La migliore cura

Scritto da , il 2018-02-20, genere incesti

Mi sentivo di merda.
Era il mio compleanno, mancavano pochi giorni a Natale, ed ero stata mollata dal mio ragazzo.
A dire la verità l'avevo lasciato io. Non eravamo insieme da molto, solo cinque mesi, ma faceva male lo stesso. E dire che me lo avevano detto che di lui non c'era da fidarsi. Ma ho dovuto sbatterci il grugno.
Si da il caso che due sere prima ero uscita di corsa per prendere una cosa che a mia madre serviva urgentemente e avevo visto lui e i suoi amici al fast-food del centro commerciale, e lui stava abbracciato a due ragazze. E dico due… che baciava alternativamente. Sul momento avevo fatto finta di niente, perché non avevo proprio tempo e lui non mi aveva vista, ma mi ero ripromessa di parlargli il giorno dopo. E così, tra una discussione e l'altra, urla da parte mia e sogghignante silenzio da parte sua, era tutto finito. Cinque mesi buttati nella spazzatura.
E ora cosa ne avrei fatto del regalo gli avevo preso e che se ne stava impacchettato nell'armadio?
Me ne stavo lì imbambolata davanti all'anta chiusa, incapace di decidere sul da farsi. Fissavo le venature del legno sperando in una illuminazione che non arrivava.
— Che stai facendo?
Mi prese un colpo e letteralmente sobbalzai spaventata. Mi voltai verso la voce di mio fratello, ancora con il cuore che batteva veloce.
— Niente di che. Stavo cercando un modo per liberarmi da quello che tengo lì dentro.
— E cos'è di così particolare che non mi hai nemmeno sentito che ti chiamavo?
— Il regalo per il mio ex.
— Oh… ah… vi siete lasciati prima di Natale? Cazzo!!! È terrificante…
— Ma va? e cosa volevi? — gli chiesi girandomi verso di lui.
Il lui in questione è Davide, il mio fratellone ed ha dodici anni più di me. Ci siamo praticamente ignorati per tutta la mia infanzia (la differenza di età era davvero troppa per costruire un legame), ma da qualche tempo ci eravamo avvicinati parecchio.
Fece qualche passo, entrando in camera mia.
— Volevo solo farti gli auguri. Tutto qui. Mi ero dimenticato di farlo stamattina.
Mi allungò un sacchetto.
— Buon compleanno!
— Grazie.
Ma non ero particolarmente felice in quel momento, per cui il tono che mi uscì di bocca era quello di uno che va al funerale, piuttosto che di uno che accetta un regalo.
— Su, aprilo! — mi disse.
Lo aprii e rimasi sbalordita dal suo contenuto. Era la splendida camicetta in raso di seta, di un bianco perlaceo, che avevo adorata per settimane. Avevo avuto l'intenzione di comprarla quando fossero iniziati i saldi, se i vari parenti mi avessero regalato denaro a sufficienza. Costava più di 200 euro. E invece eccola lì, delicatamente posata sul letto.
Guardai esterrefatta mio fratello.
— Davide… — sussurrai incapace di aggiungere altro.
Un sorriso divertito spuntò sul suo bel volto. È davvero un bel ragazzo, mio fratello. Alto, spalle sode e muscolose, addominali scolpiti, capelli biondo rossicci piuttosto lunghi e occhi verdi smeraldo.
— Ti ho sentito parlarne con la mamma, che avresti voluto comprarla, e così te l'ho presa io. Su provala adesso, che se non ti va la taglia me la faccio cambiare.
Non mi feci ripetere due volte l'invito. Senza neanche chiedergli di uscire dalla stanza o di voltarsi, mi levai la maglietta che portavo, sbottonai la camicetta (facendo attenzione per la presenza di eventuali spilli o cose del genere) e la indossai velocemente. Solo quando iniziai ad allacciare i bottoni mi resi conto che addosso avevo solo il reggiseno. In pizzo.
