La cagna cap. III

Scritto da , il 2019-10-05, genere dominazione

3 MARTA DIVENTA SCHIAVA

Marta era giovanissima, neanche venti anni compiuti, Ugo l’aveva conosciuta quando era andato a trovare un suo amico nel suo ufficio, la ragazza lavorava per una ditta di pulizie che tra gli altri clienti aveva anche il suo amico.
Quando la vide, era all’inizio dell’estate, e la ragazza indossava un paio di pantaloncini che contenevano a fatica il grande culo della giovinetta, metà delle natiche erano in mostra e le cosce abbondanti e formose, ma deliziosamente tenere, erano in esposizione. Ma quello che mandò Ugo in tilt era la parte superiore. Di sopra indossava una t-shirt quasi trasparente attraverso la quale si intravedeva tutto: due tette grosse, le areole larghe e scure e i capezzoli lunghi e puntuti.
Ugo rizzò immediatamente, quei capezzoli ritti che stavano bucando quella magliettina erano fenomenali. Le fece una proposta istantanea. Le chiese se voleva andare a lavorare da lui a tempo pieno. La ragazza ci pensò un po’, il suo era un lavoro precario, un giorno la mandavano qui, un altro là, un altro ancora non lavorava. Certo, non era stupida, anche se non era un fenomeno, vide la smorfia lubrica dell’uomo, ma da un lato gli uomini maturi le piacevano anche se non aveva mai avuto esperienze con loro, ma solo con ragazzini della sua età, dall’altro lato pensava di poter gestire la faccenda e soprattutto voleva avere una sistemazione come si deve. L’uomo le offriva vitto, alloggio e uno stipendio decente. Accettò.

Marta non aveva avuto esperienze da sub, ma era caratterialmente e culturalmente sottomessa. Chiamava Ugo, senza che nessuno gliel’avesse mai chiesto, Padrone e Signore e la sua trasformazione in schiava fu molto naturale.
Quando il Padrone l’abbracciò da dietro, baciandola sul collo e mettendole le mani sul seno da sopra il vestito, lei disse soltanto – Signore sto cucinando, rischio di bruciare il sugo. –
Il Padrone la lasciò andare ridendo e dandole una pacca sul culo le rispose – giusto, non vorrei punirti per aver bruciato il sugo. – Marta sorrise compiaciuta, il Padrone era simpaticot e quando lui, mentre gli serviva la pasta al sugo, le mise una mano tra le cosce lei si fermò e si offrì. – Sei deliziosa – si complimentò il Padrone, lei si imporporò e rispose – Grazie Signore, sono a sua disposizione. –
Dopo cena il Padrone se la portò a letto e le rese chiaro quali erano i suoi doveri con baci, carezze, ma anche sculacciate, morsi e graffi. Marta apprezzò tutto e quando lui la mandò a dormire nel suo letto ci arrivò soddisfatta e orgogliosa di essere stata apprezzata.
Il giorno dopo il Padrone la portò con sé in diversi negozi per rivestirla come piaceva a lui.

Prima di tutto andarono in un grande magazzino molto elegante e sfarzoso. Marta in quell’ambiente si sentiva a disagio, era vestita miseramente e lo sapeva e tutto quel lusso l’imbarazzava, ma il Padrone la teneva per un gomito e la spingeva avanti verso dove voleva lui, ciò era rassicurante anche se penoso.

