L'accordo

di
genere
trio

NOTA. Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Il cameriere arrivò al tavolo con le portate. Era un uomo sulla quarantina, vestito con un elegante gilet scuro, pantaloni neri, camicia bianca e papillon. Aveva un fisico asciutto, il naso aquilino e i capelli bruni acconciati con la classica riga laterale. «Insalata con code di gambero, soia e riso Basmati per la signora e roast beef con polvere di rosmarino, ginepro e pepe nero per lei senatore» disse dopo aver appoggiato i piatti, dopodiché si accomiatò.
Dal modo in cui i camerieri si rivolgevano al senatore G., Monica intuì che doveva essere un luogo in cui venisse spesso. Era pur vero che si trattava di un personaggio noto, ma tutto il personale sembrava sapere chi fosse e si rivolgeva a lui in tono confidenziale.
«Vogliamo fare un brindisi?» propose il senatore alzando il calice.
«Volentieri» rispose prontamente Monica afferrando il bicchiere.
Sorseggiarono il vino, poi il senatore infilzò una fettina di carne e la portò in bocca. «Dunque, mi dicevi di quella trasmissione?»
Monica fremeva dalla voglia di arrivare al sodo. Finalmente, dopo più di mezz’ora di chiacchiere inutili, veniva riaperto l’argomento. «Be’, come le dicevo, senatore, ho fatto il provino come performer per questa nuova trasmissione televisiva che andrà in onda su un’importante emittente nazionale, ma mi è giunta voce che la scelta stia convergendo su un’altra ragazza che, posso assicurare, non sa nemmeno cosa sia il ballo, mentre io vanto una certa esperienza in fatto di danza e, inoltre, ritengo di essere una persona di ampie vedute e sono certa che quel ruolo potrebbe dare una svolta alla mia vita… e alla trasmissione, ovviamente». Monica portò in bocca la forchetta con un gamberetto con un gesto lento e accattivante.
Il senatore meditò qualche istante, imboccando un altro boccone di carne. Masticò in silenzio, mandò giù e fece un altro sorso di vino. «Non metto in dubbio le tue capacità. Ho avuto modo di vederti esibire e, per quanto ne possa capire, sono certo che il talento non ti manca. Ma non vedo come potrei esserti utile in questa storia».
«Andiamo senatore. Lei è una persona autorevole. Basterebbe una sua parolina e quel posto sarebbe mio».
«Be’, non nego di avere una certa influenza. Ma… come posso dire? Nella mia posizione sarebbe un tantino compromettente acconsentire a certi favoritismi».
«Me ne rendo conto, per questo sono pronta a ricambiare il favore se me ne darà l’occasione».
«Non vedo in che modo».
Monica allungò la gamba sotto al tavolo per fargli piedino e allo stesso tempo si mordicchiò le labbra in maniera sensuale. «Su senatore! Vuole davvero che glielo spieghi?»
«Al diavolo certi formalismi!» la interruppe. «Dammi del tu, tesoro».
«Ne sono onorata».
«Ho una camera sopra, nell’hotel. Forse dopo potremmo andare a discutere meglio i dettagli. Qui non mi pare il luogo adatto».
«Volentieri».
Appena entrarono nella suite, il senatore G. ordinò dello champagne.
La camera era ampia e arredata in stile moderno. Consisteva di un unico ambiente, suddiviso in due aree. Nella zona giorno era presente un piccolo tavolo con delle sedie e alcuni mobili vicino alla parete, sovrastati da una tivù di almeno sessantacinque pollici. Nella zona notte, c’erano un armadio in legno con le ante in vetro e il letto matrimoniale disposto davanti a una parete obliqua, in modo che un angolo puntasse verso il centro della stanza. Tra le due aree erano collocate due poltrone girevoli, davanti alle quali era disposto un piccolo tavolino con la superficie in vetro.
Si accomodarono sulle poltrone. Il senatore riprese la conversazione con un tono molto informale. «Incredibile che una ragazza così bella debba vedersi chiudere le porte in faccia da certa gentaglia» provò ad adularla.
Monica si finse lusingata. Scostò dal viso una ciocca dei suoi capelli neri e accavallò le gambe per esibire le sue gambe toniche quasi totalmente scoperte sotto la minigonna. «Grazie per avermi capita. Mi auguro davvero che tu possa aiutarmi».