Forse avvampai imbarazzata, perché mi sentivo le guance scottare. Ormai era troppo tardi, e lui mi aveva certamente vista. Cercai di fare finta di niente.
Comunque la camicetta mi stava alla perfezione. Aderente nei punti giusti, che metteva in risalto il seno, senza però tirare troppo la stoffa.
Mi voltai verso di lui.
— Grazie Davide — alzandomi sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulla guancia. — È perfetta! grazie!
Lui mi afferrò per la vita e mi strinse al suo fianco.
— Non c'è di che… — dandomi un rapido bacio sulla fronte.
Mi sciolsi dal suo abbraccio e andai alla specchiera. Mi osservai a lungo, prima un profilo, poi l'altro, poi dietro, poi davanti… e nel girarmi notai lo sguardo di mio fratello.
Non sapevo bene come interpretare quello che vedevo. Pareva… affamato. Non si era spostato di un millimetro, ma tutto il suo essere sembrava ugualmente proiettato verso di me. Le sue mani mollemente abbandonate ai fianchi erano scosse da leggeri tremiti.
Dopo quello che mi era parso un momento lungo una vita, si riscosse e uscì dalla mia stanza senza dirmi nulla. Sul momento ci restai male, ma poi ripensandoci, forse anche lui si era sentito imbarazzato per essere rimasto lì a fissarmi.
Mi tolsi la camicia e l'appesi nell'armadio; non volevo sciuparla perché l'avrei messa alla cena della Vigilia, quando ci sarebbero stati i parenti.
Mi avvicinai al letto per buttare il sacchetto, che era posato lì sopra, quando mi accorsi che dentro c'era qualcos'altro.
Era una gonna, rosso scuro, in pregiata stoffa di lana leggera, a cui avrei dovuto abbinare la camicia. Anche quella era di splendida fattura. L'etichetta diceva che era stata confezionata a mano in Italia. Anche la gonna doveva essergli costata un occhio della testa. Me la provai, e anche quella mi andava alla perfezione. La appesi di fianco alla camicia.
Mio fratello mi aveva fatto un generoso regalo: tra camicia e gonna avrà speso senz'altro più di 500 euro…
All'improvviso seppi cosa fare col regalo che avevo nell'armadio. Lo avrei dato a Davide. Certo era piuttosto banale (un profumo di marca) rispetto a quello che mi aveva dato lui, ma…
Presa la decisione non ci pensai più fino alla Vigilia.

Erano le sette di sera, avevo fatto la doccia, i capelli erano già stati acconciati dalla parrucchiera nel pomeriggio, e allora me stavo in camera mia con solo l'accappatoio addosso.
Stavo cominciando a tirare fuori da armadio e cassetti gli abiti e gli accessori che avrei indossato la sera. La camicetta e la gonna che mi aveva regalato Davide erano ancora perfetti e non avevano bisogno di essere stirati, perciò mi dedicai alla scelta delle calze e dell'intimo. Accostai un capo alla volta ora alla gonna, ora alla camicia, per trovare quello che meglio si abbinava. Alla fine scelsi l'intimo di pizzo bianco e delle calze nere velate. Il reggiseno doveva necessariamente essere bianco altrimenti si sarebbe notato troppo sotto la camicia.
La porta era socchiusa e d'improvviso Davide si fiondò dentro, chiudendosi la porta alle spalle.
— Scusa, ma non volevo che mi veda nessuno. Mamma sta ancora trafficando in cucina e papà si sta preparando in bagno.
Poi tirò fuori un pacchetto da sotto il maglione.
— Un regalo per te…
— Ancora? Ma mi hai già fatto la camicia e la gonna… Non dovevi!
Fece spallucce, come se non gliene importasse niente.
— Allora ti ringrazio. Lo aprirò poi, assieme agli altri.
Inaspettatamente sbiancò.
— NO! — quasi urlò. — Meglio di no — aggiunse sommessamente.
Poi uscì. Ero indecisa, meglio aprirlo ora o magari domani? Ma la curiosità vinse. Strappai decisa la carta.
