La punizione

di
genere
trio

Il giovedì successivo uscì per la pausa pranzo, prese l’auto e andò da lei. Non era certo del gesto che stava facendo. Era un azzardo che avrebbe potuto compromettere quella relazione, qualsiasi cosa avesse trovato nell’isola. Parcheggiò l’auto a poca distanza dalla casa, poi si avvicinò a piedi, facendo attenzione a ogni minimo dettaglio che potesse rivelare la presenza dell’altro in casa. Il vecchio pavimento di legno della veranda scricchiolò appena appoggiò un piede, altri lo seguirono durante la sua avanzata verso l’ingresso. La porta era chiusa a chiave, appoggiò l’orecchio sulla superficie di legno ma non udì alcun rumore: forse non era in casa. A quel punto sarebbe dovuto andare a cercarla, decise, invece, di entrare. Infilò la chiave nella toppa e aprì.
La stanza era buia, fece un passo avanti e il suono dolce del suo ansimare di piacere lo gelò. Proveniva dalla stanza da letto, quella stessa dove, solo quattro giorni prima, lei lo aveva salutato con calore e bramosia. La porta era aperta, avanzò ancora pur sapendo cosa avrebbe visto. La porta era spalancata, un uomo era steso sul letto, lei era sopra e lo stava scopando con trasporto a smorza candela. Passarono pochi istanti, poi lei, come se un sesto senso le avesse fatto percepire che qualcuno la stava osservando, si girò e lo vide.
Luca si ritirò in soggiorno, subito dopo lei lo raggiunse, chiudendo la porta dietro di se. Aveva indossato una camicia da notte estiva, sotto era nuda. Il suo sguardo era severo, quasi da rimprovero per la visita non richiesta, ma sapeva bene che quello che provava dentro era una cosa ben diversa. Struggimento e disperazione per essere stata sorpresa con le mani nel sacco, imbarazzo per una dipendenza da qualcosa che era più forte di lei. Come una droga, come l’alcool, come il vizio del gioco, lei era vittima del sesso, dei maschi.
«Cosa ci fai qui?»
Lui si lisciò i capelli con una mano, stupito per la domanda paradossale della sua amante.
«Io? Tu, piuttosto …»
Abbassò lo sguardo.
«Sono sempre stata onesta con te.»
«Non pensavo che lo facessi veramente. Quindi è tutto vero, sei una troia, e tuo marito il pappone.»
Lei alzò lo sguardo e lo trafisse con uno dei suoi sguardi. Gli occhi verdi, che di solito brillavano di ipnotica bellezza, nella penombra della stanza sembravano diventati neri pece, come se la rabbia che la Signora covava in quel momento stesse trasbordando.
«Potrei essere tua madre. Come ci immagini tra due, cinque, dieci anni? Luca, è solo sesso, pensavo che avessi capito … pensavo che avessi capito come sono fatta!»
Sapeva che aveva ragione. Ripensò alla loro storia, ma non voleva accettare la realtà. Lui la amava, e il non poter controllare quel sentimento romantico lo stava mandando fuori di senno.
Sandra maledì il suo modo di vivere, il bisogno di sesso e di uomini che pensava di aver placato, ma che con Luca era tornato prepotentemente nella sua vita. Il ragazzo era arrabbiato, ed era proprio quello che le serviva in quel momento. Doveva riportare nella sua vita il vecchio equilibrio: un marito e molti amanti occasionali, nessuna relazione stabile. Per fare questo doveva fargli toccare il fondo, o farlo insieme. Solo portandolo con sé, facendogli toccare con mano la sua vera natura, lui avrebbe capito e si sarebbe tolto dalla testa idee assurde.
