Cena Aziendale - cap. 4

di
genere
dominazione

È ormai tardi, la maggior parte dei colleghi sono già andati via. Le luci stroboscopiche e la musica ad alto volume hanno lasciato il posto a luci soffuse e musica lounge, mentre qualcuno si attarda tra i saluti o tra l’organizzare qualche post-serata.
Vado a raccattare le mie scarpe e la mia borsa, mentre mi chiedo che fine avrà fatto Francesco.
Spero che abbia qualcosa di eccitante da raccontarmi.
Ma ora non solo realizzo che non sono nelle condizioni per guidare, ma anche che io con l’auto non ci sono venuta.
Poco male.
Prendo il telefono e invio un messaggio
“dove sei? Devo andare a casa.”
Il destinatario è Paolo, un mio giovane collaboratore.
Lavora con me da un paio di anni, con me è particolarmente remissivo. E io particolarmente esigente. All’inizio solo in ambito lavorativo, poi anche fuori; e da lì.. non ci è voluto molto che diventasse il mio schiavetto.
“eccomi!” compare dopo neanche un minuto, sfoggiando un raggiante sorriso. Scommetto che durante la serata non ha fatto altro che sperare di potermi accompagnare lui a casa. In effetti stasera non gli ho dedicato molte attenzioni, anzi.. non gliene ho dedicate affatto.
Mi abbandono in macchina sul sedile anteriore.
Lui guida fuori dal parcheggio e dice qualcosa riguardo la serata, ma non appena nota che non lo sto ascoltando, si zittisce.
“ti sei data parecchio da fare, stasera..” commenta dopo poco, rompendo il silenzio
“ricorda che tu devi ubbidirmi, non giudicarmi.” Lo zittisco io, biascicando a mezza voce, con la testa poggiata sul finestrino.
“..hm.. come posso servirla, mia signora?” mi chiede. È la frase che mi dice quando siamo soli, e che mi comunica che è disposto a iniziare il nostro gioco
Mi sistemo più comodamente sullo schienale, reclinandolo un poco, e sollevati i miei piedi nudi, li allungo verso il suo viso, facendo solo attenzione che non gli finiscano sugli occhi.
“annusali..” gli dico, allungando le punte dei piedi sul suo naso, “..cos’è?” aggiungo, passando le dita e il dorso sporchi e appiccicaticci contro le sue labbra
“..è..” balbetta lui, visibilmente a disagio, “…è…”
“..è sborra..” finisco io per lui, lasciando che i miei piedi finiscano sopra le sue cosce, “..ad un tipo sono piaciuti così tanto da volermici schizzare sopra. Cosa dovrei fare? Tornare a casa così?”
“posso…” azzarda lui, un po’ concentrato sulla guida, un po’ imbarazzato, e un po’ eccitato “..posso aiutarla io.. pulirla”
“mhh..” arriccio le labbra, mentre accarezzo con la pianta del piede le sue gambe “..e come mi puliresti?”
“con... con la lingua..”
“trova un posto appartato e accosta”
Siamo fermi in una piazzola di sosta non illuminata, io nella stessa posizione di prima, mentre lui è intento a leccare i miei piedi. Mi ciuccia le dita, lecca via lo sperma secco dal dorso, e passa la sua lingua anche sulla pianta, annerita dato tutto il tempo trascorso a piedi scalzi. Mi godo il suo trattamento, che dopo averli leccati e succhiati li massaggia delicatamente con le mani. Finalmente posso tornare a mettere i miei tacchi.
“come altro posso servire la mia signora?”
Gli porgo il mio dito indice, che lui prontamente annusa, guardandomi in attesa del mio resoconto “ho scopato il culetto di una stagista” si eccita molto a sentirmi parlare in modo grezzo e diretto, e anche a me eccita questo mio lato crudo.
Lo osserva estasiato, ne osserva la punta, l’unghia curata coperta dallo smalto rosso.
So che brama di chiedermi chi è stata la fortunata, ma non chiede nulla, e io resto zitta. Come ha fatto per i piedi, infila il dito in bocca, e prende a leccarlo, a succhiarselo avidamente. La sua lingua lo percorre dalla punta fino alla base delle nocche, mentre il mio fantasticare con la mente tiene viva quella sensazione di umido tra le gambe.
Quando ha finito di ciucciarmi il dito, mi guarda con occhi da cagnolino, come se sperasse che il mio resoconto della serata non sia finito, e quindi che per lui ci siano altre parti di me da assaporare.
Gli faccio un cenno, e andiamo a sederci sui sedili posteriori dell’auto. Mi giro su un fianco, rivolta verso di lui, e tiro su il tubino fino al ventre. Divarico le gambe, mettendogli in bella mostra la mia fica. Le grandi labbra sono ancora allargate, impiastricciate da un misto di miei umori e sperma.
