Gli antichi e il rito delle sirene

Scritto da , il 2021-07-26, genere pulp

GLI ANTICHI E IL RITO DELLE SIRENE

e in quelle notti dove la luna traspira da una finestra impolverata
Quando la notte è uno specchio nel mare
Il mio cuore ribolle come un gorgo
attratto da un canto di sirene


1) Mare in subbuglio
Cazzo ci faccio qui, ad Inculandia, nell’estremo Nord dell’Europa, in mezzo al nulla?
Il peschereccio su cui sono, sobbalza paurosamente in mezzo al mare gonfio e incazzato. Oltre a me, sul legno in balia del temporale, c’è il capitano, un vecchio lupo di mare con la faccia cosparsa di peli ispidi che chiama barba, aggrappato al timone con una pipa incastrata tra i denti. Un incrocio tra papà Trinchetto di Braccio di Ferro e un motociclista degli Hells Angels.
Lì accanto, paludata in una tuta da lavoro, con casacca, maglione pesante, stivali di gomma e cappuccio tirato sulla testa, c’è il suo secondo, una ragazza da quello che ho capito, che non distinguo bene perché quello che ha addosso nasconde la sua forma. “Cosa la porta così lontano da casa, signor Salimbene?” chiede il capitano
Già, perché. Penso a Roberta, la segretaria che lavora al museo della mia città, conosciuta qualche mese fa, che mi parla di una cosa strana che ha letto su un giornale. Una nave mercantile infranta di prua su alcuni scogli. Equipaggio, nessuna traccia. Ma hanno rinvenuto abbondanti tracce di sangue in tutta la nave, come di qualcosa o qualcuno trascinato via. Pirati, hanno sentenziato le autorità. Le ipotesi erano quelle di pirati moderni che avevano assaltato, depredato e ucciso. C’erano 24 persone a bordo della nave. E tutto questo me lo ha raccontato una sera, mentre eravamo a casa sua, seduti sul divano, nudi a masturbarci a vicenda
“Lavoro per un giornale, in Italia. Mi occupo di fatti inusuali che accadono in giro” devo gridare perché la tempesta è così assordante, da impedirmi di sentire.
“E lei arriva dall’Italia, in questo schifo, per seguire una leggenda?” fa stupita la ragazza
“Rischi del mestiere”
Il mare si gonfia a dismisura. Si dilata. Un polmone nero fatto d’acqua, che nasconde chissà quali insidie “Non c’è nessun mistero. Queste acque sono insidiose e, se non le si conosce bene, si rischia di grattare sugli scogli”
“E’ questo quello che pensa? Che ha grattato sugli scogli?”
“Penso che la gente, quando non sa come spiegare le cose, le attribuisce a fatti che vanno oltre l’umano”
“Questo lo pensavo anch’io, fino all’anno scorso”
“Poi, cosa le ha fatto cambiare idea?”
“Se glielo dico mi prende per pazzo”
“Qui, la follia, va di pari passo la sanità mentale”
“Ho incrociato la strada con una Dea”
L’imbarcazione ha un sobbalzo. Io mi aggrappo forte mentre una spruzzata di acqua gelida ci finisce addosso. Lei perde la presa e mi finisce addosso. E io la sento premere forte e penso che sono un idiota a pensare di farmela, mentre sbattiamo come gusci di noci in una tormenta.
Quanto cazzo ci vuole ancora per arrivare dove dobbiamo arrivare? Lo penso e lo urlo. “Poco, credo”
Credo. La ragazza si scosta da me, scusandosi. “Figurati” mi viene da essere colloquiale “Come ti chiami?”
“Agnes” risponde lei. E’ una mia impressione, o c’è una luce strana nei suoi occhi “Agnes Larsen. Lui è mio zio, Gustaf”
Annuisco.
Superiamo una cresta che sembra più alta delle altre. Mi sembra di stare sulle montagne russe. Mi aggrappo a tutto quello che riesco a trovare. Agnes accanto a me sorride e dice “Ci vediamo dall’altra parte” e che cazzo! Non è una frase bella da dire ora…
La barca supera la cresta e, per una attimo, sembra rimanere sospesa nell’aria. Per un attimo, mi sembra anche che la tempesta si sia estinta. Ma non è così, è solo la situazione di vuoto che si respira attorno a noi. Agnes oscilla un poco e viene a premere contro di me. Sento che preme volutamente, al di là delle scosse dell’imbarcazione.
Poi, quasi in un’interminabile discesa spazio tempo, la barca ritorna a solcare le acque agitate del mare. Ora, la tempesta sembra meno arrabbiata di prima, nonostante i marosi continua a sballottarci a destra e a sinistra.
Intuisco delle luci a distanza. L’occhio di un faro taglia l’oscurità.
Sulla sinistra, un’isola oscura, che s’innalza dai flutti come un dente nero, fatta di rocce basaltiche. Siamo abbastanza vicini da notarne i contorni squadrati, le forme levigate della sommità, poggiate su blocchi di roccia nera a forma di cubi, esagoni. Gemme di basalto formatosi chissà quanti milioni di anni prima. Sull’isola si vede una macchia bianca di case ma non si riesce a distinguere se c’è vita o meno “djevelens øy” mi dice Agnes “O Dagons svarte tann. L’isola del Diavolo per alcuni, o il Dente Nero di Dagon”
Dagon, perché non mi è nuovo questo nome?
Ma, quello che sconcerta di più, sono l’immense pareti di roccia che si ergono alle spalle dell’isola. Appaiono così, sottili come illusioni nella nebbia. Alte oltre ogni immaginazione, basalto nero squadrato a forma di parallelepipedo, tutte addossate le une contro le altre, così lisce da lasciare intendere che siano state scavate dall’uomo. O da qualcosa di più antico.
Immense, al quale noi eravamo trascurabile pulviscolo. E l’isola ai suoi piedi, poco più di una capanna al cospetto di un grattacielo. Cerco di rammentare che montagne ci siano in quella zona del nord della Norvegia, così alti da rivaleggiare con l’Hymalaya in Asia ma, non me ne viene in mente nessuna. Però, se esistono come io le vedo, allora dovrebbero esserci.
Sto per chiedere ad Agnes spiegazione di quei giganti di pietra nera quando, il battello compie una brusca virata, per puntare nella direzione del faro. Questa volta sono io che finisco contro la ragazza, insistendo a premermi contro di lei e muovendo la mano a sfiorare una delle tette “Scusa”
“Nulla” sorride lei
La tempesta è svanita. Il motore del battello sbuffa come un vecchio catarroso. Il paese dove stiamo per attraccare si chiama Akvar, 350 abitanti, tutti dediti alla pesca. Di turisti ne vedono pochi nel corso dell’anno. Attracchiamo all’unico molo che si protende sull’acqua, la tempesta è un ricordo lontano “Ci sono solo io di forestiero qui?” chiedo
“No” dice Agnes saltando giù dalla barca “C’è un vecchio studioso inglese e una donna che proviene dall’Irlanda, una scrittrice”
“Un ragazza?”
“Sì, una ragazza” aiuta a scaricare i miei bagagli, solo una valigia con dentro qualche cambio d’abito e il mio PC con collegamento satellitare “Ti va una birra, dopo?”
“Sì, ne ho proprio bisogno dopo questa rumba” rispondo “Fame, soprattutto”
“Allora guarda. Hotel, taverna e pub insieme” dice lei facendomi strada.
Il paese è formato da una serie di casette bianche, addossate le une sulle altre, come mattoncini Lego , arrampicate su una roccia affusolata. C’è una piccola chiesa in legno sulla destra e il municipio sulla sinistra. In fronte, un edificio messo su tre piani con un’insegna in legno su cui è scritto LA SIRENA DEL MARE. Dal locale proviene della musica folk.
Agnes punta in quella direzione e apre una porta a doppio battente. Ci ritroviamo in un’anticamera di un pub. Oltre un arco c’è la taverna vera, dal lungo bancone in legno, i trespoli dove arrampicarsi e scolarsi birra. Tanti tavoli, gente del posto, con la faccia squadrata e incorniciata da barbe ispide, tutti avvolti nei loro pastrani da pesca, o in maglioni.
Sulla sinistra un banco che funge da receptionist, dove è comparsa una signora robusta dall’aria gioviale, avvolta da un maglione rosso e una gonna in tinta, più simile alla moglie di Babbo Natale che alla proprietaria di una taverna “Gerda Hanson” saluta Agnes e indicandomi “Il nostro ospite che viene dalla lontana Italia”
“Ma benvenuto. I turisti sono sempre i benvenuti qui, anche in questi periodi bui” parla un inglese grossolano, ma comprensibile, per mia fortuna “Primo piano, stanza numero 4” mi porge una penna e una chiave “Firmi qui, prego” mi gira il registro delle presenze.
Ringrazio e salgo nella stanza di sopra. Un corridoio lungo e stretto con il pavimento in legno ricoperto da una passatoia consunta color arancione.
Apro la porta. Dentro, carina, pochi fronzoli. Un letto ad una piazza e mezza, Un comodino con una lampada vintage. Un armadio, una cassettiera, uno scrittoio. Una porta sulla sinistra si apre su di un piccolo ma pulito bagno. C’è anche una finestrella che da la vista sul porticciolo.
Getto la valigia sul letto, la apro, cerco il PC. Mi connetto. No wi fii. Fortuna che ho un satellitare dietro. Qualche scarica e poi…

