Il toyboy
di
MaxRacconta
genere
tradimenti
Davanti alla receptionist, Paola non faceva altro che scrutare intorno per assicurarsi che nessuna faccia nota spuntasse all’orizzonte. Le probabilità che qualcuno potesse riconoscerla in quell’hotel a trenta chilometri e passa da casa sua erano veramente esigue; ciononostante, il timore di poter essere scoperta la rendeva inquieta e la costringeva a rimanere in uno stato di perenne allerta.
Ritirata la key card, informò la receptionist che aspettava una visita, dopodiché si fiondò in ascensore per raggiungere il terzo piano, dove andò in cerca della camera 308. Non appena entrò nella stanza, si sentì subito più sollevata, anche se non svanì l’ansia per l’esperienza in cui si stava avventurando.
Appoggiò la borsa su un mobile e ne estrasse lo smartphone. Guardò l’ora: mancavano meno di dieci minuti alle nove. A breve sarà qui, si disse.
Mentre aspettava il suo ospite, si diede una sistemata davanti allo specchio fumé incorporato nell’anta dell’armadio. Dopo anni di indifferenza rispetto al suo aspetto fisico, si sorprese di nuovo bella. Sebbene non fosse esattamente un appuntamento romantico quello che la attendeva, la sua amica Pamela le aveva raccomandato di abbandonare per una sera il suo consueto abbigliamento dimesso e di vestire con abiti che valorizzassero la sua bellezza, da troppo tempo celata al mondo, benché ancora indiscutibile. Per l’occasione, aveva preso una gonna a tubino in jacquard a vita alta e lunga fino al ginocchio, con una trama in avorio e in nero. Pensò che con qualche chilo in meno sui fianchi, quello spacco laterale e la siluette aderente avrebbero fatto perdere la testa a uomini molto più giovani di lei. Diede un’occhiata alla camicetta bianca leggermente oversize. Si assicurò che fosse ben tesa e infilata nella gonna. Si sporse verso lo specchio per ammirare la scollatura. Di nuovo si stupì di quanto potesse risultare ancora attraente. Anche per l’acconciatura aveva scelto un look più accattivante della solita coda, andando su una tinta castano scuro e sul classico taglio long bob. Infine, aveva applicato una leggera patina di trucco, pratica che riservava perlopiù alle occasioni speciali per nascondere qualche segno dell’età sul suo volto, oramai ineluttabile.
Andò a sedersi sul letto. Cominciò a rimuginare su quello che stava facendo. Si augurò di non essere rosa dai sensi di colpa nei giorni a seguire. Si trattava del suo unico tradimento dopo diciannove anni di matrimonio. Si era ripromessa che sarebbe stato il suo primo e ultimo: una sola notte di passione per ripagare anni di inappagamento sessuale. In fondo, aveva diritto anche lei a godere del piacere di un amplesso. Con suo marito aveva ancora dei rapporti, ma erano poco frequenti e con l’avanzare dell’età diventavano esperienze sempre meno entusiasmanti. Dentro di sé, auspicava che l’incontro di quella sera avesse il potere di placare le sue voglie e di farle raggiungere un equilibrio basato sui rapporti occasionali con il marito e il piacere che si procurava da sola per sopperire alla mancanza di buon sesso.
Fu distolta dai suoi pensieri da una bussata alla porta. Guardò l’ora: erano le nove e cinque. È lui, pensò ad alta voce. Con una camminata nervosa, si diresse lentamente verso la porta. Fece un sospiro e aprì. Si ritrovò davanti un giovane molto fascinoso, anche più di quanto le avesse preannunciato Pamela. Era alto uno e ottanta o forse più, aveva un volto squadrato, con un modesto pizzetto sul mento e un baffetto sottile. Una folta chioma scura con qualche sfumatura bionda acconciata in un ciuffo tirato all’indietro. Un paio di pantaloni neri aderenti e una camicia elasticizzata nera che mettevano in risalto il fisico atletico e ben definito. In mano recava una rosa che Paola raccolse in silenzio mentre gliela porgeva. Restò qualche secondo immobile a guardare quel fiore, chiaramente sorpresa da quel piccolo gesto. «Sebastian?» domandò cono tono sommesso.
Lui annuì, con un’espressione che sembrava quasi volerla rassicurare.
Paola lo fece accomodare. Si sentiva in imbarazzo e non sapeva come comportarsi.
Sebastian, al contrario, aveva un’aria rilassata. «Come va, Paola?» le chiese come se fossero amici di lunga data.
«Bene» borbottò. «Anche se a dire il vero sono un po’ nervosa».
«Tranquilla. Non ce n’è motivo» cercò di rassicurarla.
Facile a dirsi, pensò. Lui non si sarebbe sentito colpevole una volta uscito da quella camera. Tuttavia, apprezzò che il ragazzo cercasse di metterla a proprio agio. «Bevi qualcosa?»
«Se bevi anche tu».
«No, io sono a posto così. Però tu sei vuoi…»
«Shh» fece sorridendo amorevolmente e sfiorandole le labbra con la punta dell’indice. La invitò a sedere sulla sponda del letto e lui sedette accanto a lei. Le appoggiò una mano dietro la schiena e disse: «Sei tu che dirigi il gioco. Non essere così tesa. Okay?»
Paola annuì e poi disse: «Okay!»
«Che ne dici di provare a raccontarmi qualcosa di te? Magari può aiutarti a rilassarti».
«Va bene. Scusami se mi vedi così agitata, ma per me è la prima volta che mi avventuro in un’esperienza extraconiugale».
«Sei sposata?»
«Sì, da diciannove anni e ho un figlio di diciotto, li ha compiuti da poco».
«È un giovanotto allora. E cosa fa?»
«Studia. È all’ultimo anno di liceo. Poi dice di volersi iscrivere all’università».
«Ha già scelto la facoltà?»
«Non ancora, ma è molto appassionato di sport, perciò credo che sceglierà qualcosa legato all’ambito, come Scienze motorie».
«Sembri molto fiera di lui».
«Sì, è tutta la mia vita». Paola si soffermò a riflettere qualche istante. «Be’, lui e suo padre. Amo molto mio marito, ma purtroppo non riesce più a darmi tutto quello di cui ho bisogno. Sai, lui è più grande di me. Io ho quarantasei anni; lui sessantuno, quindici più di me. Avevo appena vent’anni quando ci siamo conosciuti. All’epoca era un bell’uomo, ovviamente più maturo ed esperto della vita rispetto ai miei coetanei e me ne innamorai. Ma adesso quella distanza che c’è tra di noi la avverto soprattutto io».
«Capisco. Sei ancora giovane e bella. Hai bisogno di un tipo di affetto che tuo marito non è più in grado di soddisfare appieno».
«Sì! Inizialmente avevo cominciato a frequentare delle chat online per fare nuove conoscenze, però non mi fidavo e non ho mai trovato il coraggio di incontrare nessuno. Un giorno mi confidai con la mia amica Pamela. Mi raccontò di averti conosciuto alcuni mesi fa e che di tanto in tanto vi vedevate. Mi ha parlato molto bene di te. È stata lei a fornirmi il tuo contatto».
