La vera storia di BARBARA (il dopocena)

Scritto da , il 2022-11-22, genere etero

Una vecchia fiamma mi ha invitato a cena con degli amici.
Piove e comincia a fare freddo in questo ultimo mese dell’anno.
Arrivo sotto casa sua e ci trovo nella penombra una figura alta imbacuccata in un parka lungo, dal cappuccio enorme gocciolante, che sta cercando tra i campanelli un nome che evidentemente non sta trovando.
Mi avvicino con l’ombrello e chiedo cortesemente se posso aiutare: Il parka si volta e mi ritrovo a guardare, all’altezza dei miei, due meravigliosi occhi azzurri ed un sorriso scintillante di donna. Resto per una frazione di tempo immobile a guardarla, così alta e sfolgorante. Lei mi chiede se conosco una certa Evelina che abita lì, ma di cui lei non conosce il cognome.
Certo: Lina è l’amica che mi ha invitato a cena!
Suono il campanello e dopo poco il portone si apre. Faccio entrare la donna misteriosa e scuotendo l’ombrello dico due parole sul tempo da lupi della serata. Lei si abbassa il cappuccio del parka dicendo che sono solo due gocce, lasciandomi basito per la chioma bionda e mossa perfettamente asciutta.
Che biondo splendente: sono affascinato.
Lei sorride accecandomi con la sua bellezza acqua e sapone.
Mentre saliamo in ascensore cerco di dissimulare il mio interesse e le guardo le scarpe: porta due scarponcini da montagna alti alla caviglia in cui ha infilato i jeans che si sono solo leggermente bagnati.
Al piano Lina ci accoglie allegra e festosa come suo solito: ogni volta che la vedo mi torna in mente il profumo fragrante della sua passera acerba, dal sapore dolce, che le laccavo per ore intere (ah, che bei ricordi adolescenziali!).
Mi tolgo il giubbotto nell’ingresso e lo appendo all’attaccapanni per poi aiutare subito con galanteria antiquata la bionda attraente, riuscendo a farmi sgocciolare sui pantaloni la pioggia rimasta a goccioline sul tessuto impermeabile.
Mentre le sfilo il parka ammiro i capelli voluminosi che le coprono appena le spalle.
Poi scopro un maglioncino rosso sottile e attillato sopra a dei jeans elasticizzati a vita bassa.
I jeans sono aderenti e le fanno due gambe lunghissime; le fasciano un culo ampio dai glutei definiti, allungati e ben sollevati, di quelli ben allenati. Anche il maglioncino corto è aderente ed evidenzia due spalle larghe ed una vita particolarmente sottile, che si intravede nuda sotto il tessuto: si vedono i pelini biondi alla base della schiena subito sopra la divisione tra le chiappe. Com’è alta! Si volta per ringraziarmi e mi destabilizza la vista di un seno esagerato, veramente imponente che lei mostra con disinvoltura e audacia. Che gran pezzo di figa!
Il maglioncino a collo alto le fascia il petto rendendolo così evidente da lasciare sbalorditi.
Il reggiseno lo delinea e lo definisce bene e gli conferisce una bella forma tondeggiante.
“Sono Barbara” mi dice rompendo un incantesimo che mi incollava lo sguardo alle sue tette: con il seno di quella portata deve essere abituata agli sguardi distratti degli uomini:
Ogni tanto, mentre si muove, le si scopre la pancia piatta e si intravede un ombelico allungato perfetto. Impossibile distogliere lo sguardo dal suo culo armonioso o dalle sue grosse tette prominenti se non per guardarla ridere: ha una risata cristallina durante la quale scuote la testa e muove i capelli ondulati.
Lina, con il solito fare imperioso, dice ad ognuno di noi dove si deve sedere ed io mi ritrovo accanto a Barbara desideroso di conoscerla meglio.
Durante la cena è allegra e brillante e parla della sua passione per la montagna e, anche se è una sportiva, scopro che ama la lettura ed il cinema.
Mi alzo e vado in cucina per aiutare Lina con le portate: come il solito ha esagerato col cibo.
Lina ridacchia e mi dà un colpetto con l’anca: “Ti ho messo accanto una bella compagnia, vero?”: sorrido senza rispondere, ma capisco meglio la situazione.
Tornando al tavolo, mi ritrovo a sbirciare, sotto la schiena inarcata, il perizoma nero di Barbara che fa capolino dalla vita bassa dei jeans che scoprono inoltre l’attaccatura tra i glutei: nei boxer mi si muove un fremito.
