Una lenta discesa Cap.7

Scritto da , il 2017-06-06, genere dominazione

Fabrizia era sempre più stupita di sé stessa: stupita di come riuscisse con sufficiente facilità a condurre una doppia vita, ma stupita, soprattutto, di come si sentisse sempre più a suo agio nel ruolo sottomesso e dipendente nei confronti di Saverio e di Cesare.
Non voleva ammetterlo, ma era consapevole che, ormai, avrebbe rinunciato più facilmente alla sua vita normale, al futuro programmato, agli affetti, piuttosto che alle emozioni che viveva quando i suoi amanti decidevano di approfittare di lei. Anzi, era nell’ attesa costante che ciò avvenisse e si rendeva conto che, spesso, aspettava segnali e chiamate come un cane che vuole ricevere carezze o cibo dal suo padrone.
Talvolta questi pensieri la spaventavano, ma capiva che non avrebbe avuto più la forza per invertire la rotta; si giustificava con il fatto che Saverio e Cesare avrebbero sempre potuto ricattarla, ma in fondo quel modo di essere trattata, quel modo di sentirsi umiliata, erano una parte di lei che era venuta a galla e alla quale non era più capace di rinunciare.
La discesa stava diventando più ripida e più veloce verso un punto che non sapeva e non voleva distinguere.

Si donava a Saverio con piacere, le garbava assecondare i suoi desideri, seguirlo nelle sue fantasie. Lui aveva sempre idee nuove, la portò in un privè, la scopò nello scompartimento di un treno, in una area di parcheggio di una autostrada dove sostavano altre automobili e camion, la masturbò in un taxi sotto lo sguardo distratto, ma interessato, del guidatore, la fece attendere nella toilette degli uomini di un ristorante.
Con Cesare era diverso: Cesare era il padrone, le ricordava sempre che lei era la sua puttana e lui pagava perché fosse sempre pronta, disponibile, contenta e all’ altezza della situazione. La scopava con forza, la trattava come un giocattolo, senza rispetto, la insultava, la voleva sempre più succube e schiava e, proprio per questo, era molto più frequente che volesse sodomizzarla, come per manifestare a sé stesso e a lei la sua superiorità e la diversificazione dei ruoli.
Solo una volta capitò che non la scopò in ufficio; fu un pomeriggio, di ritorno da un incontro in cui l’ aveva portata con sé, soprattutto per mostrarsi al fianco della segretaria sexy e accattivante; lei aveva destato interesse, raccolto complimenti e avances e pochi, fra gli interlocutori, non avevano manifestato, in modo più o meno palese, il loro gradimento nei suoi confronti. Stranamente Cesare si rabbuiò, come se fosse stato preso da un moto di gelosia; scacciò quel pensiero, ma non ritrovò la calma e la serenità e pensò che la motivazione doveva ricercarsi nel senso del possesso: era come se qualcuno potesse rubargli un oggetto di proprietà, potesse invadere il suo territorio.

Così, per ribadire il suo potere, non trovò di meglio che fermarsi in una strada fuori mano e trascinare Fabrizia fuori dall’ automobile.
“Ora ti insegno io a fare la troia in giro.”
“Ma non ho fatto niente.”
“Niente? Erano tutti come api sul miele e tu continuavi a stuzzicarli.”
“Figurati, gli uomini fanno sempre così se vedono una ragazza carina.”
Cesare era adirato: le afferrò il viso tra le dita di una mano e le urlò dritto negli occhi:
“Ma tu sei la mia puttana e devi fare solo quello che voglio io. Hai capito?”
“Sì.”
“Ti lascio già scopare con Saverio e con il tuo fidanzato. Se vuoi farlo con altri, fallo pure, però, devi chiedermi il permesso, poi di cazzi te ne trovo quanti ne vuoi. Tu devi metterti nella zucca che io ti pago, ti pago anche bene, ma sei di mia proprietà, sei la mia puttana personale e quindi fai quello che voglio io. Come adesso: ho voglia di mettertelo nel culo e tu te lo fai mettere nel culo. Capito?”
L’ appoggiò ad uno steccato lì vicino, le sollevò la gonna, le abbassò gli slip e la sodomizzò per il suo solo piacere.