Sebastian la fissò con uno sguardo indifferente che Paola non riusciva a interpretare. Poi chiarì: «Paola, non posso parlare delle donne che frequento. Sai, molte di loro sono sposate…»
Paola rimase per un momento imbambolata. «Certo! Che stupida». Le sue clienti saranno quasi tutte adultere, rifletté, come me, tra l’altro.
Sebastian le afferrò una mano. «Non preoccuparti. Dimmi qualcos’altro di te. Cosa fai nella vita?»
«Nulla di interessante. Lavoro come cassiera part-time in un supermercato. Il resto del tempo sono una casalinga».
«Non mi sembri una persona molto trasgressiva, vero?»
«No, infatti» disse abbozzando un sorriso amaro. «La mia psicologa mi diceva sempre che avrei dovuto provare qualche esperienza un po’ fuori dagli schemi. Ma io non trovavo mai il coraggio».
«Però stasera sei qui».
«Già» ammise.
«Preferisci sdraiarti? Potrebbe aiutarti a rilassarti».
Paola socchiuse gli occhi per un attimo. «Non lo so. Forse è meglio se aspettiamo ancora un po’, se non è un problema».
«Nessun problema. Come dicevo, sei tu a dirigere il gioco. Siamo qui per te. Lo scopo della serata è rendere felice te e nessun altro».
Paola sorrise lusingata. «Ti andrebbe di dirmi qualcosa di te?»
«Cosa vorresti sapere?»
«Ti chiami Sebastian?»
Lui abbozzò un sorriso, forse un po’ divertito da quella genuina ingenuità. Fece di no con la testa.
«Okay, non puoi dirmi il tuo nome. Quanti anni hai? Questo puoi dirmelo?»
«Certo. Ho ventisei anni».
«Venti meno di me. Potresti essere un amico di mio figlio». Abbassò la testa e si mise una mano sulla fronte.
Di nuovo, Sebastian cercò di sollevarla. «Paola, non faremo nulla che tu non sia decisa a voler fare. D’accordo?».
Lei annuì.
«Fammi altre domande se ti va. Anche intime». Le fece un occhiolino, come per esprimere meglio il concetto.
«D’accordo. Sei stato con molte donne? No… non rispondere! Che domanda stupida. Dimmi, piuttosto, quanti anni aveva la donna più grande con cui sei stato? Era più grande di me?»
«Decisamente sì. Sei più giovane della media. Non mi capita spesso di avere appuntamenti con donne attraenti come te».
«Davvero mi trovi attraente?»
«Sei stupenda» le disse sfiorandole la guancia con il palmo della mano. Paola godette di quella carezza come una quindicenne che si lascia accarezzare dal suo innamorato. Sebastian salì sul letto e si inginocchiò alle sue spalle.
«Cosa fai?» gli domandò.
Le appoggiò le mani sulle spalle, all’altezza delle clavicole e la massaggiò delicatamente.
Paola avvertì una sensazione di sollievo. La pressione di quelle mani che leggiadramente si muovevano su di lei avevano l’effetto di alleggerire la tensione accumulata. Chiuse gli occhi e cercò di liberare la mente.
Sebastian continuò a muovere sapientemente le mani. Avvicinò la testa alla sua nuca per solleticarla e sentire il profumo dei suoi capelli al fine di arricchire quell’esperienza sensoriale. Fece scivolare una mano in avanti, accarezzandole l’incavo del collo. Salì lentamente; con le dita percorse la gola, la guancia, fino a sfiorarle le labbra, poi ridiscese, per fermarsi sul petto, all’altezza del primo bottone della camicetta che afferrò per liberarlo dall’asola.
Paola provò a fermarlo, prendendogli la mano. «Aspetta, forse posso accontentarmi del massaggio e di passare la serata insieme. Non è necessario che concludiamo. Ti pagherò lo stesso quanto pattuito».
«D’accordo» sussurrò, accarezzandole di nuovo il viso. «Non dobbiamo farlo per forza. Però lasciati andare».
«Va bene. Prometti che non insisterai?»
«Promesso» rispose quasi sibilando. «Però rilassati. Lascia che le mie mani accarezzino la tua pelle». Rimise la mano sulla camicetta e le sbottonò il primo bottone. Le appoggiò la mano sul petto e la lasciò scorrere sotto la camicetta verso la spalla. Con le labbra le solleticava il collo attraverso i morbidi capelli. Molto lentamente, cominciò a liberare dalle asole gli altri bottoni, arrestandosi all’altezza del ventre, dove la camicetta si insinuava nella gonna.
Paola era molto presa dai suoi gesti, arrivando a percepire una sorta di allontanamento dalla realtà. Sebastian la accompagnò nei movimenti mentre adagiava la schiena sul letto. Si voltò verso di lui e lo osservò togliersi la camicia. Seguì ogni suo movimento, mentre liberava i bottoni. Si incantò a fissarne l’addome e il petto che sembravano scolpiti nel marmo «Perché ti spogli?»
Si chinò su di lei. Con la mano si fece spazio tra i lembi della camicetta e le posò una mano sul ventre. «Per muovermi meglio» rispose dopo che la domanda si era quasi dissolta nell’aria. Recuperò la rosa che le aveva portato, scivolata sul letto, e con la parte dei petali le accarezzò l’ombelico, risalendo lungo il ventre fino all’altezza dei seni. Accostò le labbra alla sua guancia e la baciò, sfiorandola appena. La baciò ancora, con la stessa leggerezza: il lato del collo, il lobo dell’orecchio e la fronte.
Paola quasi tremava per la profonda piacevolezza di quei gesti. Lo stava lasciando fare, se non altro perché non avrebbe avuto la forza di opporsi. Dentro di sé, cresceva sempre più il desiderio di lasciarsi trasportare, partecipare attivamente a quello scambio di effusioni. Ma nutriva ancora delle remore.
Sebastian continuò a stimolarle con grazia i punti sensibili del piacere. Molto lentamente, avvicinò le labbra a quelle di lei e la baciò.
In un primo momento Paola non reagì. Si limitò ad assaporare le labbra di lui e quando finalmente si rese conto di volerlo, gli cinse le braccia intorno al collo e cominciò a partecipare attivamente al bacio. Quell’esperienza nuova, proibita, segreta la fece tornare ragazzina. Aveva lo stesso sapore delle prime esperienze provate durante l’adolescenza.
Sebastian si prodigò in gesti man mano più decisi. Le portò una mano sul fianco e percorse la gamba fino ad afferrarle un lembo della gonna. Pochi centimetri alla volta gliela sollevava, poi indietreggiava per accarezzarle la pelle nuda delle gambe e poi di nuovo spingeva su la gonna, fino a scoprirle le mutandine. A tatto, individuò la lampo e la fece scorrere giù. Divincolò le estremità della camicetta dalla vita e la aprì. Si allontanò dalla bocca di lei e senza staccare le labbra dal suo corpo, scese più giù, passando attraverso i seni, fino a raggiungere l’ombelico. Si alzò e, in ginocchio sul materasso, si sbottonò i pantaloni e li abbassò. Con i talloni si sfilò le scarpe e le lasciò cadere ai piedi del letto, dopodiché si disfò rapidamente dei pantaloni e li lasciò nell’angolo inferiore del materasso. Si chinò di nuovo su di lei e le afferrò la gonna. Con movimenti lenti ma decisi, la tirò giù per togliergliela.
«Mi avevi promesso che non lo avremmo fatto se non avessi voluto» mormorò lei.
