Il calore prohibito 4
di
karen90
genere
tradimenti
un pomeriggio di luce sporca che filtra dalle persiane socchiuse, l’aria dentro casa è calda, quasi soffocante, impregnata dell’odore di caffè vecchio e del respiro lento del suocero che dorme in poltrona con la bocca aperta e la coperta di lana che gli è scivolata sulle ginocchia. Io sto piegando un maglione quando sento i due colpi secchi alla porta, precisi, eleganti, come se anche il modo di bussare appartenesse a un altro mondo. Apro e Claudia è lì, il cappotto di cammello ancora addosso, i capelli biondi raccolti in una coda bassa perfetta, il rossetto nude che le illumina la bocca anche con quella luce grigia; mi guarda dalla testa ai piedi, un’occhiata lenta che si ferma sulla gonna di velluto nero che mi arriva a metà coscia, sulle calze autoreggenti che si intravedono appena quando mi muovo, e poi risale fino ai miei occhi con un sorriso che non è ostile ma nemmeno amichevole, è il sorriso di chi sa di essere la padrona e vuole ricordartelo senza dirlo. «Ciao Sofia, papà dorme?» domanda con quella voce bassa, un po’ roca, che sembra sempre appena uscita da un letto caldo, e senza aspettare risposta entra, si sfila il cappotto con un movimento lento, quasi teatrale, resta con il dolcevita crema che le fascia le tette sode e la gonna a tubino grigia che le disegna il culo come se fosse stato scolpito apposta per far impazzire gli uomini, poi si siede sul divano, accavalla le gambe con una grazia che mi fa rabbia, e mi fa cenno di sedermi accanto a lei, come se fossimo due amiche che si confidano davanti a un tè invece di essere la moglie e l’amante che fingono di ignorarsi.
Mi siedo, sento il velluto della gonna che mi scivola sulle cosce, il cuore che mi batte forte perché è la prima volta che restiamo sole così a lungo e ho paura che sappia tutto, che abbia sentito l’odore di Marco su di me, che abbia trovato un mio capello sul sedile della sua Audi, ma lei si limita a guardarmi dritto negli occhi e a dire, con una calma che mi gela: «Sai Sofia, volevo parlarti un attimo da donna a donna, perché Marco in questo periodo è strano, torna a casa tardi, è sempre nervoso, sembra che abbia la testa altrove, però quando è con me è più affettuoso del solito, mi cerca di più, mi chiede cose nuove a letto, posizioni che prima non gli interessavano, parole che non aveva mai usato, e io mi chiedo se per caso tu, che lo vedi tutti i giorni, hai notato qualcosa». Le parole mi escono di bocca balbettando, sto per dire che no, non ho notato niente, che Marco è sempre gentile e basta, ma in quel momento il telefono vibra sul tavolino, lo schermo si illumina e il nome MARCO appare grande, luminoso, impossibile da nascondere; Claudia lo vede nello stesso istante in cui lo vedo io, alza un sopracciglio e con quel tono dolce che nasconde la lama dice «Marco? Rispondi pure, non mi disturbi», e io prendo il telefono con le mani che tremano, lo giro verso di me, apro la chat e leggo:
«Perché non mi scrivi più, amore mio? Sono tre giorni che non mi mandi nemmeno un buongiorno, mi manchi da morire, mi sento vuoto, dimmi che succede, dimmi perché sei sparita.»
Le dita volano sulla tastiera mentre Claudia mi osserva, il suo profumo costoso che mi arriva a ondate, e scrivo la verità che non dovrei mai scrivere: «Mi sento strana, Marco. Tu sei sposato. A volte mi prende il senso di colpa così forte che non respiro. Quando vedo come la guardi, come la tocchi davanti a me, mi fa male al cuore e alla fica nello stesso momento, e allora mi chiudo, mi nascondo, perché ho paura di volere troppo.»
Lui risponde subito, una raffica di messaggi che mi fanno tremare le cosce: «Piccola, lo so che è difficile, ma tu sei diversa, tu sei quella che mi fa tremare davvero, quella che mi manda fuori di testa. A proposito… lo sai che oggi Claudia ha una sorpresina dentro? Un ovetto sottile, nero, di quelli che vibrano piano piano. Il telecomando ce l’ho io sul telefono. Guarda che faccia fa adesso, livello 3.»