La faccia sbarazzina di Roberta che mi appare sul monitor. “Ciao, fatto buon viaggio?” ha le tette di fuori e me le fa rimbalzare come palle da tennis
“Uno schifo. Non ho mai visto tanto mare mosso in vita mia” che poi, mare mosso, era un eufemismo “Qui siamo in bassa stagione. Oltre a me ci sono altri due stranieri. Ma non sono qui per turismo, da quello che ho capito”
“Chi sono?”
“Una scrittrice e uno studioso”
“La scrittrice è carina?”
“Dicono”
“te la sei già fatta?”
“Non ancora”
Broncio
“Potevi venire anche tu” dico
“Ah, lo sai che con il museo. Siamo sotto organico. Poi, stanno per arrivare nuovi reperti” si stiracchia, mettendo in evidenza le sue tette. Sento l’uccello che mi preme sulla patta “Com’è l’isola?”
“Vuota, nera ed umida. Qui ci sono solo questi abitanti. Davanti a noi c’è un isolotto in basalto nero che sembra fatto con gli incisivi di un gigante. Credo sia disabitato. Ma, quello che impressiona di più, sono le montagne che stanno davanti al villaggio. Mai vista una conformazione così. Un muro altissimo di parallelepipedi neri”
“Come il Cammino dei Giganti che c’è in Irlanda. Sono formazioni di basalto alte tra i 12 e i 28 metri”
“Questi sono molto più alti. Mi sembra di stare davanti all’Everest”
“Che dici? Non c sono montagne così alte da quelle parti. La vetta più alta è il monte Galdhøpiggen (2 469 m)”
“Accidenti boh? Sarà stata un’allucinazione. In effetti, poco fa ho osservato fuori dalla finestra e non le ho viste”
“Sei rimasto vittima di una Morgana”
“Probabile. Adesso mi faccio una doccia veloce e poi vado a mangiare qualcosa”
“Ci sentiamo domani?”
“Domani”
“Non scopare troppo”
“Il giusto” sorrido e chiudo la comunicazione
Via, una bella doccia. E speriamo non sia fredda..

