Puttana in Trasferta & Assassina a Sangue Freddo

Scritto da , il 2017-09-30, genere orge

Nel corridoio non c’è nessuno.
Giurerei che Anna è andata a sinistra, cioè dalla parte opposta da dove siamo arrivati.
Ci sono altre camere come quella dove abbiamo fatto l’amore: le prime due sono libere, mentre nella terza c’è una coppia in azione…
Buon per loro.
Sento la voce di Anna più avanti e mi blocco per orizzontarmi.
Dietro l’angolo c’è un ampio atrio, e oltre l’atrio due porte aperte che danno in ampie sale illuminate.
Nella prima non vedo niente di speciale, ma nell’altra vedo Anna e Antonio, insieme ad un tipo che somiglia a entrambi anche se è decisamente meno attraente.
Don Pasquale, il pazzo.
Una mano sulla spalla mi fa trasalire.
- E tu cosa ci fai qui?
Cazzo.
Anzi: un portatore di cazzo. Un gorilla.
- Eh… Cercavo compagnia, ma credo di essermi persa.
Mi squadra da testa a piedi, chiaramente poco impressionato dal tasso di rischio che rappresento, e più interessato alle me gambe generosamente esposte - E te si persa propeto qui?
Un gorilla tutto muscoli e niente cervello.
Sorrido e gli piazzo una mano sul pacco. – Già… Che fortuna per te, vero?
Il coglione sorride a trentasei denti e il coso gli si intosta rapidamente sotto le mie dita in movimento.
Non deve essere piacevole stare di guardia tutto solo mentre gli altri si divertono tutti, poverino… Scommetto che anche a lui andrebbe un po’ di compagnia, vero?
Il coglione è già arrapato.
Sospiro rassegnata e gli scivolo davanti in ginocchio, aprendogli la patta dei pantaloni.
Gli faccio un pompino dietro l’angolo del corridoio; più da puttana di strada che da escort di lusso, ma pazienza.
Mi viene in bocca e io sputo sul pavimento, perché per l’ingoio ci vorrebbe un extra che non abbiamo pattuito.
Lui s’incazza perché ho sporcato il pavimento del corridoio e adesso a lui toccherà pulire altrimenti poi il capo chi lo sente…
Mi alzo in pedi scrollando le spalle, gli do un buffetto e mi allontano sculettando come un’oca mentre lui si china a pulire la sborra per terra con un fazzoletto.

Come il coglione mi perde di vista, io scivolo di lato.
Appena in tempo: Antonio e Anna escono dalla stanza di Pasquale e passano davanti al gorilla intento a pulire, ignorandolo completamente.
Mi butto in una delle camere vuote e li lascio passare.
Sono sotto braccio e parlano a voce bassa.
Non afferro molto, ma è evidente che non sono molto affezionati al fratello maggiore, che evidentemente li ha informati della sua intenzione di non spartire con loro il potere nel clan.
- Chistu ci lascia fori o' fridd… - brontola Antonio, livido.
- Dannata checca – infierisce Anna – Ma sua moglie dov’è?
- E’ di sotto con gli ospiti, non l’hai vista?
- No. Ma non mi sorprende che l’abbia vista tu…
- Anna, piantala. Non ti ci mettere pure tu!
Poi proseguono nella direzione da cui eravamo arrivati prima Anna e io.
Scivolo fuori e raggiungo l’atrio di prima: il gorilla dev’essere andato a pulirsi il fazzoletto…

La camera dove i tre fratelli avevano conferito poco prima è vuota, mentre l’altra adesso è occupata.
Troppo pericoloso restare nell’atrio, il gorilla potrebbe tornare. Però oltre l’atrio c’è una porta che da su un’altra terrazza, probabilmente proprio sopra quella dove ho sedotto Anna poco prima…
Ci provo, e mi va bene: non c’è nessuno. Effettivamente l’aria comincia a pizzicare un po’…
Sì, c’è un’ampia porta finestra che si affaccia dalla camera di prima sulla terrazza, e dalla quale posso guardare dentro.
Mi sento un po’ come una guardona; ma in fondo cos’altro è un agente segreto, se non un guardone super pagato?