“uno mi è venuto dentro..” gli dico, mentre mi contempla immobile, “..me lo stavo montando così forte che non è riuscito a trattenersi”
Si piega in avanti, avvicina il suo volto alla mia fica, annusando il mio odore di sesso, sulla mia pelle, sui miei peli.
La mia vescica mi ricorda che quando ero andata in bagno avrei dovuto fare un’altra cosa…
“devo fare pipì” gli dico, mentre aspetto che lui si ritragga, per poter scendere.
Gli ho già fatto la pipì addosso, ma insomma, qui siamo nella sua macchina, e mi sembra un po’ troppo..
Lui però non si muove, il suo naso che sfiora i miei peli pubici, estasiato da quel contatto ravvicinato col mio sesso. “..posso.. posso berla io.. ora..” mi dice, a metà tra una domanda e un’implorazione
Sono spiazzata, e al tempo stesso eccitata. Una sensazione di calore mi pervade, assieme a una sempre più crescente difficoltà di trattenerla. Con l’ultimo barlume di lucidità che mi resta, gli chiedo “qui dentro?”
Annuisce, e avvicina la bocca alle mie grandi labbra.
Le sue labbra aderiscono come ventose alle mie grandi labbra, solleticano i miei peli pubici. Questa cosa mi sta eccitando da morire. Sento il mio basso ventre esplodere, si contrae e la mia pipì fuoriesce finendo diretta nella sua bocca. Resta immobile mentre la mia fontana sgorga direttamente nella sua gola.
Quando la mia vescica è libera, emetto un gemito rilassato. Lui è ancora lì, attaccato a me.
Un rivolo di pipì gli cola sul mento, e credo abbia represso qualche conato di vomito. Ma l’ha bevuta tutta!
Una volta accertatosi che io abbia finito, prosegue con il lavoro che stava per iniziare prima di questo contrattempo.
La sua lingua si insinua tra le grandi labbra, con profonde lappate pulisce via ogni residuo di quel misto di umori, sperma e urina. Ho un fremito più forte, e mugolo a voce alta.
Mi lecca più avidamente, puntellando il clitoride con la punta della lingua, prima di scendere e infilare la lingua dentro di me.
I miei gemiti si fanno più forti, più intensi, mentre il mio basso ventre struscia con veemenza contro il suo volto. Gli premo la testa contro di me fino a togliergli quasi il respiro, mentre l’orgasmo mi travolge e il mio bacino si contorce come un’anguilla, prima di abbandonarmi contro lo schienale dei sedili.
Quando riprende a guidare e abbandoniamo la piazzola, siamo in silenzio. Lui è assorto nella guida, io sulle mie.
Non posso però fare a meno di notare la vistosa erezione tra i suoi pantaloni.
Allungo una mano, tastandolo delicatamente.
Lui sussulta, ma resta concentrato sulla guida.
Decido di dargli un po’ di piacere, ma a modo mio.
Lo accarezzo sopra la stoffa dei pantaloni “ti piace?” gli chiedo piano
“s..si..” risponde con un filo di voce, spostando appena lo sguardo verso di me
“però devi rimanere concentrato sulla guida, pensi di riuscirci?”
Annuisce, e io continuo a massaggiarlo sopra i pantaloni
“vorresti che te lo tirassi fuori, e che te lo succhiassi fino a svuotarti, qui, e ora?” lo provoco
Si irrigidisce, e sento le sue gambe quasi tremare, mentre il mio tocco sui suoi pantaloni si fa più deciso
“s..” balbetta, interrompendosi all’improvviso “..cioè.. solo se è ciò che desidera la mia signora..”
Arriccio appena le labbra, soddisfatta, e con voce quasi dispiaciuta gli rispondo “ma io mi sono pulita, non posso insozzarmi di nuovo” mentre le mie dita sono ormai strette attorno al suo cazzo, segandolo attraverso il tessuto dei pantaloni
“s.. si.. lo.. lo capisco..” dice lui, mentre i sussulti del suo bacino lo costringono a rallentare la velocità dell’auto
“ti toccherai per me? Mi penserai?” gli chiedo mentre lo friziono alla massima velocità che mi riesce
“..SI..” mugola lui, un po’ per rispondermi, un po’ perché è all’apice
Non rallento i miei movimenti, ed un attimo dopo geme, travolto dall’orgasmo.
Accosta l’auto nei pressi di casa mia, guardandosi l’enorme macchia sui suoi pantaloni.
Lo saluto tirandogli un ceffone sulla guancia.
Non mi chiede nulla, e io non do spiegazioni.
Immagino sappia il motivo: è venuto prima che glielo dicessi io.
Mentre sono in ascensore, guardo il display del cellulare: le 4 e mezza.
L’ultimo messaggio di mio marito è delle 2. Spero vivamente che stia dormendo. Ho bisogno di una doccia. E forse non solo una.
di
scritto il
2020-07-17
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