«Be’, direi che ci sono i presupposti giusti. A ogni modo, qualcosa penso che riusciremo a fare. Dimmi cara, quanti anni hai?».
«Venticinque, appena compiuti».
«Sei nel fiore degli anni, ma le occasioni è bene sfruttarle quando si presentano, perché, come si dice, certi treni passano una sola volta. E non vorrei che una ragazza con il tuo talento si ritrovasse alla soglia dei trenta ancora ad aspettare il suo».
«Per questo sono venuta a cercarti. Sapevo che mi avresti capita. Ora ho ancora l’età giusta, ma tra qualche anno comincerebbero a dire che servono ragazze più giovani e l’intera mia carriera sarebbe distrutta».
«Hai perfettamente ragione. Dobbiamo assolutamente muoverci. Se sarai collaborativa, vedrai che farai tanta strada».
Arrivò l’addetto al servizio in camera. Posò un secchiello in acciaio con la bottiglia di champagne immersa nel ghiaccio e un vassoio con tre flûte. Versò lo champagne in due di esse e si congedò.
Il senatore propose a Monica un altro brindisi. «Al nostro incontro» disse facendo tintinnare il calice a contatto con quello della ragazza. «Vedrai che insieme faremo grandi cose». Stavano ancora sorseggiando la bevanda, quando sentirono bussare alla porta. «Oh, è arrivata!»
«Chi è arrivata?» chiese Monica con aria sorpresa.
«Scusami cara. Mi sono dimenticato di dirti che aspettavo un’ospite» rispose alzandosi. «Ma puoi stare tranquilla, possiamo continuare la nostra discussione, se per te non è un problema chiaramente». Si avvicinò alla porta per aprire.
Dietro la soglia, comparve una giovane ragazza, più o meno dell’età di Monica. Era alta e bionda, con un fisico slanciato, molto attraente anche se non esageratamente formosa. Il senatore la fece accomodare.
«Lei è Natasha» disse presentandogliela. «E lei è Monica» disse rivolgendosi all’altra.
Le due si scambiarono un saluto. Monica era piuttosto confusa. Si chiedeva come mai il porco l’avesse portata in camera sapendo di aspettare una visita. Di certo non era intenzionato a salutarla e a farle il favore gratis, senza una degna ricompensa.
G. spese qualche parola per spiegarle vagamente come stavano le cose. «Sai Monica, io amo certi passatempi e Natasha a volte viene a trovarmi affinché io possa dedicarmi alla mia passione».
«Lo capisco» disse Monica. «È giusto che ognuno dedichi del tempo a sé stesso. Ma forse sono di troppo. Se volete vi lascio soli».
«Macché cara, sarei felicissimo di godermi lo spettacolo insieme a te. Se ti fa piacere, ovviamente».
Monica sospettava che volesse coinvolgerla in qualche gioco perverso. Ma il suo futuro dipendeva da quella serata. Se voleva quel ruolo di performer aveva bisogno della raccomandazione del senatore G.. Lo aveva incontrato conscia che avrebbe dovuto accontentarlo in ogni suo capriccio, perciò non intendeva tirarsi indietro. Forse le avrebbe proposto qualcosa di bizzarro, ma in fondo lei era una ragazza sessualmente disinibita e non era propensa a credere che un uomo prossimo alla sessantina, che ricopriva una certa carica, avrebbe potuto chiederle qualcosa di tanto raccapricciante da disturbarla più di quanto avesse preventivato.
Il senatore offrì dello champagne a Natasha, dopodiché questa si tolse il soprabito e lo appoggiò su una sedia. Indossava un abito a tubino in rete con strass e paillettes dalle cui trasparenze si intravedeva la biancheria intima.
«Accomodiamoci, cara» disse G. rivolgendosi a Monica.
Sedettero sulle due poltroncine girevoli, quasi attaccate l’una all’altra, mentre Natasha si avvicinò al letto, poco distante da loro. «Metto un po’ di musica?» chiese quest’ultima.
«No» rispose il senatore. «Io e la mia ospite dobbiamo fare conversazione» aggiunse ammiccando a Monica.
Natasha fece spallucce, poi si tolse le scarpe e salì sul letto. Cominciò una danza sensuale. Il suo corpo sembrava muoversi sulle note di un brano avvolgente che incendiava il suo erotismo. Lentamente, abbassò le spalline dell’abito. Aprì la cerniera sul dietro e lasciò che il vestito scivolasse giù, lasciando il torso coperto solo dal reggipetto in pizzo beige.