Don Pasquale si sta godendo il suo party privato, ed è evidente che preferisce non avere troppa gente fra i piedi, visti i suoi gusti un po’ decadenti…
Vediamo un po’: Pasquale si sta spogliando, rivelando un corpo magro, grigio e peloso da perfetto cocainomane. Con lui ci sono alcuni amici, chiaramente pronti a divertirsi con lui.
Un tipo di colore, non particolarmente grosso o muscoloso, ma chiaramente superdotato: già nudo e in tiro, sembra più un somaro che un essere umano, almento a giudicare dalla sua terza gamba.
La donna vestita di latex nero e con la frusta in mano è chiaramente una domina: avrà la mia età, pelle chiara e capelli lunghi neri e lisci, con due tette da paura appena contenute in un corsetto in finta pelle e due gambe lunghe e muscolose che sfuggono da una minigonna in latex presa in una svendita a un pornoshop di Forcella.
Più di classe il baldraccone con la maxigonna e il cigarillo (evidentemente qui non è vietato fumare): dai lineamenti non sono sicura se si tratti di un uomo o di una donna, e ne deduco trattarsi di un femminello di lusso.
A Pasquale sembra piacere il nero, o almeno la sua bega, che accarezza con evidente piacere… Poi però si stacca e raggiunge il femminello per baciarlo in bocca.
Ha appena cominciato, che la valkyria interviene con la frusta a rovinargli la festa, sferrandogli una frustata sulle chiappe grigiastre.
Un gioco di ruolo, evidentemente: chi avrebbe le palle di frustare il boss nella sua casa?
Già, al nuovo boss piacciono i giochini particolari.
Prendo l’iPhone dalla tasca e mi accerto di filmare con la massima risoluzione possibile: questa è una scena da non perdere.
Ognuno ha i suoi gusti: a me per esempio piacciono le ragazzine, e non disdegno i cazzi grossi nel didietro… Però i giochi del boss non sono fra i miei preferiti.
Non mi eccita molto vederlo ciucciare il cazzetto del femminello, e neanche vederlo frustato dalla domina.
Più piacevole quando il nero agguanta la bruna e la inforna da dietro facendola strillare; peccato che non duri molto.
Il boss gradisce trovarsi al centro dell’attenzione. S’interompe per una sniffatina di coca, poi fa stendere il femminello nudo sul letto e riprende a spompinarlo, mentre il nero cambia buco come da ordini e glie lo mette in culo.
La domina, rimasta disoccupata, pensa bene di mettersi a frustare un po’ tutti…
…E intanto io filmo tutto coscenziosamente.
Faccio un bello zoom quando il boss beve la sborra del femminello, e poi quando questi gli rende il favore mentre il nero continua a svangarlo nel culo.

L’infrociata si trascina per un bel pezzo, fra una sniffata e l’altra, e io non smetto di riprendere il tutto; sono particolarmente fiera del close-up con il cazzone nero nel culo pallido di don Pasquale, che ulula di piacere nel prenderselo tutto dentro.
Poi però il diavolo ci mette la coda.
Finito di godere da perfetto rotto in culo, il boss riapre gli occhi e decide di guardare fuori verso la vetrata… E verso di me.
I nostri occhi si incontrano per un istante.
Cazzo.
Mi sento come un paparazzo beccato dalla star mentre la fotografa intenta a baciare il marito di un’altra. Solo che la star di solito ti querela, mentre il mio cliente ama strappare le unghie alle vittime ancora vive.
Lui è dentro in una stanza illuminata, e io sono fuori al buio dietro una vetrata, quindi non può vedermi bene… Però mi vede.
Spengo l’iPhone e me lo ficco in tasca, poi corro verso il parapetto della terrazza, cercando di sparire nel buio. Di rientrare nell’atrio non se ne parla, è lì che accorreranno i gorilla, e anche lo stesso don pasquale con i suoi amici intimi.
Mi affaccio al parapetto; avevo ragione, è proprio sopra la terrazza dove ho pomiciato con Anna.
Sento grida e passi di corsa alle mie spalle.
Okay, tempo di guadagnare il mio cache: scavalco il parapetto, e mi volto aggrappandomi con le mani mentre faccio ondeggiare le gambe nel vuoto.
Uno, due… Tre!
Mi do la spinta e lascio andare la presa, lanciandomi verso la terrazza di sotto.
Sono meno di tre metri, e in fondo la terrazza di prima era al pianterreno, quindi non è poi quel gran salto.
Finisco a terra con un grugnito, ma mi rialzo prima che i miei inseguitori si possano affacciare, e corro verso la porta che da sulla sala da ballo.
Sento gridare da sopra, ma scommetto che i gorilla non sono così agili e pronti da saltarmi dietro, almeno non così in fretta da acchiapparmi prima che io mi getti nella folla della sala da ballo…

