Stessa spiaggia, stesso mare

Scritto da , il 2016-08-31, genere tradimenti

Rimini, oh cara... Quanto mi sei mancata!
Eccomi di nuovo nella nostra bella casetta estiva (ereditata anche questa da mia suocera, e ristrutturata con gli stessi soldi ricavati dalla vendita della sua vecchia e inutile tenuta in Puglia), intenta a ripulirla dall’umidità e dalla polvere dell’inverno per accogliere la nostra meritata vacanza.
Il Mauri si è tolto dalle palle dopo aver fatto sparire l’immondizia e aver riverniciato il portico, io ho ripreso l’abbonamento alla palestra e alla piscina, e con la Giusy ho riavuto ombrellone e cabina sulla solita spiaggia dall’altra parte della strada... Un tuffo nell’acqua fresca e tonificante dell’Adriatico, ed è come essere rinate.

E’ facile tornare alla routine estiva.
La Giusy al club quasi tutto il giorno, io in piscina, in palestra, alla spiaggia... Sole, nuoto, esercizio, estetista, ancora esercizio, ancora sole... Tanta insalata caprese, spaghetti con le vongole e gelato al limone. La sera, con la Giusy, pizza e quattro salti, magari seguiti da un altro gelato, e poi a nanna.
Cosa manca?
Ah, certo... Sesso, naturalmente.
Già, ma per quello devo aspettare un po’.
Fabio arriverà a metà luglio con la barca, e Eva naturalmente sarà con lui... Mi batte già il cuore all’idea di rivederla. Cazzo, ho davvero una bella cotta, come se fossi una quindicenne...
Intanto che aspetto, naturalmente, c’è anche altro da fare. C’è la Elena con la sua tribù... Ma anche loro arriveranno fra una settimana.
Potrei accontentarmi di un po’ di cazzo. Ecco, sì... La palestra.
Di andare con quel vitellone di Aldo proprio non mi va, però ci sono i due paraca che lavorano lì: quelli ci sono già.
Li vedo mentre corro sulla pedana. Il più giovane mi riconosce e mi fa un cenno di saluto.
Io gli sorrido e ammicco amichevolmente... Voglio che capisca che sono disponibile. Non mi va di perdere troppo tempo...
Com’è che si chiama? Ah, sì, Enrico... Ce l’ha bello duro e lungo, anche se non particolarmente grosso. Uno da cazzo in culo.
Dopo un po’ scendo dalla pedana e mi avvicino agli attrezzi pesanti; lui si avvicina e mi saluta.
- Se ricordo bene, ti piace fare i pesi, vero?
Già: buona idea. Mi stendo di schiena sulla panca e lui mi passa il bilanciere con due piastre da cinque chili alle estremità.
Inspiro a fondo, poi comincio l’esercizio.
Lui mi guarda sudare, e spero che apprezzi ciò che vede. Sto sudando come una puledra, ho la canotta appiccicata addosso e i capezzoli duri per la traspirazione.
Ho tagliato i capelli corti, ma ho lasciato un ciuffo biondo sulla fronte che fa un po’ sbarazzino ma in palestra da’ anche fastidio, quindi ho addosso una fascia per tenerlo a bada. I panta sono i più corti e aderenti che ho potuto trovare, neri a strie gialle come la canotta, fatti per mettere in mostra glutei e cosce. Ma in quella posizione sotto sforzo quello che più risalta di me, è lo stomaco. E’ piatto e muscoloso, e si vede.
So che alla maggior parte degli uomini il tipo androgino e mascolino non piace troppo, ma io mi piaccio così, e se a loro non va bene a me frega poco: ce ne sono sempre abbastanza cui i muscoli sotto pelle piacciono anche in una donna.
A Enrico so che piacciono, visto che mi ha già avuta l’estate precedente...
Infatti lui guarda con evidente piacere.
Compiaciuta per le sue occhiate di apprezzamento, mi esibisco in una performance di venti più venti, ed effettivamente quando ho finito sono grata per il suo aiuto nel riporre il bilanciere sul suo supporto.
- Accidenti, ci hai dato dentro davvero! – commenta l’Enrico con un sorriso – Sei proprio una tipa tosta...
Sorrido compiaciuta: - Mi tengo in allenamento.
Mi alzo in piedi e mi tiro l’asciugamano sulle spalle. Lui mi offre da bere e chiacchieriamo un po’.
Gli racconto che a Milano vado regolarmente ad allenarmi, ma che odio fare jogging in città. Preferisco il nuoto, ma la palestra va anche benissimo... Il messaggio più importante però è che mia figlia è al club e mio marito è tornato in città.
La palestra è piena, e lui non può fare mosse troppo audaci, ma ci scappa un invito per un lancio in tandem all’aeroclub il giorno dopo.
Bene, ho bisogno di un po’ di adrenalina...

Il giorno dopo, lasciata la Giusy al club, mi presento puntuale all’appuntamento.
Enrico è già lì col suo SUV di seconda mano tutto decorato coi simboli della Folgore, e mi porta velocemente all’aeroporto privato poco fuori Rimini, dove ha sede l’aeroclub.
Non vi racconterò del lancio: non sono affari vostri.