Mi si spalancarono gli occhi e sicuramente diventai tutta rossa. Ci credo che non volesse che lo aprissi davanti a tutti!
Era un magnifico coordinato a tre pezzi: babydoll, grigio perla, di leggero pizzo trasparente, con le coppe tagliate nel mezzo, reggiseno senza coppe e brasiliana.
Ma che gli era saltato in mente di farmi un regalo del genere!? Quella è roba che mettono solo certe attrici nei film porno!
Certo però che l'idea di indossare quegli indumenti mentre i miei famigliari sono tutti presenti, mi faceva sentire un po' eccitata.
Chiusi a chiave la porta della camera, perché non volevo che nessuno mi vedesse, e li indossai. Una volta tolto l'accappatoio, mi misi di fronte allo specchio e mi infilai le mutandine. Già da qualche mese avevo preso l'abitudine di farmi la ceretta totale all'inguine e la brasiliana trasmetteva sensazioni insolite. Sentivo il pizzo solleticarmi in certi punti che nemmeno sapevo che esistessero. Poi mi misi il reggiseno. Era senza coppa, quindi i capezzoli sarebbero stati esposti. Le fasce che sostenevano il seno erano morbide ma me lo sollevavano in un modo incredibile. Portavo già una terza abbondante ed ultimamente era ancora più pieno del solito. Mi guardai allo specchio e, anche se non avevo mai indossato una cosa del genere (ero più da reggiseni sportivi), mi vedevo incredibilmente sexy. Mi scattai una foto col cellulare. Per ultimo mi misi il babydoll, aprendo delicatamente la parte alta sui capezzoli. Questi spuntavano imperiosi dall'apertura, senza tuttavia creare curve deformi sul seno. Il resto del pizzo mi cadeva morbidamente sul ventre e sui fianchi.
A questo punto, però, non avrei potuto mettere i collant. Avrebbe rovinato tutto. Mi ricordai che una volta avevo acquistato delle autoreggenti, più per scherzo che per vera e propria voglia di indossarle. Infatti li trovai ancora insacchettati sul fondo del cassetto. Oggi era l'occasione buona per metterli. Mi sedetti sul bordo del letto e con attenzione me li misi. Fortuna vuole che erano neri e velati come i collant che avevo intenzione di mettere.
Finii di vestirmi, mettendomi la gonna (che era detta a portafoglio) e la camicia.
Mi guardai allo specchio. Cavoli… se ero sexy! I capezzoli si intravedevano sulla morbida stoffa della camicia e le calze apparivano e sparivano ad ogni passo che facevo.
Avevo pensato che mi sarei sentita un po' zoccola a mettermi quella roba, ma invece devo dire che mi stava proprio bene. Sembravo quasi una modella da copertina! Quasi… perché non avevo scarpe coi tacchi, ma delle comunissime e comodissime decolté. Ultimai il tutto con un collier d'oro, gli orecchini e gli anelli.
Quando finii di ammirarmi andai in sala da pranzo, per finire di imbandire la tavolata.
Non vi dico i commenti di mia madre e di mio padre quando mi videro. Non finivano più di farmi i complimenti, per come ero elegante. Nessuno aveva ancora notato che cosa avevo sotto, per fortuna…
Poco dopo iniziarono ad arrivare i parenti. Quest'anno i miei avevano invitato i due fratelli di mia madre e i suoi genitori. Quindi c'erano anche i miei cinque cuginetti, il più grande dei quali aveva sette anni e la più piccola aveva solo due mesi.
Appena passati dalla porta, mia zia mise in braccio la piccolina, per poter salutare i miei e posizionare una pila di regali sotto l'albero.
La bambina se ne stava tranquilla tra le mie braccia, quando notai mio fratello. Era appoggiato allo stipite della sala e mi stava guardando con occhio critico. Poi mi sorrise ed annuì. Decisamente apprezzava ciò che vedeva. Intanto mia zia venne a riprendersi la piccolina e la mise nel porta-enfant che mio zio aveva posizionato sul divano accanto ai miei nonni.
