Le ripetizioni di Alice

Scritto da , il 2021-05-12, genere etero

Tempo addietro una vecchia amica di famiglia mi chiese di dare qualche lezione di diritto ed economica a sua figlia; entrambe le materie, infatti, sarebbero state oggetto della terza prova dell’esame di maturità e la sua piccola Alice faceva non poca fatica a guadagnarsi la sufficienza. All’epoca ero alla prima vera esperienza lavorativa all’interno di uno studio legale e la mia paga era quasi da fame, per cui accettai di buon grado l’offerta fattami.

Il primo incontro con Alice fu una vera sorpresa; non la vedevo da almeno dieci anni e quando entrai nella sua stanza per la prima lezione mi sembrò di essere davanti ad un quadro di Jackson Pollock. Il viso era dolce e illuminato da due meravigliosi occhi verdi, le sue labbra sembravano disegnate e aveva un nasino leggermente all’insù dal quale pendeva un piccolo piercing ad anello. I suoi lunghi capelli biondi erano raccolti in una serie infinita di treccine afro che quasi le arrivavano al sedere, alcune delle quali erano arrotolate e tenute su da una bacchetta cinese infilzata con forza nella capigliatura. Indossava solamente una maxi maglia bianca con una stampa dei Led Zeppelin, che le arrivava poco più giù del sedere e lasciava in bella mostra gambe lunghissime ed eleganti. Un vezzoso smalto blu cobalto adornava le unghie dei suoi piedi nudi, mentre un piccolo e coloratissimo tatuaggio floreale faceva capolino dal retro della sua caviglia sinistra. Alice era semplicemente bellissima, anzi un autentico incasinato capolavoro.

La prima lezione fu un vero disastro ma, con il passare dei giorni, le cose migliorarono molto e il mio lavoro da insegnante di ripetizioni si rivelò più semplice delle mie più rosee aspettative. Alice, infatti, era molto più sveglia di quanto pensavano i suoi genitori, anzi a giudicare dalla sua libreria leggeva molto più di me. Semplicemente amava scegliere su cosa spendere le sue energie intellettuali, e chiaramente preferiva la letteratura al diritto. Chiedeva di fare molte pause, che spesso occupava fumando alla finestra o davanti al telefonino a chattare con qualche ragazzo, ma nel complesso non ci furono problemi, al contrario apprendeva velocemente e i voti migliorarono quasi subito.

Dopo circa un mese il mio rapporto con Alice diventò molto schietto e confidenziale, spesso mi parlava delle sue storie e, ogni tanto, anch’io mi feci scappare qualche accenno piccante alle mie avventure. Una sera, dopo la nostra lezione, mentre stavo raccogliendo le mie cose per andar via, mi disse che aveva un appuntamento con un ragazzo che stava per arrivare e mi chiese se avevo voglia di aiutarla a scegliere cosa mettere. Senza pensarci troppo risposi di si e, un istante dopo, vidi Alice sfilare via il vestitino che indossava e dirigersi lenta verso l’armadio, vestita solo di un micro perizoma giallo limone. I miei occhi furono istantaneamente calamitati dal sinuoso incedere del sue natiche, reso ancor più maledettamente erotico da un intenzionale, sebbene leggerissimo, sculettio, che quasi mi tolse il respiro.

Alice estrasse due vestitini dall’armadio, ne mise uno al collo senza toglierlo dalla stampella e voltandosi verso di me disse: “che ne dici di questo?”. Le stava una favola, ma mi limitai a rispondere “molto carino!”. Tirò via il primo vestito senza girarsi e infilando il secondo intorno al collo mi chiese: “e questo?”. Quel suo gesto, innocentemente erotico, mi disvelò, solo per un istante, il suo seno leggero e perfetto, sublimemente incorniciato, nella parte inferiore, da un piccolo tatuaggio mandala che sembrava un ricamo. I suoi capezzoli, morbidamente trafitti da due piccoli piercing, sporgevano con esplicita irriverenza dal centro delle sue areole e sembravano implorare di essere morsi con crudeltà. “Mi piace di più il primo. Risalta i tuoi meravigliosi occhi” le dissi. Sorrise un pochino, poi si avvicinò e mi diede un piccolo bacio a stampo sulle labbra. La mia scelta le era piaciuta o forse le era piaciuto il piccolo complimento. Io invece ero tramortito, quell’innocente bacio, dopo la sua sfacciata esibizione di erotica bellezza, era un autentico pugno in faccia.