Dentro fa caldo, e la luce mi accieca per un momento.
Riprendo fiato e mi addentro nella sala, mescolandomi alla gente che si dimena sulla pista.
Due tipi grandi e grossi entrano nella sala dalla terrazza, e uno mi sembra di riconoscerlo per il tipo cui ho hatto un pompino nel corridoio: devono essere saltati di sotto anche loro, ma adesso si guardano intorno disorientati. Io vedo loro, ma loro non vedono me, intenta a ballare in pista nsieme ad almeno un centinaio di altre donne piacevolmente discinte e intente a intrattenere altrettanti portatori di cazzo arrapati.
Per il momento è fatta.
Non credo che don Pasquale rovinerà la sua festa di debutto come boss del clan per dare la caccia a una puttana che lo ha fotografato a culo pieno: non ci farebbe bella figura. Però scatenerà tutti i suoi guaglioncelli alla mia ricerca, quindi è meglio che mi nasconda nella folla, sperando di non essere stata vista troppo bene.

***

Il problema ora è come lasciare la villa.
Non sarebbe una buona idea allontanarmi da sola attraverso l’accesso da cui sono entrata: sicuramente le guardie sono già avvisate, e una troia che cercasse di andarsene da sola anzitempo sarebbe alquanto sospetta, anche per dei perfetti imbecilli come quelli con cui ho avuto a che fare finora.
L’unica è cercare di allontanarmi insieme al resto degli ospiti quando la festa finisce, nascondendomi nella massa.
Quindi devo tenere a bada i segugi per il resto della festa… Non dovrebbe essere difficile, vista la natura di questa particolare festicciola.
Vedo Antonio e Anna che ballano al centro della pista, e storco il naso: fintanto che quei due stanno insieme non possono essermi di aiuto.
Hmmm… Forse è il caso di ispezionare i famosi privé per gli ospiti che si trovano dietro la sala da ballo.
Entro nella prima stanza, e subito noto con piacere che gli ospiti degli Sposito si stanno divertendo: due coppie si rotolano su un bel divano, e si vede subito che la polverina bianca aiuta, visto che si tratta di due tipi anzianotti che stanno castigando due ragazzine a pagamento.
Osservo con sguardo critico il lavoro delle mie giovani colleghe, e pur ammirando l’entusiasmo giungo alla conclusione che le sciacquette hanno ancora molto da imparare: innanzitutto ci mettono troppo entusiasmo (troppa coca?) e spremeranno i maschi troppo in fretta, e poi i goldoni che usano sono chiaramente di pessima qualità, visto che almeno uno è già rotto.

Passo nella camera accanto: questa è una stanza da letto, e qui le due coppie sono più comode. Due signore della mia età si stanno sollazzando con due ragazzotti di vent’anni al massimo: entrambe in reggicalze e tacchi alti, coperte di bigiotteria e di profumo, stanno cavalcando i loro muscolosi stalloni dimenando oscenamente le tette al vento mentre gridano di piacere e agitano i capelli per l’entusiasmo. Mi viene il dubbio che si tratti delle mogli dei due tizi nella camera accanto… Beh, almeno queste il problema dei preservativi scadenti l’hanno superato, visto che non li usano del tutto.

Il privé successivo è un campo di battaglia: ci sono cinque maschi alle prese con due zoccolette invasate con quasi tutti i buchi pieni: una delle due strilla come un’aquila dall’unico orifizio libero che le rimane.
Se avessi il mio strapon non mi dispiacerebbe azzittirla del tutto, perché è graziosetta, anche se un po’ formosa per i miei gusti...

