Capitolo 6 matilde

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Lucia Brandi arrivò in questura alle 8:30. Come ogni mattina, parcheggiò la moto nel cortile interno, incastrandola con precisione tra la colonna e l'auto del commissario. Il casco le lasciò un segno leggero sulla fronte e i capelli leggermente mossi, ma non le importava. Passò il badge all'ingresso, salutò con un cenno il piantone e si avviò al secondo piano.
Prima tappa: la macchina del caffè. Due tazzine, una per lei e una per l'ispettore Simoni.
«Hai dormito?» le chiese lui, sbirciandola sopra il bordo del monitor.
«Poco. Ma bene.»
Sulla sua scrivania, la cartellina con intestazione "Caso M. C." era ancora lì. La aprì come d'abitudine, cominciando a sfogliare il verbale del giorno prima. Aveva promesso a se stessa di non pensarci, ma il bacio con lui le era rimasto addosso. Un contatto breve, quasi ingenuo, ma stranamente potente. Eppure, non c'era tempo per indulgere.
Alle 9:26 arrivò la convocazione. Ufficio del Questore. Nessuna urgenza, ma il tono era quello di una riunione decisa a tavolino.
Salì al quarto piano con una certa tensione. Il Questore era uno di quelli che parlavano poco e si facevano capire con gli sguardi. Uomo freddo, di quelli che avevano fatto carriera non per il numero di casi risolti ma per la loro abilità nel non pestare i piedi sbagliati.
«Brandi, buongiorno. Prego, si accomodi.»
Lucia si sedette senza togliersi la giacca.
Il Questore sorrise, quel sorriso educato e distante che si mette prima di comunicare qualcosa di spiacevole.
«Ho letto il tuo ultimo rapporto sul caso Corsi. Molto dettagliato, come sempre.»
Lucia annuì senza dire nulla.
«Per questo motivo, e anche per la stima che ho nei tuoi confronti, ho deciso di spostarti su un altro fascicolo. Una questione delicata. Riguarda alcuni appalti pubblici nel settore sanitario. C'è odore di corruzione e ci serve una testa lucida come la tua.»
Lucia sollevò lo sguardo.
«E Matilde Corsi?»
Il Questore inspirò piano.
«Il caso verrà affidato all'ispettore Bianchi. So che non ha il tuo metodo, ma voglio che ti concentri su questa nuova indagine. È una scelta strategica.»
Lucia deglutì.
«Posso sapere se c'è una motivazione concreta per il cambio? Ho raccolto testimonianze chiave, il fascicolo è appena entrato in fase operativa.»
Il Questore si irrigidì appena.
«Ci sono dinamiche superiori. E preferirei non discuterle.»
Quel tono tagliava ogni possibilità di replica.
Lucia si alzò, con calma.
«Ricevuto.»
Uscì dall'ufficio senza sbattere la porta, ma con un nodo ben stretto alla base dello stomaco.
In corridoio incrociò l'ispettore Bianchi. Le fece un cenno con il capo, forse imbarazzato.
«Mi dispiace, Lucia. Non è una mia iniziativa.»
Lei lo guardò senza ostilità, ma senza un briciolo di complicità.
Quando tornò alla sua scrivania, Simoni le chiese:
«Tutto bene?»
Lei fece un mezzo sorriso.
«Mi hanno premiata. Tolto Corsi. Mi occupo di tangenti.»
«Merda.»
«Già.»
Aprì una nuova cartellina, quella degli appalti. Ma non ci mise le mani.
Prese il telefono. Aprì la galleria. Cercò una foto.
Non di Matilde.
Di lui.
E per la prima volta da quando aveva messo piede in questura quella mattina, sentì qualcosa spezzarsi nel petto. Non rabbia. Non frustrazione.
Determinazione.
Matilde non meritava l'oblio.
E lei non era il tipo da accettare un "no" come risposta definitiva.
Mentre stava ancora con gli occhi fissi sullo schermo il telefono vibrò accanto alla tastiera.
Un messaggio.
Era lui.
"Sei libera? Ti chiamo?"
Lucia non si aspettava quel messaggio, e proprio per questo lo lesse due volte.
Le fece bene, come un bicchiere d'acqua dopo una salita.
Sorrise appena. Non era un sorriso euforico, ma sincero. Uno di quelli che non si concedeva spesso.
Le dita volarono sulla tastiera:
"Libera"
Sentì il telefono vibrare di nuovo. Questa volta era una chiamata.
Rispose.
«Ciao,» disse lui.
«Ciao... »
«Ciao... ispettore,» disse Lucia, ancora con quel mezzo sorriso sulle labbra.
Dall'altra parte, la sua voce era calma, ma vibrava di qualcosa di trattenuto.
«Solo per dirti una cosa, poi ti lascio lavorare.»
«Dimmi.»
«Volevo ringraziarti. Per la serata. Per la compagnia. Ma soprattutto... per quel bacio.»