Dirò solo che è stato bellissimo e che è un’esperienza che raccomando a tutti quelli che apprezzano la vita e che non pensano solo ai soldi.
Alla fine, dopo essermi sfilata la tuta da skydiver e essermi presa i complimenti degli altri istruttori e il DVD ricordo, Enrico mi offre una birra.
Il giovanotto vuole proprio andare sul sicuro per ammorbidire le mie difese... Non è ancora chiaro che ho deciso di farmi scopare?
Bene, non sia mai detto che Patrizia Visentin rifiuti una birra...
Quando mi ricarica sul SUV sono appena un po’ su di giri, ma Enrico deve pensare che io sia partita del tutto, perché mi aiuta anche a salire a bordo, come un gentiluomo d’altri tempi.
Io ho l’adrenalina a mille dopo il mio primo “salto”, e l’alcool mi fa veramente un baffo, ma se a lui piace credere che io sia brilla per potermi mettere le mani addosso, che così sia.
Mi sento come una liceale portata in camporella dal ganzo con la macchina... Enrico si infratta, parcheggia e allunga le mani.
Io brucio di voglia, e appena mi mette una mano sulla coscia mi getto sulla sua patta e glie lo tiro velocemente fuori.
Mi sembra una vita che non scopo, ho proprio fame di cazzo.
Lo ingoio ancora semiduro, e comincio a succhiare con forza per intostarlo alla svelta.
Lui sussulta sorpreso, ma la sorpresa deve essere piacevole, perché si rilassa subito e si abbandona al pompino.
Quando è bello duro, mi abbasso velocemente i jeans e mi offro per essere presa da dietro, affacciandomi al finestrino mentre lui mi si piazza dietro col cazzo in resta...
Mi infilza come un tordo, e io emetto un lungo gemito di soddisfazione sentendomi finalmente riempire la pancia da un bel nerbo duro e lungo.
- Ah... Sì, scopami. Scopami forte!
Lui mi prende in parola: mi afferra per i fianchi e comincia a fottermi con giovanile energia, menando colpi potenti e profondi, come se cercasse di arrivare ogni volta un po’ più a fondo dentro di me... Che ragazzo intraprendente!
Mi trivella in quella posizione per almeno dieci minuti/un quarto d’ora, e io ho tutto il tempo di portarmi una mano fra le cosce per masturbarmi il clito e aggiungere piacere al piacere.
Sento montare lentamente l’orgasmo, e me ne vengo con un grido strozzato, inarcandomi tutta per il piacere.
Non un orgasmo pirotecnico, ma sempre un sano orgasmo da camporella.
Il mio stallone improvvisato non è ancora venuto, quindi c’è tempo e modo per un altro round... Mi giro e lo incoraggio a mettersi comodo.
Il SUV è abbastanza comodo, e riesco ad accomodarmi su di lui dandogli la schiena mentre sta seduto al posto di guida. Trovo il cazzone bello duro fra le mie cosce e me lo punto alla spacca prima di se dermici sopra.
Hmmm... Come mi piace lo spegnimoccolo alla rovescia! Me lo sento arrivare davvero in fondo, e in più faccio un ottimo esercizio con le gambe, che sopportano l’intero sforzo (il maschio fornisce solo un aiuto minimo, sostenendomi con le braccia).
Io mi aiuto appoggiandomi al volante, e in breve la mia diventa una vera cavalcata al galoppo. Peccato che non riesco a liberare una mano per masturbarmi, se ci riuscissi potrei godere di nuovo, ma anche così è davvero bello.
Anche perché...
Dopo alcuni minuti che mi dimeno sul cazzo di Enrico, mi viene voglia di cambiare gioco.
Lascio andare il volante, mi sollevo fino a sfilarmi dal membro enfiato, e muovo il bacino in avanti di qualche centimetro, fino a sentire la cappella rovente sullo sfintere.
Poi getto la schiena all’indietro verso il maschio appoggiandomi con un gomito al suo schienale e puntandomi con forza il cazzo contro il buco del culo, prima di lasciarmi cadere di peso a sedere nel suo grembo.
- Aahhh! – strillo di dolore, la larga cappella, lubrificata solo dai miei succhi vaginali, mi apre brutalmente il buco del culo e sprofonda di colpo fra le natiche.
Rimango impalata sul suo cazzone duro, incapace di muovermi o anche solo di strillare, inebetita dal dolore atroce e tutto sommato inaspettato. Devo aver preso un’inclinazione leggermente diversa dal solito, o forse sono meno lubrificata delle altre volte.
Riprendo fiato, appoggio anche l’altro gomito allo schienale, e spingo ancora di più contro i fianchi di Enrico, per sentire il cazzo ancora più in fondo nelle budella.
Sento le sue mani che risalgono lungo i fianchi che non ha più bisogno di tenere, e che arrivano a raccogliermi piacevolmente le tette attraverso la canotta bianca.
Me le strizza forte, le pastrugna quasi con cattiveria mentre io mi dimeno su di lui per assestarmi meglio il cazzo nel retto, poi comincia a tirarmi i capezzoli e a torcerli crudelmente.
- Ahiaa! – grido – Bastardo, mi fai male...
