Spero di non aver frainteso

Scritto da , il 2022-07-14, genere saffico

II Parte (confidando non ci siano problemi, stavolta)


Mi sveglio la mattina. La prima immagine che appare nella penombra è il cazzo del marito di Serena che tiene sollevato il lenzuolo. Be', un'immagine di notevole interesse. Però, memore di ieri, mi giro e c'è lei, coi triangoli bianchi delle tette in bella mostra. Al di là c'è mio marito, che noto perché ne sporgono i piedi fuori dal letto. Gli uomini respirano profondamente (mai dire che russano: loro NON RUSSANO MAI. Invece siamo noi donne che non russiamo. Meglio che lasciamo perdere, magari si offendono). Abbasso il lenzuolo e scopro via via la fanciulla al mio fianco. È una piacevole alternativa al trovarsi a provocare un maschio. Decido di svegliarla dolcemente. Accosto la bocca a un suo capezzolo e ne bacio delicatamente la punta. Passerò dopo in maniera più energica. Con una mano le accarezzo la passera, con l'altra comincio a giocare con un capezzolo. Ho voglia d'impegnarmi. Lei ha un gesto di rifiuto, ma se con le dita insisto a sfiorarle la passera, con l'altra mano stuzzico il capezzolo con più energia, con la bocca mi stacco e la poso sulla sua, che penetro con la lingua. Lei si muove, vedo la sua mano procedere verso il basso. Ha un sussulto quando scopre che non c'è cazzo al di sotto dell'ombelico, ma il contatto con i miei piercing e la mia figa generosa di succo la svegliano del tutto. I movimenti che prima erano pigri quasi al punto di sembrare forzati diventano spontanei e, quel che più importa, indiscreti. Acquistano entusiasmo diventando via via più coinvolgenti. Insomma, in breve ci troviamo a leccarci le passere con crescente soddisfazione, che i nostri gemiti rendono palese. Forse perché ieri sera abbiamo sfruttato a fondo le doti amatorie dei nostri mariti, loro continuano a dormire come se nulla stesse avvenendo. E sì che le nostre corde vocali non restano inattive. I nostri orgasmi, i nostri movimenti intensi e convulsi sembrano non sfiorarli nemmeno. Attutiti un po' gli stimoli e le esigenze della nostra passione, ci caliamo nella realtà e, nel lento riprenderci dalla piacevole battaglia, ci si presenta davanti la serie d'incombenze quotidiane. Sì, la colazione, ma soprattutto il lavoro, per tutti e quattro. Noi due femmine, vispe ed attive, non abbiamo grosse difficoltà ad ottenere un certificato di dismenorrea. Fasulla, è vero, ma è altrettanto vero che l'intensità dell'attività dei nostri mariti dentro di noi qualche traccia l'ha lasciata. E volete che andiamo al lavoro doloranti? Certo che no! Abbiamo bisogno di attutire gli eccessi di ieri. Ci massaggeremo per rilassare i nostri muscoli inguinali tanto affaticati. In ufficio la collega mi fa presente che solo dieci giorni prima mi stavo lamentando del ciclo. “Effetti dell'amore”, le spiego. Ride e approva. È l'unica che sappia che non sono un esempio di castità, ma non ci sono rischi di diffusione delle notizie: ci siamo colte reciprocamente sul fatto. Alla fine ci siamo fatte una risata e la questione è stata risolta.
I mariti mio e di Serena, invece, hanno un'aria tenera e mansueta. In pratica sembrano rincoglioniti. Precisiamo, se no si offendono: hanno l'espressione di chi opterebbe per un'alternativa meno impegnativa. Che, in verità, lo è molto di più. Noi due femmine abbiamo il calore in crescita e questo è più efficace delle trombe a Gerico.