Alzo gli occhi di scatto e Claudia si è irrigidita sul divano come se qualcuno le avesse infilato una mano fredda tra le gambe; le guance le diventano di un rosso violento, le labbra si socchiudono in un sospiro che cerca di trattenere, stringe le cosce accavallate, si morde il labbro inferiore fino a lasciarci il segno dei denti, e un piccolo gemito le sfugge dalla gola, quasi impercettibile ma che a me arriva dritto al clitoride come una scarica elettrica. Un altro messaggio: «Livello 5, amore. Guarda come si contrae, guarda come cerca di non darlo a vedere». Claudia inspira forte, si porta una mano tra le gambe come per fermare il tremore ma è inutile, il suo respiro diventa corto, spezzato, gli occhi le si velano di lacrime di piacere trattenuto, e io sento la mia fica che pulsa violentemente, che si bagna solo a guardarla, solo a sapere che dentro di lei c’è quel giocattolo che Marco sta comandando mentre pensa a me, mentre mi scrive, mentre mi punisce per il mio silenzio; sono bagnata fradicia, le mutandine appiccicate, e vorrei toccarmi lì sul divano davanti a lei, vorrei farle vedere quanto sono più troia di quanto lei potrà mai essere.
Claudia si alza di scatto, barcolla un attimo, le gambe che non la reggono del tutto, «Devo… devo andare in bagno un secondo» mormora con la voce incrinata, e cammina rigida verso il corridoio, le cosce strette, il culo che ondeggia più del solito perché ogni passo le fa sentire l’ovetto che vibra dentro di lei. Io resto lì, il telefono che brucia in mano, scrivo a Marco con le dita bagnate della mia stessa eccitazione: «Cazzo, mi stai facendo morire, la vedo che soffre di piacere, è bellissima così, vulnerabile, la regina che perde il controllo, e io sono qui che gocciolo solo a guardarla, solo a sapere che sei tu a farla impazzire mentre pensi a me».
E lui: «Brava. Ma oggi non ti tocco. È la tua punizione per essere sparita. Adesso arrivo.»
Cinque minuti dopo la porta si apre senza che nessuno abbia bussato e Marco è lì, giacca scura, capelli umidi di pioggia, gli occhi verdi che mi trapassano per un secondo solo, freddi, cattivi, pieni di promesse crudeli, poi si dirige dritto verso il bagno, bussa due colpi, «Tesoro, tutto ok?» e Claudia apre immediatamente, la faccia stravolta, le labbra gonfie, gli occhi lucidi di desiderio represso; lui la prende per la vita senza dire una parola, la bacia davanti a me, un bacio profondo, lento, la lingua che le entra in bocca come se volesse scoparla già lì, le passa una mano sul culo, lo stringe forte sotto la gonna a tubino, e Claudia geme dentro il bacio, le ginocchia che cedono, poi Marco si stacca appena e le sussurra, abbastanza forte perché io senta ogni sillaba: «Andiamo a casa, amore. Hai bisogno di finire quello che abbiamo iniziato in macchina, hai bisogno che ti faccia venire come si deve». Claudia annuisce, completamente persa, mi lancia un’occhiata veloce, confusa, come se sentisse che c’è qualcosa di storto ma non riesca a mettere a fuoco, poi prende la borsa, si rimette il cappotto con movimenti lenti, tremanti.
Marco non mi sfiora nemmeno, mi passa accanto come se non esistessi, mi sfiora solo con l’aria, con il profumo della sua pelle e con il calore del suo corpo che mi arriva come uno schiaffo; prende la moglie per mano, la guida fuori, e prima di chiudere la porta mi lancia un’ultima occhiata, gelida, possessiva, che mi fa quasi venire lì in piedi. Clic. La chiave gira. Silenzio...