Arrivarono al piano dell’abbigliamento per signore. Marta non riusciva a spiccicare una parola. – Non è necessario che parli – la rassicurò il Padrone, - ma mi devi dire qual è la tua taglia. –
Lei inghiottì e poi rispose – 48. – Certo, sei formosa pensò Ugo. Le porse un paio di autoreggenti ed un po’ di soldi. – Queste valle a pagare subito. – Marta andò alla cassa. Quando ritornò, Ugo stava selezionando delle gonne. – Vai a trovare delle camicette e dei maglioncini – ordinò Ugo. – Marta tornò e lui la diresse verso i camerini.
Era una giornata moscia ed il grande magazzino era poco affollato. I camerini erano quasi tutti vuoti. Entrarono nell’ultimo. Ugo le porse le gonne che aveva preso e Marta fece per tirare la tenda dietro di sé.
– Non essere stupida Marta – disse Ugo. Marta lo guardò negli occhi, era confusa, poi li abbassò arrossendo ed iniziò a spogliarsi. Ugo stava nel vano della tenda aperta, dagli altri camerini qualcuna entrava e qualcuna usciva. Qualche marito andava avanti ed indietro cercando la taglia giusta per la moglie. Ugo invece si godeva lo spettacolo della timida e giovane Marta. La ragazza iniziò levandosi le scarpe e poi la gonna. Era bruna, la pelle era color mattoncino, un corpo florido e placido, lievemente e piacevolmente tremolante quando si muoveva. Si levò il maglione, ma tenne le mutandine ed il reggiseno. Il seno era grosso, i capezzoli puntuti come due grossi missili, avevano ancora i segni della notte precedente.
Lei non lo guardava e fece per prendere una delle camicette. - No, no – disse lui. - Leva quello – e fece cenno al reggiseno. Ora Marta aveva solo le calze e le mutandine ed era tutta rossa in viso. Si sentiva indecente, si voltò per ritrovarsi davanti allo specchio, era abbondante, non proprio grassa, ma giovane e florida, certo cosce, seno e soprattutto fianchi e culo erano pesanti, ma stavano in armonia e lei sapeva che piacevano agli uomini e soprattutto a quello che la stava guardando, il suo Padrone. Perché Marta sapeva, sia pur vagamente, cosa lui fosse e cosa stava diventando lei. Non che tutto le fosse razionalmente chiaro e non sapeva neanche bene cosa significasse, ma istintivamente aveva capito tutto.
Marta indossò la camicetta. Non fece in tempo ad abbottonarla che sentì le sue mani sul suo seno e la sua bocca sul collo. Era imbarazzata, ma anche bollente Qualcuno poteva arrivare a guardare, ma sembrava che nessuno facesse caso a loro. Sentiva bisbigliare nei camerini vicini, si augurò che il Padrone sapesse cosa stesse facendo e si lasciò andare appoggiandosi a lui che la sostenne. Le gambe erano di burro, stava per scivolare a terra. Ugo però la teneva con una mano sulle tette, mentre continuava a baciarla sul collo e l’altra mano ormai l’accarezzava tra le cosce insinuandosi sotto. Il padrone era arrapato, quella giovane schiava, con tutto quel ben di dio tremolante, caldo, placido, soffice, ma consistente, lo eccitava come un toro. Lei iniziò a mugolare sempre più rumorosamente e Ugo dovette levarle la mano dalla fica, ormai bagnata, e portargliela sulla bocca soffocando i suoi gemiti. Lei prese le dita in bocca e succhiò i suoi umori.
– Risparmia i tuoi gemiti - le disse all’orecchio e poi scrollandola un po’ la mise in piedi. La lasciò ritornando sul vano e dicendo ad alta voce – stupenda questa camicetta, la prendiamo e prendiamo anche quella gonna. –
Presero un paio di camicette ed un paio di gonne, una giacca ed un vestito che indossò subito. Al reparto calzature presero delle scarpe con il tacco. Nessuna esagerazione, ma molto di più di quello che lei indossava solitamente. Marta era sempre malferma sulle gambe non era abituata ai tacchi, uscì dal camerino sbandando e barcollando. Il Padrone la prese per un gomito e la condusse fuori. Presero ancora autoreggenti, giarrettiere, guepiere, corsetti, reggicalze e poi molta biancheria intima, elegante ed eccitante. Marta non aveva mai indossato niente del genere, ma si sentiva inebriata, ubriaca. Non aveva mai sentito quei tessuti fini e gentili sulla sua pelle, era in estasi. Ugo pagò ed uscirono. La schiava portava tutti le buste ed i pacchetti e camminava ondeggiando sui tacchi dietro al Padrone, ma ora che erano fuori dal negozio si sentiva meglio.
Comprarono altre scarpe alcune comode ed altre con il tacco più alto di quelle appena comprate. Marta era estremamente imbarazzata, ma anche eccitata, non osava fiatare.

- Ora che ti ho sistemato per tutti i giorni e per le situazioni particolari andiamo a comprare qualcosa per le occasioni speciali. Girarono in una viuzza del centro e si fermarono davanti ad un portoncino. Ugo suonò, l’apertura scattò ed entrarono.