Comunque loro, non potendo addurre pretesti dismenorroici (dubito che qualcuno li riterrebbe credibili. È vero che gli imbecilli sono tanti, ma fino... Ah, no! Sto per entrare in considerazioni politiche, meglio evitare), si limitano a raccomandarci di farci trovare integre e affettuose per il loro ritorno. Noi rispondiamo che sarà bene che tornino dopo un paio di litri di Red Bull accompagnati da cibo molto piccasnte. Saremo comunque più piccanti noi. La porta non è ancora chiusa che le nostre passere sono già aperte. Ci controlliamo subito, con scrupolo, passione e intensità, per esser sicure di poterci scambiare impetuose entrate delle dita. Fra un orgasmo e l'altro, suggerisco a Serena di raccogliere i nostri schizzi in una bacinella, per un brindisi serale. Trova l'idea interessante e ci diamo da fare affinché la produzione sia abbondante. La sete... non si sa mai che un giro soltanto sia insufficiente.
Non siamo macchine: la nostra è passione, non meccanicità o meccanismo. E allora qualche pausa ci sta. Serena estrae dalla sua borsa un paio di giocattolini sessuali. Ne parliamo un po'. Io apro il cassetto dei miei e prendo due ovetti vibranti. Poco prima avevo acceso il pc. Scelgo la cartella “Diario” all'interno di quella miei racconti. I file sono tanti. Lei guarda e mi chiede perché non ne pubblico di più. Per lasciare spazio e visibilità anche agli altri. Trovo disgustoso che le pagine di ER siano riempite da uno soltanto, che magari sarebbe meglio andasse a scopare il mare per come scrive. Questo senza volermi attribuire doti narrative. Lo dichiaro costantemente: scrivo come riesco. Le spiego che alcuni di quelli dell'elenco sono incompleti o devono essere rivisti, alcuni... be', ci sono limiti a tutto e se li pubblicassi qualcuno potrebbe pensare male di me (anche senza aver coscienza che sono molto peggio).
“Posso?” mi chiede.
Acconsento, ma a una condizione: lettura effettuata dal sintetizzatore vocale e un ovetto in figa a ciascuna. I telecomandi in sue mani, entrambi. Così non saranno i suoi commenti ad informarmi sul suo eventuale gradimento. Le letture si susseguono e le nostre manifestazioni d'affetto e passione ci fanno perdere il senso del tempo.
“Ma davvero hai fatto la squillo? Ma davvero sei stata a Cap d'Agde con Lara? Ma davvero ti hanno cacciata di casa perché ti hanno visto pomiciare con un ragazzo? Ma davvero...” Tante domande, a tutte rispondo (magari qualcuna di quelle pagine sarà pubblicata, quindi ometto anticipazioni), a molte che sì, è vero, ad alcune rispondo che si tratta soprattutto di fantasia. Gli ovetti vibrano indefessi, sempre più predaci dentro di noi. Il mondo assume per entrambe contorni confusi. Confusi come i nostri corpi. Ne abbiamo perso il controllo. Non capisco bene che cosa stiamo facendoci reciprocamente. Gli ovetti ci sbattono. Siamo già venute alcune volte; ora stiamo andando oltre. Tracolliamo. Ci abbracciamo e con piacevole ansia ci baciamo... Cerca di aprire un file piuttosto pesante, protetto da password. È sorpresa: mi chiede che cosa ci sia dentro. Gli altri erano tutti liberamente accessibili.
“Ciò che sta all'origine di un racconto che ho pubblicato tempo fa, Novilunio. Non ti dico la password“. (Così metto qualcosa di reale anche in queste pagine). Vedo che lei ci resta male. La mia negazione è categorica e il suo viso si rabbuia. Le lecco un capezzolo, le accarezzo l'altro. La conduco a pensieri diversi, le faccio esprimere soddisfazione a dispetto del mio rifiuto. Di nuovo rilassata la mia amica, decido di aprire un'altra cartella, magari quella delle foto. Oppure le mostro quelle che sono state stampate. Intanto la bacio, giochicchio coi suoi capezzoli. Questi non lasciano fraintendere: si rizzano e s'induriscono tanto che sembrano voler scoppiare. Appetitosi! Li succhio e li mordicchio. Mi sposto, le divarico le gambe, comincio a leccare mentre le mie mani continuano ad accarezzare quegli spuntoni gonfi e duri. Mormora che vuole ricambiare. Tutto passato. E adesso lasciatemi godere questo sessantanove.

poi magari continua.

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