Il tiramisù fatto da Massimo, l’amico gay di Lina, è strepitoso e me ne servo una seconda porzione mentre Barbara non l’ha toccato. Le chiedo se è sicura di non volerne assaggiare neanche un po’, mentre continuo a portarmene cucchiaiate cariche alla bocca. Allora lei mi ferma il braccio e mi prende delicatamente la mano con cui stringo l’ennesima cucchiaiata, la ruota leggermente e, sporgendosi verso di me, con lo sguardo fisso negli occhi, ingoia il tiramisù con lentezza calcolata, succhiando piano il cucchiaino con le labbra serrate.
Schiocca la lingua sul palato e mi dice che ho proprio ragione: il tiramisù è buonissimo.
Oh, cazzo! Ma questa è un miracolo della natura! Le guardo la bocca esterrefatto mentre lei mi sorride anche con gli occhi.
Dopo qualche grappa la cena si conclude ed usciamo sotto un diluvio intenso.
Barbara è venuta da Lina facendo un lunghissimo tratto di strada a piedi (le piace camminare), e tornerebbe pura a casa a piedi, ma adesso la pioggia battente è veramente forte e mi dà l’occasione di offrirle un passaggio: è sempre un’ottima scusa. Nel breve tragitto fino alla macchina siamo fradici, o meglio io sono fradicio, mentre lei con il parka pesante subisce di meno la furia del temporale. Giunti a casa sua spengo il motore e avvio una timida discussione un po’ goffa, forse dovuta anche dal fatto che ho un po’ freddo con i pantaloni bagnati e le scarpe allagate.
“Vuoi salire?” mi chiede con un sorriso meraviglioso: sono perduto nei suoi occhi azzurri!
Appena tolto il parka si sfila gli scarponi e si avvia lungo il corridoio dicendomi di levarmi le scarpe per favore.
Arrivata in fondo al corridoio accende la luce nella stanza e senza curarsi minimamente di me, si sbottona i jeans e se li sfila lanciandoli poi con un calcio verso non so dove.
Ha due gambe portentose, con le cosce solide allungate ed i polpacci ben torniti con le caviglie adeguate alla sua altezza. Si gira appena per cercare qualcosa e vedo finalmente le sue chiappe muscolose e toniche che esplodono dal perizoma nero: gonfie e prorompenti dietro e leggermente incavate di lato. Uno spettacolo tanto intenso quanto fugace. Si infila dei grossi calzini di lana ed esce dalla mia visuale.
Mi precipito a togliermi le scarpe ed i calzini fradici mentre, ripensando alla recente visione delle sue gambe nude e del culo da urlo, attendo la sua ricomparsa e accolgo con gioia il calore del riscaldamento a pavimento.
Si riaffaccia in corridoio abbottonandosi un camicione enorme, largo e lungo, a riquadri scozzesi rossi e verdi, che le arriva a mezza coscia: anche così infagottata riesce ad essere sexy mostrando solo le gambe tornite ed i capelli biondissimi. Cammina leggera su dei bellissimi piedi nudi.
Mi chiede come mai sono ancora con i vestiti bagnati addosso e, con fare teatralmente deciso, comincia a spogliarmi partendo dai pantaloni zuppi che sbottona senza fretta e abbassa accovacciandosi, sfilando prima una gamba e poi l’altra. Li mette sulla spalliera di una sedia per poi sedersi sul divano con i talloni sotto al sedere. Mi chiede se voglio il plaid che mi sta porgendo ed io lo prendo meccanicamente leggermente stordito dalla rapidità con cui si sta evolvendo la situazione.
Mi siedo accanto a lei e appoggio il plaid appallottolato sulle gambe.
Lei mi guarda con gli occhioni azzurri, poggiandomi una mano sulla spalla, dicendomi che, se non ho intenzione di usare il plaid, forse è meglio metterlo da parte: così lo afferra con l’altra mano e lo lancia sulla poltrona accanto.
Si avvicina e mi bacia piano, carezzandomi la guancia. Lascio che i suoi baci mi catturino completamente e ricambio con l’ardore dovuto la dolcezza della sua lingua delicata. I capelli biondi sono in contrasto con i colori scuri della camicia, I baci cominciano a farsi più succosi, con la sua lingua che stuzzica prepotentemente la mia e, dopo avermi sfilato agilmente il maglione. mi succhia forte la lingua.
Fuori imperversa un tempo infame, con la pioggia che batte molto forte sui vetri. Sbottonandomi la camicia, mi morde il labbro, e mi bacia il collo, i pettorali, mi lecca i capezzoli, me li succhia e me li morde.
Abbandona il divano e mi sfila i boxer con decisione mentre sono seduto: ho il pene ancora barzotto, che risente ancora del freddo patito prima.
Sprofondato nel divano, cerco di immaginare le forme sexy sotto il camicione largo informe che indossa mentre le accarezzo le gambe dalla pelle calda.
Finalmente si alza in piedi davanti a me, mi sovrasta e mi guarda con un sorriso malizioso mentre si sbottona la camiciona di flanella che apre con disinvoltura e fa cadere a terra dietro di lei.