2)Agnes
Agnes è seduta al bancone e sta bevendo da una bottiglia di birra scura. Indossa jeans su un culo un po'’ largo e basso, gambe tornite con i gambali che s’infilano dentro stivali di cuoio. Ha un maglione di lana, più stretto di quello che indossava sul battello “Ciao” di faccia sembra un personaggio uscito da un cartone di Scooby Doo, con capelli crespi e ricci, tinteggiati di arancione, faccia cosparsa di efelidi e due incredibili occhi verde smeraldo nascosti dietro un paio di lenti quadrate alla Dafne . Robusta la ragazza ma, penso che un paio di colpi glieli darei volentieri “C’è una ragione particolare per cui tu mi stia guardando il culo?” chiede lei bevendo dalla bottiglia
“Veramente stavo guardando le tette” rispondo sfoderando il mio charme italico
“Tu sei un bel tipo. Scommetto che hai messo l’uccello in molti nidi, vero?”
“Non nego” mi stringo nelle spalle. Attiro l’attenzione del barman, un omone grande e largo, che sembra uscito da uno dei miti nordici vichinghi “Birra e filetti di tonno” torno a guardare lei “E tu, a quanti hai concesso l’uso del tuo nido?”
“Non sono una che faccia girare la testa ai maschi. Qui,il sesso è limitato”
“Beh, spudoratamente, ti chiederei di andarci a fare un giro in camera mia, dopo cena”
“Spudoratamente” bevve un lungo sorso “Sei in astinenza?”
“Da quando ho lasciato l’Italia” sorrido
L’oste ci porta da mangiare. Il più buon pesce che abbia mai mangiato Innaffiato da buona birra, il massimo “Raccontami di quest’isola”
“Il buco del culo del Mondo” si stringe nelle spalle “Siamo qui, isolati dal resto della civiltà. Non c’è nulla da fare qui. I rifornimenti ci arrivano una volta al mese. Ma a volte, siamo noi che dobbiamo andare a prenderceli. La gente che vive sulle altre isole, ha una certa remora a venire fin qui”
“Ma avete dei turisti, no?”
“Qualcuno arriva, giugno, luglio, agosto. Poi, si ritorna nella notte eterna e alla noia quotidiana”
“Dove sono le donne?”
“In casa a sbrigare le loro faccende domestiche”
“Pulire, riassestare, cucinare”
“Scopare” ride lei
“A proposito di questo..” faccio allusivo
Lei sorride “Vai avanti tu”
Finisco la birra, mi alzo, salgo al piano di sopra. Non aspetto molto. Lei arriva mentre sono sulla soglia, la vedo con lo sguardo invogliato. Penso: non l’ho mai fatto con una taglia forte.
Dentro, chiudo la porta, lei si è tolta il maglione: sotto non ha nulla, fisico un po'’ debordante, ossa e fianchi larghi, corpo morbido dove potersi perdere. Mi si avvinghia contro, le labbra premute sulle mie, la lingua che esplora la mia. Le mani strappano via i vestiti, accarezzano frementi, con violenza e scivolano, giù nei boxer.
Giù, sul letto, avvinghiati, pieni di energia, di voglia di fare, nudi, vogliosi. Cazzo duro dentro di lei. In quella morbidezza vaginale che sembra volermi risucchiare. E io affondo e mi lascio trascinare. Sesso selvaggio, corpi sudati, lenzuola che si attorcigliano. Io sotto e lei sopra. Viceversa, io sopra e lei sotto. Urla di piacere e la voglia di continuare a scopare fino a consumarsi. Da dove mi arriva questa voglia animalesca?
Al fine, sfiniti, soddisfatti, cadiamo uno accanto all’altro : “Mi hai distrutto il cazzo” commento ansante
Lei ride “Esagerato” si piega verso di me, si annida sul mio petto. C’è qualcosa di strano. La sento più fluida, più magra. I rotolini di cellulite che aveva sui fianchi non ci sono quasi più, le tette e il culo sono più sodi. Anche lei, in volto, sembra diversa “Ho voglia ancora”
“E da tanto che non cavalchi l’onda, eh?”
“Qualche anno. Ne avevo bisogno” si tocca tra le gambe “Non è bello che resta in secca per troppo tempo” mi tocca il sesso e ci gioca un po'’. Il brivido sale fino al cervello e i criceti cominciano a ballare. Voglia voglia voglia “Allora, che cosa farai ora?”
“Altro sesso?” chiedo speranzoso
“Affamato” sorride “Intendevo, come ti muoverai per il tuo articolo?”
“Non so, la storia del mercantile mi è passata in seconda zona. Magari parlo dell’isola, delle leggende, di come vivete qui” scivola sopra di me “Delle vostre Leggende sulle sirene”
“Sirene che con il loro canto ammaliavano i marinai e li invitavano ad infrangersi sugli scogli. E’ questo che facevano: incantavano, uccidevano, divoravano”
”Brr”
“Sono le leggende che ti hanno condotto fino a qui” si muove, il sesso brama ancora la sua voglia. Scivolo dentro, lei muove i fianchi in una danza sensuale. Non è più una valkyria che inneggia il canto del sesso. Ora è una sirena che ammalia con la sua danza e la sua voce.

E io che vengo rapito da immagini di luoghi lontani, di mari cupi le cui profondità nascondono luoghi inesplorati. La mia mente scivola fuori dal corpo, trascinato dalla nenia di una voce. Ora sono sull’acqua e corpi di femmine nude dalla coda di pesce mi accompagna verso un’isola. Denti di basalto, affilati come rasoi, mi sollevo dalle acque fredde e cammino insieme a loro, sulla scalinata coperta di alghe putride. Non un suono, un soffio di vento. Cammino per le strade lastricate di pietre levigate e conchiglie. Tra le case bianche dal tetto piatto, gli usci in legno, le finestre dipinte di azzurro scrostate di salsedine. Non un grido, un lamento. Non un richiamo di un pescatore che ritorna a casa. Non un grido di donna, il vagito di un bambino, o il miagolare di qualche gatto. Non un suono di carbone che arde nel caminetto, o il rumore del sesso consumato dietro i muri.
Solo il suono viscido dei nostri piedi sulle pietre consumate dal mare. Solo la putredine delle alghe rimaste per troppo tempo senza luce. E sopra di noi una luna opalescente, velata da nubi gonfie, che rischiara il nostro cammino fino alla fenditura tra i due picchi, quasi oscena in quell’oscurità.
Discendere tra di essi, fino alla culla della Terra,dove il Rito è agli albori..