Poi mia madre si eclissò per qualche minuto, per poi ricomparire accuratamente vestita per la festa, invitando tutti a sedersi a tavola.
La cena naturalmente andò per le lunghe, e già verso le 23 i bambini dormivano: i tre più piccoli nel letto matrimoniale dei miei, mentre il più grande dormiva nel mio letto e la piccolina nella carrozzina.
Molte volte avevo sorpreso mio fratello a guardarmi, ma non diceva mai nulla di particolare ed io, fortunatamente, riuscivo a fare finta di niente anche quando sentivo i capezzoli turgidi sfregare e tendere la stoffa della camicia. Ma più di una volta avevo sorpreso Davide guardarmi nella scollatura.
A mezzanotte scartammo i regali. Sotto l'albero rimasero solo i regali dei bambini addormentati.
Non so chi, poi, andò alla finestra, forse per guardare in strada. Nessuno si era accorto che aveva iniziato a nevicare e le strade erano già belle bianche. Solo i miei nonni abitavano vicinissimi (due case più avanti sulla via), ma i miei zii, dovevano fare un bel po' di strada per tornare a casa. Quindi si accordarono su chi doveva dormire dove. I nonni, assieme a uno dei figli, coi nipoti, sarebbero rimasti a dormire a casa loro, mentre l'altro zio sarebbe rimasto a casa nostra. Avevamo un divano-letto matrimoniale (nel quale avrebbero dormito gli zii) e i miei cugini avrebbero dormito nel mio letto.
Io, invece, me ne sarei andata a dormire con Davide, che aveva un letto supplementare a cassettone.
I nonni e gli zii restarono fino alle due, e fuori c'erano già più di quindici centimetri di neve. La zia rimasta da noi aiutò a sparecchiare, per poter avere spazio per aprire il divano-letto, e poi iniziò la fila per il bagno. Fortuna che ne avevamo tre.
Mi affrettai a recuperare il pigiama e andai nella camera di Davide. Lui si era già tolto i vestiti ed aveva addosso solo una maglietta e dei pantaloncini. Eravamo gli ultimi. Tutti si erano già accoccolati sotto le coperte e la casa era silenziosa. Davide chiuse la porta a chiave, spense la luce a soffitto e accese quella del comodino.
Mi si avvicinò lentamente, guardandomi negli occhi. Mi fece sedere alla sedia della scrivania e iniziò a sciogliermi l'acconciatura, levandomi una forcina alla volta. Non disse mai una parola, ma io mi sentivo stranamente eccitata dalla situazione.
Quando i miei capelli furono sciolti, mi allungò una mano invitandomi ad alzarmi. Mi alzai. Si mise di fronte a me e con movimenti delicati mi spinse i capelli dietro le spalle. Si avvicinò ancora di più e prese ad accarezzarmi la guancia con la punta delle dita. Sentivo il suo fiato alitarmi sulla fronte e le sue labbra posarcisi sopra. Mi diede un dolce bacio. Poco per volta i baci si spostarono prima sugli occhi, poi sulla guancia, poi sul naso, per poi fermarsi sulle mie labbra.
Mi sentivo sempre più eccitata. Le sue labbra fecero dischiudere le mie, e le nostre lingue si incontrarono.
Le sue mani, intanto mi accarezzavano ora la schiena, ora il collo, cercando il contatto con la pelle. Lentamente poi iniziò a slacciarmi i bottoni della camicia, senza mai staccare la bocca dalla mia. Ci baciavamo dolcemente, senza fretta, assaporandoci.
Sempre lentamente mi tolse dalle spalle la camicia, lasciandola cadere a terra e la gonna la raggiunse subito dopo.
Davide si staccò da me, facendomi girare verso la luce, e si allontanò di un passo. Mi osservò a lungo, quasi cercando di imprimersi nella mente quello che vedeva.
— Sei bellissima, Nadia… davvero stupenda.