Il clic della porta ancora mi riecheggia nelle orecchie quando già li vedo dalla finestra del soggiorno: Marco ha fermato Claudia sui gradini del vialetto, la pioggia fina che le bagna i capelli biondi, e le ha infilato una mano sotto il cappotto aperto, dritto sul culo, le dita che affondano nella gonna grigia tesa come se volesse strappargliela lì fuori. Claudia ride nervosa, gli appoggia la fronte sul petto, ma il suo respiro è spezzato, le cosce che tremano ancora per l’ovetto che lui le ha tenuto acceso fino all’ultimo secondo; la vedo stringersi a lui, la bocca aperta contro il collo di Marco, e lui la palpeggia senza vergogna, una mano che le strizza il seno sopra il dolcevita, l’altra che le alza lentamente la gonna sul retro, scoprendo le calze strappate e il bordo del perizoma nero. Lei geme forte, non le importa se i vicini possono vedere, gli morde il labbro, gli sussurra qualcosa che non sento ma che immagino perfettamente: «Portami via, scopami adesso».
Marco la spinge verso l’Audi, apre la portiera posteriore con un gesto secco, la fa entrare di peso, poi sale sopra di lei e chiude. I vetri si appannano subito. La luce interna resta accesa solo due secondi, quel tanto che basta perché io veda tutto: Claudia già sdraiata sul sedile, le gambe spalancate, la gonna tirata fino alla vita, le calze di seta strappate fino all’inguine, il perizoma nero spostato di lato, la fica lucida, gonfia, aperta. Marco è sopra di lei, la giacca ancora addosso, i jeans abbassati appena sotto il culo, il cazzo duro che entra dentro con un colpo secco, profondo, che la fa urlare subito, la testa all’indietro contro il finestrino, le mani che graffiano la pelle del sedile.
Io sono dietro il vetro, il cappotto aperto, le cosce nude che tremano dal freddo e dal desiderio. Non resisto più. Appoggio la fronte alla finestra fredda, una mano scivola sotto il cappotto, due dita trovano subito il clitoride gonfio, bagnato, scivoloso di me. Mi tocco piano all’inizio, cerchi lenti, guardando come Marco la scopa con rabbia, ogni spinta che fa oscillare la macchina, i vetri che tremano, il culo di lui che si contrae mentre affonda tutto dentro quella fica perfetta che odio e invidio allo stesso tempo. Claudia urla, la voce arriva ovattata ma chiara: «Più forte… cazzo… sì… così…», le tette che rimbalzano fuori dal dolcevita, i capezzoli duri che lui prende in bocca uno alla volta, succhiando forte mentre la sbatte senza pietà.
Le mie dita accelerano, due dentro, poi tre, la mano bagnata che schiocca piano contro la fica, il pollice che preme sul clitoride in cerchi veloci. Guardo Marco che le afferra i capelli biondi, le tira la testa indietro, le infila la lingua in bocca mentre la pompa sempre più forte, vedo il corpo di Claudia che si inarca, le gambe che si spalancano ancora di più, i talloni che battono contro il finestrino, e vengo la prima volta così, forte, un gemito che mi esce strozzato contro il vetro, le cosce che tremano, il liquido caldo che mi cola sulle dita e sulle caviglie.
Non mi fermo. Continuo a toccarmi, più lento adesso, guardando come Marco le alza una gamba sul poggiatesta, le entra ancora più a fondo, il ritmo che diventa brutale, animalesco. Claudia viene una seconda volta, un urlo lungo, disperato, la fica che squirta sul sedile, schizzi che bagnano tutto, il corpo che si contrae intorno a lui. Marco ringhia, le afferra il collo con una mano, le dà un ultimo affondo profondo e viene dentro di lei con un grugnito rauco che sento fin qui, il cazzo che pulsa, che la riempie fino a farla traboccare, il seme che cola lento sulle cosce perfette quando lui si ritira.
Io vengo di nuovo, più forte, le dita che spingono dentro fino in fondo, il palmo che sbatte sul clitoride, le lacrime che mi rigano la faccia mentre guardo Claudia che resta sdraiata, distrutta, felice, con il seme di Marco che le cola tra le gambe e il sorriso da moglie soddisfatta sulle labbra gonfie. Marco le sistema la gonna con un gesto lento, quasi dolce, le dà un bacio sulla fronte, poi avvia il motore.