Procedo oltre, e mi ritrovo in un cucinino stranamente vuoto. Dalla camera oltre provengono i soliti mugolii e strilli che lasciano inuire l’ennesima orgetta in atto, ma io ne approfitto per darmi una rinfrescata e mandare giù qualcosa da bere.
Già che ci sono controllo la posizione dell’iPhone in tasca e mi guardo atorno: niente finestre, un tavolo con quattro sedie, lavabo con elettrodomestici integrati, pensile, portacoltelli pieno e asciugamani appeso al frigo… Niente di speciale, salvo che il frigo è pieno di bibite e io mi servo una limonata ghiacciata.
Sto sorseggiando quando entra un tipo anonimo.
Sulla quarantina, vestito bene, relativamente calmo ma con le pupille strette: sicuramente un altro ospite che è passato per la stanza della plvere bianca.
Basta uno scambio di occhiate per capire che gli piaccio. Probabilmente è un po’ che gira i privé in cerca di una troia di suo gusto, e evidentemente l’ha trovata.
Perché no? In fondo la mia copertura prevede che io sia lì apposta…
Sorrido con aria professionale e sollevo i lembi dello spolverino con aria invitante, facendogli vedere che sotto non indosso altro.
Lui sorride contento e si avvicina.
Facciamo lingua in bocca mentre lui esplora con dita nervose la merce, poi io gli tiro fuori il coso già mezzo bazzotto e comincio a segarlo per intostarlo del tutto.
Lui mi pizzica i capezzoli mentre mi succhia la saliva dalla bocca, e io mugolo di soddisfazione nel percepire il suo desiderio.
Quando è bello duro, gli infilo il guanto, mi sollevo a sedere sul piano della cucina e spalanco le gambe offrendogli la fica già adeguatamente bagnata.
Lui accosta la sua erezione e mi penetra lentamente, restando in piedi e tenendomi per le gambe inguainate di nylon.
Emetto un lungo rantolo di piacere sentendomi riempire la vagina, poi mi dispongo per il fottisterio.
Lui comincia a chiavarmi rumorosamente facendo sbattere le posate sul tavolo, e io gemo al ritmo dei suoi colpi, lasciandomi sbattere come una troia degna del suo nome sul ripiano della cucina.
Sto ancora annaspando sotto i suoi colpi che qualcun altro entra in cucina. Lo guardo da sopra la spalla del mio amante, e riconosco il gorilla che ho spompinato poco prima al piano di sopra.
Quello si guarda intorno, vede l’ospite intento a scoparsi una troia contro il lavabo, e passa oltre.
Non lo avevo giudicato male: tutto muscoli e niente cervello, come si conviene a un bravo gorillone.
Strillo un po’ più forte, simulando un orgasmo credibile, e il mio improvvisato amante se ne viene nel goldone, stringendomi forte a sé mentre si svuota le palle.
Lo bacio come per ringraziarlo (sono questi piccoli dettagli che distinguono una escort di lusso da una troia da marciapiedi, oltre alll’entità della marchetta), poi scivolo dal ripiano e mi ricompongo nel mio spolverino, ravviandomi i capelli.
Il mio amante improvvisato se ne va mentre mi riallaccio la cintura dello spolverino, ed entra qualcun altro.
Sospiro, rassegnata ad un’altra sessione di sesso mercenario, e sussulto nel riconoscere i nuovi arrivati.
Sono il Nero e la Domina, due degli amici intimi di don Pasquale.

Non li avessi visti in azione probabilmente tratterrei meglio la sorpresa, ma la natura particolare dei giochi che gli ho visto praticare alimenta la mia sorpresa nel vedermeli davanti, e probabilmente è proprio la mia sorpresa a tradirmi.
La mia espressione stranita attira l’attenzione della donna, la quale afferra il braccio del compagno che stava tirando dritto; il nero mi guarda e leggo nel suo sguardo che mi ha riconosciuta.
Questi non sono due imbecilli, accidenti: sono nei guai.
Devono essere abituati a lavorare insieme, perché invece di dare l’allarme puntano entrmbi su di me.
Sono con le spalle al mobile della cucina, e quei due mi bloccano entrambe le uscite. Dalla loro espressione capisco che sono entrambi sicuri di sé, ed in effetti sono fisicamente in forma tutti e due: il nero non sarà un negrone possente come Hamid, ma ha due spalle da toro, mentre la domina è chiaramente una palestrata.
Non sembrano armati: il tipo è a torso nudo e a mani vuote, mentre la tipa è avvolta in una veste in latex di stile sadomaso priva di tasche, che le lascia gambe e braccia quasi del tutto scoperte, però sembrano muoversi in tandem, come se non fosse la prima volta che aggrediscono qualcuno a mani nude.
Lo penso ancora, a costo di ripetermi: sono davvero nei guai.
Deglutisco, e devo avere un’aria spaventata, perché i due sorridono con aria cattiva, come due belve che leggono la paura negli occhi della preda condannata.
Okay Pat: tempo di darsi una mossa e di ricordarti che tu sei Mantide 1, la Pantera dell’Agenzia… Mentre loro sono solo carne morta.
L’autosuggestione aiuta. Un po’ come l’alcol, o la cocaina…