Sei ragazzi, tutti giovani, tre maschi e tre femmine. Sono vestiti di bianco, un saio che arriva fino ai piedi, una corda di seta intrecciata come cintura. La testa è cinta da fiori bianchi e azzurri. Dentro una grotta il cui pavimento è fatta di roccia basaltica ricoperta di muschio nero fluorescente. Al di sopra di loro, un totem, con volti scolpiti che raffigurano creature sconosciute e orribili: una testa di polpo, una moltitudine di occhi, un muso di pesce
Una vecchia con una abito azzurro e una collana di conchiglie, gira attorno ai giovani spandendo nell’aria una polvere d’oro. Si mette a battere le mani nella’aria mentre un canto lamentoso si libra nell’aria.
I giovani vengono spogliati e restano nudi uno di fronte all’altro. Essi sono puri d’innanzi agli occhi degli Antichi. La vecchia gira attorno a loro, continua a danzare. Poi si blocca al centro del cerchio. Il segnale che i giovani posso iniziare il rito di accoppiamento.
I ragazzi adagiano sul muschio le loro compagne. Con il pene ingrossato entrano in esse. Loro gemono e afferrano il maschio. Incomincia la danza, onde sinuose accolgono i fianchi dei maschi. La vecchia immobile intona una nenia. Il canto fuori è un urlo, un lamento.
L’amplesso arriva al culmino, l’orgasmo si mischia ai lamenti. Ora giacciono sfiniti e soddisfatti accanto l’uno all’altro, mani strette, sguardi da innamorati.
Ora la vecchia si allontana.
L’immagine cambia, fluisce dentro un’altra immagine. Le ragazze hanno il pancione e sono a terra che gemono. I loro compagni accarezzano la testa, il volto. La vecchia sciamana aiuta a far partorire. In breve, i figli di quelle ragazze nascono. Le madri li prendono in braccio e li cullano amorevolmente.
Poi giungono degli uomini dalla pallida carnagione e strappano i bebè dalle braccia delle loro madri. Loro si oppongono, urlano, si disperano. I maschi vengono trafitti da lance, il sangue si mescola ai loro lamenti. E mentre gli uomini pallidi si allontanano con i nascituri e gli uomini si dissanguano a terra, le madri cadono a terra, si contorcono, le ossa si spezzano, i corpi mutano. Le gambe si fondono in un corpo di scaglie, una coda da pesce,le mani diventano artigli che raschiano il muschio, il volto è una maschera feroce di orrore e denti acuminati.
Il dolore e la rabbia, si avventano sui corpi sanguinanti dei loro sposi e ne fanno scempio. Poi la sciamana giunge dinnanzi a loro e alza un bastone nell’aria. Mormora parole antiche perse nella memoria dei primi uomini.
Le creature si contorcono e fuggono, strisciando fino ad un anfratto, sul cui fondo è l’acqua del mare
E gli infanti rapiti?

“Porco diavolo” esclamo alzandomi di colpo a sedere sul letto, la testa che mi gira “Che roba era?”
“Stavi sognando, stai bene?” la voce di Agnes mi risveglia dal torpore mentale, dallo strano sogno che ho avuto. Agnes è una siluette contro la luce incerta che attraversa la finestrella. E ora comprendo che qualcosa non va. Poiché Agnes è una leggiadra fanciulla dal corpo pieno e ben formato, niente ciccioli o forme morbide, ma curve degne da fotomodella e il volto più delicato della volta precedente “Ma chi..cosa diavolo sei?”

