La storia di Iole 2

Scritto da , il 2012-02-01, genere incesti

Ha così inizio un nuovo ciclo della mia vita. La gravidanza è quasi giunta al termine. Ciò nonostante il mio letto viene frequentato, a turno, da mia nonna, da mia madre e da mio padre. Spesso capita che Erika, Louise ed io diamo vita a incontri a tre. L’unico assiduo frequentatore della mia passera è mio padre. Tutti i giorni: di mattina o di pomeriggio o di notte mi raggiunge in qualsiasi posto io mi trovi e, sempre con il mio piacere, mi penetra con il suo grosso cazzo e mi sbatte la passera chiavandomi come un forsennato. Non è mai soddisfatto. Si comporta come un giovincello che sta avendo le sue prime esperienze sessuali. Raggiunge il culmine del piacere solo quando gli succhio il cazzo e mi faccio sborrare in bocca. Più volte gli manifesto le mie preoccupazioni per la sua condotta libertina.
“Papà non puoi continuare su questa strada. Così ti uccidi. Non sei più un ragazzino.”
“Iole, figlia mia, tu mi sei entrata nel sangue. Sono arrivato al punto che quando sto nel letto di tua nonna o di tua madre non è loro che chiavo, ma sei tu quella che è distesa sotto il mio corpo e con il mio cazzo piantato nel tuo ventre. Si. Se devo morire voglio che avvenga mentre ti sto stantuffando il cazzo in pancia. Sarebbe una morte meravigliosa. Ci pensi. Passo a miglior vita mentre sto chiavando mia figlia.”
Mi accorgo, dal tono della sua voce, che veramente crede in quello che dice. È impazzito. Devo trovare il modo di frenarlo. Non mi resta che parlarne con mia nonna. Non sapevo che nonna già aveva intuito cosa stava accadendo sotto il tetto di casa sua. Le cose vanno avanti fino al giorno del parto. Il mattino stesso mio padre scarica per l’ennesima volta il suo sperma nella mia gola. Un minuto in più e nonna mi avrebbe beccata piegata sulle gambe e con il cazzo di mio padre in bocca. Il sopraggiungere delle doglie in un certo qual modo mi salva. Mi portano in clinica. Partorisco. Nasce Alicia. Due giorni dopo il parto Erika mi raggiunge. Sto allattando la mia bambina. Nonna aspetta la fine della poppata. I suoi occhi sono fissi nei miei. Il suo viso sembra scolpito nella pietra. Non un muscolo si muove.
“Amore, hai messo al mondo una splendida bambina. Mi auguro che da oggi in poi ti prenderai cura del tuo ventre. Una nuova gravidanza questa volta potrebbe essere pericolosa. Voglio dire che non sarebbe pericolosa per te ma per il bambino o bambina che nascerebbe. Ti consiglio di recarti dalla ginecologa e farti prescrivere la pillola.”
“Nonna perché dici che una nuova gravidanza sarebbe pericolosa?”
Erika osserva un minuto di silenzio e poi con un timbro di voce abbastanza calmo ma gravido mi risponde.
“Perché sarebbe il frutto di un rapporto incestuoso.”
Balzo a sedere sul letto e con il volto rosso fuoco.
“Di che rapporto incestuoso stai parlando. L’unico incesto che mi vede coinvolta è quello che ho con te e con mamma. Non credo che farsi scopare da una donna si corre il rischio di restare incinta.”
“Senti, piccola bugiarda, non tentare di negare quello che il tuo amante non ha la compiacenza di nascondere. So per certo che ti fai chiavare da tuo padre.”
Resto impietrita.
“Come l’hai capito? Da quando ne sei a conoscenza? Anche mamma sa?”
“Lo confermi? Si, tua madre sa che tuo padre ti chiava. Ne abbiamo parlato. Abbiamo anche deciso di fare finta di non sapere nulla. Speravamo che prima o poi ci avreste quanto meno informate. Ma così non è stato. Allora mi sono presa l’incombenza di parlartene prima che tu commetta un’altra sciocchezza e questa volta molto più grave.”
“Sì, nonna, papà è un assiduo frequentatore del mio letto. Lui non ne ha colpa. Sono stata io a trascinarlo in questo gioco che sta diventando pericoloso per la mente di babbo.”
Il viso di Erika si rabbuia.
“Perché dici questo?”