Li accolse una donna di età indefinita, poteva avere cinquanta anni, ma anche sessanta e forse di più, ma li portava bene ed era una gran dama. Aveva un’aria molto severa ed ancora più severamente era vestita. I capelli neri raccolti a crocchia sul capo, un’acconciatura molto elaborata. Indossava un vestito grigio scuro lungo fino ai piedi con un’infinità di bottoncini che partivano da sotto il colletto e finivano ai piedi e le maniche lunghe fino ai polsi. Era alta e ritta come un fuso, magra e il seno sotto il severo vestito sembrava piatto. Era pesantemente truccata e con lo sguardo severo. Era la proprietaria del negozio, creatrice di molti dei capi che si vendevano in quel negozio, altri erano prodotti e confezionati altrove e lei si limitava a rivenderli. Per lei lavoravano un paio di commesse e qualche artigiano, tutte femmine e tutte schiave, che sfaccendavano sul retro tagliando, cucendo e trattando stoffe e cuoio. Non erano sue schiave, solo una lo era, le altre erano schiave di padroni e padrone che avevano sistemato le loro proprietà presso la Miss per assicurare loro un reddito.
- Buongiorno Master, è tanto tempo che non ci vediamo – lo salutò la Miss, - mi ha portato una nuova schiava? –
- Sì, Miss Kristine, ho bisogno dei suoi servizi per vestirla nel migliore dei modi – rispose Ugo.
- Andiamo di là – propose la Miss facendo cenno ad una delle commesse di seguirli. Si trattava di Caterina la sua schiava personale, una ventenne carina, ma non eccezionale. Miss Kristine era più interessata al carattere e alle capacità delle sue collaboratrici che alla bellezza. Quella la poteva avere da altre schiave, in laboratorio ce ne erano alcune molto belle. Caterina era comunque corrispondente all’eleganza richiesta dalla sua Padrona, indossava un tacco dodici, una gonna stretta poco sotto il ginocchio e una camicetta bianca anch’essa piena di bottoncini che la strizzava così tanto da non lasciare niente all’immaginazione.
Marta era confusa, timida e vergognosa, ma non preoccupata, non aveva idea di cosa si vendesse in quel luogo.
- Spogliatevi troie, in fretta – ordinò la Miss.
Caterina eseguì immediatamente, Marta esitò sconcertata e Ugo la guardò severamente.
- Devi ubbidire all’istante Marta – la rimproverò Ugo. Marta chinò il capo ed iniziò a spogliarsi.
- Nude, completamente – le esortò la Miss e le schiave levarono anche le scarpe.
- Ora vi rivestiremo, non preoccupatevi – borbottava querula la Miss.
- La puttana è procace, bella in carne – osservò Miss Kristine. Marta divenne un peperone, ma non fiatò.
Ugo spiegò alla Miss come aveva trovato Marta. Intanto che Ugo spiegava la vecchia tastava la schiava che paralizzata non osava ribellarsi. Marta tremava e fremeva sotto il tocco della Miss, ma cercava di rimanere ferma mentre quella insisteva soprattutto sul seno e stiracchiava i capezzoli. – Una bella vacca questa giovinetta. -
Ugo ritornò allo scopo della visita. – Sto cercando qualcosa che la forzi a rimanere nelle posizioni che voglio, da relativamente libera a totalmente costretta. –
La Miss mostrò di pensare, ma aveva già in mente quello che serviva.
- Schiava – disse rivolgendosi a Caterina, - prendi la numero sedici. –
Caterina aprì un armadio e tirò fuori un armamentario di cuoio con diverse borchie ed anelli di luccicante acciaio.
A dispetto della sua apparente complessità fu semplice indossarlo, Caterina aiutò Marta stringendo qualche tirante e dopo due minuti la schiava era pronta. Il “vestito” era composto da un corpetto e due spalline di cuoio che in alto lasciava spalle e seno scoperto. Poi c’erano delle bretelline che scendevano in basso su una panciera, sempre di cuoio, che copriva poco, scendendo in basso su una mutandina inesistente fatta di due sottili strisce di cuoio che semplicemente incorniciavano fica e culo lasciando per il resto tutto scoperto. Completavano la mise due guanti ed un robusto collarino, sempre in cuoio che la costringevano a tenere la testa alta.
– Così – disse Miss Kristine - la troia è strizzata, ma libera e può svolgere tranquillamente tutti i lavori di casa. Ora possiamo costringerla in qualsiasi posizione vogliamo. Ma prima facciamole indossare delle calzature. Per la costrizione le calzature sono fondamentali. – La Miss era categorica. – Prendi i capi 4 e 7 - ordinò alla sua schiava. Marta si dovette sedere per poter indossare il capo 7. Si trattava di stivaloni, sempre in cuoio nero, che le arrivavano al ginocchio con una piattaforma alta cinque centimetri, ma completamente priva di tacco. Mancando dell’appoggio posteriore la schiava doveva camminare o stare ferma leggermente piegata in avanti. La piattaforma era molto larga e quindi la schiava non rischiava di cadere, ma anche se si poteva muovere doveva stare molto attenta e camminare spingendo spalle e corpo in avanti come se stesse correndo, come una ponygirl. Quando Marta si sollevò in piedi e provò a camminare ondeggiò, si sentiva già in trappola, ma il peggio doveva venire. Infatti la Miss le prese un polso e lo fissò ad uno dei tanti anellini della panciera, leggermente indietro. Lo stesso fece contemporaneamente Caterina con l’altro polso e Marta fu messa nelle condizioni di non nuocere.