Qualche giorno dopo Cesare le disse che una sera sarebbe andato a trovare una sua amica e voleva che lo accompagnasse; lei rimase stupita, ma acconsentì.
Arrivarono alla casa di lei in un palazzo d’ epoca e, saliti sul vecchio ascensore, raggiunsero il piano.
Trovarono ad attenderli una donna appariscente, marcatamente truccata, alta, con un fisico affatto minuto, ma modellato e sinuoso, avvolto in un abito lungo ricoperto di lustrini, con lunghi capelli biondi e un volto dallo sguardo intenso che li salutò calorosamente. Presentazioni, baci e abbracci ad entrambi, poi l’ invito ad entrare nell’ appartamento.
“Allora, Cesare, è questa la puttanella di cui mi parlavi?”
Fabrizia si incuriosì: dunque le aveva già raccontato di lei; quindi c’ era da immaginare che avessero programmato tutto e che potesse aspettarla una seratina a tre. Era dai tempi della gioventù che non faceva sesso con una donna, non era preparata, ma avrebbe fatto del suo meglio per soddisfare Cesare.
“Sì, Dolores, è una vera porca; non potevo trovare di meglio come puttana personale.”
“Magnifico, allora stasera ci divertiremo. Anch’ io sono come te,” disse, rivolgendosi a Fabrizia, “mi piace il sesso e non trovo divertimento migliore che giocare con qualche cazzo.”
Cenarono, poi si sistemarono sul divano con Cesare tra le due donne. Presto lui fece scorrere le mani sulle loro gambe, le intrufolò tra le loro cosce e le allungò sulle loro tette.
“Chissà perché hai messo i pantaloni, tu?” disse Cesare a Fabrizia.
“Ma dai, Cesare, sta benissimo, non vedi come le mettono in risalto quel meraviglioso culetto? Ce l’ avessi io un culo così! Puoi stare certo che sarebbe sempre avvolto in pantaloni aderenti come i suoi. E poi si possono sempre togliere, vero bellezza?” rispose Dolores.
E la aiutò a sfilare quei pantaloni stretti e, giacché c’ era, anche la maglietta sovrastante, lasciando Fabrizia solo con il reggiseno e gli slip. L’ accarezzò, le mise in mostra le tette e cominciò a succhiargliele con gusto; la sentì fremere e allungò una mano tra le sue cosce, scostò gli slip e infilò due dita nella sua vagina; la toccava con perizia, sapeva cogliere i punti più sensibili, la sentì prima inumidirsi, poi bagnarsi e proseguì con quei tocchi che le fecero crescere l’ eccitazione, allora accelerò il ritmo fino a farla godere, così, con una mano, in mezzo alla stanza, davanti al suo uomo.
“Hai ragione Cesare, è davvero calda. E’ già venuta, come una cagna in calore. Adesso, però, mi dedico a te.”
Gli si avvicinò, lo fece sedere su una poltrona e cominciò a leccargli l’ uccello.
“Vieni, carina, lecchiamolo insieme questo bell’ uccellone!”
Fabrizia si avvicinò e insieme a Dolores si dedicò al membro di Cesare. Mentre una succhiava la punta, l’ altra leccava l’ asta, quando una si riempiva la bocca, l’ altra leccava i testicoli; talvolta Dolores allungava la lingua e baciava in bocca Fabrizia mischiando umori e salive.