“Devi sapere che ogni giorno babbo mi cerca e vuole fare sesso. Ogni momento è buono per sbattermi in pancia il suo cazzo. A me non dispiace che lui mi chiavi. Al contrario sono piacevolmente favorevole a che il suo omero ari la mia vagina. Il pericolo sta nel fatto che lui non riesce più a controllarsi. Ha detto che è pazzamente innamorato di me e che quando sta con voi due crede di stare chiavando sua figlia e che gli piacerebbe morire con il suo cazzo piantato nel mio ventre. Non so più come agire con lui. Ho paura di fargli del male. Io l’amo e non voglio perderlo. Nonna aiutami.”
“Che tu sia diventata un’ossessione per tuo padre è la verità. Più volte mi ha chiamata con il tuo nome; il bello è che lo ha fatto mentre mi stava chiavando e da quando mi ha detto tua madre è capitato anche a lei. Vuoi che ti aiuti? Lo vuoi allontanare da te?”
“No. Voglio che ritorni ad essere un uomo. Che questa assurda pretesa di sentirsi un ragazzino gli passi. Voglio che mi tratti come voi due. Voglio far parte del suo harem. Voglio che mi chiavi, ma non voglio sentirgli dire che vuole morire chiavandomi.”
“Ascoltami. Ho un’idea che potrebbe contribuire ad aggiustare le cose per il giusto verso. Ho un casolare di proprietà di cui nessuno conosce l’esistenza. Quando uscirai dalla clinica andrai, con tua figlia, ad abitarci. Penserò io a farti rifornire di provviste. Tuo figlio, tenuto conto che deve frequentare la scuola, resterà con me e tua madre; di tanto in tanto te lo porterò a vedere. In quanto a tuo padre penseremo io e tua madre a calmarlo. Quando riterremo che è pronto per il tuo ritorno ti chiamerò e se vuoi ancora farti chiavare ti lasceremo sola con lui per il tempo necessario a fartelo spompare. Ci stai?”
Erika mi sta prospettando un periodo di clausura. Il posto dove vuole mandarmi deve essere completamente isolato. Se voglio far ritornare a ragionare il mio amante non ho altra scelta.
“Accetto. Giurami che mi porterai mio figlio e giurami che guarirete babbo dall’ossessione che ha di me.”
“Te lo prometto. Tieni. Queste sono le chiavi del casolare e questo è l’indirizzo. Quando uscirai troverai la tua auto. Ci saremo anche io, tua madre e tuo figlio a salutarti. Un’ultima raccomandazione. Non farti venire mai l’idea di telefonare. Sarò io a farmi viva.”
Si alza e si avvicina. Porta un dito sotto al mio mento, mi fa sollevare la testa e poggia le sue labbra sulle mie. Sento la sua lingua guizzare verso l’esterno e penetrare la mia bocca. La libidine mi assale. Rispondo al suo bacio imprigionando la sua lingua fra le labbra e succhiandola. Nel contempo una mia mano si fa strada sotto il suo vestito e raggiunge la vagina; come è suo solito non ha le mutande. Due mie dita si fanno strada fra la folta pelliccia di peli e la penetrano. Inizio a stantuffarle le dita dentro il caldo antro. Nonna miagola. E’ talmente arrapata che dopo pochi minuti di quel trattamento raggiunge l’orgasmo che copioso diluvia nella mia mano. Stacca la sua bocca dalla mia. Si mette dritta. Sorride.
“Ne avevo proprio bisogno. Grazie bambina mia.”
Va via. Porto la mano impregnata degli umori del suo orgasmo alla bocca e lecco lo squisito nettare di mia nonna. Ancora pochi giorni di degenza e poi la ginecologa mi congeda. Come promesso Erika, Louise e mio figlio sono presenti alla mia uscita dalla clinica. Abbracci e baci e via verso la clausura. La figura di mio padre mi accompagna per un buon tratto di strada. Per tutto il periodo di degenza in clinica non una volta è venuto a trovarmi. Mi manca, ma soprattutto mi manca il suo cazzo. Giungo a destinazione. Prendo Alicia ed entro in casa; incomincia il mio periodo di isolamento rotto solamente dalle telefonate che ogni sera ricevo da nonna e da mamma. Ogni fine settimana Erika mi raggiunge e porta con se Brian. Resta con me per tutto il week end durante il quale mi copre di attenzioni. Le notizie che mi da non comprendono quelle che riguardano il mio amante/padre ne io le chiedo. Si eccita nel vedermi allattare Alicia. Più volte la vedo passarsi la lingua sulle labbra. Capisco che vorrebbe anche lei succhiare il latte dalle mie mammelle. È un desiderio che ha avuto anche quando ho allattato Brian. Allora non ci badavo, ma ora mi arrapa vederla sbavare per il mio latte. Poverina. Non posso vederla soffrire.
