Richiamo al filo rosso. La leggenda del S. Nulla.

Scritto da , il 2019-01-06, genere pulp

Vi svelo un segreto dietro a questo piccolo racconto ci sono io, ho pubblicato in precedenza sotto un altro nickname: S.Nulla.
Con questa premessa vi auguro una buona lettura.


L'uomo riaprì la teca, erano giorni che non lo faceva non riusciva a spiegarsi il motivo, preferiva guardarla chiusa in quella bolla di vetro; voleva proteggerla dal mondo. Lei era pura. La prese. Aveva lunghi fili rossi che collegavano le sue braccia ad una piccola stecchetta di legno. Una marionetta, dai lunghi capelli scuri ed occhi profondi. Ad un tratto, avvertì come un sospiro, se la immaginò fremere tra le dita, un brivido lo pervase, si sentì invadere dall' eccitazione verso quel corpo inanimato. In un suo mondo interiore lei era una donna giovane dal carattere forte; bella, selvaggia e misteriosa.
Lei era destinata a lui.
Nel loro mondo interiore vivevano una vita fatta di carne e vizi ma anche di protezione reciproca. Entrambi legati dallo stesso indistruttibile filo rosso.
Era a conoscenza della leggenda giapponese, credeva fermamente al legame tra le anime ma si sorprese nel costatare che la sua anima era legata a quella di una marionetta, non vi nego che per un tempo indefinito lui, dopo averla acquistata, nemmeno la guardava. Quel oggetto inanimato era diventato il suo tormento, ma poi un bel giorno le parve di vedere una lacrima solcare quel visetto e bagnare la stoffa.
Creò un mondo per loro, dove potevano essere liberi.
Nei suoi sogni l'aveva presa innumerevoli volte, non ne era mai sazio, mai stanco. La faceva tendere come una corda d violino, la faceva supplicare, gemere sotto i suoi sguardi severi; in ginocchio davanti a lui con gli occhioni scuri pieni di voglia implorarlo di possedere brutalmente la sua bocca, il suo corpo, la sua mente. Di prendere la sua anima e custodirla. Era la sua bambola fatta di carne tramante, sfogo di notti insonne. Nutrirla con il suo seme servito su un piattino d'argento, guardarla leccare quella portata con voracità era un qualcosa che lo mandava oltre.
Torturava la sua mente prima del corpo, la faceva diventare un fascio di nervi tremolanti.
Annullava la sua ragione.
La marionetta tremò ancora, come se quei pensieri li potesse percepire in qualche modo, i suoi occhi scuri brillavano alla fioca luce di una lanterna antica; il burattinaio la guardò ancora una volta, le sue dita lunghe sfiorano la stoffa, la percepì calda nel suo immaginario, calda ed avvolgente come poteva essere il suo lato proibito.
Ma non poteva sfogare i suoi istinti, quella bambola lo ossessionava; tremante si trascinò verso un mobiletto antico,la sua casa era a modo, curata e in ordine, per definirla si potrebbe ipotizzare ad una camera delle meraviglie, nel suo caso però: una casa delle meraviglie.
Portò con se la bambola e in un momento di assoluta follia estrasse una grossa forbice. Guardò la marionetta, forse era solo un gesto provocatorio il suo, in fin dei conti quella era solo una bambola. -Una cazzo di bambola!- esclamò ad alta voce con una tale disperazione da far accapponare la pelle. Lacerò la stoffa, la marionetta emise un lungo e terrificante squittio, tanto che l'uomo per farla smettere tolse tutta la bambagia al suo interno e la tagliuzzò.
Passarono giorni, e l'uomo conduceva la sua vita di sempre, era come se avesse rimosso del tutto quel suo amore perverso verso l'oggetto; finché una sera, seduto sulla sedia a dondolo davanti allo scoppiettante camino, la sentì. Un lungo brivido si infiltrò detro lui. Quello squittio, lo sentiva sempre più acuto nella testa.
Venne torturato a lungo, fin quando esausto, si privò del udito e della vista.
Urla atroci uscirono da quella casa.
La casa delle meraviglie.

Tourniquet Marylin Manson.


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