Il primo di tanti, Matteo

Scritto da , il 2015-04-09, genere etero

Sono ancora io, Fabrizia, 36 anni, proprietaria e direttrice di un piccolo hotel in Repubblica Dominicana, a pochi km dalla capitale Santo Domingo. Ho acquistato questo hotel 11 anni fa e da allora ho lasciato Como, la mia città natale per trasferirmi qui.
Fisicamente sono 170cm x 62 kg. Capelli biondi, occhi azzurri, un bel faccino, una terza abbondante di seno ed un sederino che fa invidia a tante belle mulatte che vivono qui.
Oggi è Domenica, la domenica di Pasqua, sono le sette del mattino e mi sono appena svegliata. Sono sdraiata qui nel letto di una delle camere dell’hotel, al fianco dell’uomo con cui ho passato la notte: Marco, un milanese 35enne che è qui in vacanza da solo da una settimana. Mi capita spesso di finire a letto con qualcuno dei miei clienti, praticamente non c’è settimana che non finisca a letto con almeno uno di loro. Mi faccio pagare per le mie prestazioni sotto le lenzuola, proprio come fanno la maggior parte delle donne del posto: i turisti sono una buona fonte di reddito e qui si sfrutta ogni possibilità di guadagno. Certo loro non sanno che sono anche la proprietaria dell’hotel, dico loro che sono una semplice dipendente che, come tutte qui, ha bisogno di arrotondare e siccome sono parecchio attraente, raramente si tirano indietro pur di ottenere una notte di piena soddisfazione sessuale.
Guardo Marco mentre dorme, il suo volto è rischiarato dalle prime luci dell’alba che filtrano appena dalle imposte chiuse. Respira lentamente, senza fare toppo rumore, con la bocca chiusa e le labbra che sembrano accennino un leggero sorriso di soddisfazione. Siamo nudi nel letto, coperti solo dal lenzuolo bianco e siccome è un po’ freschino mi avvicino a lui per riscaldarmi un poco. Sento il contatto con la sua pelle calda, il mio seno nudo appoggia ora al suo costato, appoggio una mano al suo grosso petto peloso e rimango lì abbracciata teneramente a lui, a quest’uomo che fino a otto giorni fa era per me un perfetto sconosciuto e mentre lo guardo inizio a pensare.
Penso a quante volte ho vissuto questa stessa situazione con un cliente dell’hotel, sdraiata lì con lui al mattino come se fossi la sua donna, la sua fidanzatina o mogliettina…quante, quante volte. Faccio a mente due conti veloci: sono qui da undici anni ormai, e non ho quasi mai passato una settimana senza finire a letto con qualcuno; quindi se ogni anno ha 52 settimane e le moltiplico per 11, vien fuori una cifra che fa quasi 600. Seicento uomini, seicento clienti con cui sono stata a letto, per una, due, tre notti o magari per un’intera settimana. Senza contare poi quando i clienti erano due a settimana, una sera con uno, l’altra sera con un altro, o magari entrambi. Ricordo che una volta sono stata con tre uomini contemporaneamente. In più devo contare qualche cuoco, qualche giardiniere, qualche ragazzo o uomo del posto e così via. Insomma tanti, tanti, forse troppi.
Non posso mentire dicendo che me li ricordo tutti. Ricordo solo le esperienze più particolari, o magari quelli che mi hanno fatto innamorare, o peggio quelli che mi hanno maltrattata e umiliata. Non li ricordo tutti, ma il primo, quello sì, si chiamava Matteo e fu il primo di una lunga serie.
Matteo allora aveva 28/30 anni, era un bel ragazzo alto almeno 1 metro e 90, un bel fisico anche se non sembrava essere uno sportivo o un palestrato. Aveva un bel petto villoso, ricoperto di peli chiari come i suoi capelli, un bel fusto insomma. Certamente non un foto-modello ma un bell’uomo. Arrivava dalla provincia di Varese ed era in vacanza con un paio di suoi amici di qualche anno più vecchi di lui. Al mattino dopo colazione uscivano sempre tutti e tre assieme per andare in spiaggia, rientravano verso sera, cenavano e poi insieme uscivano di nuovo per divertirsi nelle discoteche e con le ragazze del posto. Però non rientravano sempre separatamente. E mentre Matteo rientrava sempre solo, gli altri due si portavano con loro qualche ragazza nelle rispettive camere, visto che tutti e tre avevano chiesto delle camere singole.
Una sera Matteo come al solito rientrò da solo, aveva la faccia un po’ abbattuta e si fermò al bancone del bar per prendersi un ultimo drink. Quella sera avevo già mandato a casa la barista ed ero rimasta io al bancone con l’intento di chiudere il prima possibile. Avrei servito Matteo, gli avrei fatto compagnia per un po’ e poi sarei andata a dormire.