Il portacoltelli da cucina è accanto a me; prima ho notato fra gli altri un bel coltello da macellaio… Proprio di quelli che un boss non dovrebbe tenere a portata di ospiti pericolosi come me.
Purtroppo il blocco di legno con i coltelli è alla mia sinistra, e io non sono mancina…
Ma non ho tempo di pensarci: il mandingo mi si para davanti, a meno di un metro, con un ghigno cattivo sul faccione nero, i labbroni scoperti a mostrare i denti bianchissimi come zanne di tigre.
Scatto.
Tendo il braccio sinistro e afferro un po’ goffamente l’impugnatura del coltellaccio prima di passarlo di mano.
Non sono fluida come vorrei, ma anche il nero è meno reattivo di come dovrebbe: forse anche il fatto di aver appena chiavato in culo il suo boss gli rallenta i movimenti, mentre io sono piena di adrenalina.
Il mio istruttore in Sardegna storcerebbe il naso nel vedermi impugnare il coltello con la lama verso l’alto, ma non ho il tempo di aggiustarmelo. Mi bilancio sulle gambe e affondo un colpo dritto.
No, non sono sicari dell’FSB, e neppure cetnici, anche se sicuramente sono assassini patentati: il nero si fa cogliere di sorpresa, e per di più si è portato davanti alla donna, coprendole la visuale e impedendole di aiutarlo abbastanza in fretta.
Il tipo alza un braccio con un movimento istintivo e inadeguato, e la larga lama di acciaio gli si pianta nel petto, alla base dello sterno.
L’africano sbarra gli occhi da bue poliziotto e spalanca la bocca sentendosi mozzare il fiato prima per l’impatto e poi per il dolore, e vedo la vita sfuggirgli dai labbroni mentre il coltello da macellaio gli affonda dentro.
Morte istantanea: entrando dal basso verso l’alto nel petto con quell’inclinazione, devo avergli separato i ventricoli aprendogli in due il cuore.
Il tipo è massiccio, e i muscoli ci mettono un momento a perdere il tono: strappo il coltello dalla ferita, allargandola nell’estrazione, e riesco a recuperare l’equilibrio prima che il corpaccione si accasci sul pavimento liberando la vista alla donna dietro di lui.

Nero fa un bel tonfo cadendo a terra (più sono grossi più fanno rumore), e con la sua caduta coglie anche Domina di sorpresa: vedo lo sguardo stranito della donna attratto dallo zampillo di sangue vermiglio che erutta dal cuore squarciato del suo compagno, e approfitto d’istinto della sua sorpresa.
La vedo irrigidirsi nel rendersi conto dell’accaduto, e ho la soddisfazione di vedere la sua espressione passare dalla sicurezza allo sbalordimento e infine alla paura: a differenza del suo amico, la donna capisce che sta per morire.
Apre la bocca per urlare, ma io sono più veloce.
Affondo il coltello da macellaio nello stomaco della tipa, protetto soltanto da un leggero strato di latex, e la apro in due.
La donna emette un rantolo strozzato, e la bocca le si riempie di sangue prima che possa gridare.
Ruoto la larga lama d’acciaio nella ferita, e finisco di squarciarle le budella; poi strappo per la seconda volta il coltello dal corpo della mia vittima e mi tiro indietro per lasciarla cadere a terra.
Meno fortunata del suo compagno, la donna non è morta sul colpo: la guardo agonizzare sul pavimento, sussultando scompostamente con la faccia contro il cadavere del negro e le falde dell’abito di latex che le scoprono le gambe muscolose e il culo tornito privo di mutandine, mentre sotto di lei si forma rapidamente una larga chiazza di sangue nerastro.
A parte il tonfo dei due corpi a terra e il gorgogliare della donna morente, non abbiamo emesso un suono.
La stronza ci metterà un po’ a morire, ma non è un problema mio.