Lui si arrazza ancora di più, e li tira più forte, mentre io continuo a sculettargli in braccio.
Poi spingo sulle gambe e mi sollevo, sentendo il cazzo che mi scorre lungo l’intestino e lo sfintere che comincia finalmente ad allargarsi come si deve.
Mi lascio cadere, impalandomi di nuovo dolorosamente, ma meno di prima, e torno a risalire lentamente...
Ben presto gli stantuffo letteralmente il cazzo, inculandomi da sola sul suo coso praticamente fermo, mentre lui si dedica con sadismo ai miei capezzoli gonfi e doloranti.
- Datti da fare, troia – mi sibila il giovane porco nell’orecchio – Muoviti... Non siamo venuti per guardare il tramonto.
Ha ragione. M’impalo con forza e velocità crescenti, gustando fino in fondo quel misto di sottile piacere e di dolore bruciante tipico di un rapporto anale.
La perversione di quell’atto osceno e proibito stimola la mente è accompagnata dal piacere fisico di sentirmi stazzonare le tette e naturalmente anche dalla soddisfazione masochistica per il dolore che ogni donna prova nell’essere presa in quel modo animalesco da un vero uomo.
Insomma, è difficile anche per me capire come sia possibile, ma alla fine raggiungo di nuovo l’orgasmo; questa volta però godo di culo e urlo ancora più forte, visto che nella sodomia il dolore si mescola in modo così inestricabile al piacere.
- Sì, sì... Godo. Godooo... Aahhh!
Mi dimeno tutta mentre il mio corpo viene squassato dall’orgasmo, e lo sfintere abusato si contrae violentemente, stringendo il cazzo che lo penetra come in una morsa che alla fine lo fa esplodere.
Enrico emette un rantolo di piacere, e mi viene nel culo.
Sento la spingarda durissima pulsarmi improvvisamente nelle viscere, e subito avverto la sensazione di calore dello sperma che mi allaga il retto.
- Hmmm... – rantolo con voce roca – Mi hai riempita di sborra!
Ci scambiamo in fretta i numeri di cellulare: gli ho spiegato che il cornuto di mio marito è a Rimini solo durante il fine settimana, e durante gli altri giorni ho bisogno di un maschio che mi soddisfi. La sua fidanzata di giorno lavora, quindi non dovrebbe essere difficile rivederci…
E il suo amico Sergio? Se poi ci fosse tempo per un altro salto, poi potremmo farne quattro (di salti), tutti insieme come l’anno scorso!

Come è bella la vita!
Sole, nuoto, esercizio, estetista, ancora esercizio, ancora sole... Insalata caprese, spaghetti con le vongole e gelato al limone.
Gli SMS di Eva si fanno più frequenti man mano che si avvicina il suo arrivo, e nell’attesa di riabbracciare la mia amante lesbica mi calmo i bollori col mio paraca, sempre pronto a scovolarmi a dovere tutti i buchi.
Anzi, oggi mi sono fatta una doppietta, in palestra c’era anche il Sergio, e alla chiusura lui e Enrico mi hanno dato una bella ripassata come quella di fine stagione dell’anno scorso.
Sono rilassata e soddisfatta, con quell’aria di “scopata a dovere” dipinta sulla faccia, che chiunque tranne mio marito potrebbe riconoscere a colpo d’occhio.
E di sentirmi rilassata ne ho bisogno: stasera arriva il cornuto.
E’ già venerdì, e lui sta arrivando in macchina da Milano dopo aver chiuso l’ufficio, deciso a fare in tempo per cena. Beh, almeno la Giusy sarà contenta di rivederlo.
La buona notizia è che arriva anche la Elena con la sua tribù. Invece di fare tutta l’ammazzata in macchina da Napoli, hanno deciso di fare a meno dell’auto e di volare su con un charter: così il marito della Elena non sarà costretto a tornare indietro da solo. Lui lavora sui traghetti per la Sardegna, e le ferie d’agosto se le sogna: molla la famiglia e torna a casa per lavorare di nuovo lunedì sera.
La Giusy non sta nella pelle all’idea di rivedere la Mara, e anche io sono contentissima di rivedere la mia vecchia amica.
Ci sentiamo al telefono appena l’aereo atterra, e quando il taxi le scarica davanti al villino in affitto che hanno preso, noi siamo lì ad aspettarle.
Elena è sempre la stessa, mora, riccia e mediterranea, con due bocce che mi fanno morire d’invidia e un culo che parla da solo, per non parlare della splendida pelle olivastra, degli occhioni enormi e nerissimi, e della bocca carnosa che mi fa sognare di essere un maschio e di potermi godere un pompino da urlo...
Suo marito Pasquale lo vedo per la prima volta. Beh, lei mi ha avvertito di non farmi illusioni, e infatti è un tipo un po’ deludente: calvizie incipiente ma peloso come uno scimmione, e con una pancia prominente che denuncia pigrizia, ma si vede che dieci anni fa deve essere stato un po’ meglio. Comunque di lui m’importa poco.
La sorella di Elena invece è uno spettacolo piacevole: Angela è la versione giovane, alta e snella della Elena... Peccato che sia simpatica quanto le emorroidi. Bigotta, ipocrita e criticona, appena mi vede mi annuncia che il suo fidanzato ci raggiungerà appena possibile, come per mettere in chiaro che delle nostre porcherie non vuole più saperne.
