Mario sessantenne – Nadia in campagna

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Mario sessantenne – Nadia in campagna

La campagna odora di sterco e di erba tagliata. Il sole cala lento dietro le colline. Io parcheggio la macchina davanti al cancello arrugginito e già mi viene da ridere: «Vediamo un po’ che regalo mi ha preparato la troietta del CAF.»

Nadia esce di casa, un vestitino leggero che le svolazza sulle cosce nude, senza reggiseno. Sorride come una ragazzina che ha fatto una marachella. «Mario! Non pensavo davvero che venissi.»
«E come no?» le rispondo, guardando le gambe. «Tu mi inviti, io arrivo. Sai che non so dire di no al casino.»

Si avvicina e mi bacia sulla guancia, ma la lingua sfiora il lobo dell’orecchio. Sussurra piano: «Devi comportarti bene… lui non sospetta niente.»
«Lui» è il marito.

Esce pochi secondi dopo. Un tipo alto, un po’ stempiato, con la camicia a quadri e gli stivali infangati. Ha un’aria onesta, cordiale, ma già si capisce che la testa è più piena di cani che di figa.
«Ah, tu devi essere Mario!» dice stringendomi la mano con troppa forza. «Amico di Nadia, piacere.»
Io sorrido, l’innocenza che mi scorre addosso. «Piacere mio. Bella campagna che avete qui.»
«Eh sì,» annuisce lui. «Un po’ di sacrifici, ma la soddisfazione sono i cani. Dogo argentini, li conosci?»
«Per sentito dire,» rispondo, e già lo vedo che si illumina come un bambino parlando dei suoi cani.

Nadia ci interrompe con la voce dolce: «Amore, devi andare a dare da mangiare ai tuoi cani, no?»
Lui ride, prende le chiavi del capanno. «Già, è ora della pappa. Scusate, torno subito.»

Appena il portone si richiude, Nadia mi afferra per la mano e mi trascina in cucina. «Veloce,» ansima, «non abbiamo molto tempo.»
«Troia,» le rido in faccia, «non vedi l’ora.»

Mi spinge contro il tavolo di legno, il vestito già arrotolato sulla pancia. Non porta le mutandine. La figa lucida, pronta. Io non ci penso due volte: tiro fuori il cazzo e glielo pianto dentro di colpo.
Nadia urla, ma si copre la bocca con la mano. «Oh Dio, sì! Mi mancava…»
«Troia maritata,» ringhio, pompandola con forza, «lo fai col vecchio mentre tuo marito dà la pappa ai cani.»

Il tavolo scricchiola, le cosce che battono sulle mie. Lei geme, i capelli sciolti che le cadono sugli occhi. «Più forte! Mi scopi come non fa lui!»
«Normale,» ansimo, «lui pensa ai cani… io penso alla tua fica.»

La piego sul tavolo, il culo alto, e ricomincio a darle colpi secchi. Lei morde un tovagliolo per non urlare, ma le lacrime le scendono dagli occhi dal piacere.
«Dio, Mario! Mi spacchi!»
«E ti piace,» le rispondo, e spingo ancora più forte.

Sento già che potrei venire, ma mi trattengo. Tiro fuori il cazzo all’improvviso, lei geme delusa. «No, non fermarti!»
«Tranquilla, troia. Non ti rovino la festa al primo giro. Avremo tempo stanotte.»

Le aggiusto il vestito, lei respira ansimando, il viso arrossato. Un rivolo di umidità le cola lungo la coscia.
Pochi minuti dopo il marito rientra. «Scusate il ritardo, c’era da sistemare le cucce.»
Io sorrido, come se nulla fosse. «Nessun problema.»

Nadia versa vino nei bicchieri, la voce tremante ma il sorriso angelico. Nessuno direbbe che un minuto prima la stavo scopando sul tavolo della cucina.

La tavola è imbandita semplice: pane casereccio, salame, una pentola di pasta col sugo fumante. Nadia si muove leggera, quasi sospesa: solo io so che cammina con la figa ancora umida della sveltina di prima. Il marito invece non sospetta niente, ride e parla dei suoi cani come se fossero figli.

«Sai, Mario, il dogo argentino è una razza fantastica. Forte, fedele, una potenza!»
Io annuisco, sorseggio il vino. «Eh, sì, deve essere un bel cane.»
«Bel cane? È il re dei cani! Io li allevo, li addestro, li curo come bambini.»