Mentre gli servivo il Gin-tonic che aveva ordinato, lui sbuffava e si mordicchiava ogni tanto le unghie, sembrava arrabbiato e provai a chiedergli se c’era qualcosa che non andava. Lui mi rispose prontamente, con un tono piuttosto acceso “Ma è mai possibile che in questo paese non ci sia una donna che non chieda soldi per passare una bella serata?” Anche se mi ero trasferita lì da un paio di settimane, avevo già capito come funzionavano le cose da quelle parti, certo non in maniera diversa da tanti altri posti turistici, soprattutto in paesi poveri come questo.
Gli sorrisi e provai a calmarlo con una spiegazione il più diplomatica possibile “Beh, cosa vuoi. Qui c’è molta povertà e chi lavora non guadagna più di 200/250 dollari al mese. E i turisti fanno gola. Vuoi per un aiuto economico, vuoi per un regalino, vuoi per provare anche a sposarli. Sanno che i turisti sono qui per divertirsi e molte ragazze offrono divertimento in cambio di denaro…brutto a dirsi ma è così.”
“Sì ma tutte? Non ce n’è una che non sia così? Io le capisco ma non mi va di pagare per fare sesso…pagherei volentieri una cena, offrirei per tutta una serata, ma poi se ci si piace non serve ancora denaro.” Io sorrisi ancora e provai in qualche modo a consolarlo.
Mentre parlavamo vedevo che il suo sguardo indugiava spesso nella scollatura della mia maglietta, dove si intravedeva il solco dei miei seni ed il reggiseno bianco che indossavo. Pensai che era quasi un mese che ero lì e che, presa dal lavoro e dall’avviamento della mia nuova attività, ancora non mi ero concessa niente per me, tantomeno una bella scopata con qualche bel fusto. Lui era lì, solo, desideroso di sesso e da come mi guardava capii che mi desiderava parecchio. Così mi venne l’dea di invitarlo in camera mia “Sai, io sono stanca e se rimaniamo qui prima o poi si ferma ancora qualcuno a bere e mi tocca servirlo. Io chiudo, tu mi segui nel mio alloggio dove sul retro c’è un porticato, portiamo da bere e ci sediamo lì chiacchierando in tutta tranquillità.” Ovvio che non se lo fece ripetere e, dopo che ebbi chiuso, mi seguì fino in camera mia.
Mentre eravamo seduti al tavolino sotto il porticato, decisi di rompere gli indugi chiedendogli di farmi un massaggio ai miei piedi dolenti. Senza aspettare risposta glieli posai sulle sue gambe e gli dissi di iniziare. Lui disse di non esserne capace, io insistetti e lui iniziò quello spartano massaggio. Più che sollievo sentivo solletico e a stento trattenni un paio di risate. “Non ne sei proprio capace. Vediamo, ne faccio io uno a te.” E così dicendo mi alzai, andai dietro di lui ed inizia a massaggiargli il collo e le spalle…sembrava piacergli.
Per massaggiargli meglio le scapole, lo convinsi a togliersi la maglietta e proseguii il mio lento e piacevole massaggio. “Ti piace? – gli chiesi – vuoi che proseguo?” Lui mormorò a malapena un sì e io gli proposi di entrare in camera e sdraiarsi sul letto. “Togli anche i pantaloni e sdraiati, io vado in bagno e prendo dell’olio speciale.”
Quando tornai in camera lui era seduto sul letto, io chiusi le imposte e lasciai accesa solo la luce del comodino, poi gli dissi di sdraiarsi bocconi, che dovevo finire il massaggio alla schiena. Mentre lui si sdraiava io mi tolsi i pantaloncini di jeans e la maglietta che indossavo, poi salii sul letto, mi misi a cavalcioni sedendomi sulle sue gambe e ripresi il massaggio, usando anche dell’olio profumato che facilitava lo scorrere delle mie mani.
La mia vagina, coperta ancora dalle mutandine, sbatteva contro i suoi glutei vestiti dai boxer e cominciai ad eccitarmi, mentre lui rimaneva sdraiato e mugolava di tanto in tanto, facendomi capire di apprezzare il mio sapiente lavorio di mani. Mi alzai e mi spostai, gli dissi di divaricare le gambe e poi, posizionandomi in ginocchio lì nel mezzo, inizia a massaggiare le sue cosce ampie e pelose.
I Boxer adesso erano d’impiccio, così gli chiesi toglierseli e io lo aiutai nell’operazione. Lui rimase comunque a pancia sotto e io proseguii massaggiandogli i glutei, insistendo un pochino nella zona inguinale. Lui non parlava, ma mi accorsi che si stava eccitando quando si mise una mano sotto e, sollevandosi un pochino, sistemò il suo uccello sotto la pancia. Io non feci in tempo a vederlo, ma di lì a poco gli avrei chiesto di girarsi.