La vera sorpresa è la Mara. La figlia di Elena ha solo un anno e mezzo più della Giusy, ma dall’anno scorso è veramente sbocciata. Sarà che le meridionali sono precoci, ma io avevo salutato una ragazzina e mi ritrovo davanti una giovane donna a cui sono spuntate le tette e si sono allargati a dismisura i fianchi, come se fosse già pronta a far bambini. E forse lo è.
Bene, dopo gli abbracci e le sceneggiate di rito che ti devi sobbarcare se hai degli amici terroni, ci mettiamo subito d’accordo per rivederci dopo un paio d’ore per una bella pizza di gruppo. Così, fra l’altro, neutralizzo il Mauri almeno per il venerdì sera...

I napoletani sono esigenti in fatto di pizze: mica vanno in un posto qualsiasi. Ti devono portare in un locale “che sanno loro”, anche se sono in un posto che non conoscono affatto e che tu invece conosci benissimo.
Questa volta andiamo a finire quasi a Riccione, tutti ammucchiati nella macchina del Mauri (per fortuna che quella suora di Angela è rimasta a casa per starsene un paio d’ore al telefono col suo fidanzato), con i mariti davanti e noi quattro ragazze strette come sardine sul sedile di dietro... Speriamo non ci fermi la Pula.
Prendiamo un bel tavolo da sei, con le ragazze all’estremità a far casino e noi adulti il più lontani possibile dalla TV per chiacchierare meglio.
Il Pasquale si rivela meglio di quello che sembra: da buon napoletano è allegro, simpatico, con la battuta pronta e generalmente arguta. Il Mauri è sempre un po’ musone, ma si sforza di essere all’altezza, e così la serata prosegue sciolta.
Mio marito, seduto d’angolo fra me e Elena, è chiaramente un po’ distratto dalla scollatura vertiginosa della mia amica... So bene che c’è stato a letto l’estate scorsa, e sicuramente il ricordo lo rende un po’ teso. Lei, per parte sua, non perde l’occasione di gettargli occhiatine allusive... Non prima di aver fatto l’occhiolino a me, naturalmente. In fondo, quello è un nostro segreto.
Mentre aspettiamo le pizze, lei e io ne approfittiamo per andare insieme in bagno a scambiarci le idee.
Come immaginavo, la zoccolona le idee le ha già chiare: vuole farsi di nuovo mio marito.
Cosa ci troverà in lui, non lo capisco proprio.
Mi spiega che è giusto perché si tratta di mio marito. Le piacciono gli uomini delle altre... E siccome io le piaccio tantissimo, mio marito brilla per lei di luce riflessa.
Mi sento un po’ lisciata, ma ammetto che apprezzo il complimento.
In cambio, naturalmente, lei è pronta a prestarmi il suo, di marito.
Non sono proprio entusiasta e probabilmente si vede. La Elena sa perfettamente che io preferisco le donne, e se c’è un paio di mutande che ho davvero voglia di strappare sono proprio le sue. Però mi dice che per questa sera devo pazientare.
Io sbuffo, un po’ frustrata. Ma d’altra parte sapevo già da prima che sarei andata in bianco, almeno per questa notte.
Elena mi confessa un segreto. Si è divertita tantissimo, l’anno scorso, quando le ho raccontato quanto il Mauri fosse diventato remissivo e disponibile dopo avermi “tradita” con lei, e soprattutto come fosse diventato ancora più facile da ingannare. Bene, lei ci ha pensato molto, e vuole fare lo stesso. Se Pasquale riuscisse ad avermi, oltre a rinforzare la sua autostima come maschio, si sentirebbe anche in colpa e si lascerebbe incornare con più facilità anche a Napoli, dove invece è sospettosissimo.
- Ma almeno ci sa fare? – domando, poco convinta. Il ricordo del tramezzino in palestra coi paraca è ancora piacevolmente vivo nella mia mente, e non mi va di guastarlo con una scopatina squallida.
Elena scrolla le spalle: - Quando gli va... Insomma, da un paio d’anni è un po’ svogliato. Chissà che tu non me lo risvegli. Da ragazzo era davvero uno sciupafemmine.
Ammetto che l’idea di neutralizzare un’altra volta il Mauri con un bel senso di colpa mi attira parecchio. A differenza del Pasquale, lui tornerà fra i piedi piuttosto spesso; metterlo in condizione di non rompere ogni fine settimana non sarà facile, anche se lui sa bene che fra un po’ arriverà Eva e che allora non avrò occhi che per lei...
Elena sgrana gli occhi: non sapeva che avessi confessato al cornuto la mia relazione saffica con l’olandesina dell’anno prima.
Le dico di Cortina, e lei sospira invidiosa... E forse un po’ gelosa? Sorrido, soddisfatta.
Torniamo al tavolo dopo esserci messe d’accordo su come arrangiare la serata, e ci siamo appena sedute che arrivano le pizze giganti che abbiamo ordinato. Con le cozze quella del Pasquale, con le acciughe quella della Elena, la mia coperta di basilico e quella del Mauri pietosamente pallida perché lui non tollera i pomodori. Quanto alle ragazze, le poverine le hanno volute con le patatine fritte...