La macchina passa lenta davanti alla finestra, i vetri ancora appannati, Claudia con la testa appoggiata alla sua spalla, gli occhi chiusi, le labbra socchiuse. Lui non mi guarda. Nemmeno una volta.
Io resto lì, appoggiata al vetro, le dita ancora dentro di me, il respiro rotto, il corpo che trema di freddo, di rabbia, di piacere.
Il cappotto aperto, nuda, bagnata fino ai piedi, il cuore che batte forte.
E dentro di me solo una frase, ripetuta come un mantra:
«Un giorno sarò io quella sul sedile posteriore.
Un giorno sarò io quella che lui scopa così forte da far tremare la macchina.
E tu, Claudia, guarderai dalla finestra.»
commenti su karen90x@proton.me
Mi siedo, sento il velluto della gonna che mi scivola sulle cosce, il cuore che mi batte forte perché è la prima volta che restiamo sole così a lungo e ho paura che sappia tutto, che abbia sentito l’odore di Marco su di me, che abbia trovato un mio capello sul sedile della sua Audi, ma lei si limita a guardarmi dritto negli occhi e a dire, con una calma che mi gela: «Sai Sofia, volevo parlarti un attimo da donna a donna, perché Marco in questo periodo è strano, torna a casa tardi, è sempre nervoso, sembra che abbia la testa altrove, però quando è con me è più affettuoso del solito, mi cerca di più, mi chiede cose nuove a letto, posizioni che prima non gli interessavano, parole che non aveva mai usato, e io mi chiedo se per caso tu, che lo vedi tutti i giorni, hai notato qualcosa». Le parole mi escono di bocca balbettando, sto per dire che no, non ho notato niente, che Marco è sempre gentile e basta, ma in quel momento il telefono vibra sul tavolino, lo schermo si illumina e il nome MARCO appare grande, luminoso, impossibile da nascondere; Claudia lo vede nello stesso istante in cui lo vedo io, alza un sopracciglio e con quel tono dolce che nasconde la lama dice «Marco? Rispondi pure, non mi disturbi», e io prendo il telefono con le mani che tremano, lo giro verso di me, apro la chat e leggo:
«Perché non mi scrivi più, amore mio? Sono tre giorni che non mi mandi nemmeno un buongiorno, mi manchi da morire, mi sento vuoto, dimmi che succede, dimmi perché sei sparita.»
Le dita volano sulla tastiera mentre Claudia mi osserva, il suo profumo costoso che mi arriva a ondate, e scrivo la verità che non dovrei mai scrivere: «Mi sento strana, Marco. Tu sei sposato. A volte mi prende il senso di colpa così forte che non respiro. Quando vedo come la guardi, come la tocchi davanti a me, mi fa male al cuore e alla fica nello stesso momento, e allora mi chiudo, mi nascondo, perché ho paura di volere troppo.»
Lui risponde subito, una raffica di messaggi che mi fanno tremare le cosce: «Piccola, lo so che è difficile, ma tu sei diversa, tu sei quella che mi fa tremare davvero, quella che mi manda fuori di testa. A proposito… lo sai che oggi Claudia ha una sorpresina dentro? Un ovetto sottile, nero, di quelli che vibrano piano piano. Il telecomando ce l’ho io sul telefono. Guarda che faccia fa adesso, livello 3.»
Alzo gli occhi di scatto e Claudia si è irrigidita sul divano come se qualcuno le avesse infilato una mano fredda tra le gambe; le guance le diventano di un rosso violento, le labbra si socchiudono in un sospiro che cerca di trattenere, stringe le cosce accavallate, si morde il labbro inferiore fino a lasciarci il segno dei denti, e un piccolo gemito le sfugge dalla gola, quasi impercettibile ma che a me arriva dritto al clitoride come una scarica elettrica. Un altro messaggio: «Livello 5, amore. Guarda come si contrae, guarda come cerca di non darlo a vedere». Claudia inspira forte, si porta una mano tra le gambe come per fermare il tremore ma è inutile, il suo respiro diventa corto, spezzato, gli occhi le si velano di lacrime di piacere trattenuto, e io sento la mia fica che pulsa violentemente, che si bagna solo a guardarla, solo a sapere che dentro di lei c’è quel giocattolo che Marco sta comandando mentre pensa a me, mentre mi scrive, mentre mi punisce per il mio silenzio; sono bagnata fradicia, le mutandine appiccicate, e vorrei toccarmi lì sul divano davanti a lei, vorrei farle vedere quanto sono più troia di quanto lei potrà mai essere.