«Infatti» ribatté lui. «Se non avessi voluto…»
Paola sollevò le gambe. Sebastian le tolse le décolleté e le lasciò cadere sul pavimento, dopodiché le liberò le gambe dalla sottana. Lei si portò al centro del letto e si mise seduta, in attesa della sua prossima mossa.
Lui la raggiunse carponi sul letto e tornò a baciarla. Le infilò le mani ai lati della camicetta e le scoprì le spalle; lei fece il resto, sfilando le maniche. Sebastian si fermò per un tempo indistinto a osservarla vestita solo del suo completo in pizzo blu notte le cui eleganti trasparenze comunicavano la sensualità di quel corpo non più giovanissimo, ma ancora seducente e in grado di stimolare le fantasie di un uomo.
Immersi in quel silenzio, spezzato solo dal fruscio cadenzato dei loro respiri, Paola, immobile, offriva il suo corpo agli occhi di Sebastian. Il suo non era solo uno sguardo ammaliato, ma anche lusinghiero. Il suo scopo non era darle mero piacere fisico, bensì quello dell’anima. Non voleva regalarle soltanto una notte di passione, voleva farla sentire desiderata, non fingendo, ma desiderandola per davvero.
Sebastian le sollevò una gamba e le sfiorò la caviglia con le labbra. Salì più su, sul polpaccio, poi le abbassò la gamba e si chinò sulla sua coscia per baciarla. La sua bocca si spostava di pochi centimetri alla volta e lentamente raggiunse il pube, dove si soffermò e, attraverso il tessuto in pizzo, ebbe un primo contatto con il suo sesso. Adagio, ricominciò a percorrere con le labbra le dolci e morbide curve del suo corpo, salendo fino ai seni. Paola allungò le mani dietro la schiena e aprì il gancetto del reggipetto. Lui le abbassò le spalline sottili, poi con una mossa decisa, la aiutò a disfarsi dell’indumento. Rimase qualche secondo ad ammirare il suo petto nudo. Poi posò le mani sui grossi seni, un po’ appiattiti dalla gravità e un secondo dopo vi affondò anche la testa. Fu quello forse il momento in cui il gioco prese veramente il via, il preciso istante in cui il romanticismo si dileguò, cedendo il posto alla passione che infiammava i loro corpi.
Si baciavano focosamente. I loro corpi si dimenavano tra le lenzuola bianche, mentre aggrovigliati l’uno all’altra le loro bocche si saziavano delle loro carni.
Sebastian portò una mano in mezzo alle gambe di Paola e cominciò a stimolarle il sesso. Quando sul volto di lei cominciarono a comparire segni evidenti di eccitazione, si staccò dal suo corpo e le afferrò le mutandine per tirargliele giù. Lentamente fece arrotolare il tessuto sul monte di Venere, scoprendo la sottile striscia di peluria sul pube. Continuò ad abbassare i lembi fino a scoprire la vulva, infine con una mossa secca le abbassò gli slip fino alle ginocchia. Si arrestò qualche momento per toccarle la fica nuda. Con le dita si faceva strada tra le piccole labbra, sollecitando e provando a entrare. Le liberò le gambe dagli slip, poi tolse anche i suoi. Recuperò un profilattico dalla tasca dei pantaloni che aveva appoggiato nell’angolo del letto e lo indossò rapidamente.
Paola lo attendeva distesa sul dorso. Conservava ancora un po’ di tensione, ma i modi pacati ed eleganti di Sebastian l’avevano messa a proprio agio. Lo vide avvicinarsi e farsi spazio tra le sue gambe. Si rannicchiò su di lei e con le labbra cercò la sua bocca. Non erano più baci teneri e innocenti, come quelli scambiati inizialmente, bensì baci carichi di avido desiderio. Sentì la punta del pene strusciare contro il suo sesso. Sebastian si aiutò con la mano per spingerlo dentro. Lo fece entrare lentamente, mentre sul suo volto cominciavano a trasparirne gli effetti. Era un pene turgido, voluminoso e ne avvertiva ogni centimetro che entrava. Per quanto fosse eccitata, ci volle un po’ prima che la sua fica diventasse un posto accogliente per riceverlo. Sebastian allora cominciò ad aumentare il ritmo. Nella stanza rimbombava il suono degli schiocchi causati dai loro corpi che si univano, via via sovrastati dai gemiti di piacere di Paola che si facevano sempre più intensi.
Sebastian le sollevò le gambe, facendogliele ripiegare, fino a portarle le ginocchia quasi vicino ai seni e a farle staccare la parte bassa del sedere dal letto, spostando così anche la sua fica più alto. In quella posizione, muoveva il suo pene quasi in verticale dentro di lei e sfruttava la gravità per dare delle vigorose spinte che la facevano godere come non mai.
La posizione la stava stancando, così gli fece cenno di fermarsi. Stavolta si mise lei sopra, ma inizialmente fu lo stesso Sebastian a scandire il ritmo della penetrazione, muovendo il bacino dal basso verso l’alto, mentre le reggeva le natiche con le mani. Le spinte erano forti e Paola avvertiva intense contrazioni ritmiche dei muscoli che circondano la vagina. Dopo un minuto o due, Sebastian si prese una tregua e lei si accasciò su di lui, appoggiando la testa sul suo petto. «Oddio» esclamò mentre riprendevano fiato. «Chi avrebbe mai pensato che mi sarei fatta una scopata del genere».
Sebastian rispose con un sorriso. Le passò una mano tra i capelli, poi scese più giù e le accarezzò la schiena.
Paola si sollevò e si mise di nuovo in posizione. Stavolta fu lei a dirigere il gioco, dimostrando a sé stessa e all’uomo che giaceva sotto di lei di essere ancora una donna in grado di dominare un uomo. Manteneva l’equilibrio reggendosi con le mani sul petto di Sebastian, quasi a volergli intimare di non muoversi. Muoveva sapientemente il bacino su e giù, per darsi piacere e dare piacere. Mentre si dondolava sul suo membro, si chinava su di lui, talvolta per baciarlo, talvolta per portare i capezzoli all’altezza della sua bocca, per poi risollevarsi e continuare a dimenarsi. Dopo un po’ si voltò, dandogli le spalle. Sedette di nuovo sul pene e ricominciò a muoversi, mentre lui la accompagnava nel movimento reggendole i fianchi.
Sebastian riprese di nuovo il controllo. Lei piegò leggermente la schiena all’indietro e sollevò di poco il sedere, mentre lui ricominciò a penetrarla dal basso.
Paola sentiva le gambe attraversate da vivide contrazioni di piacere, mentre le sue tette ballavano al ritmo delle spinte di Sebastian. Lui allungò le mani e gliele bloccò. Gliele palpava energicamente e questo la faceva sentire desiderata. Avvertiva vibrazioni in tutto il corpo e si lasciò sfuggire sonori lamenti, in seguito ai quali Sebastian decise di strafare, aumentando il ritmo fino al punto che le contrazioni orgasmiche portarono Paola a sottrarsi da lui. Recuperava fiato, distesa su un fianco, dandogli le spalle. Lui rimase qualche momento a contemplarla in attesa che fosse di nuovo pronta.