Ci diamo dentro con la birra, e ben presto a pizze mangiate le cose cominciano ad andare come previsto.
La Mara è morta di sonno dopo il viaggio, e la Giusy comincia a rompere che vuole dormire con la sua amica.
Elena lamenta un gran mal di testa e dice che non se la sente di risalire subito in macchina.
Io mi offro di portare le ragazze a casa nostra in macchina e poi di tornare indietro a prendere gli altri.
Il Mauri sta per offrirsi stoicamente di accompagnarmi, ma Elena lo precede ordinando a suo marito di venire con me, visto che in fondo si tratta di portare a letto la loro “bambina”.
Pasquale non ha obiezioni: è chiaro dalle occhiate che ha tirato al mio toppino che gli piaccio, e l’idea di stare un po’ da solo con me non lo disturba affatto.
Il Mauri si rende finalmente conto che sta per restare da solo con Elena, e di colpo si ringalluzzisce e mi passa velocemente le chiavi della macchina senza fare storie.
Insomma, pochi minuti ed è fatta. Abbiamo davvero due mariti tonti.
Carico le ragazzine in macchina, metto in moto e parto in quarta, salutando con la mano dal finestrino spalancato e facendo l’occhiolino alla Elena, mentre suo marito si aggrappa al sedile sorpreso dal mio stile di guida aggressivo.
Arriviamo a casa in metà del tempo che aveva impiegato il Mauri in senso inverso, e scarichiamo le ragazze già semi-addormentate. Il tempo di metterle a letto in camera della Giusy, e quelle dormono della grossa.
Chiudo la porta alle mie spalle e raggiungo Pasquale nel soggiorno, dove gli offro di nuovo da bere. Poi mi siedo sul divano accanto a lui e accavallo le gambe.
Non sono vestita da abbordaggio: sono uscita con in testa solo pizza e birra, con la Giusy davanti e mio marito fra le palle, così non ho proprio cercato di agghindarmi: ho i jeans stretti a vita bassa con gli stivali da cowboy e l’ombelico di fuori, con un toppino leggero che mi scopre le spalle e la schiena. Niente di che...
Però, adesso che poso gli occhi sul maschio come su una preda, il mio istinto di cacciatrice si risveglia. Il respiro accelera leggermente, mi si dilatano le pupille e le narici, emano feromoni dalla base del collo, e soprattutto mi sento rapidamente indurire i capezzoli.
Ora, quest’ultimo fattore, combinato con l’estrema sottigliezza del toppino (che porto come al solito senza il reggi), fa sì che il mio stato di eccitazione sessuale risulti evidente anche a un marito tonto come quello della Elena.
Il quale mi fissa sgranando gli occhi mentre sorseggio la mia vodka guardandolo di sottecchi.
Non ho tempo da perdere, e non sto ad aspettare che si svegli da solo.
Gli metto una mano sul ginocchio: - Allora, la merce l’hai vista. Cos’hai da offrire, in cambio?
Lui apre la bocca ma non dice niente, mentre io gli saggio il pacco.
- Hmmm... – faccio, indecisa per un attimo – Non un gran che, sembrerebbe... Almeno per il momento. Forse è il caso che ci pensi io.
Mi metto in ginocchio fra le sue gambe e comincio ad aprirgli la patta.
- Ma... Ma dobbiamo tornare da Elena e da tuo marito... – protesta l’imbecille.
- No, non credo proprio – ribatto io, tirando fuori il cellulare.
Mentre con una mano glie lo tiro fuori ancora moscio, con l’altra faccio rapidamente il numero di mio marito.
Che risponde prontamente.
- Senti, la Giusy non sta proprio bene... Non me la sento di ripartire subito e lasciarle da sole. Potete aspettare un’oretta, prima che passiamo a riprendervi?
Lui fa per rispondermi goffamente di non preoccuparmi, ma la Elena gli strappa il cellulare: - Non ti preoccupare, possiamo rientrare a piedi. Tanto sono solo cinque chilometri, vero?
- Sei sicura?
- Ma certo. Una bella passeggiata mi farà bene alla testa, e al Mauri non dispiace, vero?
- No, anzi – faccio io, che mentre tengo il cellulare con la sinistra, con la destra tiro una sega al Pasquale - Camminare fa bene anche a lui. Va bene allora, ci vediamo qui più tardi... Buona passeggiata.
- Ciao.
Spengo e metto via il telefonino, continuando a segare il mio maschio improvvisato.
Che mi fissa a bocca aperta.
- Fatto – gli dico – Rientrano a piedi, e ci metteranno almeno un paio d’ore. Abbiamo tutto il tempo.
- Ma... Ma...
- “Ma”, cosa? Non ti piace quel che ti faccio?
Non sono mai stata particolarmente brava a tirare le seghe: non ho pazienza. Forse è per quello che fin da piccola preferivo fare i ditalini...
Mi piego in avanti e glielo prendo in bocca.
Non è un gran che: è ancora moscio, e mi mette un po’ di tristezza, ma stavolta lui mostra di apprezzare. Emette un sospiro e si rilassa, ma soprattutto la pianta di protestare.