«È uno spogliarello!» mormorò Monica, cominciando a capire.
G. non rispose. Si limitò ad allungare una mano sulla gamba di lei e a far scivolare più su la gonna dell’abito. Le accarezzò l’interno della coscia, salendo via via più in alto. Monica rimase impassibile e lo lasciò fare.
Intanto Natasha si era tolta il vestito, rimanendo solo in intimo. Continuò la sua danza sensuale, poi si slacciò il reggiseno. Lasciò i suoi spettatori un po’ sulle spine prima di scoprire i suoi piccoli seni.
Il senatore quasi sussultò nel vedere il petto di Natasha nudo, quasi fosse la prima volta. La sua mano si fece più insistente tra le cosce di Monica, andando avanti e indietro, fino a sfiorarle le mutandine. «Sai, mi piacerebbe che ricambiassi un po’ di affetto» le disse in modo allusivo, puntando lo sguardo tra le proprie gambe.
Monica eseguì all’istante. Allungò una mano tra le sue gambe e cominciò a massaggiargli delicatamente il pacco.
Natasha, in ginocchio sul letto, stava per togliere anche gli slip. Era di lato rispetto ai suoi spettatori, cosicché per loro la visuale era un po’ limitata. Tirò giù le mutandine, molto lentamente. Quando le arrivarono alle ginocchia, sollevò leggermente una gamba alla volta per farle scivolare giù e, una volta passate, le sfilò completamente rimanendo completamente nuda. Continuò la sua danza erotica, con un continuo vedo e non vedo delle zone più attraenti.
Monica la trovava molto seducente e la cosa che acquistava volume sotto la sua mano era la prova che avesse ragione.
«Vorrei che rendessi la cosa un po’ più interessante» le disse il senatore.
Monica intuì che era ora di darsi da fare. Si alzò dalla poltrona e si tolse il suo abito scuro aderente che aveva indossato per mettere in risalto le sue curve. Rimase con il suo completo intimo, composto da reggiseno e perizoma neri. Sedette di nuovo sulla poltrona e allungò le mani sulla patta dei pantaloni del senatore. Abbassò la chiusura lampo, gli slacciò la cintura e liberò il bottone dall’asola. Sollevò un po’ la camicia e gli infilò una mano nelle mutande. Afferrò il pene semieretto, poi scese più giù verso i testicoli. Li accarezzò. Tornò sul pene. Procedendo con la stimolazione, sentì che via via questo gli diventava sempre più duro. Pensò che il senatore stesse cominciando a sentirlo stretto nelle mutande.
Senza distogliere lo sguardo dallo spettacolo che aveva davanti, G. le allungò una mano sulla natica che con il perizoma era totalmente scoperta. «Hai la mano fredda, tesoro. Servirebbe qualcosa di più caldo».
«Ma certo, mio caro. Rimedio subito». Scivolò giù dalla poltrona e si inginocchiò davanti a lui. Gli abbassò gli slip, scoprendo il suo pene quasi in erezione. Glielo afferrò con una mano e lo indirizzò verso di lei. Avvicinò la bocca al glande e lo sfiorò con lingua. Leccò lentamente il corpo del membro, fin sotto i testicoli. Lo stimolò con la mano per qualche secondo, dopodiché lo imboccò e cominciò a succhiarlo come lei sapeva fare.
«La tua bocca sì che è calda. Adesso va molto meglio».
«Sono contenta di riuscire ad accontentarti» disse Monica. «Penso che avrai capito che ci tengo davvero». Sollevò un po’ il membro con la mano e avvicinò la lingua alla parte bassa dei testicoli. Teneva lo sguardo puntato verso il volto di lui. Dalla sua espressione sembrava piuttosto soddisfatto, anche perché davanti aveva un gran bello spettacolo, con Natasha che aveva smesso di danzare e aveva cominciato a toccarsi sensualmente a gambe aperte rivolta verso di lui. Mentre continuava a lavorare con la bocca, Monica slacciò il reggiseno e se ne liberò rapidamente. Il senatore ne approfittò all’istante, allungando le mani sulle sue tette, decisamente più grandi e accattivanti di quelle di Natasha. Monica cercava di mettere in pratica tutta la sua esperienza, al fine di dargli il massimo piacere. Se fosse riuscita a ingraziarselo, non solo avrebbe ottenuto quel ruolo, ma avrebbe potuto chiedergli qualunque altro favore in futuro. Avrebbe solo dovuto aprire la bocca e le gambe occasionalmente.