Dopo un po’ cambiarono posizione: Cesare mise Fabrizia carponi, con la testa appoggiata sul divano e la prese a pecorina mentre Dolores accucciata sotto di loro leccava il clitoride e le grandi labbra di lei, nonché il membro di lui che entrava ed usciva nel movimento della penetrazione. Quella lingua, che la sfiorava mentre veniva scopata, fece aumentare l’ eccitazione di Fabrizia che riprese a gemere fino a godere nuovamente. Lui, intanto, intervallava la scopata facendo uscire il cazzo dalla fica di Fabrizia per introdurlo nella bocca di Dolores.
A un certo punto Fabrizia manifestò il desiderio di ricambiare il favore a Dolores e di leccarle la fica.
“Con calma, bimbina, prima facciamoci sbattere ancora un po’. Stai lì, vengo io vicino a te.”
Si sistemò carponi al suo fianco, sollevò il vestito, lasciando che Cesare passasse dall’ una all’ altra a suo piacimento. Quando fu il suo turno, esclamò:
“Porco, subito nel culo me lo hai messo! Con lei sei stato più delicato, eh!”
“Zitta, io entro dove voglio e dove posso.” e le mollò una sonora pacca sul sedere.
Proseguì così a scopare ed inculare entrambe finché venne schizzando sulle loro schiene. Si stravaccò sul divano e Dolores fece altrettanto.
“Bene, adesso puoi leccarmi un po’.” disse Dolores a Fabrizia.
Lei si accovacciò ai suoi piedi, sollevò il vestito e, a quel punto, per poco non svenne: tra le gambe di Dolores svettava un membro maschile neanche troppo piccolo. La risata di Dolores e di Cesare le rimbombò nelle orecchie:
“Sorpreeesaaaa!!” la canzonò Dolores. “Non ti spaventerai mica davanti ad un uccello?”
“Ma, ma?”
“Ma un cazzo. Lecca, forza, non stare lì imbambolata.”
Lei era frastornata, non sapeva cosa fare, ma fu Cesare che le spinse la testa sul membro di Dolores fino a farglielo inghiottire.
“Succhia, falle vedere quanto sei brava.”
E lei prese a succhiare e leccare quel cazzo che le sembrava anomalo e con un sapore particolare e diverso dal solito. Capì presto che era soprattutto un aspetto psicologico e a quel punto diede il meglio in quel pompino. Dopo si ritrovò di fronte ai due, in piedi davanti a lei, che le davano i loro sessi da succhiare e glieli strofinavano sulle guance.
“Grande pompinara, davvero.” disse Dolores
“Hai sentito, ciucciacazzi ? Ti fanno anche i complimenti.”
Fabrizia continuò a leccare e a succhiare, poi Cesare lasciò che si dedicasse all’ uccello di Dolores e riprese, contemporaneamente, a scoparla. Erano tutti e tre eccitatissimi: lei si dimenava tra quei due cazzi che le riempivano la bocca e la fica e godette poco prima di sentire lo schizzo di Cesare dentro di lei; per ultima venne Dolores che riversò il suo sperma nella bocca di Fabrizia la quale lo ingoiò tutto senza perderne neppure una goccia.