Mi ritraggo in tempo per evitare di imbrattarmi tutta di sangue, poi mi affretto a pulire il coltello: non la lama grondante di sangue, ma l’impugnatura dove ho lasciato le mie impronte e il mio DNA.
Strofino bene e ripongo il coltello sporco di sangue nel lavabo: lo pulirà qualcun altro.
Poi rialzo lo sguardo voltandomi verso la porta e mi blocco.
Che ci fa qui quella troia?
Dev’essere la ragazzina che avevo visto prima, una delle due che stavano chiavando gli ospiti nella camera accanto: ha finito con loro ed è venuta cercare qualcosa da bere nel momento sbagliato.
E’ nuda, e mi fissa inorridita. Deve averci messo un po’ a mettere a fuoco la scena, nella penombra e con la mente annebbiata dalla droga.
Del resto, di corpi seminudi aggrovigliati sul pavimento, in giro ce ne sono parecchi, e se non fosse per il lago di sangue potrebbe sembrare che la donna abbia appena finito di fare un pompino al negro…
Però adesso ha capito perfettamente cos’è successo, e non mi sembra molto disposta ad ascoltare una spiegazione pacata dell’accaduto.
Scavalco con un salto i corpi a terra e l’afferro per le spalle nude.
- Calmati! – le ringhio in faccia – Non gridare, o finiamo nei guai tutte e due…
Mi guarda con gli occhi sgranati: ha le pupille quasi chiuse e probabilmente ci cede pochissimo nella penombra, ma trema violentemente e sembra sul punto di esplodere in una crisi isterica.
Non ha sicuramente compiuto vent’anni, la zoccoletta: occhi nocciola, capelli scuri tinti di un rosso improbabile, pelle chiarissima e chiazzata di qualche brufolo nascosto dal trucco pesante, in fondo non è male e come puttana avrebbe un futuro.
Purtroppo il futuro non ce l’ha più.
Urlerà nel momento che le volto le spalle, lo so. Potrei tramortirla e guadagnare un po’ di tempo, ma resta il fatto che mi ha visto bene in faccia.
Non posso lasciarla viva.
Vedo l’orrore nei suoi occhi bruciati dalla droga, e mi dico che in fondo è una puttana della camorra e non merita veramente di vivere… So che dovrò ripetermelo a lungo.
Serro le dita intorno a quell’esile collo bianco e stringo con forza.
Gli occhi le schizzano dalle orbite mentre la strangolo senza pietà, e la lingua ancora impastata di sborra fresca viene sempre più fuori, finché non sento il suo corpo teso e tremante afflosciarsi quasi di colpo e vedo la luce spegnersi nel suo sguardo.
Per sicurezza, come mi hanno insegnato, cambio la presa intorno alla gola e invece di stringere, torco con forza.
La ragazzina ha le ossa come quelle di un pollo, e il collo si spezza subito.
Lascio scivolare a terra il suo corpo senza vita, e tiro il fiato.
Ho appena ucciso tre persone, e potrei essere soltanto all’inizio. O, più probabilmente, sarò io la prossima a morire…

***

Mi rilasso. Inspiro profondamente. Mi guardo intorno e a parte gli ultimi sussulti della donna agonizzante sul pavimento non noto nessun movimento.
Tendo le orecchie, ma sento solo gemiti e ansimare dalle camere adiacenti, dove gli ospiti del boss continuano a sollazzarsi, ignari dell’accaduto.
Getto uno sguardo nella camera da cui è errivata la sciacquetta, e distinguo nella penombra un groviglio di corpi che si ammucchiano scompostamente sull’unica ragazza rimasta.
Gli uomini sono almeno cinque, e mi sembra un po’ rischioso passare da lì, anche se i tipi sembrano piuttosto occupati.
Dall’altra parte c’è solo una coppia in azione in un letto ormai completamente disfatto.
Guardo meglio e riconosco il maschio che sta montando la sua compagna a pecorina: è Antonio, e sembra si stia divertendo parecchio.
La donna sotto di lui dimena la testa guaendo di piacere, e quando la gira verso di me la riconosco.
Maria, la moglie di don Pasquale. Quindi Anna aveva ragione…
Non mi hanno visto, ma se cercassi di passare da lì, Antonio potrebbe facilmente riconoscermi, e non sarebbe salutare.
Meglio la stanza della gangbang.

