Contessa - la Ponygirl - capitolo III

Scritto da , il 2018-05-05, genere dominazione

Chantelle è nuda e legata alla parete del capanno in cui ha dormito. Per Miriam, la serva di stalla che la sera prima si è presa cura di lei, è stato facile avere ragione della giovane contessa, Chantelle era sfinita ed in quelle settimane ogni volta che si era ribellata era stata severamente punita. Più che legata Chantelle era immobilizzata. La giovane è incatenata per i polsi e più su anche all’altezza dei gomiti, anche il collare è saldamente agganciato alla parete e senza possibilità di gioco, così come le caviglie e le gambe agganciate con due robusti anelli poco sopra le ginocchia alla parete. L’unica parte di lei che può muoversi sia pur di poco è il bacino, ma eventuali contorsioni non le gioverebbero sicuramente e la esporrebbero in posizioni indecenti. Miriam l’aveva incatenata e poi se n’era andata. Chantelle non aveva nozione del tempo, ma doveva essere ancora mattina, però il sole che filtrava dalle alte finestrelle le sembrava alto. Era tardi, aveva fame, sete e doveva liberarsi.

Miriam ritornò e non era sola. Con lei c’era un non più giovane cinese. Chantelle gridò, protestò, minacciò e poi invocò. – Ti prego slegami, ho sete e devo andare in bagno. – I due parlottarono tra di loro senza curarsi né delle sue proteste, né delle sue preghiere. Chantelle dubitava che la capissero e lei non capiva quello che loro dicevano. Poi il cinese aprì la borsa che si era portato dietro e tirò fuori degli aghi belli lunghi, ma che non sembravano più pericolosi di tanto. Il cinese si avvicinò e l’accarezzò sulla gola. Chantelle tremò di disgusto e di paura e gridò avvilita. Poi in un attimo uno di quegli aghi fu conficcato sulla gola di Chantelle, un centimetro sotto il collare e penetrò per neanche un millimetro. Il cinese le parlò dolcemente, lei non capì niente, ma si calmò, non provava dolore. Il cinese conficcò un altro ago vicino al precedente e poi un altro ancora. Non facevano male, ma Chantelle si accorse terrorizzata che non riusciva più a parlare. Fu un trauma, la schiava pianse mentre la serva di stalla ed il dottore cinese uscivano dalla stanza lasciandola piangente, incredula ed impaurita con tre aghi conficcati sulla gola.

Chantelle pianse disperata, più volte cercò di gridare, ma dalla sua gola non uscivano parole, solo suoni strani, simili a nitriti. Dopo mezzora ritornò il cinese con la sua padrona e con un uomo giovane e bello, un europeo. Chantelle sapeva che il suo destino era nelle mani di quella donna. La guardò e la padrona ricambiò lo sguardo fissandosi negli occhi della giovane schiava. La fiera contessa abbassò lo sguardo impaurita, in quel momento si arrese, non poteva fare più niente. In quelle settimane aveva meditato non solo di scappare, ma anche di vendicarsi, ora sperava solo che non le facessero più del male.
Il cinese le levò gli aghi, lei speranzosa provò a parlare, ma non le riuscì.
In un francese molto gutturale l’uomo le parlò. – Mi chiamo Hubert, sarò il tuo istruttore. Lo so, lo so tu non puoi parlare, ma non fa niente. Tu sarai trasformata in una puledra e le puledre non parlano, imparerai ad esprimerti diversamente. Di puledre qui ne hai già vista qualcuna, ne vedrai delle altre e non solo qui, in questa regione tutti gli allevatori hanno un bel numero di puledre come te. Ve ne saranno un centinaio, allevate in una dozzina di fattorie, più qualcuna sparsa qua e là. In questa tenuta, con te, siete in otto e poi ci sono due stalloni. La tua trasformazione inizia oggi e gli allenamenti inizieranno nei prossimi giorni. La tua padrona pensa che sarai un’ottima puledra e che le darai grandi soddisfazioni, io ho il compito di non deluderla e vedrai che ci riuscirò. Per il tuo bene ti consiglio di collaborare. Hai un corpo eccezionale e sei alta. Gambe lunghe e muscolose, spalle robuste ed un petto sodo e generoso, il resto verrà, i tuoi muscoli diventeranno vigorosi ed imparerai a correre. –
Hubert non si era limitato a commentare le doti della schiava, le sue mani l’avevano tastata in lungo ed in largo per provare quanto andava affermando. Chantelle non poteva fare niente, arrossì e fremette indignata, ma notò che il giovane, come prima il medico cinese, non aveva messo malizia in quelle carezze, l’aveva trattata con un certo distacco, come un animale di razza.
Calde lacrime scesero dagli occhi di Chantelle, tremò umiliata sotto le carezze del suo istruttore che infine le diede qualche buffetto d’incoraggiamento. – Su, su vedrai che non è poi così terribile, impara ad obbedirmi e ti accorgerai che non è poi così male. Devi anche sapere che d’ora in poi sarai sempre nuda, per tua fortuna in questa parte del mondo non fa mai freddo e comunque durante la notte una serva di stalla, se lo riterrà opportuno, ti butterà addosso una coperta. E’ prassi che una puledra, quando ha bisogno di qualcosa, raspi il terreno con lo zoccolo, imparerai a fare pure questo. –
Il cinese si avvicinò e si chinò sulla sua vulva, quindi l’insaponò con un pennello. Chantelle arrossì sconcertata, avrebbe desiderato stringere le gambe, ma non poteva. Il cinese rapidamente la rasò eliminando ogni pelo in quella parte del corpo, il rasoio levò anche i peli vicini all’ano. Chantelle s’immobilizzò temendo che inavvertitamente la potessero tagliare, le venne la pelle d’oca. Hubert le spiegò. – Ora Chao ti passerà una crema tra le gambe ed i peli non ti cresceranno più. – Chantelle pianse ancora, le piaceva il suo pelo biondo, ne era fiera, tutti i suoi amanti uomini e donne l’avevano trovato adorabile, ora non c’era più.

