Melodia a fior di labbra

Scritto da , il 2018-07-27, genere poesie



È rar che donna non apprezzi,
che l'uomo non l'accarezzi,
ma la femmina,  vuol esser melodia,
bramosa di attenzion si fugge l'apatia.
Che sia Mistress, o qualsivoglia sottomessa,
il suo desiderio, a lungo non sconfessa.
Così il maschio al fine guida, del suo piacer spogliarsi,
sia dimentico di sé, per ella abbandonarsi.
Ne guida i baci, limitandone l'ardore,
ne spezza la carica con sguardo ammonitore,
ma mai per questo devia dal suo disegno,
poiché egli per di lei aver, dovrà un pegno.
Così le labbra cercano labbra dapprima sulla bocca,
calando lentamente da seni a dove calor sboccia.
Lo segue con lo sguardo, allontanarsi per raggiungerla,
ormai sempre più certa, che nulla farà per deluderla.
Il primo bacio è leggero e delicato,
caldo e al contempo timido di fiato.
Il secondo sarà più curioso ed ardito,
dubbioso certo che oltre gli sia consentito.
Ed ecco arriva il terzo, malandrino, goloso, inaspettato
quel tanto che le farà chiuder l'occhi e sfuggir un fiato.
Fiato, certo, che  al fin diverrà gemito,
la mente corre a nasconder ogni fremito.
Ancor non ha da sapere, è ancor troppo presto,
per abbandonar ritegno e coglier di gioie il cesto,
che quella bocca or promette senza proferir verbo,
lei ancor non vuol cedere, ad un piacer ancor acerbo.
Reclina il capo indietro, in disordinare di crine,
chiude occhi, morde il labbro, procrastina la fine.
Epilogo inevitabile a cui al fine la donna  giunge,
le mani fanno strada, l' unghia nuca punge.
Le dita carezzevoli or sono più crudeli,
prepotenti e forti come piacer cui carne aneli.
Le man di lui, impazienti, or si fanno coraggiose,
le gambe cingono, stringendo, quasi oltraggiose.
Il controllo se mai v'è stato, ormai non ha valore,
mentre avide le membra ricercano il calore.
La domatrice della sua fiera è preda,
che bisognosa, ogni controllo,  or conceda.
Persa ormai, scalcia, s'inarca, s'agita e contorce,
dimentica di controllo e ruolo al piacer che estorce.
Uno spasmo disperato le gambe intorno serra,
il respiro all'uom vien meno, or termina la guerra.
Lacera l'aria il lamento di piacere acuto,
mentre scivola liquido ogni stilla del dovuto,
lui avido sugge, che nulla vada sprecato,
il sapor di rugiada sia a lungo ricordato.

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