A casa, al termine di quella serata, Fabrizia ripercorse con la mente quella esperienza: non ci aveva mai pensato, in nessuna fantasia si era mai vista con un transessuale, ma aveva fatto anche quello e non le era dispiaciuto. Nel sesso, riflettette, c’ era sempre qualcosa da scoprire e lei sentiva che avrebbe voluto scoprire tutto quello che poteva. Si sentiva puttana? Ma Cesare non la considerava la sua puttana? E Saverio non l’ aveva sempre trattata da puttana? E allora avrebbe continuato a divertirsi comportandosi da puttana.

Arrivarono le ferie estive e con esse la necessità per Fabrizia di assentarsi per trascorrerle con Andrea; avrebbe dovuto stare via un mese, due settimane in crociera e due settimane in una località turistica della Toscana, ma non sapeva come fare con Saverio e con Cesare. Chissà se avrebbero acconsentito? E se le avessero detto di no, quale motivazione avrebbe potuto trovare per Andrea? Era preoccupata e una sera cominciò ad affrontare l’ argomento con Saverio:
“Credo che tu debba chiederlo a Cesare. Non è per lui che lavori?”
“Sì, ma volevo dirlo anche a te.”
“Fai il cazzo che vuoi, quando torni mi farai recuperare con gli interessi; a meno che non mi venga l’ uzzolo di venirti a trovare in Toscana; sarebbe carino, no?”
“Va bene, facciamo così, però non farmi rischiare troppo.”
Saverio non rispose, ma Fabrizia era già proiettata al momento in cui avrebbe dovuto parlare con Cesare.
Lo fece il giorno successivo, in un momento in cui le sembrò che lui fosse sufficientemente tranquillo e disponibile ad ascoltarla, anche se con una certa titubanza.
“Dovrei chiederti una cosa.”
“Parla, se posso, ben volentieri.”
“Vedi, io dovrei andare via con il mio fidanzato. Non posso dirgli di no, anche perché non capirebbe il motivo, e volevo sapere se per te non ci sono problemi.”
“E per quanto tempo sarebbe?”
“Beh, tre o quattro settimane.” rispose lei, quasi vergognandosi.
“Cazzo! Quale segretaria fa ferie così lunghe?”
“Lo so, è tanto, ma lui ha solo questo periodo per fare le vacanze.”
“E a me cosa interessa? Ma non è per il lavoro, tanto per quello che fai ………… Piuttosto è che è assurdo che io paghi una puttana che, invece di essere a mia disposizione, se ne va in ferie con un altro.”
“Hai ragione, ma te lo chiedo come favore personale.”
“E in cambio che cosa mi dai?”
“Quello che vuoi, tutto quello che vuoi.”
“Va bene, ci penserò e troverò sicuramente qualcosa da chiederti e che tu non mi potrai negare. Mi diverte questa opportunità che mi stai dando.”
“Allora posso andare?”
“Sì, ma, per prima cosa, ti dico già che, la sera prima di partire, dovrai stare con me per lasciarmi un buon ricordo. E adesso, per ringraziarmi, mi fai subito un bel pompino.”
E Fabrizia, ringraziandolo, si chinò davanti a lui e, dopo avergli estratto il membro dai pantaloni, iniziò un accurato lavoro di bocca. Fece tutto lei, lo leccò, lo succhiò, mentre Cesare la guardava soddisfatto: era sempre, ogni volta, un’ immagine che lo faceva eccitare e se la gustò con calma fino al momento in cui le venne sul volto: e a quel punto si godette la faccia di Fabrizia piena del suo sperma. “Fantastico!” pensò.