- Gli stivali che la schiava ha indossato sono molto importanti, infatti se lei lega i polsi più in alto di come ho fatto ora – e la Miss le fece vedere, spostando e legando con l’aiuto di Caterina i polsi all’altezza delle scapole su altri anellini lì situati, - la troia se vuole rimanere in piedi deve spingere le natiche indietro ed in alto, altrimenti cascherà a terra. In sostanza se la può mettere come meglio crede e giocare con lei come vuole. – Intanto la Miss ne approfittava accarezzando Marta sul culo e sulla fica che inevitabilmente aveva messo in esposizione. Marta era impotente e si sentiva un giocattolo nelle mani della Miss che la stava usando come voleva. Cercò di rimanere calma, ma ribolliva. Ugo se ne accorse e le diede una possente sculacciata rischiando di farla cadere. Infatti, Marta ballò sulle gambe recuperando a fatica l’equilibrio. – Comportati come si deve Marta – la rimproverò il Padrone, - e non mi far fare brutte figure di fronte a Miss Kristine. – Marta non fiatò, non era velocissima nel pensare, ma lentamente si stava domandando come in poche ore fosse finita in quel modo. Certo si aspettava di dover servire sessualmente il suo Padrone, ma non si aspettava minimamente quello che stava succedendo e non era minimamente in grado di opporsi. In verità non si era spiegata neanche perché il Padrone le avesse appena fatto tutti quei costosissimi regali. Era confusa.
Rimase piegata con culo e fica esposti in un equilibrio molto precario. Si sentiva come una vacca al mercato. Domata ed umiliata.
- Le faccio vedere quali altri utilizzi se ne possono fare – aggiunse la Miss.
Prese delle leggerissime catenelle che fece passare tra le borchie e gli anelli del vestitino, tirò saggiando la resistenza della schiava fino a quando questa non si piegò ancora di più e poi li fissò a degli altri anellini del corpetto. Ora Marta doveva stare proprio ferma se non voleva farsi male. Poteva allentare la trazione abbassandosi o alzandosi leggermente, ma non più di tanto se non voleva rovinare a terra. Stare ferma era però altrettanto doloroso ed impegnativo, tutti gli arti, la schiena ed il collo erano tesi per mantenersi in equilibrio. Marta sudava e tremava per lo sforzo già solo dopo due minuti. – Ecco ora è proprio immobile, ma la può mettere in qualsiasi altra posizione che vuole. – affermò la Miss. E Ugo sorrise.
- E’ un “vestitino” magnifico – disse, - lo prendo. –
- Aspetti, voglio farle vedere un altro uso che ne può fare. – La Miss, sempre aiutata da Caterina levò le catenelle e le liberò anche i polsi. Marta respirò e stirò il corpo. La stavano massacrando e sentiva che non era finita.
- Giù puttanella, in ginocchio. –Marta raccolse l’insulto senza nessuna protesta, si stava abituando ad ubbidire e a quei modi. La Miss e Caterina la fecero piegare ulteriormente e le tirarono i polsi indietro fino ai polpacci che, di nuovo, fissarono a degli anellini. Marta era in ginocchio e piegata in due, col culo per aria e la fica pronta all’uso. - La vuole usare? – chiese Miss Kristine rivolgendosi al Master.
- Perché no – rispose Ugo che si era eccitato tantissimo. Ugo si spogliò, Caterina diede due veloci leccate alla fica di Marta che non fece neanche a tempo a rendersene conto, poi Caterina prese in mano l’attrezzo del padrone e lo condusse sulla potta della sua schiava.
- Marta ha una lingua formidabile – disse Ugo, - ne vuole approfittare? –
La Miss era infoiata, quella schiava non era bella, ma era una bomba sessuale, aveva un seno da sballo e capezzoli incredibili.
- Sì, la sua schiava è molto gradevole Master. –
Fece un segno a Caterina che le sbottonò tutti i bottoncini che andavano dalla vita alle caviglie ed il vestito si aprì sul davanti. La Miss aveva due belle gambe, levigate e color avorio. Marta inorridì a quello che tra un istante sarebbe stata chiamata a fare, non aveva mai leccato una donna. Caterina invece sapeva bene qual era il suo compito e si mise a quattro zampe. La Miss si accomodò sulla sua schiava che le avrebbe fatto da sedile. Caterina tremolò sulle braccia e sulle gambe, non era proprio una ragazza forzuta, ma la sua Padrona non era pesante. Miss Kristine le diede un pizzicotto sul culetto che l’incoraggiò a resistere, poi aprì il vestito ed allargò le gambe. Marta non si decideva, indugiava, ma la Mistress con un ghigno malefico la prese per i capelli e tirò. Marta si affrettò ad avvicinarsi strisciando sulle ginocchia verso la fica della Miss. Poi tirò la lingua di fuori ed iniziò a leccare. Miss Kristine era totalmente indifferente al disgusto di Marta, ma non alla sua lingua. Tirò per i capelli ancora ed ancora fino a quando la schiava non usò la sua lingua nel migliore dei modi. La posizione in cui l’avevano messa era scomoda, ma se stava con il culo in aria e la testa giù era sopportabile, invece per leccare la fica della Miss dovette allungare il collo in alto per poterla soddisfare. La Miss la accarezzò su una guancia per dimostrarle che stava andando bene e Marta, nonostante la sofferenza, si diede da fare. Ormai era soggiogata, sempre più sottomessa. Ugo era eccitata al massimo e la sbatteva come un indemoniato. Marta lavorava senza sosta senza capire cosa stesse succedendo, ma poi si sentì riempire di sperma e aveva la bocca piena di umori mentre sentiva quella troia che le tirava i capelli gorgogliare.