Due tirate, e sento che il suo coso comincia a dar segni di vita. Meno male...
Altre due, e sento due mani che cominciano ad accarezzarmi i capelli corti. Il tipo si è svegliato.
Mi dò da fare col mio pompino, e comincio a ricevere un po’ di soddisfazione: il cazzo napoletano comincia a intostarsi come si deve.
- Uànema, com’ ‘o ciucci bene...
Come se non lo sapessi.
Mi accarezza il ciuffo ribelle che mi ricade sulla fronte, e poi il codino che si allunga dietro al mio collo da cigno. So che i miei capelli biondi, tagliati corti a spinacio per combattere il caldo, contrastano bene con la pelle abbronzata dal sole, e non sono sorpresa che a lui piaccia accarezzarli.
Ora è duro, e si succhia che è un piacere. Duro e anche bello grosso, pur se un po’ troppo corto per i miei gusti: il contrario dell’arnese di Enrico, con cui mi sono scovolata il culo poche ore addietro...
Mi stacco da lui e lo guardo dritto negli occhi: - Non mi va di farlo qui, siamo troppo vicini alla stanza delle ragazze. Andiamo in camera da letto.
Lui annuisce, ancora inebetito dalla sorpresa.
Ci alziamo e io lo guido nella mia stanza.
Non mi va di farmi spogliare da lui, così faccio da me.
Via il toppino, poi mi dimeno un po’ per tirare giù i jeans... Non la cosa più facile del mondo, stretti come sono: ci vuole un po’ di tempo, e poi mi tocca anche sfilare gli stivali.
Scalciati via i pantaloni, rimetto gli stivali perché adoro lo slancio che danno alle mie gambe lunghe e nervose, e anche perché mi danno una sensazione di forza e di sicurezza che adoro sentire quando scopo un nuovo maschio.
Rialzo lo sguardo su di lui quando sono nuda, con addosso soltanto stivali, bigiotteria e foia, e quello è ancora seduto sullo spigolo del letto, mezzo vestito e con l’aria di uno che non vuole disturbare.
Gli do’ una spinta per farlo cadere di schiena sul letto e gli tiro via i pantaloni assieme alle mutande, mentre lui finisce di liberarsi della camicia.
Bene, ora è nudo anche lui, beh, a parte i calzini, naturalmente... Spettacoli come questo aiutano a ricordare come sono diventata lesbica.
Va bene, in fondo si tratta di fare un favore a un’amica...
Mi butto su di lui a fauci aperte e ricomincio a spompinarlo con forza.
- Aahhh... – annaspa il minchione – Che bello!
Va bene, è bello duro.
Diamoci da fare.
Lo schieno di forza sul letto di mio marito e gli monto sopra, decisa a fare il mio dovere di amica; impugno l’affare caldo e tosto e me lo punto fra le grandi labbra, accomodandomici sopra. Poi inarco la schiena, ruoto i fianchi e mi ci impalo sopra.
- Oohhh!
Sento la carne tosta dell’uomo che mi penetra dentro, scorrendo nella mia fertile valle abbondantemente lubrificata dai succhi vaginali che scorrono copiosi per l’eccitazione di farmi – dopo tutto – il marito di Elena.
Arriva a fondo corso un po’ prima di quanto mi aspettassi, ma è più duro e grosso di quanto credevo, il che compensa la delusione circa la lunghezza: mi sento piacevolmente aperta, e so di poter godere anche così.
Pasquale allunga finalmente le mani e comincia ad accarezzarmi, dapprima le cosce, poi i fianchi e finalmente le tette, che sprimaccia con evidente goffaggine. E’ abituato alle mozzarelle di sua moglie, e chiaramente non sa come fare a sprimacciare le mie coppe di champagne mignon.
Pazienza, vuol dire che devo fare tutto io.
Comincio a far rotolare i fianchi sui lombi del maschio, ansimando ritmicamente e facendomi ondeggiare le tette per invogliarlo a strapazzarmele un po’. Mi porto anche una mano al pube, frugo fra la mia peluria alla ricerca del clito e comincio ad accarezzarmi.
Insomma, una cavalcata classica.
Sotto di me, Pasquale grugnisce e annaspa con un misto di soddisfazione e di timore dipinti sulla faccia. Mi palpeggia, ma senza coordinazione... Sembra più imbranato di un ragazzino.
Che sia la prima volta che tromba una donna diversa da sua moglie?
Sono un po’ delusa.
Gli accarezzo il petto villoso, e mi convinco a chinarmi in avanti per baciarlo.
Così facendo, cambio l’inclinazione del cazzo nella figa, e il manicotto quasi mi scappa fuori.
Lo sento dimenarsi sotto di me, come in preda al panico mentre rovisto la sua bocca con la lingua, e invece di intostarlo e dargli una spinta mi accorgo di aver ottenuto l’effetto contrario.
Il suo coso comincia a sgonfiarsi come un palloncino bucato.
Decido di non incazzarmi e cambio tattica.
Forse il terrone non è abituato a farsi montare da una femmina e preferisce essere lui al comando.
Mi sollevo e mi piazzo a pecora accanto a lui.