Sebastian strisciò dietro di lei e la abbracciò. Cominciò a baciarle il collo, le spalle, la schiena, risalì fino al viso; poi lei si voltò per offrirgli la bocca. Si sollevò, la invitò a mettersi supina e ad aprire bene le gambe. Unì l’indice e il medio e glieli infilò nella fica tenendoli piegati un po’ ad arco. Cominciò a muoverli ritmicamente su e giù e avanti e indietro, sfregando anche la clitoride.
Paola si sentì subito attraversare da un intenso piacere, con contrazioni che partivano dalle gambe e culminavano nella zona pelvica. Sebastian tirò fuori le dita bagnate, la lasciò recuperare qualche secondo e ripeté l’operazione altre tre volte.
La osservava compiaciuto, mentre lei ricambiava lo sguardo con un ghigno stampato sul volto. «Come la chiudiamo questa serata?» le chiese teneramente.
«Io sono a posto così» rispose ironica. «Ma direi che se mi scopi da dietro raggiungiamo la perfezione».
«Che sia!»
Paola si rigirò, mettendosi a pancia in giù, trasversalmente al letto. Sollevò il corpo, appoggiandosi sulle ginocchia e sui gomiti.
Mentre lei si metteva in posizione, Sebastian ne approfittò per stimolare un poco il pene. Si posizionò dietro di lei. Il suo grosso membro scivolò dentro senza incorrere in alcun tipo di attrito, tant’è che le prime spinte Paola le percepì a malapena. Il gioco però si fece presto di nuovo eccitante e i gemiti di lei ricominciarono a risuonare nella stanza, seppur in modo più contenuto. Sebastian, forse insoddisfatto di come lei stava reagendo, aumentò il ritmo e le portò il pollice sulla fica per stimolare maggiormente la clitoride.
Paola cominciò a gemere forte e dopo un minuto o due crollò sul materasso. «Scopami così!» disse distendendo le gambe.
Sebastian le indicò di alzare leggermente il sedere e inarcare la schiena. Si adagiò su di lei, strusciò il pene tra le sue natiche e lo portò fino all’ingresso della vagina. Lo mise di nuovo dentro e riprese a scoparla. A ogni spinta, il suo pube si schiantava contro le natiche di Paola producendo schiocchi che ricordavano un applauso.
Quella posizione era particolarmente goduriosa per Paola. Il membro di lui le entrava fino all’ultimo millimetro a ritmo frenetico. Certo, l’uomo era in una posizione di dominio, ma dopo anni in cui era stata prevalentemente lei ad assumere il controllo a letto al fine di trarre piacere da un rapporto che la soddisfaceva sempre meno, per una notte era tornata a essere l’oggetto del desiderio, nelle brame di un uomo che sembrava non saziarsi mai di lei.
«Dove vuoi che venga?» le chiese continuando a penetrarla.
«Dentro!» borbottò ansimando. «Voglio godere fino all’ultimo». Afferrò un cuscino e lo avvicinò a sé per affondarvi la testa. Lo strinse forte mentre si godeva gli ultimi incessanti colpi del membro che le entrava e usciva dalla fica. Cominciò a sentire il ritmo che rallentava. Percepiva le contrazioni orgasmiche che, invadendo il pene di Sebastian, si propagavano lungo le pareti vaginali. Nonostante il profilattico lo sentì venire. Sebastian rimase qualche secondo dentro di lei mentre godeva. Poi estrasse il pene e si sdraiò accanto a lei. Si soffermò ad ammirarla qualche istante, ma nemmeno il tempo di riprendere fiato e si fece più vicino a lei. Le accarezzò la schiena, poi abbassò la mano sulle natiche e avvicinò la bocca a quella di Paola per baciarla. «Sei una furia a letto, ma sei anche molto coccoloso» gli disse.
«Oppure mi piaci troppo» rispose lui ammiccando.
In effetti, Paola sentiva di piacergli sul serio. Si chiedeva se quelle attenzioni fossero reali o facessero parte del gioco. Ripeté più volte a sé stessa che la cosa non aveva alcuna importanza, perché un’ora dopo sarebbe stata a casa, coricata nel letto insieme a suo marito, nella stanza accanto a quella dove dormiva suo figlio. La verità, però, è che le importava, perché il calo degli stimoli sessuali che aveva interessato suo marito durante gli ultimi anni, aveva scemato anche l’attrazione che provava verso di lei, il che aveva avuto forti ripercussioni sul suo stato d’animo e l’aveva persuasa che parte della responsabilità fosse anche sua. Ma il modo in cui quell’uomo, poco più di un ragazzo, l’aveva desiderata e amata quella sera, l’aveva fatta sentire di nuovo donna. «Grazie per la serata, Sebastian» gli disse teneramente. «Se vuoi puoi andare».
Sebastian si alzò dal letto con un’espressione quasi dispiaciuta. «Faccio una doccia, poi vado».
«Okay». Lo seguì con lo sguardo, mentre raccoglieva i suoi indumenti e si dirigeva verso il bagno. Lo vide scomparire dietro la porta e qualche secondo dopo sentì lo scroscio dell’acqua proveniente da quella direzione. Si alzò dal letto anche lei e cercò la borsa. La aprì e recuperò la busta contenente il contante con la somma pattuita. La appoggiò a fianco alla borsa e andò a sedersi sul letto, mentre aspettava che Sebastian uscisse dal bagno. Cominciò a rimuginare su quanto aveva appena fatto. Era partita con un’ansia tremenda, piena di sensi di colpa e afflitta dalla paura di essere divorata dal rimorso. Ma la dolcezza e la disinvoltura di Sebastian l’avevano aiutata a placare quello stato di agitazione e a godersi appieno quel momento. Ora, però, l’inquietudine riprendeva forma, così come il pensiero di aver fatto una cosa orrenda. Si augurò che con il tempo sarebbe riuscita a perdonarsi.
Sebastian spuntò dalla porta del bagno un quarto d’ora dopo.
Paola era stata talmente sovrappensiero durante quel tempo che non si era minimamente preoccupata di mettersi qualcosa addosso. Quando se ne rese conto, lì per lì si sentì in imbarazzo nel farsi trovare ancora nuda accoccolata sul letto ma, ripensando al modo in cui l’aveva scopata poco prima, si rese conto che l’imbarazzo era del tutto fuori luogo. Scese dal letto e raccolse i suoi indumenti. Si avvicinò al mobile per raccogliere la busta con i soldi e la pose a Sebastian: «La somma che abbiamo pattuito. Puoi prenderla e andare. Io rimango per il tempo di una doccia e vado via».
Sebastian le si avvicinò, afferrò la busta, dopodiché accarezzò dolcemente la guancia di Paola e le diede un bacio a stampo sulle labbra. «Mi fermo qualche minuto a fumare e vado via» disse.
«Non credo si possa in camera».
«Questa sì!» commentò, mostrando la sigaretta elettronica.
Paola gli fece un cenno d’intesa e andò a chiudersi in bagno. Quasi le dispiacque liberarsi del profumo di quel giovane impresso sulla sua pelle. Quando uscì non c’era più. Ci rimase un po’ male, perché per qualche motivo era persuasa che lo avrebbe trovato ancora lì ad aspettarla.
Guardandosi intorno, l’occhio scivolò sul mobile dove aveva lasciato la borsa: a fianco c’era la bustina dove aveva messo il denaro. Si avvicinò per raccoglierla. C’erano tutti i soldi; Sebastian non li aveva toccati. La sigaretta era un pretesto, pensò.