Ugo acquistò quell’indumento, gli stivaloni, e tanto altro: guanti senza e con le dita, un altro corpetto in similpelle che copriva tutto, fica e culo compresi, e lasciva scoperto solo il seno, tacchi a spillo di 15 cm impossibili da portare, un corto vestitino rosso, molto attillato con spacchi davanti e di dietro sulle spalle e sul seno, infine, due classici vestiti da cameriera. Tutte cose molto indecenti. Ugo, grazie alla prestazione della sua schiava, ottenne uno sconto generoso.

In poco più di ventiquattro ore, Marta, molto naturalmente era diventata una schiava. La ragazza ancora non si rendeva conto bene di cosa significasse, ma stava imparando che doveva ubbidire e che sarebbe stata usata sessualmente da chi voleva il suo Padrone.
Durante il viaggio di ritorno in macchina, verso casa, lui non le parlava, lei lo guardava di sottecchi e ogni tanto lo vedeva sorridere. Marta però era tranquilla, il suo padrone era affidabile e si sarebbe preso cura di lei.
Mentre stavano arrivando a casa lui le disse – da domani inizierò a spiegarti cosa voglio da te come ti dovrai comportare in ogni circostanza. Ti ho comprato tutta quella roba anche perché io giro spesso e spesso ti porterò con me anche se non sempre e quando ti porto con me devi essere vestita come si deve. –
- Sì Padrone – rispose Marta.



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