La sera prima della partenza per le vacanze fu una serata particolare. Cesare aveva voluto che anche Saverio fosse presente e insieme andarono a cena fuori tutti e tre.
Fabrizia aveva modificato il taglio dei capelli: abbandonato il caschetto, li aveva fatti tagliare optando per una pettinatura più estiva e più sbarazzina, ma pur sempre accattivante. Aveva indossato una camicetta e una gonna leggera, un piccolo perizoma, niente reggiseno e sandali colorati. Era alquanto carina e se ne rese conto da come fu accolta.
Già nel tragitto i due uomini non persero occasione per palpeggiare la donna che era con loro, così in macchina, mentre Saverio che era seduto sul sedile posteriore le infilava una mano dentro la camicetta per stringerle le tette, Cesare che era alla guida non perse l’ occasione per toccarla tra le cosce. Quando arrivarono al ristorante lei era già su di giri e non obiettò quando i due le posarono entrambi una mano sul culo appena entrati nel locale.
Durante la cena, pur con discrezione, allungarono le mani per toccarle le gambe, le sfiorarono i seni e le diedero a turno un dito da leccare. La mantenevano in uno stato di tensione e di eccitazione e non esitarono a provocarla anche con parole e discorsi inevitabilmente riguardanti il sesso.
Andarono poi in un locale, dove bevvero parecchio, e i due amici continuarono a tenere lo stesso atteggiamento, poi si diressero verso lo studio di Cesare.
Senza fretta si predisposero per ricevere la loro dose di sesso e non si fecero mancare nulla: la scoparono, la sodomizzarono, si fecero leccare i sessi, la penetrarono con vibratori e falli finti, l’ accarezzarono e la leccarono nei punti più sensibili, la possedettero da soli e contemporaneamente, ma furono attentissimi a non farle mai raggiungere l’ orgasmo. La portavano ad uno stato di eccitazione che sfiorava il mancamento ed interrompevano per poi riprendere e smettere non appena capivano che stava per godere. Lei li pregò, li supplicò di darle soddisfazione, di non lasciarla in quello stato, ma loro le impedirono anche di soddisfarsi da sola.
“Devi conservare il desiderio di noi e la voglia dei nostri cazzi.”
“Siete tremendi, vi supplico, fatemi godere!”
“No. Devi restare così, come una cagna vogliosa.” rispose Cesare, che aggiunse:
“Se proprio non ce la fai a resistere per tutto questo tempo, verremo a trovarti al mare e lì ti daremo soddisfazione. Che ne dici Saverio?”
“Mi sembra un’ ottima idea.”
“Facciamo così, allora: ti telefoniamo e un giorno veniamo da te. Tu mandi via il fidanzatino e giochi un po’ con noi. Sei o non sei la nostra puttana?”
“Sì, sono la vostra puttana. Basta, però, che facciamo attenzione.”
“Tu, devi fare attenzione, noi non abbiamo nulla da perdere, quindi pensaci tu ad organizzarti al meglio.”
Poi si salutarono in attesa di quell’ incontro.
Fabrizia tornò a casa ancora piena di voglia: immediatamente si sdraiò sul letto ed iniziò a masturbarsi; si toccò, si accarezzò, ripensò ai momenti della serata, al momento in cui Cesare e Saverio l’ avrebbero raggiunta e si regalò un meraviglioso orgasmo. Poi, senza neanche svestirsi, si addormentò appagata e soddisfatta.

Tre settimane dopo Cesare le telefonò e organizzarono di incontrarsi il giorno successivo: lei gli disse che il fidanzato aveva programmato una gita in barca con un amico e quindi sarebbe stato via per diverse ore; pertanto lei si sentiva sufficientemente tranquilla e avrebbe potuto essere disponibile per lui e Saverio.
I due arrivarono in tarda mattinata e si presentarono allo stabilimento balneare dove si trovava Fabrizia. Lei era elettrizzata dal fatto che loro stavano arrivando, ma anche tesa per la paura che tutto non andasse secondo le previsioni; quando li vide, corse loro incontro e li salutò con un certo entusiasmo. Per non destare sospetti nelle persone che la conoscevano, non si mostrò preoccupata e invitò i due al bar come se si trattasse di due amici capitati lì per un saluto estivo.
Ma ad un certo punto Cesare le disse:
“Bene, come vedi noi ce ne siamo stati buonini e non abbiamo fatto nulla per metterti in difficoltà; però adesso è venuto il momento che tu ti dia da fare: non siamo certo venuti fino qui per bere una birra!”
“Certo, mi aspettate in macchina?”
“In macchina? No, no, voglio qualcosa di più estivo. Facciamo così: tu vai nella tua cabina e, dopo un po’, noi ti raggiungiamo.”
“Ma è pericoloso.”
“E’ bello anche per quello. Su, ubbidisci senza fare tante storie.”
Lei sentì crescere la paura, ma ugualmente si avviò verso la cabina; i due uomini la osservarono camminare ancheggiando e ammirarono il suo sedere sodo che faceva bella figura sotto il piccolo slip del bikini e pregustarono ciò che li stava attendendo. Si scambiarono un’ occhiata di intesa e si diressero verso la cabina dove l’ avevano vista entrare.