Quel gesto fu la conferma che per lui non era stata solo una cliente. Quella notte lui l’aveva voluta. Probabilmente, l’aveva anche amata.
Ritirata la key card, informò la receptionist che aspettava una visita, dopodiché si fiondò in ascensore per raggiungere il terzo piano, dove andò in cerca della camera 308. Non appena entrò nella stanza, si sentì subito più sollevata, anche se non svanì l’ansia per l’esperienza in cui si stava avventurando.
Appoggiò la borsa su un mobile e ne estrasse lo smartphone. Guardò l’ora: mancavano meno di dieci minuti alle nove. A breve sarà qui, si disse.
Mentre aspettava il suo ospite, si diede una sistemata davanti allo specchio fumé incorporato nell’anta dell’armadio. Dopo anni di indifferenza rispetto al suo aspetto fisico, si sorprese di nuovo bella. Sebbene non fosse esattamente un appuntamento romantico quello che la attendeva, la sua amica Pamela le aveva raccomandato di abbandonare per una sera il suo consueto abbigliamento dimesso e di vestire con abiti che valorizzassero la sua bellezza, da troppo tempo celata al mondo, benché ancora indiscutibile. Per l’occasione, aveva preso una gonna a tubino in jacquard a vita alta e lunga fino al ginocchio, con una trama in avorio e in nero. Pensò che con qualche chilo in meno sui fianchi, quello spacco laterale e la siluette aderente avrebbero fatto perdere la testa a uomini molto più giovani di lei. Diede un’occhiata alla camicetta bianca leggermente oversize. Si assicurò che fosse ben tesa e infilata nella gonna. Si sporse verso lo specchio per ammirare la scollatura. Di nuovo si stupì di quanto potesse risultare ancora attraente. Anche per l’acconciatura aveva scelto un look più accattivante della solita coda, andando su una tinta castano scuro e sul classico taglio long bob. Infine, aveva applicato una leggera patina di trucco, pratica che riservava perlopiù alle occasioni speciali per nascondere qualche segno dell’età sul suo volto, oramai ineluttabile.
Andò a sedersi sul letto. Cominciò a rimuginare su quello che stava facendo. Si augurò di non essere rosa dai sensi di colpa nei giorni a seguire. Si trattava del suo unico tradimento dopo diciannove anni di matrimonio. Si era ripromessa che sarebbe stato il suo primo e ultimo: una sola notte di passione per ripagare anni di inappagamento sessuale. In fondo, aveva diritto anche lei a godere del piacere di un amplesso. Con suo marito aveva ancora dei rapporti, ma erano poco frequenti e con l’avanzare dell’età diventavano esperienze sempre meno entusiasmanti. Dentro di sé, auspicava che l’incontro di quella sera avesse il potere di placare le sue voglie e di farle raggiungere un equilibrio basato sui rapporti occasionali con il marito e il piacere che si procurava da sola per sopperire alla mancanza di buon sesso.
Fu distolta dai suoi pensieri da una bussata alla porta. Guardò l’ora: erano le nove e cinque. È lui, pensò ad alta voce. Con una camminata nervosa, si diresse lentamente verso la porta. Fece un sospiro e aprì. Si ritrovò davanti un giovane molto fascinoso, anche più di quanto le avesse preannunciato Pamela. Era alto uno e ottanta o forse più, aveva un volto squadrato, con un modesto pizzetto sul mento e un baffetto sottile. Una folta chioma scura con qualche sfumatura bionda acconciata in un ciuffo tirato all’indietro. Un paio di pantaloni neri aderenti e una camicia elasticizzata nera che mettevano in risalto il fisico atletico e ben definito. In mano recava una rosa che Paola raccolse in silenzio mentre gliela porgeva. Restò qualche secondo immobile a guardare quel fiore, chiaramente sorpresa da quel piccolo gesto. «Sebastian?» domandò cono tono sommesso.
Lui annuì, con un’espressione che sembrava quasi volerla rassicurare.
Paola lo fece accomodare. Si sentiva in imbarazzo e non sapeva come comportarsi.
Sebastian, al contrario, aveva un’aria rilassata. «Come va, Paola?» le chiese come se fossero amici di lunga data.
«Bene» borbottò. «Anche se a dire il vero sono un po’ nervosa».
«Tranquilla. Non ce n’è motivo» cercò di rassicurarla.
Facile a dirsi, pensò. Lui non si sarebbe sentito colpevole una volta uscito da quella camera. Tuttavia, apprezzò che il ragazzo cercasse di metterla a proprio agio. «Bevi qualcosa?»
«Se bevi anche tu».
«No, io sono a posto così. Però tu sei vuoi…»
«Shh» fece sorridendo amorevolmente e sfiorandole le labbra con la punta dell’indice. La invitò a sedere sulla sponda del letto e lui sedette accanto a lei. Le appoggiò una mano dietro la schiena e disse: «Sei tu che dirigi il gioco. Non essere così tesa. Okay?»
Paola annuì e poi disse: «Okay!»
«Che ne dici di provare a raccontarmi qualcosa di te? Magari può aiutarti a rilassarti».
«Va bene. Scusami se mi vedi così agitata, ma per me è la prima volta che mi avventuro in un’esperienza extraconiugale».
«Sei sposata?»
«Sì, da diciannove anni e ho un figlio di diciotto, li ha compiuti da poco».
«È un giovanotto allora. E cosa fa?»
«Studia. È all’ultimo anno di liceo. Poi dice di volersi iscrivere all’università».
«Ha già scelto la facoltà?»
«Non ancora, ma è molto appassionato di sport, perciò credo che sceglierà qualcosa legato all’ambito, come Scienze motorie».
«Sembri molto fiera di lui».
«Sì, è tutta la mia vita». Paola si soffermò a riflettere qualche istante. «Be’, lui e suo padre. Amo molto mio marito, ma purtroppo non riesce più a darmi tutto quello di cui ho bisogno. Sai, lui è più grande di me. Io ho quarantasei anni; lui sessantuno, quindici più di me. Avevo appena vent’anni quando ci siamo conosciuti. All’epoca era un bell’uomo, ovviamente più maturo ed esperto della vita rispetto ai miei coetanei e me ne innamorai. Ma adesso quella distanza che c’è tra di noi la avverto soprattutto io».
«Capisco. Sei ancora giovane e bella. Hai bisogno di un tipo di affetto che tuo marito non è più in grado di soddisfare appieno».
«Sì! Inizialmente avevo cominciato a frequentare delle chat online per fare nuove conoscenze, però non mi fidavo e non ho mai trovato il coraggio di incontrare nessuno. Un giorno mi confidai con la mia amica Pamela. Mi raccontò di averti conosciuto alcuni mesi fa e che di tanto in tanto vi vedevate. Mi ha parlato molto bene di te. È stata lei a fornirmi il tuo contatto».
Sebastian la fissò con uno sguardo indifferente che Paola non riusciva a interpretare. Poi chiarì: «Paola, non posso parlare delle donne che frequento. Sai, molte di loro sono sposate…»
Paola rimase per un momento imbambolata. «Certo! Che stupida». Le sue clienti saranno quasi tutte adultere, rifletté, come me, tra l’altro.