Si avvicinò e prese di nuovo a baciarmi. La sua lingua inseguiva la mia e poi pian piano i suoi baci si spinsero sul collo. A tentoni si sedette sul bordo del letto e i suoi baci si spostarono sull'incavo dei seni, messi in risalto dal baby-doll. La sua bocca si spostò su uno dei capezzoli che spuntava turgido dal pizzo. Lo prese tra le labbra e si divertì a mordicchiarlo, accendendomi di desiderio.
Le sue mani, intanto, non facevano che accarezzarmi la schiena e i glutei nudi.
Per contro, io gli avevo infilato le dita tra i suoi lunghi e setosi riccioli. Ansimavo sempre più rapidamente, eccitata dalla bocca e dalle carezze di Davide. Cercavo di evitare di fare rumore, perché la camera dei miei era proprio di fronte a quella di mio fratello. Non volevo proprio che ci sorprendessero mentre facevamo quello che stavamo facendo.
Davide slacciò un bottone che nemmeno sapevo che esistesse e aprì il baby-doll. Il mio seno era esposto alla sua vista e alla sua bocca. Passava da un capezzolo all'altro, dimostrando di gradire appieno quello che aveva di fronte. Le sue dita intanto avevano raggiunto i bordi della brasiliana. Lentamente me la tirò giù, sulle ginocchia, e da lì scivolò da sola sul tappeto. Immediatamente il baby-doll lo raggiunse. Avevo ancora il reggiseno addosso, ma era lì più che altro per sostegno, dato che i miei seni erano già nudi. Ma alla fine mi tolse anche quello.
Mi presi un momento per guardarlo. I suoi occhi erano lucidi, con le pupille dilatate per l'eccitazione, le sue labbra arrossate per i baci. Lo sguardo poi scese ancora più in basso. I suoi pantaloncini erano gonfi in modo spropositato, tesi all'infuori.
Doveva essere eccitato all'inverosimile, per essere in quelle condizioni.
Davide poi mi afferrò per le mani e mi invitò a sdraiarmi sul suo letto, a cui aveva già spostato il piumone. Mi adagiai su di esso, spostandomi il più possibile verso la parete, per lasciargli spazio.
Prima di sdraiarsi accanto a me si tolse la maglietta e i pantaloncini. Lo osservai ancora. Anche lui era bellissimo. I suoi addominali scolpiti e quello che c'era poco più giù catturarono di nuovo la mia attenzione. Di certo aveva più esperienza di me in materia, ma pure io sapevo quali erano le sue intenzioni.
Forse le avevo già inconsciamente capite quando abbiamo iniziato ad avvicinarci, tanto tempo fa.
Poi si sdraiò accanto a me. Ci coprimmo perché faceva freddo e riprendemmo a baciarci.
Lentamente mi spostai sotto lui, e lui si mise tra le mie gambe.
Senza aiutarsi in alcun modo, il suo pene si infilò nella mia vagina. Non ero più vergine da un paio d'anni, ma non avevo fatto molto sesso. Questa era la mia sesta volta. Istintivamente inarcai la schiena quando lui penetrò tutto in me.
Ero già abbondantemente bagnata e lui non fece alcuna fatica ad entrare. Si muoveva lentamente, facendomi assaporare il suo pene lungo e grosso. Intanto mi riempiva di baci, senza mai smettere di muoversi dentro di me.
Ci amammo per ore, prima che Davide iniziasse ad avvertire i segnali dell'imminente orgasmo.
Perciò prese a muoversi più rapidamente, e poi si bloccò in profondità mentre sentivo il suo seme spandersi dentro di me. Anche io stavo godendo ancora, e le contrazioni del mio ennesimo orgasmo, stimolavano ulteriormente il suo pene a donarmi altro prezioso liquido.
Quando Davide uscì dal mio corpo, appagato e soddisfatto, erano le quattro del mattino.
Poi spense la luce e insieme ci addormentammo abbracciati.