Rirorno sui miei passi riattraversando il cucinino.
La domina sta ancora rantolando sul pavimento, semi affogata nel suo stesso sangue.
Nella camera attigua il mucchio è ancora in piena attività: l’amichetta della troia che ho strangolato in cucina ci sa fare davvero… Ne ha tre in corpo e intanto ne smaneggia altri due, uno per mano. Lei sì, che ha un futuro davanti!
Tiro dritto senza che nessuno mi caghi, ma attraverso la stanza successiva, dove le due milf sono ancora alle prese con i rispettivi giovani stalloni, vedo due gorilla che stanno controllando la camera con i mariti e le relative troie.
Sono in trappola.

Mi giro verso il gruppo, sfilo lo spolverino e mi getto nel mucchio.
- Serve aiuto? – mormoro, strofinandomi nuda contro i corpi sudati che si contorcono sul pavimento.
Afferro un cazzo strappandolo alla mano della troia e me lo caccio in bocca; mi sento prendere per i fianchi, e qualcuno mi pianta un cazzo bello duro nella fica.
Annaspo rumorosamente sotto il duplice assalto, e mi immedesimo nuovamente nel mio ruolo di puttana.
Sto adeguatamente soddisfando i miei clienti quando i due gorilla entrano nella stanza. Non hanno lampade portatili e non accendono la luce per evitare di disturbare gli ospiti, ma controllano gli angoli e scrutano nel mucchio; mi sento anche toccare i fianchi, ma vengo chiaramente catalogata come una troia perfettamente legittimata a trovarsi in quel posto, e passano oltre.
Il casino, naturalmente, scoppia subito dopo.
Urla sguaiate in napoletano, la luce che si accende nel cucinino, uno dei gorilla che esce di corsa…
Il tipo che sto spompinando esclama irritato: - Cosa cazzo sta succedendo? Spegnete quella dannata luce!
Il gorilla rimasto nel cucinino pieno di cadaveri risponde impacciato, e il mio amante gli repica: - Guagliò: ma tu lo sai chi sono io?
La luce si spegne; due porte si richiudono, e il suono della confusione si allontana.
Io continuo a spompinare con entusiasmo mentre vengo chiavata come una bestia dal di dietro…
I due maschi finalmente se ne vengono, e io mi lascio andare sul materasso.
La ragazzotta accanto ha finito prima di me, e respira pesantemente mentre i suoi amanti si rivestono.
Non mi sembra il caso di restare lì: mi alzo in piedi anche io assieme ai miei amanti e infilo nuovamente lo spolverino mentre quelli cominciano ad uscire.
Li seguo velocemente, e nella camera dell’ammucchiata rimane solo la troietta stremata… Probabilmente sta ancora maledicendo l’amichetta che l’ha lasciata sola con quei cinque. Se solo sapesse quanto è stata fortunata!

***

La luce della sala da ballo mi abbaglia.
Mi controllo in fretta per essere sicura di non essere sporca di sangue, poi mi guardo attorno. C’è meno folla di prima: immagino qualcuno abbia cominciato a lasciare la villa, e molti ospiti sono spariti nei privé.
Ci sono anche diversi tipi muscolosi in giro, che si guardano intorno con aria agitata.
La caccia è in pieno svolgimento, e io sono ancora la preda… Devo riuscire ad andarmene.
Trovo Anna nella saletta del wisky, nuovamente brilla.
- Ciao.
- Patrizia… Dov’eri finita?
Mi correggo: è ubriaca fradicia.
- Non ricordi? Mi hai detto tu di sparire…
- Uh. E’ vero…
- Mi hai detto anche che magari ci si rivedeva più tardi… Eccomi qui.
- Hmmm… Sei carina a tornare da me. Niente uomini in giro?
- Nessuno che mi interessi. Tuo fratello Antonio è in un privé con donna Maria.
Anna sputa per terra: - Lo so. E’ per questo che io sono qui…
- Sai, stavo pensando… Perché non ce ne andiamo? Tu e io, insieme…
Mi guarda, con espressione torbida: - Andare… Dove?
- Non so dove potresti voler andare tu… Ma io potrei proporti la mia camera al “Vesuvio”.
L’espressione di Anna si fa un po’ vaqua… Poi si rasserena.
- Ce l’hai una macchina?
- Sono venuta in taxi.
- Non importa. Se tu ci metti la camera d’albergo, io ci metto la macchina. Andiamo!