Sebastian le afferrò una mano. «Non preoccuparti. Dimmi qualcos’altro di te. Cosa fai nella vita?»
«Nulla di interessante. Lavoro come cassiera part-time in un supermercato. Il resto del tempo sono una casalinga».
«Non mi sembri una persona molto trasgressiva, vero?»
«No, infatti» disse abbozzando un sorriso amaro. «La mia psicologa mi diceva sempre che avrei dovuto provare qualche esperienza un po’ fuori dagli schemi. Ma io non trovavo mai il coraggio».
«Però stasera sei qui».
«Già» ammise.
«Preferisci sdraiarti? Potrebbe aiutarti a rilassarti».
Paola socchiuse gli occhi per un attimo. «Non lo so. Forse è meglio se aspettiamo ancora un po’, se non è un problema».
«Nessun problema. Come dicevo, sei tu a dirigere il gioco. Siamo qui per te. Lo scopo della serata è rendere felice te e nessun altro».
Paola sorrise lusingata. «Ti andrebbe di dirmi qualcosa di te?»
«Cosa vorresti sapere?»
«Ti chiami Sebastian?»
Lui abbozzò un sorriso, forse un po’ divertito da quella genuina ingenuità. Fece di no con la testa.
«Okay, non puoi dirmi il tuo nome. Quanti anni hai? Questo puoi dirmelo?»
«Certo. Ho ventisei anni».
«Venti meno di me. Potresti essere un amico di mio figlio». Abbassò la testa e si mise una mano sulla fronte.
Di nuovo, Sebastian cercò di sollevarla. «Paola, non faremo nulla che tu non sia decisa a voler fare. D’accordo?».
Lei annuì.
«Fammi altre domande se ti va. Anche intime». Le fece un occhiolino, come per esprimere meglio il concetto.
«D’accordo. Sei stato con molte donne? No… non rispondere! Che domanda stupida. Dimmi, piuttosto, quanti anni aveva la donna più grande con cui sei stato? Era più grande di me?»
«Decisamente sì. Sei più giovane della media. Non mi capita spesso di avere appuntamenti con donne attraenti come te».
«Davvero mi trovi attraente?»
«Sei stupenda» le disse sfiorandole la guancia con il palmo della mano. Paola godette di quella carezza come una quindicenne che si lascia accarezzare dal suo innamorato. Sebastian salì sul letto e si inginocchiò alle sue spalle.
«Cosa fai?» gli domandò.
Le appoggiò le mani sulle spalle, all’altezza delle clavicole e la massaggiò delicatamente.
Paola avvertì una sensazione di sollievo. La pressione di quelle mani che leggiadramente si muovevano su di lei avevano l’effetto di alleggerire la tensione accumulata. Chiuse gli occhi e cercò di liberare la mente.
Sebastian continuò a muovere sapientemente le mani. Avvicinò la testa alla sua nuca per solleticarla e sentire il profumo dei suoi capelli al fine di arricchire quell’esperienza sensoriale. Fece scivolare una mano in avanti, accarezzandole l’incavo del collo. Salì lentamente; con le dita percorse la gola, la guancia, fino a sfiorarle le labbra, poi ridiscese, per fermarsi sul petto, all’altezza del primo bottone della camicetta che afferrò per liberarlo dall’asola.
Paola provò a fermarlo, prendendogli la mano. «Aspetta, forse posso accontentarmi del massaggio e di passare la serata insieme. Non è necessario che concludiamo. Ti pagherò lo stesso quanto pattuito».
«D’accordo» sussurrò, accarezzandole di nuovo il viso. «Non dobbiamo farlo per forza. Però lasciati andare».
«Va bene. Prometti che non insisterai?»
«Promesso» rispose quasi sibilando. «Però rilassati. Lascia che le mie mani accarezzino la tua pelle». Rimise la mano sulla camicetta e le sbottonò il primo bottone. Le appoggiò la mano sul petto e la lasciò scorrere sotto la camicetta verso la spalla. Con le labbra le solleticava il collo attraverso i morbidi capelli. Molto lentamente, cominciò a liberare dalle asole gli altri bottoni, arrestandosi all’altezza del ventre, dove la camicetta si insinuava nella gonna.
Paola era molto presa dai suoi gesti, arrivando a percepire una sorta di allontanamento dalla realtà. Sebastian la accompagnò nei movimenti mentre adagiava la schiena sul letto. Si voltò verso di lui e lo osservò togliersi la camicia. Seguì ogni suo movimento, mentre liberava i bottoni. Si incantò a fissarne l’addome e il petto che sembravano scolpiti nel marmo «Perché ti spogli?»
Si chinò su di lei. Con la mano si fece spazio tra i lembi della camicetta e le posò una mano sul ventre. «Per muovermi meglio» rispose dopo che la domanda si era quasi dissolta nell’aria. Recuperò la rosa che le aveva portato, scivolata sul letto, e con la parte dei petali le accarezzò l’ombelico, risalendo lungo il ventre fino all’altezza dei seni. Accostò le labbra alla sua guancia e la baciò, sfiorandola appena. La baciò ancora, con la stessa leggerezza: il lato del collo, il lobo dell’orecchio e la fronte.
Paola quasi tremava per la profonda piacevolezza di quei gesti. Lo stava lasciando fare, se non altro perché non avrebbe avuto la forza di opporsi. Dentro di sé, cresceva sempre più il desiderio di lasciarsi trasportare, partecipare attivamente a quello scambio di effusioni. Ma nutriva ancora delle remore.
Sebastian continuò a stimolarle con grazia i punti sensibili del piacere. Molto lentamente, avvicinò le labbra a quelle di lei e la baciò.
In un primo momento Paola non reagì. Si limitò ad assaporare le labbra di lui e quando finalmente si rese conto di volerlo, gli cinse le braccia intorno al collo e cominciò a partecipare attivamente al bacio. Quell’esperienza nuova, proibita, segreta la fece tornare ragazzina. Aveva lo stesso sapore delle prime esperienze provate durante l’adolescenza.
Sebastian si prodigò in gesti man mano più decisi. Le portò una mano sul fianco e percorse la gamba fino ad afferrarle un lembo della gonna. Pochi centimetri alla volta gliela sollevava, poi indietreggiava per accarezzarle la pelle nuda delle gambe e poi di nuovo spingeva su la gonna, fino a scoprirle le mutandine. A tatto, individuò la lampo e la fece scorrere giù. Divincolò le estremità della camicetta dalla vita e la aprì. Si allontanò dalla bocca di lei e senza staccare le labbra dal suo corpo, scese più giù, passando attraverso i seni, fino a raggiungere l’ombelico. Si alzò e, in ginocchio sul materasso, si sbottonò i pantaloni e li abbassò. Con i talloni si sfilò le scarpe e le lasciò cadere ai piedi del letto, dopodiché si disfò rapidamente dei pantaloni e li lasciò nell’angolo inferiore del materasso. Si chinò di nuovo su di lei e le afferrò la gonna. Con movimenti lenti ma decisi, la tirò giù per togliergliela.
«Mi avevi promesso che non lo avremmo fatto se non avessi voluto» mormorò lei.
«Infatti» ribatté lui. «Se non avessi voluto…»
Paola sollevò le gambe. Sebastian le tolse le décolleté e le lasciò cadere sul pavimento, dopodiché le liberò le gambe dalla sottana. Lei si portò al centro del letto e si mise seduta, in attesa della sua prossima mossa.