- Avanti, montami tu!
L’imbecille mi guarda stralunato. Esita un momento, poi mi si inginocchia alle spalle; cincischia un poco, e mi accorgo che ormai ha del tutto perso l’erezione. Proprio non ce la fa...
Potrei ucciderlo, ma mi sorprendo ancora una volta mostrando pazienza. Deve proprio essere perché è il marito di Elena e non voglio deluderla.
Mi giro e glie lo riprendo in bocca.
Beh, almeno ha un buon sapore: è bello intriso della mia sbroda che mi piace tanto... Succhio per bene, ma il risultato non è esaltante.
Comincio a disperare, e sento l’incazzatura che monta verso il livello di guardia. Nessuno resiste ai miei pompini, come si permette questo terrone di restarmi moscio in bocca?
Gli accarezzo le cosce pelose, mugolo oscenamente come se godessi, per eccitarlo almeno così... Poi allungo la sinistra a palpargli il culo, e quasi senza pensarci gli accarezzo il solco fra le chiappe.
Lo sento rabbrividire.
Sfioro con l’indice lo sfintere, e il cazzo che ho in bocca ha un sussulto.
Cazzo, gli piace che gli si tocchi il culo!
Mi porto il dito alle labbra e me lo lubrifico con la saliva, poi glie lo infilo nuovamente fra le natiche e spingo delicatamente.
- Uuhhh...
Lo ficco dentro con decisione, e Pasquale ha un sobbalzo. Il cazzo mi freme fra le labbra e comincia improvvisamente a gonfiarsi di sangue.
Il maiale si sta finalmente eccitando.
Comincio a sditalinargli il culo, proprio come sono abituata a fare con le donne, e l’effetto è sorprendente.
In meno di un minuto il cazzo napoletano è duro come una roccia.
Ho a che fare con un mezzo frocio?
Sfilo delicatamente il dito e poi lo reinserisco... Strano come entra facilmente. E’ come se ci fosse abituato. Non ho familiarità con buchi maschili, ma questo mi sembra un po’ troppo facile da penetrare.
Possibile che...
Certo che questo spiegherebbe la goffaggine del tipo.
Mi viene un’idea geniale.
Smetto di spompinare e tiro fuori il dito, strappandogli un gemito di protesta.
- Mettiti tu a pecora, adesso! – gli ordino con tono che non ammette repliche.
Lui mi guarda perplesso, ma obbedisce.
Io salto dal letto e apro il cassetto dove tengo le mie cose. Tenendomi alle spalle di Pasquale, agguanto il mio strapon e lo indosso, penetrandomi col dildo più piccolo. Poi lubrifico il dildo grande con un po’ di gel a mi riarrampico sul letto alle spalle del maschio.
- Sei pronto?
Lui non ha idea di cosa voglia fare, ma il suo affare è ancora duro, così non mi preoccupo troppo.
Mi sputo sul dito e torno a penetrarlo nell’ano con la sinistra, mentre con la destra gli riprendo il banano e lo sego un po’.
- Oohhh – rantola lui – Sì, così...
Tiro fuori il dito senza interrompere la sega con l’altra mano e appoggio il dildo ben lubrificato all’ano che occhieggia invitante.
- Cosa... Ahiaaa!!!
Spingo di forza il fallo in lattice nell’ano del maschio, sfondandolo senza pietà.
Pasquale si inarca tutto per il dolore, e il suo cazzo s’irrigidisce come se stesse già per esplodere. Io lo afferro rabbiosamente per i fianchi con tutte e due le mani e comincio a incularlo come se stessi trapanando un muro.
Lui urla di nuovo: - Aahhh! Mi spacchi in due...
- Piantala di strillare, cretino – ringhio – Vuoi che tua figlia ci senta?
Lui si zittisce di colpo, ma continua a contorcersi tutto dal dolore mentre gli trivello le budella.
Visto che ha smesso di opporre resistenza, smetto di tenerlo per i fianchi e torno ad allungare una mano fra le sue gambe per ricominciare a segarlo.
Il cazzo è duro come il marmo, di quelli che danno più soddisfazione a tirargli una pippa.
Decisamente, il marito di Elena è uno di quelli a cui piace pigliarlo in culo più che metterlo. Bene, questo spiega la sua indifferenza alle mie arti... Ora sono un po’ meno incazzata, e posso smettere di fargli volutamente del male (anche se a lui chiaramente non dispiace).
Mi piego su di lui e lo inculo più lentamente; gli accarezzo la schiena con le tette, e intanto continuo a masturbarlo con la destra, strappandogli sospiri di piacere incontrollato che lasciano presagire una sborrata incipiente.
- Così, bel frocione – gli sussurro nell’orecchio senza smettere di segarlo – Così, che ti faccio venire...
Mi sfrego i capezzoli sulla sua schiena e mi dimeno sul suo culo, agitandomi in figa il dildo piccolo. Le sensazioni si fanno sempre più forti e anche io sto avvicinandomi all’orgasmo. Come spesso capita ai maschi che montano una femmina, mi trovo a dover affrontare il problema di resistere fino a dopo l’orgasmo della mia vittima.