Usciamo all’aperto: l’aria fresca mi rinvigorisce subito, mentre Anna rabbrividisce stringendomisi contro. Mi si mette sotto braccio, e io la sorreggo verso l’uscita come se fosse la mia dama… Per fortuna, da lesbica inveterata, ho una certa pratica con le donzelle in difficoltà.
In fondo al parco, al cancello, ci sono almeno una dozzina di gorilla, che ispezionano gli ospiti in uscita.
Cazzo, l’iPhone.
- Aspetta un momento.
- Cosa c’è? – biascica la mia improvvisata amante, barcollando instabile sulle sue gambe quando la lascio andare un momento.
- Scusa, ho un problemino…
Mi volto all’ombta di un cespuglio, sfilo l’iPhone dalla tasca dello spolverino e ravano fra le mie gambe stringendo i denti.
Non è esattamente della forma giusta, accidenti… Ma in fica ormai ho preso di tutto, e ci può stare anche questo.
Lo spingo dentro deglutendo a vuoto per il dolore, e mi riassesto lo spolverino davanti prima di girarmi.
- Sai, ad Antonio piace farlo senza preservativo…
- Davvero?
- Sì… Sono ancora piena di lui.
- Hmmm… Dovevi dirmelo. Te l’avrei leccata io per pulirti…
Non ci avevo pensato. Mica male, come idea…
- Beh, se vuoi, siamo ancora in tempo.

Passiamo i controlli senza problemi. I gorilla sono particolarmente ossequiosi con donna Anna, e quando capiscono che io sto con lei, si comportano bene anche con me… Aiuta il fatto che non abbia con me niente di sospetto.
L’auto di Anna è nel vialetto di accesso, con l’autista che aspetta pazientemente al volante.
- Portaci all’hotel “Vesuvio” – ordina seccamente Anna mentre saliamo sul sedile posteriore dell’Audi A8 – In fretta!

Saranno le tre del mattino, e perfino a Napoli le strade sono abbastanza sgombre: ci vuole meno di mezz’ora per raggiungere Santa Lucia.
Anna mi si stringe contro, per metà assonnata e per metà illanguidita dal desiderio. Cerco di tenerla calda accarezzandole una coscia fasciata di seta, e lei pare apprezzare.
Arriviamo davanti all’albergo, e il gorilla ci apre galantemente la portiera.
- Grazie, Aldo – le fa Anna con sussiego – Puoi andare… Ti richiamo domattina quando ho bisogno che vieni a prendermi.
Ho una luxury suite all’ultimo piano, e il tipo alla concierge non si permette di fare domande quando salgo insieme alla mia compagna: non so se perché pago duecento euro per notte, oppure perché ha riconosciuto Anna Sposito.
Passo la carta magnetica sulla serratura e spingo dentro la mia preda prima di richiudermi la porta alle spalle.
Salva.

- Vuoi rinfrescarti?
- Sì, grazie…
Anna sparisce in bagno, e mentre sento scorrere l’acqua della doccia faccio per sfilarmi lo spolverino, quando improvvisamente mi sento scuotere le viscere come da una scossa elettrica, seguita da un fremito che mi accende i sensi come se fosse stato acceso un interruttore.
Cazzo, l’iPhone era in vibrazione… E Eva mi sta chiamando!
Non è facile sfilarsi un cellulare dalla fica, specie se sta vibrando. Quando alla fine ci riesco e rispondo, sono eccitata come una cagna in calore.
- Pronto?
- Pat! Ti ho vista rientrare in albergo. Tutto bene? Chi è la sgrinfia che è con te?
- Hmmm… Sei gelosa?
- No davvero. Io sono a bordo, e Jasmine mi sta leccando la fica. Ti serve aiuto?
La porta del bagno si riapre, e Anna esce avvolta solo in un asciugamano che le copre a fatica il seno esplosivo e il filo del pube, e niente altro.
Sembra essersi ripresa dalla sbronza… Ed è uno schianto.
- No grazie… E’ tutto a posto.
Spengo la comunicazione e appoggio il cellulare al tavlino, come se fosse un normale iPhone e non una videospia.
Poi mi sfilo lo spolverino e lo lascio cadere a terra.
- Allora – faccio con un sorriso lascivo alla mia pericolosa compagna di camera – Quell’offerta di ripulirmi la fica con la lingua, è ancora valida?

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