Che visione divina quelle tette maestose, grosse e pesanti, gonfie e tese, con le areole piccole e rosate e i capezzoli non troppo prominenti.
Le sue tette sembrano proprio due ogive, due grosse bombe cariche di sesso che si protendono gonfie verso il basso e che potrebbero forse esplodere da un momento all’altro. Scorro con lo sguardo lungo le curve di quel corpo scultoreo: la pancia piatta e la fica da i peli biondi appena curati da cui si dipartono due gambe dalle cosce infinite e poderose, allungate e stranamente eleganti. Le gambe di Barbara sono da copertina.
Mi guarda, con le mani sui fianchi, cosciente e orgogliosa di tanta, abbondante bellezza.
Mi sollevo e mi siedo sul bordo del cuscino con la schiena eretta. Le cingo la vita splendidamente sottile e le bacio timidamente l’addome liscio con baci lenti e cauti assaporando la compattezza dei muscoli e pelle levigata.
Lei mi lascia fare tenendo le dita infilate nei miei capelli facendoli scorrere attraverso. Le mie labbra si schiudono e comincio a leccarle la pelle intorno all’ombelico e sui fianchi senza darle tregua. Sollevo gli occhi verso il suo viso e incrocio il suo sguardo eccitato che comunica libidine pura nel momento in cui lei, sollevandosi con le mani le grosse tette, si comincia a leccare alternativamente i capezzoli usando tutta la superficie della lingua allargata. Lustrare le spolette delle bombe ha innescato le procedure di lancio del mio razzo. Guardando quelle grosse tette sospese e la sua lingua scivolare sui suoi capezzoli, comincio a carezzarle contemporaneamente quei bei glutei alti e allenati, scivolando su una pelle che sembra di velluto. Il mio uccello recupera rapidamente il terreno perduto e si gonfia sempre più ad ogni pulsazione del mio cuore che sta pompando come un matto, mentre le continuo a tastare il culo divino e sfiorare con le labbra i peli biondi e setosi della fica. Le accarezzo ora le cosce interminabili e compatte e le stuzzico l’esterno della vulva rosea. Mi capita spesso, in questa fase, di sentirmi nel dubbio di cosa carezzare le splendide, lunghe cosce o le chiappe sode e salde, baciarle la pancia o il seno, tastare il culo o le tette, leccarle i capezzoli o la fica … Bisognerebbe sdoppiarsi o, magari, triplicarsi pure.
Guardo la sua figa bionda e appena decido di allungare la lingua per infilarmici dentro, Barbara si discosta, si inginocchia e mi spinge, appoggiando le mani sul mio petto, ad appoggiare di nuovo la schiena. Io mi rilasso, abbandonato tra i cuscini e innalzo il mio sesso eretto verso l’alto con un chiaro, quanto superfluo invito.
Socchiude gli occhi azzurri, come fanno i gatti, mentre si succhia un capezzolo e poi l’altro, mostrandomeli diritti e protesi come i due inneschi delle due bombe. Quanto mi eccitano i capezzoli lucidi su quelle testate atomiche.
Spinge dai lati una tetta contro l’altra sollevandole un po’ come puntandomi addosso quella dolce minaccia esplosiva; poi mi si avvicina e divarica i seni ed accoglie il mio cazzo teso tra di loro, lo avvolge schiacciandolo in quell’abbondanza e comincia a far scivolare le tette con le mani lungo l’asta che scompare in quel bendidio.
Lei si china appena e si appropria della mia cappella con le labbra succhiandomela con decisione facendola gonfiare di più. Il peso delle sue tette su di me è pura libidine.
In che gran bella cornice si trova il mio cazzo fortunato: due tette smisurate, una bocca calda ben serrata sul glande, due occhioni azzurri socchiusi e una chioma bionda sciolta che ondeggia. Assaporando la vista di queste due poppone dedite al mio cazzo e la bocca che mi sta spompinando con maestria, devo confessare che potrei ricredermi sulle “spagnole”, per le quali non ho mai avuto un debole.
Mi sta succhiando il cazzo con lo stesso ritmo con cui preme, solleva e riabbassa le bocce gonfie su di me.