Con disinvoltura spinsero la porta ed entrarono. Saverio le tastò immediatamente il sedere e Cesare le strizzò una tetta con la sua mano possente.
“Eccola qui la nostra puttana, sai che mi sei mancata? Ho proprio voglia di scoparti.”
Saverio si sedette sulla panchetta in legno e Cesare fece chinare Fabrizia in modo che imboccasse il cazzo di Saverio.
“Fammi vedere se sai ancora succhiare.”
Lei prese in bocca il sesso di Saverio, glielo leccò e poco dopo sentì il membro di Cesare appoggiarsi sulla sua fica ed entrare dentro.
“Succhia, puttana, intanto io ti fotto. Li senti questi due bei cazzoni che ti sfondano?”
“Sì, mi piace sempre, scopatemi, così, sì, sìì, sììì.”
Gemeva e intanto succhiava con il sesso di Cesare che la riempiva e non le dava tregua.
“E’ sempre brava la mia puttana!”
Quando lei ebbe goduto anche Cesare si sistemò, seduto sulla panca, a fianco di Saverio.
“Leccali un po’ tutti e due, forza, fatti vedere mentre li lavori con la bocca.”
Fabrizia si inginocchiò tra di loro, afferrò i due sessi gonfi uno per mano e prese a leccarli alternandosi dall’ uno all’ altro. Li prendeva in bocca e li succhiava con la solita malizia e la consueta disponibilità, senza interrompere, e loro restavano passivi lasciando che fosse lei a stabilire il ritmo delle succhiate.

Ma, senza che loro lo sapessero, Andrea aveva dovuto anticipare il suo rientro dalla gita in barca poiché il suo amico non si era sentito bene e aveva preferito ritornare a casa.
Quando non vide Fabrizia sul lettino non si preoccupò, andò a farsi una doccia, dopodiché si diresse verso la cabina per cambiarsi.
Arrivato davanti ad essa sentì distintamente una voce all’ interno e restò di sasso:
“Succhialo, sì, così, succhialo ancora.”
E non gli sfuggì il rumore evidente di una bocca che stava effettuando un pompino: il mugolio e il risucchio non lasciavano dubbi. Subito non volle pensare che fosse Fabrizia, ma non riuscì a reagire; come ipnotizzato restò fermo ad ascoltare, ma, poco dopo, si raggelò quando udì una voce diversa da quella precedente:
“Adesso succhia il mio, troia!”
Andrea capì che lì dentro erano due gli uomini che si stavano facendo fare un pompino e, sperando che la donna non fosse Fabrizia, urlò:
“Chi c’ è lì dentro? Cosa sta succedendo? Venite fuori.”
Per poco Fabrizia non svenne sentendo quelle parole; provò a ritardare l’ uscita, a fare in modo che Andrea si allontanasse, ma sapeva benissimo che sarebbe stato tutto inutile e impossibile. Era stata scoperta e sentì il mondo crollarle addosso.
Si alzò, mentre i due uomini non si mossero, e uscì dalla cabina; Saverio e Cesare, a quel punto, la seguirono immediatamente e fuggirono di corsa, mentre Andrea le bloccò un braccio e la squadrò con aria più delusa che arrabbiata:
“Cosa stavi facendo?”
Lei non rispose.
“Sei una zoccola! Non riesco a crederlo: in una cabina con due uomini!!”
“Perdonami, ti prego, provo a spiegarti…..”
“Non c’ è niente da spiegarmi; non credevo che fossi così, ma non posso rimuovere quello che ho visto. E’ incredibile, sei proprio una puttana e io non ti voglio più vedere, mi fai schifo.”
“Ti prego, Andrea, non fare così.”
“Io non devo fare così? Dovevi pensarci prima. Vattene!”
Lei singhiozzò, provò a convincerlo, a calmarlo, ma fu tutto inutile. Quella sera stessa fece ritorno a casa e per tutto il viaggio in treno pianse e si disperò; non riusciva ad immaginare il suo futuro, sapeva però che i sogni, i programmi, i progetti erano stati spazzati via. Si accorse, tuttavia, che non provava rancore per i due uomini che l’ avevano condotta in quella situazione e, in un momento di lucidità, restò esterrefatta: ancora una volta il suo piacere per la trasgressione non si era dissolto e conviveva con il suo dramma.
La discesa non era ancora terminata.


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