Lei si sposta dalla finestra e viene a sedersi accanto a me sul bordo del letto. Nuda, meravigliosa, tette piene e sode, ventre perfetto e il taglio tra le gambe perfettamente liscio “Quest’isola vanta una storia millenaria. Fin dalla notte dei tempi, creature leggendarie popolavano gli oceani e camminavano tra gli uomini. Alcuni di essi venivano venerati come Dei, altri erano angeli, altri demoni. Verità e leggende si fusero. All’alba dei tempi, creature di un altro Mondo e di un altro tempo, giunsero da noi e qui si stabilirono. Quando le creature dei miti e delle Leggende comparvero su questo pianeta, gli antichi abitatori erano vecchi di migliaia di anni. E i nuovi Dei e quelli vecchi, cominciarono una guerra . Alla fine, i vincitori sarebbero rimasti e avrebbero avuto il predominio di quel Mondo che stava per formarsi. Gli Antichi vennero sconfitti ma non se ne andarono come i nuovi Dei avevano sperato. Si rinchiusero in alte torri di basalto nero e nascosero la loro presenza agli esseri umani. E per secoli, nessuno seppe della loro esistenza. Fino a che..”
Già, adesso mi è più chiaro. Ecco dove ho sentito il nome di Dagon e degli Antichi “Fino a che, un uomo di nome Lovecraft non ne esumò il Mito”
“Hai letto le sue opere?”
“Sì, si può dire che sono un suo ammiratore”
“Lovecraft ebbe modo d’incrociare la strada di qualche antico. Ma non potendo rivelare al Mondo, trascrisse quello che aveva visto in racconti. Naturalmente, per tutti era un folle, un visionario ma, i suoi racconti vennero interpretati come tali e gli fruttarono un’enorme notorietà” ma tu guarda che vengo a scoprire
“Adesso mi vieni a dire che lui non è morto e che vive chissà dove”
“Non è sepolto a Providence, dove tutti pensano”
“E dove?”
“Nessuno lo ha mai saputo” un mistero che rimarrà insoluto per molti anni “Ma qualcuno disse di avere visto un uomo delle sue fattezze imbarcarsi su una nave con rotta norvegese”
“Quindi, torniamo ai vostri vicini di casa”
“Questa zona conobbe un lungo periodo di carestia. Il pescato diventava sempre più scarso e i pescherecci dovettero spingersi lungo la costa per trovare qualcosa. Con il pescato sempre più scarso, la gente dovette migrare verso le altre isole e lasciarono questa, sempre più sguarnita..
Se non che… Uno degli Antichi giunse nel nostro porto e propose un accordo. Ogni dieci anni, l’isola del diavolo sarebbe riemersa per ricevere il suo contributo. Un contributo che sarebbe stato versato a Lui, nella forma di tre fanciulle e fanciulli puri. Loro avrebbero concepito all’interno dell’isola e, alla fine della gestazione, i nascituri sarebbero andati all’Antico che governava quel tratto di mare”
“I maschi sacrificati nel sangue e le femmine trasformate in sirene” annuisco “Non era un sogno”
“No, era quello che ti ho trasmesso durante la fase del sesso” risponde Agnes “Mi riesce meglio così”
“Perché con il sesso trasmetti meglio ciò che vuoi raccontare?”
“no, perché è più divertente, non trovi?” e ride.
“Cosa succede agli infanti che portano via?”
“Diventano sudditi di Dagon. E le sirene nuotano in queste acque con i loro lamenti, gli stessi che i marinai udivano incantati e che faceva finire loro sugli scogli. Come il mercantile su quel giornale. Le imbarcazioni finivano sugli scogli e le sirene si avventavano sui marinai, divorandoli. Si dice che, i loro lamenti ammaliatori, siano i pianti di quei figli che hanno perduto”
“Non c’è modo di interrompere questa maledizione?”
“No”
“Ma non potete sacrificare i vostri ragazzi, così..”
“Se interrompiamo la catena, Akvar avvizzirà come un ramo reciso di un albero e tutto finirà” aria mesta, lacrime che scendono sulle guance.
Gliele asciugo e le prendo il mento tra le mani “Quanti sacrifici ancora?”
“Domani è l’ultima notte. Dopodiché, l’isola del Diavolo tornerà ad immergersi nei flutti e Akvar sarà tranquilla per i prossimi dieci anni”
“Nessuno si è mai ribellato a questo rito barbarico?”
“Sì, ma nessuno è mai sopravvissuto” mi abbraccia, sento il suo calore e il desiderio che rinasce in me “Se racconto di questa cosa, rischio di fare la fine di Lovecraft”
“Non accadrà” mi afferra il viso. Le tette, il ventre, la vagina contro di me. Turgido torrente di adrenalina. L’abbraccio forte, le strizzo le tette, le mordo i capezzoli. La sua vagina sembra divorare il mio sesso. Umido, caldo, possente. Inizia la danza, i fianchi di lei che si muovono, ipnotizzato, senza più controllo “Quindi, tu sei una sirena?”
“Una Marid”

3)Siobannon
Mi sveglio spossato ma felice. Una debole luce filtra dalla finestra. Sono solo nel mio letto, nudo. Mi alzo “Cazzo, Roberta!” accendo di volata il Pc e mi collego.
Roberta ha la faccia assonnata e mi fissa arrabbiata “Hai scopato”
“Ho intrattenuto rapporti con la fauna locale”
“Sì, immagino che ci siano anche lì le maiale” fa serafica “A parte scoparti i locali, cos’hai scoperto d’interessante?”
“Molto. Scriverò qualcosa e t’invierò il primo materiale prima di sera” mi alzo e vado in bagno. Lei commenta “Hai l’uccello arrossato. Ci hai dato dentro eh?”
Torno indietro “Ciao baby” chiudo il collegamento. Torno in bagno. Lavaggio veloce. Vestiti ok. C’è un biglietto sul comodino. E’ di Agnes e mi dice che ha preso il largo con lo zio e non tornerà prima di sera.
Perfetto, ho tutta la giornata per cazzeggiare e scoprire qualcosa in più su questa oscura leggenda. Lovecraft, Dagon, le sirene: ce n’è da venir matti.
La taverna è quasi vuota. C’è un signore alto e magro, fronte alta e spaziosa, occhiali argentati tondi. Aria distinta che si legge un giornale mentre fa colazione con tè e biscottini.
C’è una rossa mozzafiato che me lo fa venire duro all’istante. Capelli ramati lunghi fino alle spalle. Tette sode e vestiti che le vanno troppo stretti. Bel culo, anche se lo vedo di fianco, si vede che è bello sodo. Sta scrivendo su una tastiera del Pc, con una matita tra i denti e dei fogli li accanto dove, ogni tanto, ci scrive sopra qualcosa. Vestita come un cowboy, un po'’ troppo fuori luogo per quel posto di rudi pescatori.
Ordino un toast, due uova al tegamino e del succo d’arancia. Mi vado a sedere. Ho il portatile con me. Accendo e comincio a scrivere di getto quello che ho appreso delle leggende locali .
“Ciao, sei quello arrivato ieri sera?” la tipa strafica dai capelli rossi è in piedi di fianco a me e mi tende la mano
Mi alzo, gliela stringo “Valerio Salimbeni” mi risiedo “Signorina..”
“Siobannon O’Rurke”
“Pura Irlanda. Prego” le indico una sedia “Posso offrirti qualcosa da bere?”
“Mi butterò su una birra”
Mangio con voracità “Scusa ma, ho delle energie da recuperare”
“Sì, ho sentito” lei ride
Io mi blocco quasi imbarazzato “Ah, ehm… Sì?”
“Sì, pareti sottili, sai com’è”
“Non ti preoccupare. Sono una che si addormenta facilmente”
“Sì..dunque.. Sei qui da sola, Siobannon?”
“Sola soletta. Come te, del resto”
“Sì, sono un giornalista”
“Sì, lo so. Sei un cacciatore di Leggende”
“Come lo sai?”
“Ho un collegamento satellitare. Ho fatto qualche ricerca”
“Tu conosci me, ma io non conosco te”
“Scrivo libri, sono una giramondo. Mi piace andare in posti un po'’ isolati e misteriosi. Ti dirò, preferisco di più le zone calde ma… “
“Da quanto sei qui?”
“Sono arriva quattro giorni prima di te”
“Ti va di farti un giro fuori?”
“Perché no” ci vestiamo pesanti. L’aria, fuori è umida e il cielo ha un colore strano, giallo ruggine “Questo posto è deprimente. Fa venir voglia di rimanere chiuso in camera a sco..” non so perché ma, mi provoca imbarazzo “Insomma, non t’invoglia ad uscire”
Nel piccolo porticciolo non si vede anima viva, nessuna barca è ancorata ai moli. Tutti fuori a trovare la riccanza del pesce che Dagon dona a loro. Passiamo vicino ad una vecchia chiesa, con le assi inchiodate sulle porte “Dio non abita più qui” commenta Siobannon “Sai perché?”
“Immagino sia ai culti pagani che sopravvivono dai tempi”
“Culti pagani” sorride, mi prende a braccetto. Sento il suo corpo che preme insistente. Ma cosa ci faccio io alle donne da stuzzicarmi in questa maniera “Un tempo, gli Dei erano una realtà”
Una figura quasi eterea esce sul molo e punta verso la parte estrema di sinistra,protesa sul mare. Ha una lunga saia bianca, con cinte intrecciate di corde, o seta. Mi ricorda la vecchia vista nel sogno. Ha lunghi capelli biondi e la pelle colore del latte. Sotto braccio porta con sé una grossa arpa, però stretta, in legno scuro “Chi è quella?” chiedo
“Quella è Sylfra, una delle sciamane dell’isola” mi indica con la mano destra la punta destra del porticciolo, dove un’altra figura ugualmente vestita, si sta dirigendo verso la punta del molo più a nord “Lei è la sorella Freara. Loro hanno il compito di suonare durante tutta la durata del Rito”
“Tu sai del Rito?”
“Sono qui da quattro giorni. Ho fatto le mie ricerche”
“E suonare serve a ?”
“A tenere lontano Dagon dal villaggio”
“Ah, perché c’è il rischio che venga qui?” ci manca anche questo: un colossale dio pesce che si avventa su Akvar come Godzilla su una Tokio di cartapesta.