Lucia restò in silenzio per un istante, col cellulare incollato all'orecchio e lo sguardo che andava verso la finestra.
«Ho dormito malissimo,» continuò lui. «Ma non è una lamentela. È solo che avevo addosso ancora il calore della tua bocca. E non se ne andava.»
Lei chiuse gli occhi. Un secondo. Forse due.
«Anche io non ho dormito benissimo, a dire il vero.»
Lui sorrise, e si sentì.
«Posso rivederti oggi?»
Lucia si alzò dalla sedia e fece un passo nella stanza, come se dovesse pensare meglio camminando.
«Vienimi a prendere dopo le 17. Voglio che tu venga a prendermi.»
«Alle 17 sarò sotto casa tua.»
«Perfetto.»
Lucia non aggiunse altro. Ma restò col telefono ancora qualche secondo all'orecchio, anche dopo che la linea era caduta.
Aveva appena deciso qualcosa che fino al giorno prima le sarebbe sembrato improbabile. Ma ora, era chiaro: voleva vederlo ancora. Anzi, ne aveva bisogno.
Alle 17 in punto, lui le inviò un messaggio.
"Sono giù."
La risposta arrivò subito, secca e decisa.
"Scendo."
Pochi minuti dopo, Lucia Brandi attraversò il portone. Indossava lo stesso giubbotto di pelle dell'altra volta, ma sotto aveva una maglia chiara, morbida, e jeans che accompagnavano ogni passo con naturalezza. Aveva lasciato i capelli sciolti, mossi dal vento.
Lui scese dall'auto appena in tempo per vederla arrivare.
Ci baciammo, senza parole, con una spontaneità che sorprese entrambi.
«Voglio andare in riva al mare. Mi ci porti?»
Non dissi nulla. Avviai l'auto e imboccai la strada per il mare.
Durante il tragitto non parlò. Si limitò a guardare fuori, o a stringermi la mano, come a chiedere di restare presente, ma senza parole.
La guardavo ogni tanto, con la coda dell'occhio, tentando di leggere quel silenzio. Sembrava strana. Non triste, ma... tesa.
Non chiesi nulla. Avevo imparato che con certi silenzi è meglio non combattere. Basta aspettare.
Arrivammo in un punto del lungomare dove il traffico si diradava e il rumore della città si lasciava coprire dallo sciabordio del mare. Parcheggiammo.
Pochi passi fino a una panchina affacciata sull'acqua.
Lei si sedette per prima. Poi parlò.
«Il questore mi ha tolto il caso.»
La guardai con faccia interrogativa.
«Mi ha detto che mi vuole su un'indagine più importante, più urgente. Ma è una scusa. Lo so. Lo capisco. E mi fa incazzare.»
Guardava il mare. La voce era piatta, ma ferma.
«Il collega a cui ha dato il caso ha l'indice di risoluzione più basso del distretto. Non è una coincidenza. È un messaggio.»
Silenzio. Poi continuò.
«Non ho alcuna intenzione di mollare. Almeno formalmente sono fuori. Ma nei ritagli, nei tempi morti... io continuo a indagare. Non lascio il caso così. No.»
Avrei voluto baciarla...forse anche con qualcosa di più.
«Se vuoi,» dissi piano, «ti do una mano.»
Lei non rispose a parole. Mi guardò negli occhi e fece solo un piccolo cenno con la testa. Un sì silenzioso. Ma definitivo.
Ci baciammo.
«Andiamo a casa mia. Ora.»
Io non risposi la presi per mano e ci avviamo verso la macchina.
Arrivammo sotto casa sua. Parcheggiai malissimo.
Salimmo le scale di corsa senza una parola. Appena Lucia aprì la porta, io la chiusi alle mie spalle. La affermi per i fianchi tirandola verso di. Contro la parete del corridoio baciandoci tentammo disperatamente di spogliarci. Lei mi prese per mani e mi tirò verso la sua camera. Ci baciammo come se il tempo ci avesse separati da sempre. Lucia cominciò a slacciarsi la camicia, i bottoni saltavano uno dopo l'altro tra un bacio e l'altro. Le sfilai i jeans tra le sue risate. Lei, barcollando tentava di togliermi la cinta dei mie di jeans.
morsi sulle labbra, gli sfilava la cintura. Inciampando nei vestiti ci ritrovammo nudi sul letto. Mi fermai a guardarla. Era splendida. Un silenzio irreale e poi...
Fu amore, e fu desiderio. Fu scoperta, odori.
Quando tra le lenzuola disordinate e i nostri respiri affannati ci abbracciamo, Lucia mi rimase avvinghiata respirandomi sul collo. Mi girava la testa. Il suo odore. Il suo seno schiacciato sul mio petto. Le gambe che accarezzavano le mie.
E lì così intrecciati Lucia disse sottovoce:
«Non so cosa siamo, ma mi sento libera con te. E mi piace.»
La baciai sulla fronte, toccandole il seno.
scritto il
2025-10-31
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