Terminata l’operazione, la padrona che non aveva mai parlato si avvicinò a lei e le prese i capezzoli in mano stringendoli tra il pollice e l’indice e stropicciandoli tra le dita. Chantelle tremò nuovamente di vergogna e paura. In passato lei si era deliziata con tante giovinette, servette o nobili che fossero, ora questa giovane donna la tastava con indolenza impersonale, come una vacca. Chantelle temette che potesse fare anche di peggio, capiva che era in suo potere. Inevitabilmente, nonostante la paura e quello che aveva passato, i capezzoli si inturgidirono e si allungarono. Chantelle arrossì e Sheila sorrise mormorando parole incomprensibili per Chantelle, ma di chiaro apprezzamento. Hubert ed il cinese sorrisero. Poi la padrona si rivolse al cinese che rovistò nella borsa e tirò fuori due anellini d’oro spessi qualche millimetro. Il cinese li diede alla padrona che li poggiò sui capezzoli ancora ritti e turgidi di Chantelle. La schiava gridò, ma solo un rauco e doloroso mugolio giunse alle orecchie degli altri, simile ad un nitrito. Sheila non dovette essere soddisfatta della scelta perché si rivolse nuovamente al cinese che tirò fuori altri due anellini più grossi dei precedenti. Questa volta Sheila dopo aver di nuovo manipolato i capezzoli della schiava e averli di nuovo appoggiati su di essi si ritenne soddisfatta. Il cinese mise da parte gli anellini destinati ai capezzoli. Sheila si chinò sulla vulva ormai nuda della schiava e le prese le grandi labbra in mano felice come una ragazzina a cui abbiano regalato un bel micino.
Chantelle fremette imbarazzata e sempre più spaventata. Di nuovo la padrona si rivolse al cinese e due altri anelli, più grossi dei precedenti, vennero provati sulle labbra della vulva. La padrona approvò ed anche quelli furono messi da parte. La mano destra della padrona accarezzò la schiava sul clitoride. Chantelle arrossì ed in qualche modo si dimenò. La padrona borbottò qualcosa per ammansirla, ma non smise di accarezzarla. Chantelle s’irrigidì, ma anche il bottoncino s’irrigidì e ancora una volta Sheila parlò con il cinese. Chantelle digrignò i denti e si dimenò terrorizzata. Un altro anellino, più piccolo degli altri, fu messo da parte.
Sheila si sollevò ed accarezzò la sua puledra sulle guance, le passò bonariamente un dito sulle labbra. Chantelle era inerme in suo possesso, piangeva disperata, il seno ansava come se volesse scoppiare. La padrona l’accarezzò e lentamente Chantelle si calmò, non vedeva via d’uscita. Il cinese diede un altro anello, grosso quanto quello destinato ai capezzoli, alla padrona che lo provò sulla punta del naso della schiava. Anche questo fu messo da parte. Poi la slegarono e Miriam, che intanto si era unita alla compagnia, dopo averle legato le mani dietro la schiena ed averle messo un guinzaglio al collare la condusse alle latrine.