Mi trascina via. Un vento gelido a preso a spirare dal mare. I pesanti giacconi non servono a proteggersi e lo senti fino alle ossa “Lo sai, può sembrare un, hai qualcosa di già visto”
“Lo dici a tutte le ragazze che incontri, scommetto” sorride lei
“Ah no, per quello, sfodero il mio fascino” rido. Alzo lo sguardo, sulla scogliera che sovrasta il villaggio, c’è un mostro architettonico costruito da un architetto impazzito. Diversi stili, diverse linee , angoli, frontoni, gargoyle. Psycho, Addams, Silent Hill in un’unica abitazione “non l’avevo ancora notata” dico indicando la villa sulla cima
“Arkham” risponde Siobannon “Non quella di Batman”
“Ma quella di Lovecraft, lo so” rispondo “Chi ci ha abita? Nosferatu?”
“Ci abita il professor West. Horace P. West”
“West, come Herbert West Re animatore.” Qua si respira Lovecraft insieme alla salsedine
“Non è che anche tu..”
“Anche io?”
“Ti va di salire in camera mia?” si, sono sfacciato e me ne vanto


E via. Altro giorno, altra donna, altra superba scopata. Sono un sesso dipendente, non ci posso fare nulla.
Siobannan ha un fuoco che mi rimescola l’anima. Mi ricorda qualcuno di speciale che mi sono fatta qualche mese prima. Lo stesso impeto, la stessa passione, la stessa sensualità. Non furia selvaggia come Agnes, ma sensualità, erotismo, il corpo usato come strumento per massaggiare, le labbra che scorrono sulla pelle, la fica che struscia sul pene.
Sento le ossa che scricchiolano di piacere. E’ F-A-N-T-A-S-T-I-C-A-! La mia mente è in subbuglio, l’orgasmo fa male ma, ho una gran voglia di ricominciare.
Spossato e felice. Lei si alza ed entra in bagno. I rubinetti si accendono. Anch’io ho bisogno di una doccia rinfrancante. Mi alzo frastornato da tutto quel sesso. La stanza da bagno sembra Londra in pieno inverno. Una densa nube di vapore aleggia nello spazio angusto della stanza trasformata in una sauna.
“Ti piace bella calda, vedo” commento
Lei è poco più di una sagoma disegnata nel vapore. E di colpo realizzo dove ho già visto quella sagoma: in un altro tempo, in un altro luogo, in una sauna al cospetto di un faraone “Sharen Ra?” dico in un soffio
“Ah, ce ne hai messo di tempo, Valerio” risponde lei emergendo dal vapore