Alice tolse di nuovo il vestitino dal collo per riguardarli entrambi e questa volta mi concesse una visione molto meno fugace delle sue grazie. Un istante più tardi rimise davanti al suo bellissimo corpo il primo vestito e, rivolgendosi verso il grande specchio attaccato all’anta del suo armadio, tornò a donarmi il celestiale panorama del suo culetto. Come ovvio che fosse, iniziai ad avere una corpulenta reazione nei pantaloni, per cui mi alzai dalla sedia e concessi al mio pisello la comoda erezione che meritava. Alice intuì la mia patetica agitazione e quasi a voler rincarare la dose mi disse “ok, andata per il vestitino. Secondo te dovrei cambiare l’intimo?”. La mia risposta, a quel punto, fu l’unica possibile “…quale intimo?”. Non solo, infatti, il filo del perizoma scompariva del tutto tra le sue rotonde natiche, ma anche sul lato anteriore “Intimissimi” aveva decisamente risparmiato sulla stoffa.

Vidi Alice ridere attraverso lo specchio, poi si girò verso di me e abbozzò una risposta, ma in un attimo avevo ormai cancellato la distanza che c’era tra di noi e preso possesso delle sue labbra. La baciai avidamente, senza darle il tempo di capire, di obiettare. Quasi subito, però, mi separai da lei, temendo di aver fatto una cazzata; il suo sguardo era visibilmente stupito. Stavo per scusarmi; ero alla disperata ricerca di parole sensate da dire, ma Alice non mi diede il tempo di aprir bocca, sollevò leggermente le punte dei piedi e mi donò, ancora, il dolce sapore delle sue labbra. Dopo qualche secondo di voluttuosa lotta tra le nostre lingue fu, però, Alice a fermarsi e, con aria un spaventata, mi disse: “i miei sono fuori a cena, ma c’è mia sorella di là”. Quelle sue parole mi gelarono il sangue, poi aggiunse “meglio chiudere a chiave!”. Con due passi veloci arrivò alla porta, la chiuse e poi tornò maliziosamente sorridente verso di me, mi lanciò le sue braccia intorno al collo e mi saltò addosso. La tenni su avvinghiando le mie mani su quelle natiche che avevo tanto desiderato, poi scivolammo veloci verso il suo letto.

La misi giù dolcemente e, dopo averla ammirata per un istante, mi tuffai ingordo tra le sue cosce; non le tolsi neppure le mutandine per l’impazienza. Leccai con desiderio ogni centimetro della sua fica e lei si bagnò velocissima. Mi dedicai famelico al suo clitoride, titillandolo furiosamente con la punta della mia lingua, e poi raccolsi avido il prelibato nettare dimesso dalle sue piccole labbra cremesi. Alice Iniziò a mugolare sconsideratamente; la cosa si faceva pericolosa. Mi staccai mal volentieri dal suo frutto e le intimai di fare silenzio, ma non appena mi rituffai tra le sue gambe ricominciò ad ansimare rumorosamente e io fui costretto a fermarmi di nuovo. “Allora…vuoi stare un pochino zitta…”. Eccitata dalla mia lingua, e forse ancor più dal pericolo di essere sentita dalla sorella, Alice mi disse che proprio non le riusciva di godere in silenzio, per cui presi l’unica decisione possibile: le tappai con forza la bocca con la mia mano.

Tornai su di lei e iniziai a solleticare le tettine con la lingua, giocherellando sadicamente con i suoi piercing, mentre la mia mano libera da compiti di sorveglianza scivolò risoluta in mezzo alle sue cosce. Dopo qualche leggera carezza esplorativa la penetrai dolcemente con il dito medio, ma trovandola completamente fradicia aggiunsi prontamente anche l’indice, che lei accolse con un soffocato gridolino di piacere misto a dolore. Nel giro di poco il movimento lento e ampio delle mie dita la fece letteralmente impazzire. All’inizio cercò di controllare i suoi gemiti, ma non appena capì l’efficacia insonorizzatrice della mia mano sulla sua bocca si lasciò andare a urletti sempre più forti. Dopo un paio di minuti cambiai il ritmo della stimolazione e la reazione di Alice fu immediata. Bastò, infatti, solo qualche frenetica manipolazione sussultoria e lei iniziò a tremare, poi si aggrappò al mio braccio per fermarlo e infine sentii la mia mano inondata dei suoi umori. La vidi chiudere gli occhi, sorridere e mordere ripetutamente le sue labbra; era bellissima, appagata, esausta.