Mi allungo e afferro le due tette che sono grosse, ma consistenti e dure, e la invito a porgermele, avvicinandole alla mia bocca. Impossibile riuscire a tenerle con una mano: decido di tenerne una con due mani e spremerla bene mentre le roteo la lingua sull’areola che si solleva e si gonfia insieme al capezzolo. Quanto sono grosse, dense: queste tettone sono quasi ingestibili. Mi alzo e la prendo per mano per portarla verso la camera, ma giunti là, mi fermo per abbracciarla e baciarla. Così, con le tette premute sul mio torace, mi sento più a mio agio e riesco a sfregarle la cappella fuori dalla sua fica bionda, con il membro stretto tra le cosce serrate, mentre le afferro e le massaggio a piene mani il culo che ha una consistenza inaudita. Le plasmo quel culo con foga mentre lei mi infila lingua in bocca: ora mi sto arrapando come si deve. La giro e le infilo il cazzo di nuovo tra le cosce facendo scorrere l’asta contro il suo clitoride, ma senza penetrarla. Le afferro i seni con le mani e li comprimo, li sollevo, li divarico, li strizzo e tiro i capezzoli, li tasto come un selvaggio, mentre mi si indurisce il cazzo, li schiaccio tra di loro strapazzandoli, li faccio sobbalzare e ondeggiare paurosamente, e poi sbatacchiare una tetta contro l’altra in un applauso giocoso che mi eccita e mi piace, abbinando la sensazione del suo sedere contro il mio addome, del mio uccello tra le sue cosce strette e le enormi tette nelle mie mani vigorose.
Lei sporge il culo verso di me con un segnale inequivocabile: le mie mani scivolano lungo la pancia compatta e le carezzano l’interno delle forti cosce divaricandole un po’ per andare a carezzarle la passera ormai calda e liquefatta.
Le mie dita scorrono tra le sue labbra e le sgrillettano il clitoride mentre lei si stringe da sola le tette e geme.
Implacabile, continuo a toccarla roteando le dita o facendole scorrere lungo lo spacco rovente e continuo a sfiorarle il clitoride con i polpastrelli anche quando le infilo il cazzo dentro, dolcemente. Ora le strizzo una tetta o le tiro un capezzolo mentre le titillo il clitoride e la pompo a stantuffo dentro la fica con il cazzo: sono arrapatissimo.
Barbara geme piano e sembra che stia già per godere sotto il fuoco di fila che, contemporaneamente, le stimola tutte le parti più sensibili del corpo. Appena però le lecco il collo, subito sotto l’orecchio, comincia a sentire l’orgasmo crescere ed espandersi dentro e gode, venendo con brevissimi mugolii ripetuti e piccole vibrazioni del suo ventre.
La sua fica si stringe a intermittenza sul mio membro mentre lo spingo con gusto e all’improvviso si rilascia e si allaga di umori abbondati che, in parte, colano fino alle palle, ed in parte, lungo le cosce di entrambi, scorrendo in rivoli caldi.
Non posso perdere la foga con cui la stavo scopando e la invito a sdraiarsi sul letto, dove lei si abbandona di schiena con le tette che le scivolano ai lati del torace verso l’esterno.
Tiene le braccia sollevate sopra la testa e mi accoglie dentro di sé con uno sguardo rilassato. Mentre recupero il ritmo della scopata, le tette cominciano a muoversi in modo leggermente scomposto, un ballonzolio che mi diverte oltre che ad eccitarmi. Ad ogni mio colpo di reni le sue tette rimbalzano. Le afferro e, da quanto sono grosse e dure, mi sembra di tenere due chiappe larghe per le mani; penso che Barbara ha due culi. Cerco di fermarle con le mani, ma sono troppo grosse e non riesco a tenere la posizione per scoparla a dovere. Queste mammelle inquiete sono quasi una distrazione e decido di variare posizione e girarla con dolcezza sulla pancia: le due tettone si schiacciano sul materasso e si gonfiano di lato ben visibili oltre la schiena. Ora mi eccito di più a vederle ferme e stabili così prorompenti. Le infilo di nuovo il cazzo nella fica calda e, con sommo piacere, guardo l’uccello scomparire dentro di lei subito sotto al culo che si contrae ad ogni spinta. Mi piace guardarle il culo che lei solleva ritmicamente per farsi scopare più a fondo. Le prendo le chiappe e le stringo di gusto mentre sento la cappella che le scivola dentro. Accelero e poi rallento di nuovo per non venire: mi voglio godere questa vista panoramica delle sue chiappe sode che prendo tra le mani e tiro a volontà: bam, bam, bam, come incassa bene i colpi di cazzo in quel fisico possente: che affondi goduriosi. Come piace a me, le infilo bene a fondo anche il pollice dentro il culo caldo. Sono al culmine dell’eccitazione quando lei geme fortissimo e comincia a venire dando il via alle mie intense sborrate che le spingo il più in fondo possibile nella fica rovente, di più e di più!

Con Barbara mi ci sono sollazzato parecchio nei mesi successivi senza mai però, con un certo rammarico, riuscire a fami dare il culo.
Confesso che solo dopo molta pratica ho preso dimestichezza con le sue tettone ad ogiva riuscendo a goderne meglio.
Con estrema soddisfazione.

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