A un tratto, G. le indicò di fermarsi. «Ora ci divertiamo un po’ tutti e tre». Si alzò in piedi e si liberò della giacca e dei calzoni. Invitò Monica ad avvicinarsi al letto. «Mi dispiace Natasha, ma stasera dobbiamo onorare la nostra ospite».
«Ovviamente» rispose Natasha.
«Però sono certo che la nostra ospite apprezzerà la tua partecipazione».
«Ovviamente» rispose Monica.
Natasha le si avvicinò. Si scambiarono un bacio sensuale sulle labbra. Il senatore sembrava particolarmente eccitato nel vedere le loro lingue che si avvinghiavano, così si avvicinò anche lui per baciarle entrambe. Oscillò tre quattro volte da una bocca all’altra. Le due si scambiarono un ultimo bacio, dopodiché G. le invitò a salire sul letto.
Monica si mise a pecora sul bordo del materasso, con il culo rivolto di fuori. Natasha, davanti lei a gambe aperte e la fica all’altezza della sua bocca.
Mentre Monica era concentrata con la testa tra le gambe di Natasha, il senatore si tolse anche le mutande e accorse dietro di lei. Si abbassò per baciarle il culo. Lo agguantò con le mani e le divaricò le chiappe per immergervi la lingua. Poi si sollevò, scostò il filo del perizoma di Monica su un lato e le infilò il membro nella vagina. «Hai la fichetta stretta, eh! Vedrai che tra poco ci entrerà un braccio».
Mentre G. si faceva strada nella fica di Monica, aumentando via via il ritmo della penetrazione, quest’ultima teneva la testa immersa tra le cosce di Natasha e le stimolava amabilmente la clitoride con la lingua. I gemiti sussultati di Natasha suggerivano che stesse gradendo quella performance. Al contrario, Monica era quasi indifferente al cazzo che le entrava e usciva dalla fica. Tuttavia, si rendeva conto dell’importanza di vedere compiaciuto il senatore, così, di tanto in tanto, emetteva qualche sonoro lamento fingendo di godere.
Dopo un po’, G. si fermò per togliere anche la camicia e la canottiera di cotone.
Monica non si entusiasmò nel vedere quell’uomo irsuto e in sovrappeso completamente nudo, ma pensò che non sarebbe durato a lungo. Approfittò di quella tregua per togliere il perizoma, dopodiché si rimise a pecora sul letto. Il senatore corse di nuovo dietro di lei e riprese a scoparla, stavolta con più foga, tant’è che riusciva a farla godere, sebbene le dimensioni del suo membro fossero un po’ modeste per poterle provocare un orgasmo considerando anche che non ci sapesse fare granché. Mentre lui continuava a scoparla, Natasha si mise in ginocchio al loro fianco e assisteva alla penetrazione. Le afferrò un seno che ballava al ritmo delle spinte e le diede qualche pacca sul culo. Continuando a palpeggiarla, si chinò sulla sua schiena e la baciò. Salì con la bocca fino al collo e un po’ più su trovò la bocca di Monica ad attenderla. “Cielo!” pensò Monica. “Mi sta facendo eccitare più lei che l’uomo che mi sta scopando”.
Senza interrompere la penetrazione, G. portò l’indice sul buco del culo di Monica e vi infilò la punta. Cercò di stimolarlo e, poco alla volta, spingeva il dito sempre più in profondità. Quando divenne meno resistente, iniziò a usare il pollice. «Che culo favoloso!»
Monica non fu indifferente a quella sollecitazione dell’ano. «Sono contenta che ti piaccia. Inutile dire che sono tutta aperta, perciò, se vuoi, non fare complementi».
Il senatore sembrava non aspettasse altro. «Sei una ragazza piena di risorse». Estrasse il pene dalla fica di Monica e cominciò a spingerlo contro il suo buco del culo. Non entrò subito, ma averlo già stimolato con il pollice fu d’aiuto.