Claudia si alza di scatto, barcolla un attimo, le gambe che non la reggono del tutto, «Devo… devo andare in bagno un secondo» mormora con la voce incrinata, e cammina rigida verso il corridoio, le cosce strette, il culo che ondeggia più del solito perché ogni passo le fa sentire l’ovetto che vibra dentro di lei. Io resto lì, il telefono che brucia in mano, scrivo a Marco con le dita bagnate della mia stessa eccitazione: «Cazzo, mi stai facendo morire, la vedo che soffre di piacere, è bellissima così, vulnerabile, la regina che perde il controllo, e io sono qui che gocciolo solo a guardarla, solo a sapere che sei tu a farla impazzire mentre pensi a me».
E lui: «Brava. Ma oggi non ti tocco. È la tua punizione per essere sparita. Adesso arrivo.»
Cinque minuti dopo la porta si apre senza che nessuno abbia bussato e Marco è lì, giacca scura, capelli umidi di pioggia, gli occhi verdi che mi trapassano per un secondo solo, freddi, cattivi, pieni di promesse crudeli, poi si dirige dritto verso il bagno, bussa due colpi, «Tesoro, tutto ok?» e Claudia apre immediatamente, la faccia stravolta, le labbra gonfie, gli occhi lucidi di desiderio represso; lui la prende per la vita senza dire una parola, la bacia davanti a me, un bacio profondo, lento, la lingua che le entra in bocca come se volesse scoparla già lì, le passa una mano sul culo, lo stringe forte sotto la gonna a tubino, e Claudia geme dentro il bacio, le ginocchia che cedono, poi Marco si stacca appena e le sussurra, abbastanza forte perché io senta ogni sillaba: «Andiamo a casa, amore. Hai bisogno di finire quello che abbiamo iniziato in macchina, hai bisogno che ti faccia venire come si deve». Claudia annuisce, completamente persa, mi lancia un’occhiata veloce, confusa, come se sentisse che c’è qualcosa di storto ma non riesca a mettere a fuoco, poi prende la borsa, si rimette il cappotto con movimenti lenti, tremanti.
Marco non mi sfiora nemmeno, mi passa accanto come se non esistessi, mi sfiora solo con l’aria, con il profumo della sua pelle e con il calore del suo corpo che mi arriva come uno schiaffo; prende la moglie per mano, la guida fuori, e prima di chiudere la porta mi lancia un’ultima occhiata, gelida, possessiva, che mi fa quasi venire lì in piedi. Clic. La chiave gira. Silenzio...
Il clic della porta ancora mi riecheggia nelle orecchie quando già li vedo dalla finestra del soggiorno: Marco ha fermato Claudia sui gradini del vialetto, la pioggia fina che le bagna i capelli biondi, e le ha infilato una mano sotto il cappotto aperto, dritto sul culo, le dita che affondano nella gonna grigia tesa come se volesse strappargliela lì fuori. Claudia ride nervosa, gli appoggia la fronte sul petto, ma il suo respiro è spezzato, le cosce che tremano ancora per l’ovetto che lui le ha tenuto acceso fino all’ultimo secondo; la vedo stringersi a lui, la bocca aperta contro il collo di Marco, e lui la palpeggia senza vergogna, una mano che le strizza il seno sopra il dolcevita, l’altra che le alza lentamente la gonna sul retro, scoprendo le calze strappate e il bordo del perizoma nero. Lei geme forte, non le importa se i vicini possono vedere, gli morde il labbro, gli sussurra qualcosa che non sento ma che immagino perfettamente: «Portami via, scopami adesso».