4)Horace West
Viene buio presto. La tenue luce gialla del pomeriggio, si trasforma in una cappa nera senza stelle. Il mare si gonfia le onde nere s’infrangono sui moli sballottando le barche dei pescatori.
Questa è la sera in cui Dagon avrà i suoi figli. E’ la notte in cui i veri padri di quei figli, verranno sacrificati alla base di quel totem osceno che raffigura gli antichi. E’ la notte in cui il mare accoglierà ancora una volta il canto delle sirene.
Agnes, nuda contro il mio corpo, mi abbraccia da dietro, le labbra che premono sul mio collo, la mano destra che accarezza il mio petto, la sinistra che gioca con il mio sesso. “Ti ha trattata bene Siobannan?” chiede lei
“Magnificamente” le afferro la mano destra, gliela bacio “Io e lei ci eravamo già incontrati”
“lo so. Me lo ha raccontato”
“Perché è qui? Non è un posto adatto a lei. Troppo umido e scuro”
“Lei era qui, quando l’isola nacque dal fuoco e si trasformò in basalto. Lei non te l’ha detto?”
“No, mi distraeva come stai facendo tu” tiro la testa all’indietro, appoggio la nuca alla sua spalla, lascio che i sui baci m’inebriano, lascio che le sue mani mi accarezzano. Penso che, ormai è scritto nel mio destino di giornalista ciulador. Interagire con creature sovrannaturali e finirci a letto. Sai che roba, se scoprissi che anche Roberta è una qualche forma di creatura assatanata.
“Mi piace distrarti” mi bacia ancora
“Non possiamo proprio fare nulla per quelle sventurate?”
“No, mi spiace” mi afferra e mi fa sdraiare sulla schiena. Mi cavalca, muovendosi con quella danza che solo lei o Siabannon sanno fare. Entro dentro di lei, sublime passione.
“nemmeno Siobannon? Lei è una dea”
“Ci sono delle leggi, delle regole” si adagia verso di me, i capezzoli duri che sembrano bucarmi la pelle “Se si infrangono, gli Antichi si rivolteranno contro di noi. E non parlo della sola nostra fine ma, di quegli orrori profondi che invaderanno il Mondo, divorandolo”
“Non è giusto”
“Ma è giusto”
Fuori, si leva una nenia melodiosa, dolce e struggente allo stesso modo. Le due sacerdotesse hanno iniziato il loro concerto, la barriera che terrà lontano Dagon da Akhvar
Non riesco a fare a meno di pensare a quelle sventurate creature che nuotano nel mare oscuro attorno all’isola del Diavolo. Il loro canto, la loro rabbia, la loro impotenza.
E dopo che il Rito sarà compiuto e l’ultima sirena sarà creata, l’isola del Diavolo sprofonderà nell’Oceano per altri dieci anni
“Ora rilassati” la voce di Agnes è suadente come la musica all’esterno. Musica e danza insieme. Orgasmo dilatato all’infinito.
Agnes accanto a me che mi sussurra “Torna da noi quando tutto sarà finito. Questa è l’ultima notte prima del ritorno degli Antichi. Torna da noi e godi delle giornate di sole, del profumo del mare, della felicità della gente. Torna da me e amami ogni volta che tu lo vorrai”

Fuori, il mare ribolle attorno all’isola. Come se una colossale creatura si stesse risvegliando. La taverna è semi deserta. C’è l’oste che, pigro pulisce il piano e lancia occhiate verso la porta.
Ho lasciato Agnes ha riposare in camera mia, mentre io son voluto scendere per comprarmi un paio di birra in attesa della fine.
Il professor West è seduto ad un tavolo, intento a compilarsi delle parole crociate sulla pagina del Times. Mi vede, mi fa un cenno. Mi avvicino “Professor West”
“Il signor Salimbene, presumo” si alza, mi tende la mano. Ha una stretta forte e decisa “Non abbiamo ancora avuto modo di parlare da quando è qui” mi fa cenno di accomodarmi. Il suo tono di voce è un ingleso perfetto, ricercato, accademico.
“Veramente, avrei qualcuno che..”
“Oh, penso che la signorina Agnes non se ne avrà, se ci intratteniamo a fare due chiacchiere” sorride sotto quella barba ispida color del bronzo “Non faccia quell’espressione.. Quest’hotel ha le pareti sottili”
“Già” imbarazzato mi siedo “Dunque, dottor West..”
“Mi chiami Horace, viene più colloquiale” sorride. Fa un cenno al barista, ordina delle uova crude e del carpaccio. Gliene portano accompagnate da fegatini e cervelletti “Dunque, Valerio, che idea si è fatto di Akhvar?”
“Non è un luogo dove trascorrere le vacanze”
“No, immagino di no. Meglio le Seychelles, o le Barbados”
“Lei come si inserisce in questa realtà dell’isola?”
Il dottor West non risponde subito, afferra un cervelletto con la forchetta e lo mangia, masticando con soddisfazione “Quanto le hanno raccontato Agnes e Siobannon?”
“Abbastanza per sapere che questo posto non mi piace”
Lui ride “Questo posto diventerà più vivibile già all’indomani” afferra un uovo crudo, se lo porta alla bocca “Quanto scriverà di quanto appreso in questi giorni di permanenza?”
“Non so cosa. Quello che qui avviene, al Mondo là fuori è pura fantascienza”
“Mi ricorda un po'’ il vecchio HP, lo sa. Lui era molto affascinato dalle usanze del luogo. Ne era estasiato. Ma, ahimè, la sua mente era troppo ristretta per assimilare tutto e… Beh, si sa come è finita”
“Lo avete ucciso voi?”
“Noi?No, per carità. Lui era un visionario, unico nel suo genere. La sua fantasia, la sua irrazionalità e razionalità, sono convertiti in un unico punto e, ha fatto tilt. I suoi scritti sopravvivono perché la gente è rimasta al fatto che siano racconti di fantasia” avvicinò l’uovo alla bocca. Una lingua appuntita saetta tra i denti e colpisce il guscio. Come una piccola pompa, si mette a succhiare il contenuto. Un moto di schifo e paura s’impossessa di me. West finisce di succhiare l’uovo e passa al secondo guscio. Riesco ad intravedere una seconda fila di denti, una caverna oscena di peduncoli e uncini. Finito con il secondo uovo, si pulisce le mani in un tovagliolo “Forse anche lei diventerà noto come il vecchio HP. Ma la domanda è: riuscirà a sopportare quello che ha visto o vedrà? Oppure finirà come HP, morto suicida in un manicomio?”
“Perché fate questo?” chiedo
“Perché? Ma, ora come ora non saprei darle una risposta precisa. Alla notte dei tempi, il nostro nettare era la paura che noi riuscivamo ad instillare nelle menti degli uomini. Divoravamo le loro menti, masticavamo la loro carne, succhiavamo le loro ossa. I nuovi Dei ci temevano, per questo esiste il Rito. E’ un modo per esorcizzare le loro paure e di tenerci alla larga. Ogni 10 anni, da millenni, noi torniamo e pretendiamo il nostro piccolo tributo” arraffò con le mani un animella e la masticò con ardore “Tre ragazze e tre ragazze giovani e pure, che dovranno concepire dei figli e offrirli in sacrificio a noi. Dagon si preoccuperà di donare loro dieci anni di florido pescato”
“Un anno di buio, dieci anni di luce” commento con voce incolore “Pretese troppo grandi”
“Vede, signor Salimbeni.. Valerio..Non è tanto la questione del sacrificio. Questo vostro Mondo, così meraviglioso e ricco, non ha bisogno della nostra minaccia per andare a fare in culo. Avvelenate i mari, violentate la terra, bruciate boschi, inquinate l’aria. Vi fate la guerra l’uno con l’altro per differenze religiose o politiche. Picchiate le vostre mogli, le tradite. Uccidete per pochi spiccioli,rubate, maltrattate. Siete un male nero che ammorba questo pianeta, vermi che scavano distruggendo. Voi stessi sarete la causa della vostra rovina. Noi possiamo fare quelli che vi daranno il colpo di grazia. Forse sarà tra un anno, o tra dieci, o tra mille. Ma, alla fine, la stupidità umana, sentenzierà la fine di questo Mondo” finisce di mangiare. Io non ho il coraggio di ribattere. In cuor mio so, che non ha tutti i torti. I veri mostri sono là fuori, che strisciano ogni giorno per le strade affollate di città e che minacciano le loro stesse esistenze.
Horace West si alza, si riassesta la cravatta e il bavero della giacca “Provi a tornare qui quando il cielo nero sarà sgombro. Oppure torni tra dieci anni e si faccia un’altra chiacchierata con me” si fruga nel taschino e appoggia un mazzo di chiavi sul tavolo “ Come feci con HP ai suoi tempi, le lascio le chiavi del mio Regno” ride “Mi riferisco alla villa che sovrasta il villaggio. Ci troverà molte cose interessanti” si volse verso l’oste, che s’irrigidisce quando West gli si avvicina “Il soggiorno del signor Salimbene sono sul mio conto” l’oste annuisce senza proferir parola. Mr West si volta verso di me e mi saluta come un lord di altri tempi “Piacere di averla conosciuta, signor Salimbene” si allontana, apre la porta e sparisce nell’oscurità del molo