Fece un respiro profondo, tornando alla sua tipica flemma, e ribadì: «È solo sesso. Avete ragione; tu, Bea e tutti gli altri: sono una troia. Adesso sono con un cliente, se vuoi unirti a noi, ho un posto anche per te.» L’allusione non passò inosservata, Luca ebbe un guizzo ma non si mosse. «Lui è d’accordo, glie l’ho chiesto prima di uscire. Scegli: vattene o metti la marchetta sulla tavola e unisciti a noi.»
Luca rimase di pietra, guardando la Signora che tornava in camera. Aprì la porta e spense la luce, lasciò cadere la camicia da notte sulla soglia e, infine, scomparve nell’oscurità.
Era confuso, incazzato come poche volte nella vita. Voleva punirla per averlo stregato, fatto innamorare alla follia e poi gettato in un angolo come tutti gli altri. Lui era diverso e lei lo sapeva ma non voleva ammetterlo a sé stessa. Le serviva una lezione per capire. Lei adorava mettere in soggezione i suoi amanti, dominarli con il suo fascino e il carisma. Un altro se ne sarebbe andato con la coda tra le gambe: doveva dimostrare di essere fatto di una pasta diversa.
Avanzò fino alla soglia della porta e attese che gli occhi si abituassero all’oscurità. La prima cosa che vide fu il sedere di Sandra, era sopra il letto, china sull’altro per risvegliare la brama che il suo ingresso aveva interrotto con violenza. Fece un passo in avanti e sfilò le scarpe, poi i pantaloni e i boxer. Lei non ebbe alcun sussulto quando posò una mano sulle natiche, segno che lo stava aspettando. Non riusciva a vedere bene l’altro uomo, il corpo era tozzo, i capelli erano corti.
Lei era pronta a tutto, come sempre. Lo appurò facendo scorrere il medio lungo la fessura. Il sospiro che provocò nella sua amante fu come linfa per la sua libido: tolse la camicia e appoggiò il sesso tra le natiche, rimanendo in piedi ai bordi del letto. Il contatto quasi gli fece perdere il ricordo del motivo per cui aveva deciso di entrare. Accarezzò la schiena con le mani, scorrendo lungo la pelle coccolata dal sole dell’isola ma lei si ritrasse poco dopo, e tornò a scopare l’altro come le aveva visto fare poco prima. A quel punto la rabbia che aveva in corpo riaffiorò.
“Lurida troia, ti meriti una lezione”. Si aggirò per la stanza come una belva inferocita e affamata, continuando a ripetere quella frase come un mantra. Stava studiando il modo migliore per attaccare la sua preda, per unirsi alla festa e lasciare un ricordo indelebile. Alla fine salì sul letto e, noncurante dell’altro, costrinse la Signora ad assaggiare la sua eccitazione. La sua intrusione, però, non interruppe il gioco, al contrario lo rese più intenso. La Signora aumentò il movimento pelvico e piantò le unghie sulle sue natiche, quindi lo accolse in bocca con ingordigia, una cosa che fece presto ansimare sia lui sia l’altro. Luca prese la coda di capelli della donna, e la spinse ad andare a fondo senza trovare resistenza. Anche lei era eccitata, lo capiva dai movimenti, dall’ingordigia con cui lo tratteneva a sé, dagli ansimi profondi che fendevano il silenzio nei momenti in cui si staccava per respirare.
Quella situazione sarebbe potuta andare avanti per ore ma Luca decise di accontentare il suo desiderio, che era anche quello della sua amante: era certo che dicendo “ho un posto anche per te” non si riferiva alla bocca.
Il cuore che gli batteva a mille, tutti i muscoli di Sandra erano visibilmente in tensione. Senza indugiare iniziò la penetrazione. Era ormai in simbiosi con Sandra e si fermava quando capiva che la donna si doveva abituare al corpo estraneo, per poi continuare quando sentiva che i muscoli si rilassavano. Luca non aveva mai fatto una cosa del genere. Il lembo di carne che separava i due orifizi era sottile, sentiva il membro dell’altro che cercava in modo maldestro di prendere il suo ritmo. Lo sentì venire dentro la vagina, e attese che lo sconosciuto si ritirasse per continuare. Era fuori di sé, la sua indole gentile era scomparsa. Sandra si era abbassata, inarcando la schiena per porgere al massimo il culo. La testa era appoggiata sul materasso e le mani che stringevano forte le lenzuola.