Lui la raggiunse carponi sul letto e tornò a baciarla. Le infilò le mani ai lati della camicetta e le scoprì le spalle; lei fece il resto, sfilando le maniche. Sebastian si fermò per un tempo indistinto a osservarla vestita solo del suo completo in pizzo blu notte le cui eleganti trasparenze comunicavano la sensualità di quel corpo non più giovanissimo, ma ancora seducente e in grado di stimolare le fantasie di un uomo.
Immersi in quel silenzio, spezzato solo dal fruscio cadenzato dei loro respiri, Paola, immobile, offriva il suo corpo agli occhi di Sebastian. Il suo non era solo uno sguardo ammaliato, ma anche lusinghiero. Il suo scopo non era darle mero piacere fisico, bensì quello dell’anima. Non voleva regalarle soltanto una notte di passione, voleva farla sentire desiderata, non fingendo, ma desiderandola per davvero.
Sebastian le sollevò una gamba e le sfiorò la caviglia con le labbra. Salì più su, sul polpaccio, poi le abbassò la gamba e si chinò sulla sua coscia per baciarla. La sua bocca si spostava di pochi centimetri alla volta e lentamente raggiunse il pube, dove si soffermò e, attraverso il tessuto in pizzo, ebbe un primo contatto con il suo sesso. Adagio, ricominciò a percorrere con le labbra le dolci e morbide curve del suo corpo, salendo fino ai seni. Paola allungò le mani dietro la schiena e aprì il gancetto del reggipetto. Lui le abbassò le spalline sottili, poi con una mossa decisa, la aiutò a disfarsi dell’indumento. Rimase qualche secondo ad ammirare il suo petto nudo. Poi posò le mani sui grossi seni, un po’ appiattiti dalla gravità e un secondo dopo vi affondò anche la testa. Fu quello forse il momento in cui il gioco prese veramente il via, il preciso istante in cui il romanticismo si dileguò, cedendo il posto alla passione che infiammava i loro corpi.
Si baciavano focosamente. I loro corpi si dimenavano tra le lenzuola bianche, mentre aggrovigliati l’uno all’altra le loro bocche si saziavano delle loro carni.
Sebastian portò una mano in mezzo alle gambe di Paola e cominciò a stimolarle il sesso. Quando sul volto di lei cominciarono a comparire segni evidenti di eccitazione, si staccò dal suo corpo e le afferrò le mutandine per tirargliele giù. Lentamente fece arrotolare il tessuto sul monte di Venere, scoprendo la sottile striscia di peluria sul pube. Continuò ad abbassare i lembi fino a scoprire la vulva, infine con una mossa secca le abbassò gli slip fino alle ginocchia. Si arrestò qualche momento per toccarle la fica nuda. Con le dita si faceva strada tra le piccole labbra, sollecitando e provando a entrare. Le liberò le gambe dagli slip, poi tolse anche i suoi. Recuperò un profilattico dalla tasca dei pantaloni che aveva appoggiato nell’angolo del letto e lo indossò rapidamente.
Paola lo attendeva distesa sul dorso. Conservava ancora un po’ di tensione, ma i modi pacati ed eleganti di Sebastian l’avevano messa a proprio agio. Lo vide avvicinarsi e farsi spazio tra le sue gambe. Si rannicchiò su di lei e con le labbra cercò la sua bocca. Non erano più baci teneri e innocenti, come quelli scambiati inizialmente, bensì baci carichi di avido desiderio. Sentì la punta del pene strusciare contro il suo sesso. Sebastian si aiutò con la mano per spingerlo dentro. Lo fece entrare lentamente, mentre sul suo volto cominciavano a trasparirne gli effetti. Era un pene turgido, voluminoso e ne avvertiva ogni centimetro che entrava. Per quanto fosse eccitata, ci volle un po’ prima che la sua fica diventasse un posto accogliente per riceverlo. Sebastian allora cominciò ad aumentare il ritmo. Nella stanza rimbombava il suono degli schiocchi causati dai loro corpi che si univano, via via sovrastati dai gemiti di piacere di Paola che si facevano sempre più intensi.
Sebastian le sollevò le gambe, facendogliele ripiegare, fino a portarle le ginocchia quasi vicino ai seni e a farle staccare la parte bassa del sedere dal letto, spostando così anche la sua fica più alto. In quella posizione, muoveva il suo pene quasi in verticale dentro di lei e sfruttava la gravità per dare delle vigorose spinte che la facevano godere come non mai.
La posizione la stava stancando, così gli fece cenno di fermarsi. Stavolta si mise lei sopra, ma inizialmente fu lo stesso Sebastian a scandire il ritmo della penetrazione, muovendo il bacino dal basso verso l’alto, mentre le reggeva le natiche con le mani. Le spinte erano forti e Paola avvertiva intense contrazioni ritmiche dei muscoli che circondano la vagina. Dopo un minuto o due, Sebastian si prese una tregua e lei si accasciò su di lui, appoggiando la testa sul suo petto. «Oddio» esclamò mentre riprendevano fiato. «Chi avrebbe mai pensato che mi sarei fatta una scopata del genere».
Sebastian rispose con un sorriso. Le passò una mano tra i capelli, poi scese più giù e le accarezzò la schiena.
Paola si sollevò e si mise di nuovo in posizione. Stavolta fu lei a dirigere il gioco, dimostrando a sé stessa e all’uomo che giaceva sotto di lei di essere ancora una donna in grado di dominare un uomo. Manteneva l’equilibrio reggendosi con le mani sul petto di Sebastian, quasi a volergli intimare di non muoversi. Muoveva sapientemente il bacino su e giù, per darsi piacere e dare piacere. Mentre si dondolava sul suo membro, si chinava su di lui, talvolta per baciarlo, talvolta per portare i capezzoli all’altezza della sua bocca, per poi risollevarsi e continuare a dimenarsi. Dopo un po’ si voltò, dandogli le spalle. Sedette di nuovo sul pene e ricominciò a muoversi, mentre lui la accompagnava nel movimento reggendole i fianchi.
Sebastian riprese di nuovo il controllo. Lei piegò leggermente la schiena all’indietro e sollevò di poco il sedere, mentre lui ricominciò a penetrarla dal basso.
Paola sentiva le gambe attraversate da vivide contrazioni di piacere, mentre le sue tette ballavano al ritmo delle spinte di Sebastian. Lui allungò le mani e gliele bloccò. Gliele palpava energicamente e questo la faceva sentire desiderata. Avvertiva vibrazioni in tutto il corpo e si lasciò sfuggire sonori lamenti, in seguito ai quali Sebastian decise di strafare, aumentando il ritmo fino al punto che le contrazioni orgasmiche portarono Paola a sottrarsi da lui. Recuperava fiato, distesa su un fianco, dandogli le spalle. Lui rimase qualche momento a contemplarla in attesa che fosse di nuovo pronta.
Sebastian strisciò dietro di lei e la abbracciò. Cominciò a baciarle il collo, le spalle, la schiena, risalì fino al viso; poi lei si voltò per offrirgli la bocca. Si sollevò, la invitò a mettersi supina e ad aprire bene le gambe. Unì l’indice e il medio e glieli infilò nella fica tenendoli piegati un po’ ad arco. Cominciò a muoverli ritmicamente su e giù e avanti e indietro, sfregando anche la clitoride.