“Sicura che vuoi che mi giro?” mi domandò quando io gli chiesi di farlo. “Certo che sì, devo finire il massaggio, così ti rilassi per bene. Non vuoi?” Lui non rispose e in perfetto silenzio si girò supino e io potei finalmente vedere tutta la bellezza del suo cazzo.
Senza dire nulla mi unsi le mani d’olio, mi riposizionai in ginocchio fra le sue gambe divaricate, e ripresi il massaggio dai suoi quadricipiti, passando ogni volta sempre più vicina ai suoi bei testicoli pelosi. Il suo uccello di buona circonferenza e anche ben lungo, almeno più di venti cm di nerchia che adesso era già abbastanza dura e posata sul suo addome. Lui era sdraiato e rilassato, si godeva quel massaggio con gli occhi chiusi e le sue mani poggiate dietro la nuca. La tentazione di passare subito le mani su quel bel cazzo era forte, ma mi trattenni e, allungandomi un poco in avanti protesi le mie mani per massaggiargli il bel petto villoso e muscoloso.
Lentamente mi abbassai e il mio seno iniziò a strusciare contro il suo palo. Mi sollevai e mi sfilai il reggiseno e quando tornai in posizione sentii il contatto caldo del suo cazzo contro i miei seni oramai nudi. Lui cominciò ad ansimare, mentre io mi sentivo sempre più eccitata e bagnata. A quel punto mi sdraiai completamente su di lui, avvicinai la mia bocca alla sua e ci scambiammo subito un bacio intenso e passionale. Lui spostò le mani da sotto la nuca e le piazzò subito sul mio culetto, stringendolo e palpandolo con veemenza.
“Togliti gli slip” mi disse. E prima che ritornassi su di lui, si era già messo seduto per raggiungere con la bocca i miei seni, succhiandomi con forza prima uno poi l’altro capezzolo, mentre la sua mano si era già insinuata fra le mie cosce accarezzandomi completamente la vulva. Il suo dito trovò il clitoride e subito prese a sfregarmelo con passione, muovendo quel dito sempre più velocemente. Avevo una voglia pazzesca, gli spinsi le spalle e lo buttai di nuovo disteso; con la bocca mi abbassai all’altezza del suo inguine ed inizia leccandogli lo scroto, per poi risalire con la lingua sull’asta, sino a prendere in bocca prima il glande e poi sempre di più quel bel palo così splendidamente turgido e pulsante.
Lui assecondava la mia voracità muovendo lentamente il bacino, mentre con le mani aveva afferrato la mia testa e dettava il ritmo del pompino. “Staccati - mi disse dopo poco - se no vengo” mentre con le mani cercava di sollevarmi la testa. Avrei voluto rimanere lì ed assaggiarmi tutto il suo nettare, ma poi mi decisi a staccarmi, mi sdraiai sul letto e divaricai le gambe. Non chiesi nulla, lasciando che fosse lui a fare ciò che voleva. Si abbassò con la testa fra le mie gambe e mi leccò e succhiò con ardore fino a farmi venire in un orgasmo dirompente che ormai non avevo da tempo.
“Lo voglio, lo voglio” gli dissi quasi implorandolo. Lui si sollevò sopra di me e puntato il suo uccello sul buco fradicio di umori e saliva, mi penetrò con un paio di colpi ben assestati. Lo sentivo tutto dentro e mi piaceva da morire…avrei voluto che non uscisse più. All’improvviso però lo vidi ritrarsi, capii che stava per sborrare e mi sollevai con la bocca verso il suo cazzo. Stavo ancora avvicinandomi quando un paio di getti possenti mi colpirono il volto entrandomi negli occhi. Lui mi tenne la testa, mi gettò tutto il suo piacere sul viso, poi appoggiò il suo uccello alle mie labbra e mi lasciò succhiare le ultime gocce di quella abbondantissima sborrata.
Poco dopo si buttò completamente esausto sul letto, mentre io andai in bagno a pulirmi, ma prima di lavarmi passai le dita sul mio volto, portando lo sperma rimasto verso la mia bocca vogliosa di seme. Quando capii che non c’era più nulla da “raschiare” mi lavai e tornai subito dopo a letto, portando con me una piccola salvietta per ripulire il cazzo di Matteo.
“Visto che sei riuscito a farti una bella chiavata gratuita? Contento ora?” Gli chiesi.
Senza rispondere mi strinse a sé e ci addormentammo dopo poco.
Quella mattina dell’aprile 2004, mi ricordo che mi svegliai abbracciata a quel primo uomo che mi scopai qui, nella stessa identica posizione in cui sono oggi, abbracciata a Marco che è l’ultimo, per ora, di questa lunga serie.

Spero vi sia piaciuto. Scrivetemi pure a iziasfizia@yahoo.it e fatemi sapere. Ciao

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