Marco la spinge verso l’Audi, apre la portiera posteriore con un gesto secco, la fa entrare di peso, poi sale sopra di lei e chiude. I vetri si appannano subito. La luce interna resta accesa solo due secondi, quel tanto che basta perché io veda tutto: Claudia già sdraiata sul sedile, le gambe spalancate, la gonna tirata fino alla vita, le calze di seta strappate fino all’inguine, il perizoma nero spostato di lato, la fica lucida, gonfia, aperta. Marco è sopra di lei, la giacca ancora addosso, i jeans abbassati appena sotto il culo, il cazzo duro che entra dentro con un colpo secco, profondo, che la fa urlare subito, la testa all’indietro contro il finestrino, le mani che graffiano la pelle del sedile.
Io sono dietro il vetro, il cappotto aperto, le cosce nude che tremano dal freddo e dal desiderio. Non resisto più. Appoggio la fronte alla finestra fredda, una mano scivola sotto il cappotto, due dita trovano subito il clitoride gonfio, bagnato, scivoloso di me. Mi tocco piano all’inizio, cerchi lenti, guardando come Marco la scopa con rabbia, ogni spinta che fa oscillare la macchina, i vetri che tremano, il culo di lui che si contrae mentre affonda tutto dentro quella fica perfetta che odio e invidio allo stesso tempo. Claudia urla, la voce arriva ovattata ma chiara: «Più forte… cazzo… sì… così…», le tette che rimbalzano fuori dal dolcevita, i capezzoli duri che lui prende in bocca uno alla volta, succhiando forte mentre la sbatte senza pietà.
Le mie dita accelerano, due dentro, poi tre, la mano bagnata che schiocca piano contro la fica, il pollice che preme sul clitoride in cerchi veloci. Guardo Marco che le afferra i capelli biondi, le tira la testa indietro, le infila la lingua in bocca mentre la pompa sempre più forte, vedo il corpo di Claudia che si inarca, le gambe che si spalancano ancora di più, i talloni che battono contro il finestrino, e vengo la prima volta così, forte, un gemito che mi esce strozzato contro il vetro, le cosce che tremano, il liquido caldo che mi cola sulle dita e sulle caviglie.
Non mi fermo. Continuo a toccarmi, più lento adesso, guardando come Marco le alza una gamba sul poggiatesta, le entra ancora più a fondo, il ritmo che diventa brutale, animalesco. Claudia viene una seconda volta, un urlo lungo, disperato, la fica che squirta sul sedile, schizzi che bagnano tutto, il corpo che si contrae intorno a lui. Marco ringhia, le afferra il collo con una mano, le dà un ultimo affondo profondo e viene dentro di lei con un grugnito rauco che sento fin qui, il cazzo che pulsa, che la riempie fino a farla traboccare, il seme che cola lento sulle cosce perfette quando lui si ritira.
Io vengo di nuovo, più forte, le dita che spingono dentro fino in fondo, il palmo che sbatte sul clitoride, le lacrime che mi rigano la faccia mentre guardo Claudia che resta sdraiata, distrutta, felice, con il seme di Marco che le cola tra le gambe e il sorriso da moglie soddisfatta sulle labbra gonfie. Marco le sistema la gonna con un gesto lento, quasi dolce, le dà un bacio sulla fronte, poi avvia il motore.
La macchina passa lenta davanti alla finestra, i vetri ancora appannati, Claudia con la testa appoggiata alla sua spalla, gli occhi chiusi, le labbra socchiuse. Lui non mi guarda. Nemmeno una volta.
Io resto lì, appoggiata al vetro, le dita ancora dentro di me, il respiro rotto, il corpo che trema di freddo, di rabbia, di piacere.
Il cappotto aperto, nuda, bagnata fino ai piedi, il cuore che batte forte.
E dentro di me solo una frase, ripetuta come un mantra:
«Un giorno sarò io quella sul sedile posteriore.
Un giorno sarò io quella che lui scopa così forte da far tremare la macchina.
E tu, Claudia, guarderai dalla finestra.»
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