E’ la prima volta che mi inculo un maschio, e la sola idea mi manda in orbita. Il dildo interno dello strapon a sua volta lavora davvero bene, sollecitandomi il punto G a ogni affondo nel retto di Pasquale, e lo strofinio dei capezzoli sulla schiena della mia monta è la ciliegina sulla torta.
Non resisterò a lungo, così decido di accelerare la sega.
Pasquale guaisce contento, e ben presto si lascia sfuggire un lungo rantolo di piacere, sborrandomi lunghi fiotti densi e collosi sul letto del Mauri.
La sola idea di aver fatto sborrare un maschio sodomizzandolo con lo strapon mi fa esplodere a mia volta, e godo tutta sul mio dildo nascosto con un lamento sommesso e strozzato.
Non è l’orgasmo più potente della mia vita, ma è appagante, e soprattutto diverso.
Appena preso fiato, mi sfilo dal buco sgarrato di Pasquale e lo rovescio di fianco, lanciandomi sul suo ventre per prendere in bocca gli ultimi schizzi di sborra.
Con tutta la fatica che ho fatto, penso proprio di aver diritto a mandare giù almeno un po’ seme, visto che dicono faccia così bene alla pelle...
Succhio di gusto il cazzo e ingoio lo sperma che ancora ne fuoriesce, assaporandone il gusto intenso e salato.
Sto ancora ciucciando, quando squilla il mio cellulare.
Allungo la mano sul comodino senza staccare la bocca e accolgo la chiamata. E’ la Elena.
- Patty? Sono io... Saremo a casa tua tra circa mezz’ora. Abbiamo perso un po’ di tempo sulla spiaggia, sai la luna è così bella! Va tutto bene?
Deglutisco la sborra di suo marito e lascio andare il fallo ancora duro per rispondere: - Sì, certo... Tutto a posto. Le ragazze dormono e io e Pasquale stiamo ingannando il tempo aspettandovi.
- Bene. Allora a fra poco...
E’ solo la mia impressione, o Elena aveva un tono divertito?
Lascio andare telefono e cazzo e mi volto a osservare il lenzuolo tutto sporco.
Non mi va certo di cambiarlo così di corsa... Mi chino a raccogliere con la lingua tutto quel che si può, poi prendo uno straccio e asciugo il resto alla meglio. Il cornuto si adatterà.
Accanto a me, Pasquale respira pesantemente, cercando di riprendersi.
- Fila in bagno a rimetterti in sesto – gli ordino sbrigativamente – Saranno qui fra venti minuti.
Questo basta a convincerlo ad alzarsi e a sparire in bagno mentre sistemo il lettone. Vorrà dire che stanotte il Mauri dormirà su un materasso sporco della sborra altrui… Tanto non è certo la prima volta volta.

Più tardi, mentre i maschi sorseggiano un bicchiere sul patio, io e Elena ci scambiamo qualche confidenza in cucina asciugando i piatti della sera prima.
Bene, pare che stavolta il Mauri si sia comportato dignitosamente. La mia amica lo ha provocato sempre più pesantemente, prima al ristorante (dove ha pagato tutto lui), e poi durante la passeggiata sul lungomare per tornare a casa.
Alla fine sono finiti a scopare come ragazzini sulla spiaggia libera al confine fra Rimini e Riccione, e dopo una bella missionaria, lui le è venuto sulle tette.
Elena si abbassa la spallina del vestito per farmi vedere le sue splendide mozzarelle ancora incrostate di sborra secca.
Mi lecco le labbra per la voglia, mi guardo intorno per accertarmi di non essere vista, e mi tuffo su quel ben di dio per una saporita leccata.
Elena si lascia sfuggire un gridolino di sorpresa e di divertimento, che si converte in piacere quando, dopo aver leccato per bene lo sperma di mio marito, le succhio con forza i capezzoli.
- Aahhh... – geme – Che porca che sei! Ci sono i nostri mariti, lì fuori...
Ignoro la sua protesta poco convincente e la succhio come si conviene.
Quando la sento calda a dovere, smetto e la lascio cuocere un po’ nel suo brodo. So bene che sarà mia nei prossimi giorni, e posso permettermi di aspettare.
Frustrata, lei si ricompone.
- E con Pasquale, com’è andata?
- Missione compiuta – la rassicuro – Me lo sono fatto in camera da letto.
- Si è comportato bene?
- Insomma... – faccio una risatina, e le racconto.
Alla fine, la Elena è a bocca aperta.
- Quel porco! – esplode, alla fine – Ecco perché non gli tirava praticamente più... E’ diventato frocio!
- Beh, forse è una conclusione un po’ affrettata – concedo io, piuttosto indifferente – Ma bisogna dire che sì, prenderlo nel culo gli piace di sicuro. E a giudicare dalla rilassatezza del suo buco, direi che per lui non era certo la prima volta. Sai cosa si dice, dei marinai...
- L’infame cornuto! Passi con altre donne, ma con degli uomini... Me la pagherà!
Mi godo l’ira funesta della mia eccitabile amica napoletana per altri dieci minuti (il tempo di finire in cucina), poi raggiungiamo i cornuti sul patio per un ultimo bicchiere.
Le vacanze sono davvero cominciate nel migliore dei modi.

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