Inizialmente Monica avvertì un po’ di dolore che via via si attenuò. Nel culo lo sentiva di più che nella fica e, anche con l’aiuto di Natasha che nel mentre le sollecitava la clitoride con le dita, cominciò a godere, percependo lievi contrazioni di piacere che si propagavano in tutto il corpo. Doveva ammetterlo, aveva temuto qualche gioco strano quando aveva appreso che Natasha avrebbe partecipato a quella avventura, invece era proprio grazie a lei se stava riuscendo a trarne piacere. Aveva delle mani fatate che stimolavano le sua fica nel punto e al ritmo giusti.
G. notò che Monica era in una fase di reale godimento. «Tremi tutta! Ti piace, eh!»
«Sì, mi piace» rispose gemendo.
«Ti piace prenderlo nel culo?»
«Mi piace prenderlo ovunque».
Il senatore sembrava eccitato da quelle parole, tant’è che cominciò a spingerle più forte il pene nel culo, mentre Natasha continuava a stimolarle la fica. «Non ti facevo così troia!» Le mollò una pacca sulla natica. «Dillo che sei una troia!» Un’altra pacca sulla natica. «Dillo!»
«Sono un troia» esclamò tra un lamento e un altro.
«Ti piace prendere i cazzi?»
«Sì. Adoro i cazzi».
«Quanti ne prendi?»
«Tanti. Prendo tanti cazzi».
«E dove ti piace farli venire?»
In preda al piacere, Monica rispondeva a tutte le domande più sconvenienti che il porco le faceva. «Ovunque».
«Dove vuoi prendere la mia sborra adesso? La vuoi nel culo?»
«Sì, vienimi nel culo».
«No! Voglio vedertela ingoiare». G. la spinse avanti per le natiche e afferrò il proprio membro in mano.
Monica si riprese qualche secondo, poi scivolò giù dal letto e si inginocchiò di fronte a lui con la bocca aperta in attesa che eiaculasse.
Anche Natasha scese dal letto, si mise in ginocchio accanto a Monica, afferrò con la mano il pene del senatore e cominciò a trastullarlo. Lo stimolò con foga. Sul volto dell’uomo cominciarono a intravedersi evidenti segni che preannunciano l’orgasmo. Pochi secondi dopo, dalla punta del glande schizzarono tracce di sperma che rigarono il volto di Monica, la quale aveva atteso quel momento tenendo gli occhi socchiusi e la lingua di fuori.
Svuotati i testicoli, G. si avvicinò al piccolo tavolino al centro della stanza, dov’era appoggiato il secchiello con lo champagne. Afferrò la bottiglia e riempì la flûte. Si adagiò sulla poltrona nella direzione delle due ragazze, senza avere premura di coprire le sue nudità, esibendo fieramente il gioiello che le signore lì presenti gli avevano gentilmente lucidato.
Natasha si avvicinò a un mobile e recuperò una confezione di salviettine imbevute. Ne estrasse alcune e le porse a Monica affinché si pulisse il viso. «Mi aiuterai per quel ruolo?» chiese quest’ultima rivolgendosi al senatore, mentre rimuoveva dal volto le chiazze di sperma.
«Sei stata brava. Vedrò cosa posso fare. Spero che continuerai a essere disponibile con me. Ne trarresti vantaggio. Io so essere molto generoso».
«Sarò sempre a disposizione».
«Molto bene. Tra l’altro credo che anche Natasha sia rimasta molto soddisfatta».
«Oh, sì» disse questa avvicinandosi a Monica. Le scostò i capelli e le diede un bacio sul viso.
A Monica non dispiacque quel contatto, così si voltò verso di lei e le offrì la bocca. Si baciavano sensualmente. Natasha cominciò a palparla: prima i seni, poi le affondò le mani sul culo e infine gliene portò una tra le cosce e riprese a solleticarle la fica. Anche Monica cominciò ad allungare le mani, palpandole il culo e poi la fica.
G. le osservava come incantato. «Che grandissime troie!» esclamò scoppiando in una fragorosa risata. «Ma sì, divertitevi ancora po’». Avvicinò il calice alla bocca e trangugiò lo champagne rimasto.
Le due ragazze si spostarono sul letto. Si dimenarono una sopra l’altra per qualche minuto, fino a culminare in un favoloso sessantanove.
Il senatore andò a sedersi sul letto per guardarle da vicino mentre si davano piacere. «Accidenti piccola. Sei proprio una cagnetta in calore» disse rivolgendosi a Monica. «Non c’è dubbio, farai tanta strada».
scritto il
2025-11-22
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