“Nonna, mi aiuteresti a risolvere una situazione fisiologica?”
“Di cosa si tratta?”
“Per quanto Alicia possa nutrirsi alla fine di ogni poppata mi resta sempre tanto latte che non riesco a smaltire. Le mie zizze sono sempre gonfie di latte e mi fanno male. Mi aiuteresti a svuotarle?”
“Come si fa a svuotare due tette gonfie di latte.”
“Questa è bella. Hai dimenticato come si succhia una tetta. Va bene che io ti sono lontana ma hai le zizze di mamma che succhi di continuo.”
“Stai dicendo che vuoi che io beva il tuo latte; mi lasceresti succhiare le tue mammelle, vuoi allattarmi. Dio Iole se me lo lasci fare mi renderai una donna felice.”
Vado a sedermi sul divano vicino a lei. Mi tolgo la camicia e slaccio il reggiseno. Le mie floride e bianche tette le si mostrano in tutta la loro bellezza.
“Vieni; stenditi con la testa sulle mie gambe. Starai più comoda mentre me le succhi.”
Erika si allunga sul divano catapultando la sua testa sulle mia gambe; io accavallo le gambe e le passo un braccio sotto la testa. In questo modo le labbra di mia nonna sono nella giusta posizione. La mano libera si posizione sotto la gonfia mammella e guida il capezzolo fra le carnose labbra di mia nonna.
“Ecco. È tutta tua. Bevi il mio latte; sfama la tua voglia. Quando questa si esaurisce ricordati che ce l’altra zizza da svuotare.”
Erika si avventa e comincia a succhiare; lo fa come una bambina affamata. Il mio latte cola copioso nella sua calda ed avida bocca. Il suo vorace modo di succhiare mi provoca piacevoli contrazioni all’utero così come mi eccita lo sguardo sorridente che indirizza ai miei occhi; sembra proprio una bambina intenta a sfamarsi. Dopo 5 minuti la mammella è completamente sgonfia. Nonna stacca la bocca dal capezzolo.
“Dammene ancora; non sono ancora sazia.”
È il turno della seconda tetta; una leggera torsione del busto e l’altro capezzolo scivola fra le sue labbra che, come ventose, si attaccano all’aureola e inizia a poppare. Continua fino a quando non esce più latte. Mi ha svuotato completamente le zizze ed è stata brava nel farlo. Talmente brava che ho la micina che sta sbrodolando.
“Nonna ora devi completare l’opera; non puoi lasciarmi in queste condizioni. Ti lascerò andar via solo quando avrai svuotato la mia caverna.”
Erika non se lo fa ripetere. Con un’agilità incredibile me la ritrovo in ginocchio fra le mie gambe; mi solleva la gonna e fionda la sua testa fra le mie cosce. La sua bocca è sulla mia figa. La sua lingua è già guizzata dentro la mia vagina e sta già lappando le secrezioni che lei stessa, succhiandomi le tette, ha contribuito a farmi secernere. Poi circonda la clitoride con le labbra e mi fa un pompino. Lo fa durare un’eternità. Smette solo quando sente il mio grido disumano. È il segnale che un violento orgasmo mi sta assalendo. Dalla mia uretra un getto di bianco liquido fuoriesce andando a depositarsi nel cavo orale di mia nonna che, golosa, lo ingoia. Infine, dopo aver lavato la mia passera con la sua lingua, si rimette seduta al mio fianco; mi abbraccia e mi bacia.
“Iole. È stato magnifico. Ho bevuto il tuo latte e gustato il tuo nettare; posso affrontare il viaggio di ritorno soddisfatta di quello che mi hai dato.”
“Erika. Sono contenta che ti sia piaciuto. Anche a me è piaciuto molto farmi succhiare le tette. Ti ho dato il mio latte e ti ho dato il mio sperma. Adesso andrai via. Promettimi che farai presto ritorno..
Non ho bisogno che lo prometta. So benissimo che ad ogni week end mia nonna verrà a prendersi la sua razione di latte e di miele.

Continua

P.S. Racconto fantasia. Ogni riferimento a persone viventi o decedute è puramente casuale.

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