Chantelle fece un ultimo tentativo quando l’invitarono a sdraiarsi sulla panca a cui sarebbe stata legata, ma fu inutile, aveva le mani legate dietro la schiena e Miriam la teneva saldamente per il laccio collegato al collare. Lei scalciò e si agitò, ma Hubert le saltò addosso e rapidamente la rese inerme. Poi la legarono alla panca. Le caviglie ai piedi davanti e i polsi a quelli di dietro, il collare fu agganciato ad una corta catenella, Chantelle si trovò immobilizzata ed il lavoro ebbe inizio. Doloroso, molto doloroso. Chantelle gridò come ormai poteva gridare e pianse, pianse per il dolore quando l’inanellarono ai capezzoli e soprattutto al clitoride e di disperazione ed umiliazione quando le misero gli anelli alle grandi labbra e soprattutto al naso. Durò parecchio, il piccolo cinese intendeva fare un buon lavoro e non si fece distrarre né dai gemiti, né dai sussulti della schiava. Non capitava ogni giorno che gli anelli messi ad una schiava fossero d’oro, di solito erano d’acciaio. Per quel lavoro sarebbe stato pagato bene, ma era ovvio che doveva fare un buon lavoro. Chao era il migliore nella regione e ci teneva a rimanere tale. Sheila osservava morbosamente il lavoro del cinese e spesso accarezzava benevolmente la schiava sofferente, Miriam aiutava il cinese e Hubert sembrava impassibile, ma in verità era eccitato come non mai.
Quando Chao terminò la sciolsero, Chantelle non si oppose, era stremata ed impaurita. Quando Miriam ancora una volta le fece indossare i guanti da puledra e le legò imperiosamente le mani dietro la schiena, lei non oppose alcuna resistenza.
Chantelle vide quanto era facile immobilizzarla, ma ancora non immaginava quanto di più potevano fare. Un esempio glielo diedero immediatamente. Sheila legò l’anello del naso con un guinzaglio e la condusse verso il muro. Per un solo attimo Chantelle provò a resistere e fu terribile. La padrona legò la schiava ad un anello al muro. Le lasciò un gioco di non più di venti centimetri e Chantelle fu praticamente ridotta faccia al muro, ma non finì lì, un nuovo laccio di cuoio passò dentro l’anello che le pendeva dal clitoride ed anche questo fu collegato ad un gancio, più basso, al muro. Chantelle era immobilizzata.
Per sua fortuna non se ne accorse prima, il ferro rovente si poggiò sulla natica destra e sfrigolò per qualche istante. Chantelle impazzita dal dolore gridò come ormai poteva fare e nonostante il dolore si dibatté impazzita. Poi convulsamente cercò di fermarsi, sentiva male al naso ed al clitoride. Il ferro era stato arroventato fuori dal capanno e Miriam l’aveva portato a Chao che l’aveva marchiata con una bella S, ora era a tutti gli effetti proprietà di Sheila. Hubert l’accarezzò sulla schiena, Chantell vibrava e sussultava, ma non osava muoversi, anzi cercava di calmarsi. Hubert l’accarezzò sulle natiche, anche lì vicino dove ancora scottava per il marchio. Poi l’uomo le disse: - Buona, buona, abbiamo quasi finito e non ci sarà più dolore. Chao è andato via. Ora devi indossare solo le tue nuove calzature e poi potrai riposare. – Chantelle non aveva idea di quanto tempo fosse passato, temette d’impazzire, ma si aggrappò a quelle parole e sperò che davvero fosse tutto finito. Era sempre immobilizzata.