Dalla mia camera, con Agnes, osserviamo fuori dalla finestra, le ultime note del Rito. Corpi bianchi, viscidi di acqua e alghe, si arrampicano sul molo. Sono creature dal volto orribile, la bocca di feroci denti, gli artigli che graffiano il cemento. Usano le code per muoversi e contorcersi sul suolo. Mr West è tra loro, sibilano e si ritraggono verso colui che le ha relegate a mostri per un anno in quelle acque.
E’ solo un attimo, lo sguardo levato verso l’alto, il suo volto si sfibra e si gonfia in una maschera grottesca: la testa di un polipo mostruoso, una bocca con denti e peducoli biforcuti. E gli occhi.. Gli occhi,anche a quella distanza, sono fuochi neri di un tempo così antico da perdersi nella memoria dell’uomo.
Davanti alla baia, il corpo gigantesco di un levitano dalla pelle bianca, nuota tra le acque ribollenti che l’isola sta generando. E’ solo un attimo e mr west è scomparso nei flutti del mare. E l’isola che s’inabissa nelle profondità dell’oceano, trascinando il suo carico di morte. Almeno per altri dieci anni.
Le sirene urlano il loro dolore, i loro corpi si spezzano e mutano. Ecco che la coda scompare sostituita da gambe. Ecco che gli artigli diventano braccia. Ecco che il volto mostruoso diviene quello di una fanciulla dai capelli biondi. Ecco che le donne perdute di Akhvar tornano a calpestare la loro terra sulle proprie gambe.

5) Conclusione
Tre mesi dopo, ancora in Italia, la mente un subbuglio di immagini che mi portano via il sonno. Ho ancora addosso l’odore di Siobannon e di Agnes. Ho la promessa di tornare a rivederle e di fare l’amore ancora con loro. E, nelle tasche della giacca, tintinnano le chiavi che Mr West mi ha donato
Solo con Roberta, mentre la sbatto nel culo nella solitudine del nostro mini appartamento. Qualcosa di vivo e vero che non sia una creatura sovrannaturale. Un ritorno alla normalità. Ma, dopo gli avvenimenti di Akhvar, credo che ‘tornare alla normalità’ sarà un’ impresa difficile.
Ripenso a Shareen Ra, alias Siobannon, al faraone, all’altra creatura chiamata Cherry Blue. Penso ad Agnes e alle donne di Akhvar. Penso ai loro figli smarriti e i loro compagni uccisi. Penso alla condanna che le vede protagoniste e mi chiedo se, un giorno, troveranno mai una fine al loro tormento
“Ehi, ti stai ammosciando?” protesta Roberta
La prendo e la giro “Mi è mancata la tua fica, lo sai?”
“E a me è mancato il tuo cazzo. Ora” dischiude le gambe “Dimostrami quanto ti sono mancata”

=FINE=


((Terzo capitolo della trilogia, preceduto da “Le ali della Fenice” e “Cherry Blue”.. Il seguito sarà la Polvere delle Fate

Qui ho ripreso il mito di Chtullu e dello sommo maestro Lovecraft e, lo intersecato con le sirene, rielaborando a modo mio. Naturalmente, l’erotismo c’è))














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