Non riuscì a trattenersi e ruppe il silenzio con un rantolo.
«Ne hai abbastanza? O ne vuoi ancora?»,
La sua voce era roca e bassa.
Lei rispose subito con un filo di voce: «Non ti fermare».
Il ragazzo si staccò per qualche istante, aggiunse del lubrificante sulla punta e poi entrò fino in fondo, con violenza, facendola gridare.
Luca lanciò un rapido sguardo all’altro, che nel frattempo si era rifugiato su un angolo della stanza e osservava in silenzio, poi tornò dalla sua vittima.
«Eccoti accontentata, troia.»
Puntellò le gambe e le braccia, subito dopo iniziò a martellare Sandra in maniera rapida e ripetuta, facendola gridare a ogni affondo. I colpi che infieriva, di incredibile possanza, erano seguiti dal rumore sordo e rimato del suo pube che sbatteva sulle natiche della donna. Luca non vedeva l’altro in faccia, ma poteva immaginare lo sbigottimento col quale stava assistendo a una scena dalla quale si sarebbe sottratto volentieri, se ci fosse riuscito. Adesso sapeva chi era, mentre si era alzato dal letto, poco prima, aveva riconosciuto le movenze pigre di Rossignoli, il ricco viziato amico di Sandra che aveva conosciuto a una festa qualche tempo prima.
Dopo qualche minuto, il ragazzo scese dal letto per prendere respiro. Era sudato e iniziava ad avere crampi ai polpacci. Lei rimase immobile, esponendo alla sua vista l’orifizio pulsante dilatato in modo innaturale. Poteva bastare, col fiatone chiese: «Basta così?»
Lei non si mosse e rispose lapidaria.
«No.»
In quel momento l’altro, approfittando del momento di pausa, si alzò e uscì dalla stanza. Forse ne aveva abbastanza, o, più probabilmente, aveva capito che stava diventando una diatriba tra gli altri due, e lui, saggiamente, preferì starne fuori.
Luca trascinò il bacino sul bordo del letto, fece colare della saliva dentro il buco divelto, poi ricominciò a martellare la sua amante, stando in piedi.
«Devi solo dire che ti basta, e tutto sarà finito. Tutto»
La Signora emise un suono rauco e disse ancora una volta di “no” con la testa. Aveva gridato tanto da non avere più voce, ma non voleva cedere, maledetto orgoglio ...
Tutti i muscoli gli bruciavano, il corpo era coperto da rivoli di sudore. Lei sembrava in equilibrio su quell’unico punto, il suo cazzo, che continuava a entrare e uscire in modo forsennato dal culo. Dai fianchi che teneva serrati con le mani, la sentiva vibrare. La schiena era imbrattata del suo sudore che, gocciolando copioso, cadeva su di lei, mescolandosi a quello di Sandra e agli altri umori.
Dopo quasi mezz’ora, quell’equilibrio di piacere e dolore iniziò a placarsi, sentì che il corpo della donna lentamente cedeva alla stanchezza. La sentì esalare: «Ecco, ora ho toccato il fondo.»
Poi le gambe cedettero e si accasciò sul letto. Luca usò le mani per finire il lavoro. Sussurrò con disprezzo: «Troia.»
E irrorò la sua schiena con il liquido caldo. La lasciò così, inerte, senza sapere se aveva sofferto o goduto. Per lui era stato l’uno e l’altro, si rivestì alla meglio piangendo per lo scempio che aveva compiuto sulla donna che aveva ammirato, adorato, amato e, infine, odiato per le stesse ragioni.
scritto il
2025-11-02
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