L’operazione fu meno semplice di quel che poteva sembrare. La sera prima Miriam aveva preso le misure a Chantelle ed ora le sue nuove calzature erano pronte. Hubert le sollevò un piede e Miriam le fece indossare uno stivaletto. Era nero ed aveva la suola molto alta e larga, infissa sotto la suola c’era una bella lamina d’acciaio: un ferro da cavallo. Lo stivale spingeva il piede molto in su, solo la parte iniziale del piede toccava a terra, poi iniziava ad incurvarsi verso l’alto e non aveva tacco. Lo stivaletto, era chiuso, pieno e pesante, il tallone veniva spinto tanto in alto che Chantelle sì sentì costretta sulle punte, la pianta del suo piede toccava a terra, ma il tallone no, rimaneva sospeso nel vuoto. Lo stivaletto era alto fino al polpaccio, ma era una delle tante versioni che la puledra poteva indossare, ve ne erano di bassi, tipo gambaletto, e di alti fino alla sommità delle cosce. Miriam strinse con forza le stringhe, soprattutto quella larga alla caviglia che aveva lo scopo di tenere il piede fermo, ciò in mancanza del tacco era molto importante per evitare spiacevoli distorsioni. Il piede venne grottescamente catturato.
Chantelle temette di cadere, non era abituata a quel tipo di calzature, nella sua giovane vita aveva indossato scarpe di tutti i tipi, ma sempre con un tacco, magari altissimo, ma che la sosteneva. Sheila la resse e lei riuscì a stare in piedi. A parte lo sforzo richiesto ai muscoli, in particolare quelli del polpaccio, lo stivaletto era comodo e la pianta larga assicurava un buon equilibrio, naturalmente era insolito e la futura puledra che si doveva ancora abituare, in quel momento, non lo trovava per nulla facile.
Analoga operazione venne ripetuta sull’altro piede. Chantelle si sentiva molto più alta ed instabile, temeva di cadere, quelle terribili calzature costringendola quasi sulle punte dei piedi con tutta quella suola spessa e robusta l’avevano sollevata di almeno quindici centimetri. Quando finirono Chantelle temette ancora una volta di cadere, ma si accorse che sebbene, i suoi piedi ora fossero grottescamente catturati in quelle orribili calzature, se stava ferma, non correva veri pericoli, ma già sentiva i polpacci duri e dolenti. Con cautela provò a muoversi, ma non poteva farlo più di tanto, rimase ferma e pianse disperata. Lo sforzo di stare sulle punte le sembrò immane, in verità era molto più facile di quanto le potesse sembrare, solo che doveva imparare. Sheila le accarezzò le cosce, ora rigide anche per la postura in cui veniva costretta da quegli stivaletti. Chantelle non capì ancora una volta cosa le disse la padrona, ma Hubert tradusse per lei.
– La tua padrona dice che hai delle gambe potenti e delle cosce meravigliose, dice che imparerai a correre con quegli stivali che in questo momento ti sembrano dei trampoli e che sarai molto veloce. Molto più veloce di quanto tu possa immaginare. Nei prossimi giorni imparerai a farlo. -

Anche Miriam era andata via, sarebbe tornata più tardi per darle da mangiare e da bere. Ora nel capanno c’erano solo Sheila ed Hubert, oltre a Chantelle legata per il naso e per il clitoride al muro. Anche Sheila accarezzò amorevolmente Chantelle sulla schiena e sulle natiche e le sussurrò parole dolci che la fecero rabbrividire anche senza capirle. Poi Sheila appoggiò le spalle al muro, era di lato a Chantelle e parlò all’uomo. L’unica parola che Chantelle capì fu Hubert. La voce della padrona era rauca ed eccitata e mentre parlava aveva aperto sul davanti l’ampio e lungo vestito che indossava. Nonostante tutto Chantelle vide quanto la sua padrona fosse bella, la pelle liscia e bruna, i capelli lunghi e neri che le scendevano sulle spalle nude, il seno grosso e sodo, con due tette magnifiche e sostenute su cui spiccavano due grossi capezzoli bruni e ritti. Sentì che Hubert si spogliava e poi la prendeva. Sheila si avvinghiò all’uomo e lui la sbatté con foga contro il muro. Chantelle distolse lo sguardo, ma quella fu l’ultima umiliazione, i padroni scopavano nella stalla incuranti della presenza della puledra.

Ancora palpitante di piacere Sheila si rivolse all’uomo e poi lui parlò con Chantelle. – La tua padrona ha deciso quale sarà il tuo nome, d’ora in poi ti chiamerai Contessa. – Chantelle pianse, i due amanti uscirono.





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