Paola si sentì subito attraversare da un intenso piacere, con contrazioni che partivano dalle gambe e culminavano nella zona pelvica. Sebastian tirò fuori le dita bagnate, la lasciò recuperare qualche secondo e ripeté l’operazione altre tre volte.
La osservava compiaciuto, mentre lei ricambiava lo sguardo con un ghigno stampato sul volto. «Come la chiudiamo questa serata?» le chiese teneramente.
«Io sono a posto così» rispose ironica. «Ma direi che se mi scopi da dietro raggiungiamo la perfezione».
«Che sia!»
Paola si rigirò, mettendosi a pancia in giù, trasversalmente al letto. Sollevò il corpo, appoggiandosi sulle ginocchia e sui gomiti.
Mentre lei si metteva in posizione, Sebastian ne approfittò per stimolare un poco il pene. Si posizionò dietro di lei. Il suo grosso membro scivolò dentro senza incorrere in alcun tipo di attrito, tant’è che le prime spinte Paola le percepì a malapena. Il gioco però si fece presto di nuovo eccitante e i gemiti di lei ricominciarono a risuonare nella stanza, seppur in modo più contenuto. Sebastian, forse insoddisfatto di come lei stava reagendo, aumentò il ritmo e le portò il pollice sulla fica per stimolare maggiormente la clitoride.
Paola cominciò a gemere forte e dopo un minuto o due crollò sul materasso. «Scopami così!» disse distendendo le gambe.
Sebastian le indicò di alzare leggermente il sedere e inarcare la schiena. Si adagiò su di lei, strusciò il pene tra le sue natiche e lo portò fino all’ingresso della vagina. Lo mise di nuovo dentro e riprese a scoparla. A ogni spinta, il suo pube si schiantava contro le natiche di Paola producendo schiocchi che ricordavano un applauso.
Quella posizione era particolarmente goduriosa per Paola. Il membro di lui le entrava fino all’ultimo millimetro a ritmo frenetico. Certo, l’uomo era in una posizione di dominio, ma dopo anni in cui era stata prevalentemente lei ad assumere il controllo a letto al fine di trarre piacere da un rapporto che la soddisfaceva sempre meno, per una notte era tornata a essere l’oggetto del desiderio, nelle brame di un uomo che sembrava non saziarsi mai di lei.
«Dove vuoi che venga?» le chiese continuando a penetrarla.
«Dentro!» borbottò ansimando. «Voglio godere fino all’ultimo». Afferrò un cuscino e lo avvicinò a sé per affondarvi la testa. Lo strinse forte mentre si godeva gli ultimi incessanti colpi del membro che le entrava e usciva dalla fica. Cominciò a sentire il ritmo che rallentava. Percepiva le contrazioni orgasmiche che, invadendo il pene di Sebastian, si propagavano lungo le pareti vaginali. Nonostante il profilattico lo sentì venire. Sebastian rimase qualche secondo dentro di lei mentre godeva. Poi estrasse il pene e si sdraiò accanto a lei. Si soffermò ad ammirarla qualche istante, ma nemmeno il tempo di riprendere fiato e si fece più vicino a lei. Le accarezzò la schiena, poi abbassò la mano sulle natiche e avvicinò la bocca a quella di Paola per baciarla. «Sei una furia a letto, ma sei anche molto coccoloso» gli disse.
«Oppure mi piaci troppo» rispose lui ammiccando.
In effetti, Paola sentiva di piacergli sul serio. Si chiedeva se quelle attenzioni fossero reali o facessero parte del gioco. Ripeté più volte a sé stessa che la cosa non aveva alcuna importanza, perché un’ora dopo sarebbe stata a casa, coricata nel letto insieme a suo marito, nella stanza accanto a quella dove dormiva suo figlio. La verità, però, è che le importava, perché il calo degli stimoli sessuali che aveva interessato suo marito durante gli ultimi anni, aveva scemato anche l’attrazione che provava verso di lei, il che aveva avuto forti ripercussioni sul suo stato d’animo e l’aveva persuasa che parte della responsabilità fosse anche sua. Ma il modo in cui quell’uomo, poco più di un ragazzo, l’aveva desiderata e amata quella sera, l’aveva fatta sentire di nuovo donna. «Grazie per la serata, Sebastian» gli disse teneramente. «Se vuoi puoi andare».
Sebastian si alzò dal letto con un’espressione quasi dispiaciuta. «Faccio una doccia, poi vado».
«Okay». Lo seguì con lo sguardo, mentre raccoglieva i suoi indumenti e si dirigeva verso il bagno. Lo vide scomparire dietro la porta e qualche secondo dopo sentì lo scroscio dell’acqua proveniente da quella direzione. Si alzò dal letto anche lei e cercò la borsa. La aprì e recuperò la busta contenente il contante con la somma pattuita. La appoggiò a fianco alla borsa e andò a sedersi sul letto, mentre aspettava che Sebastian uscisse dal bagno. Cominciò a rimuginare su quanto aveva appena fatto. Era partita con un’ansia tremenda, piena di sensi di colpa e afflitta dalla paura di essere divorata dal rimorso. Ma la dolcezza e la disinvoltura di Sebastian l’avevano aiutata a placare quello stato di agitazione e a godersi appieno quel momento. Ora, però, l’inquietudine riprendeva forma, così come il pensiero di aver fatto una cosa orrenda. Si augurò che con il tempo sarebbe riuscita a perdonarsi.
Sebastian spuntò dalla porta del bagno un quarto d’ora dopo.
Paola era stata talmente sovrappensiero durante quel tempo che non si era minimamente preoccupata di mettersi qualcosa addosso. Quando se ne rese conto, lì per lì si sentì in imbarazzo nel farsi trovare ancora nuda accoccolata sul letto ma, ripensando al modo in cui l’aveva scopata poco prima, si rese conto che l’imbarazzo era del tutto fuori luogo. Scese dal letto e raccolse i suoi indumenti. Si avvicinò al mobile per raccogliere la busta con i soldi e la pose a Sebastian: «La somma che abbiamo pattuito. Puoi prenderla e andare. Io rimango per il tempo di una doccia e vado via».
Sebastian le si avvicinò, afferrò la busta, dopodiché accarezzò dolcemente la guancia di Paola e le diede un bacio a stampo sulle labbra. «Mi fermo qualche minuto a fumare e vado via» disse.
«Non credo si possa in camera».
«Questa sì!» commentò, mostrando la sigaretta elettronica.
Paola gli fece un cenno d’intesa e andò a chiudersi in bagno. Quasi le dispiacque liberarsi del profumo di quel giovane impresso sulla sua pelle. Quando uscì non c’era più. Ci rimase un po’ male, perché per qualche motivo era persuasa che lo avrebbe trovato ancora lì ad aspettarla.
Guardandosi intorno, l’occhio scivolò sul mobile dove aveva lasciato la borsa: a fianco c’era la bustina dove aveva messo il denaro. Si avvicinò per raccoglierla. C’erano tutti i soldi; Sebastian non li aveva toccati. La sigaretta era un pretesto, pensò.
Quel gesto fu la conferma che per lui non era stata solo una cliente. Quella notte lui l’aveva voluta. Probabilmente, l’aveva anche amata.
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