Quando mi svegliai la mattina dopo, Davide mi teneva ancora tra le sue braccia. Avevo la testa posata sul suo braccio, la schiena appoggiata al suo petto e sul sedere sentivo il suo pene turgido scosso da contrazioni ritmiche. Si induriva e si rilassava nel giro di pochi minuti. L'altra sua mano era suo mio ventre.
D'improvviso, poi, Davide mi sollevò una gamba sopra le sue e il suo pene entrò di nuovo dentro di me. Si mosse rapido per un po', poi si sfilò e mi fece sdraiare sulla schiena. Entrò ancora ed il suo andirivieni si fece sempre più deciso fino a che mi venne di nuovo dentro.
— Buongiorno, amore. Buon Natale — mi sussurrò all'orecchio, mentre il suo pene si stava sfilando.
Appoggiai la guancia accanto alla sua, cercando di rallentare il respiro.
— Buon Natale anche a te.
La casa si stava svegliando. Non era proprio il caso di farci sorprendere a letto insieme nudi. Io mi rimisi l'intimo della sera precedente e il pigiama che era rimasto accartocciato sulla scrivania.
Davide non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso e mi sorrideva dolcemente.
Uscendo dalla stanza, si sentiva il vociare dei bambini che aprivano i loro regali, ed io recuperai dall'armadio il profumo che avevo intenzione di regalare a Davide.
— Scusami per questo regalo. Non è di gran valore, rispetto a quelli che mi hai fatto tu. E per di più è pure riciclato.
— Oh no, non è per niente vero. Questa notte tu mi hai fatto un regalo che ha di gran lunga più valore per me — mi disse sottovoce.
E mi diede un altro bellissimo bacio, sulla guancia, aggiungendo un sommesso grazie.


— Sai Davide… sei stato così tenero e gentile con me, che mi hai fatto dimenticare tutto quello che quell'idiota del mio ragazzo mi ha fatto patire — gli dissi dopo qualche giorno.
— Eh… Nadia, lo so. L'ho sempre saputo che fare sesso è la migliore cura per tutte le pene d'amore!
Ci furono moltissime altre occasioni per stare insieme. Io ero a casa da scuola e l'azienda dove lavorava Davide era chiusa fin dopo l'Epifania, mentre i nostri genitori dovevano occuparsi del negozio, che era aperto.
Solitamente quando mi svegliavo andavo a raggiungerlo in camera e passavamo buon parte della mattinata a goderci l'un l'altra e di solito mi veniva dentro un paio di volte, prima di alzarci.
E poi successe l'inevitabile: a gennaio non mi venne il ciclo. L'ultima volta mi era venuto una decina di giorni prima di Natale. Quando feci il test naturalmente risultò positivo.
Ero incinta di mio fratello.
Alla mamma raccontai tutto. Non ne fu affatto sorpresa: anzi si era sempre chiesta quando sarebbe capitato. Lei lo aveva capito da tempo che Davide ed io ci amavamo, anche se noi non avevamo mai fatto nulla di particolare prima.
Papà mugugnò un po' dicendo che era troppo giovane per diventare nonno ed io troppo giovane per diventare madre, ma si congratulò ugualmente con me, e poi chiese a mio fratello se saremmo andati a vivere insieme.
— Forse… tra qualche anno, magari — fu la risposta di Davide.

Infatti, appena finii la scuola, Davide trovò un bell'appartamento in affitto, a neanche un chilometro di distanza dai nostri genitori. Due camere, soggiorno con angolo cottura, più lavanderia e garage. Sarebbe diventata la nostra casa per gli anni a venire.
Davide mi ingravidò altre due volte. Avemmo due maschi e una femmina.
Quando i nonni morirono, una decina d'anni dopo, io e Davide andammo a vivere nella loro villetta. Per festeggiare l'avvenimento mi ingravidò un altra volta.
Non mi sono mai pentita della scelta di avere una famiglia con mio fratello, e posso solo ringraziare il mio ex che fu così stronzo a pochi giorni da quel bellissimo giorno di Natale in cui rimasi incinta la prima volta.

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