Dopo qualche secondo Alice iniziò ad allentare la presa sul mio braccio ed io potei finalmente tirar fuori le mie dita da dentro la sua fica; erano inzuppate di un meraviglioso fluido semitrasparente che succhiai all’istante e con ingordigia. Soddisfatta e affranta, Alice guardò divertita quella mia famelica passione per i suoi umori, ma nel frattempo con la mano si fece strada nei miei pantaloni e pian piano arrivò a liberare la mia solida virilità. Cominciò timida un sensuale massaggio della mia asta, ma rapidamente prese coraggio e dopo poco avvicinò il suo viso alla mia verga. Non appena sentii il calore del respiro di Alice solleticare il mio pisello un brivido di eccitazione risalì lungo la mia schiena, dando avvio a involontari movimenti di bacino, chiara confessione del mio osceno desiderio di un pompino. Intuendo la mia lussuriosa sofferenza, Alice avvicinò ancora di più le sue labbra alla mia verga e con dei piccoli innocenti baci, misti a qualche più audace carezza con la lingua, portò la sua tortura ad un grado di livello intollerabile, specie in considerazione della mia smodata generosità di poco prima.

Quella piccola tremenda attesa, però, divampò furente in una scarica di godurioso piacere non appena Alice, tolti i panni della sadica torturatrice, accolse la mia asta tra le sue labbra, divorandola nel calore della sua bocca. Di li in poi persi ogni contatto con la realtà. La sua lingua assaporava smaniosa dall’interno mentre le sue labbra scivolavano leggere e lascive lungo tutto la mia verga. Neanche un solo centimetro fu risparmiato dalle sue lussuriosa leccate ed io godetti inerme, estasiato, viziato.

Qualche minuto più tardi, però, la mia depravata frenesia dei sensi venne drammaticamente disturbata dalla vibrazione del telefonino di Alice. Girai lo sguardo verso il comodino sul quale era posato e riuscii a leggere distintamente lo schermo: 4 telefonate perse. Infastidita dalla mia disattenzione Alice interruppe la sua erotica degustazione della mia verga e guardandomi negli occhi chiese “Cos’hai? Devi andare?”. In quell’esatto istante, però, anche lei sentì la vibrazione del telefonino e rivolgendo il suo sguardo verso l’orologio appeso al muro accanto al suo letto, prese coscienza che aveva più di mezz’ora di ritardo per il suo appuntamento. Dopo un lunghissimo istante di terribile imbarazzo Alice tornò a sorridere maliziosamente, poi avvicinò la sua bocca alla mia asta e dopo aver dato un affettuoso e delicato bacino al mio pisello si rivolse direttamente a lui dicendo“…tranquillo non ti lascio così, sarebbe perfido da parte mia…”.

Quelle sue parole furono il preludio del più appassionato bacio che la mia verga abbia mai avuto la fortuna di ricevere. Ogni volta che il telefonino tornava a vibrare, infatti, Alice donava ancora più energia ai colpi della sua lingua, sferzando vogliosa la mia asta, quasi a punire il ragazzo sotto il portone per la sua sconsiderata avventatezza di disturbare quella meravigliosa poesia dei sensi. Come ovvio che fosse il deplorevole gioco di lingua di Alice mi portò al culmine dell’eccitazione molto presto. Da ingenuo gentiluomo qual ero all’epoca, avvisai la mia benefattrice dell’imminente estasi, ma lei invece di liberare la mia asta iniziò a stantuffarla con maggiore brama. Travolto dall’eccitazione mi aggrappai ai sui lunghi capelli biondi, incurante della possibilità di distruggerle le treccine, e con un po di cinica perfidia affondai le mie ultime stoccate di piacere fino ad esplodere dentro la sua bocca. Non appena smisi di tremare Alice liberò la mia verga dalla sua infuocata prigione e lasciò scivolare lo sperma giù dalle labbra verso il suo corpo nudo. Non paga tornò a solleticare con la lingua e le labbra umide la base della mia asta e inaspettatamente un ultimo schizzo di estasiato godimento saltò fuori dalla mia cappella finendo sul suo meraviglioso viso. Alice sorrise divertita ed io ero in paradiso.


Qualche minuto più tardi Alice, ancora nuda e impiastricciata del mio sperma sul viso, prese il telefonino e, dopo aver letto velocemente alcuni messaggi, mandò allo spasimante in attesa il seguente vocale “scusami, lo so, sono in ritardo, ma stavo facendo ripetizioni e il mio prof. è un rompicoglioni, non mi lascia uscire se non abbiamo finito. Dammi due minuti e vengo all’angolo”, poi mi guardò negli occhi e aggiunse “anzi praticamente sono già venuta”.
Fine

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