turgida gemma.
Ricordo, a questo punto, al Lettore che, a differenza del coito vaginale, in quello anale non sono solito variare la velocità mantenendomi, costantemente, su livelli decisamente "elevati".
La seconda eiaculazione stava per arrivare ed io, fulmineamente, tornai ad entrare nella bocca della donna che, nel contempo, si era, nuovamente, seduta sui talloni.
Un paio di minuti ed, ancora una volta, esplosi.
Mi sembrò che, la quantità di sperma secreto, non fosse poi molto inferiore a quella della volta precedente.
Non ho alcun ricordo di ciò che accadde subito dopo: quando mi riebbi, mi trovavo sul letto, da solo, con tutte le mie articolazioni che protestavano in coro.
Da uno stanzino da bagno, che presunsi essere contiguo, sentivo scorrere l'acqua.
Paulette entrò, indossando un accappatoio bianco. La doccia aveva lavato via il trucco, ma non aveva intaccato la sua femminilità.
Si sdraiò accanto a me.
- Sei stato fantastico - mormorò.
- E tu sei una vera femmina...un vero e proprio animale da letto...ma come avrà fatto tuo marito?...
- Non lo so. A volte penso che...mmah!
Ci rivestimmo, mi accompagnò alla porta, ove ci baciammo ancora una volta.
Giunto a casa, prima di addormentarmi, meditai su quel pomeriggio, meditai su ogni gesto di Paulette che la mia memoria mi rimandava, quasi fosse stato da essa filmato, e giunsi ad una conclusione.
Lo "sfrenato bisogno" di Paulette di essere quasi una vera e propria schiava sessuale, nasceva dal complesso di colpevolezza nascente dal fallimento del suo matrimonio.
In altri termini, lei attribuiva a se stessa, al suo "modus gerendi", si noti: non solo sessuale, la conclusione del "ménage" coniugale con un uomo, all'atto pratico, assolutamente non degno di una tale donna e di una tale femmina.
A conti fatti, mi ripugnava, come mi ha sempre ripugnato, e mi ripugnera', di essere "usato", soprattutto a mia insaputa, vieppiù per una vendetta decisamente sporca, ammettendo, per ipotesi, che esistano mai vendette "pulite".
Decisi, per tanto, all'istante, di non continuare più ad essere suo complice in tutta questa complicatissima costruzione di sadomasochismo mentale, e cancellai il suo numero dalla memoria del telefonino.
Condendo la minestra della vita con il necessario pizzico di cinismo, Paulette non era, né sarebbe stata, l'unica e sola "operatrice sessuale" esercitante nel sistema solare.
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