Mesti e soddisfatti.

Scritto da , il 2018-05-08, genere etero

Ti scrivo, ma mi rispondi a stento.
Ti chiedo il perché, mi rispondi: “ sto lavorando, ho da fare! Mi stai dando fastidio”.
Però poi l’altra sera, quando mi hai scopata in piedi in quel cesso di bar a bordo strada, non mi parevi così indaffarato.
Non ti davo così i nervi.
È sempre così: sei tu quello che decide, sei tu che dici il come e il quando.
Non te me frega un cazzo se io ho voglia, prima ci siete tu e le tue palle da svuotare.
Poi vengo io.
In tutti i sensi.
Ad ogni modo ora mi stai innervosendo e lo so che non vuoi faccia “ la psichiatrica”, come mi chiami tu, ma decido di aspettarti sotto il tuo ufficio.
Ti vedo uscire, in giacca e cravatta, la valigetta 24 h in mano, il telefono nell altra.
Povero uomo d’ affari pieno di impegni.
Te lo faccio vedere io il tuo da fare, perché oggi comando io e tu dovrai stare anche zitto.
Decido di venirti incontro, tipo come in quei bei film del cazzo dove trovi l’amore eterno inciampando su di lui.
Sicuramente non è il nostro caso, perché alla fine io non voglio il tuo amore, voglio solo che tu mi scopi.
Ad ogni modo, praticamente ci scontriamo, tu sovra pensiero mi chiedi scusa, ma poi alzi il viso e mi riconosci.
Il tuo sguardo diventa di fuoco, gelido però, che mi annienta la dignità e mi fa bagnare come l ultima bagascia di questa terra.
Oggi non attacca, ti guardo fisso e ti dico: “ se non vuoi faccia una scenata da psyco, in mezzo alla strada, seguimi”
Per una volta tanto non ti resta che ubbidirmi, seguendomi con quegli occhi di ghiaccio furenti.
Lo so già che me la farai pagare, ma il conto che mi presenti lo preferisco caro.
Ad ogni modo sto pensando velocemente dove trascinarti, quando davanti mi si piazza il giardino comunale.
Bene, anche se sono le 17 del pomeriggio, andrò fino in fondo.
Imbocco il vialetto, costeggiato da alberi, posso sentirti respirare dietro di me.
È una giornata calda, la stradina in pendenza e tu vestito tutto elegante. Anche se non ti guardo, immagino la fronte imperlata di sudore, mentre ti allenti la cravatta e continuo a sentire il tuo sguardo che mi fulmina la nuca.
Finalmente trovo una panchina nascosta da un enorme cespuglio, e così ti faccio segno di fermarti. Appoggi la valigetta, ti levi la giacca e stai per metterti a braccia conserte.
Devo dire, vorresti metterti così, ma non ti lascio il tempo, mi avvinghio, la mia lingua sulla tua.
Rimani un attimo interdetto, ma schiudi subito la bocca e iniziamo ad assaporarci con foga.
La tua bocca sa di menta e la tua saliva è come un bicchiere di acqua dopo una giornata al sole a patire sete.
Inizio a strusciarmi senza ritegno, sento già il tuo cazzo indurirsi sotto la mia mano, mentre lo accarezzo da sopra ai pantaloni.
Finalmente inizi ad ansimare, smetto di baciarti, giusto un attimo per guardarti e dirti: “ ah si giusto, sei molto impegnato. Non vorrei disturbarti ulteriormente. Ci vediamo!”.
Detto ciò mi volto, prendo la direzione del sentiero per tornarmene sui miei passi.
Non ci riesco, perché mi sento presa da dietro.
Mi blocchi le braccia dietro alla
schiena, sussurrandomi: “ eh no cara mia, adesso la pianti di rompermi i coglioni e inizi invece a svuotarmeli!”.
Sento il tuo cazzo che mi spinge sul culo, senza ritegno. E io senza ritegno continuo a spingertelo, a strusciartelo per bene.
Mi sembra di sentirlo bello bagnato, pronto per essere infilato in qualche mio buco, ma la destinazione per ora è ancora ignota. Per poco.
Inizi a tormentarmi un orecchio con la lingua, per poi sussurrarmi:” lo sai che non devi venire in ufficio in pieno giorno, la gente parla. Mia moglie lo potrebbe sapere. Tuo marito anche.
Ora devi essere punita, lo sai vero? “
Annuisco sommessamente, mentre mi slinguazzi tutto il collo.
Mi avvicini verso la panchina, giusto per farmi appoggiare le mani, e mi tiri giù i pantaloni e slip tutto in una volta.
Mi passi due dita sopra alla vagina, tra le labbra già umidissime e me le infili dentro velocemente.
Più aumentano i miei ansimi e più tu rallenti la velocità, fino a fermati e uscire.
Mi ritrovo due dita sotto al naso, mi dici: “annusati, senti quanto sei troia “, ma io faccio di più.
Te le lecco, te le succhio è come se ti stessi succhiando altro.
Ora sta a te ansimare, è proprio mentre sono intenta a sbavarti le dita mi infili in un colpo unico e deciso tutto il cazzo.
Ti sei solo sbottonato la patta, e l’idea che tu mi possa scopare così vestito elegante, mi fa sbrodolare ancora di più.
In ogni caso, decido di aumentare la velocità con cui la mia lingua strazia le tue dita e di rimando tu fai uguale, coi tuoi colpi ben assestati.
Intanto intorno a noi sentiamo voci, gente che cammina per il parco, ma è come se in realtà ci fossimo solo noi due.
Noi due, il resto non conta.
Potrebbero anche sedersi vicino a me, su questa panchina, che il problema non ci sarebbe perché mi interessa solo del mio orgasmo.
Improvvisamente non mi trattengo più e vengo, finalmente mi hai concesso di venire, sono quasi commossa dalla tua bontà d’animo.
Deduco tu mi legga nel pensiero perché mi giri, mi sputi in bocca e mi dici:” anche se non ti meritavi proprio nulla oggi,tanto meno di venire. Ora fammi concludere tra le tue tette”.
Così mi inginocchio davanti a te, ti fisso negli occhi, mentre tu inizi a segarti il cazzo.
Hai una cappella viola e che pulsa, mi sembra di sentire le vibrazioni nell’aria.
Da sotto intanto ti continuo a guardare, inizio a massaggiarti le palle, le quali sono gonfie e perfette nelle mie mani.
È la fine, duri un centesimo di secondo.
Mi sento colare il tuo caldo succo lungo tutto il decoltè, fin dentro al reggiseno.
Poi mi passo due dita sopra quel nettare, assaggiandolo non mi stupisco di sentirlo buono come sempre.
Mentre mi lecco le dita ti sussurro:” perché se non ti lecchi le dita godi solo a metà!”
Ci sorridiamo mesti, soddisfatti.

Questo racconto di è stato letto 2 4 2 9 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.