Nadia mi lancia un’occhiata da sopra il bicchiere. Gli occhi che dicono: vedi? È un coglione. Io non trattengo un sorrisetto.

Il marito continua: «La notte dormono in casa, a volte pure nel letto. Mia moglie non è molto contenta, vero Nadia?»
Lei sorride dolce, ma sotto la tovaglia la sua gamba cerca la mia. Il piede nudo mi scivola sulla caviglia, poi risale lento. Io resto impassibile, ma dentro già mi si drizza.
«Eh, certo,» dice lei, «i cani hanno preso il posto di tutto.»

Io colgo il messaggio, ma fingo. «Io i cani non li ho mai tenuti a letto. Preferisco la compagnia femminile.»
Nadia abbassa lo sguardo, il viso arrossato. Il marito ride, ingenuo: «Eheh, beato te. Io ormai sono sposato più con i miei dogo che con lei.»

Sotto la tavola, Nadia ha la mano sulla mia coscia. Le sue dita premono piano, poi stringono. Io quasi rovescio il bicchiere.

Si beve parecchio. Bottiglia dopo bottiglia, il marito si scioglie. «Mario, tu sei un uomo di mondo, si vede. Io invece sono rimasto sempre qui, coi cani, la campagna…»
«E con una moglie che vale dieci dei tuoi cani,» penso, ma non lo dico. Mi limito a sorridere.

A fine cena, il marito si alza barcollando. «Senti, ma hai bevuto troppo per rimetterti in macchina. Resta qui stanotte. Abbiamo una stanza libera. Che problema c’è?»
Io faccio finta di esitare. «Ma no, non voglio disturbare…»
«Nessun disturbo! Anzi, mi fa piacere. Così domattina ti faccio vedere l’allevamento.»

Nadia raccoglie i piatti, la voce calma, ma lo sguardo fisso su di me: resta, che stanotte ti scopo di nuovo.

Il marito mi accompagna nella stanza degli ospiti, un letto semplice, lenzuola pulite che odorano di sapone. «Ecco qua. Dormi bene, Mario. Buonanotte.»
«Buonanotte.»

Chiude la porta. Io resto seduto sul letto, la testa che gira dal vino, ma il cazzo già duro solo al pensiero.

Dal corridoio sento passi leggeri. Poi la porta si apre piano. Una figura in controluce: Nadia, in camicia da notte bianca, sottile come carta, i capezzoli che bucano la stoffa.
«Mario,» sussurra, «non riesco a dormire.»

Io sorrido, apro le coperte. «Vieni qua, troia.»

La porta si chiude piano alle sue spalle. Nadia avanza scalza, la camicia da notte che lascia intravedere tutto. Io resto seduto sul letto, il cazzo già duro sotto le lenzuola. «Troia… sapevo che non avresti resistito.»

Lei sorride, si siede accanto, le mani che già scivolano sulla mia coscia. «Non ce la faccio, Mario… due mesi senza niente, e oggi due volte non mi bastano.»
«E tuo marito che dorme lì a fianco come un coglione,» sussurro, «convinto che io sia un vecchio innocuo.»

Lei ride piano, mi bacia, e la sua lingua sa di vino. «Se sapesse…»
«Sta zitto e succhiami,» le rispondo, tirando fuori il cazzo.

Nadia non esita: si piega, me lo prende in bocca, le labbra che scivolano lente. Fa schioccare la lingua, inghiotte fino a soffocare. Io le afferro i capelli e la guido, il respiro che diventa pesante.
«Brava troia… piano, che ci sente quel rincoglionito.»
Lei geme con la bocca piena, il suono sporco che rimbalza sulle pareti.

La tiro su di colpo, la butto sul letto. La camicia da notte si alza, la figa già lucida. Mi metto sopra e senza preavviso glielo pianto dentro. Lei spalanca la bocca, ma io le tappo la voce con la mano.
«Zitta, che tuo marito russa dall’altra stanza.»
Lei geme sotto, il corpo che si inarca. Gli occhi brillano di lussuria e paura.

Comincio a pomparla piano, poi sempre più forte. Ogni colpo fa scricchiolare il letto, ma copriamo il rumore con i nostri respiri soffocati. Nadia mi graffia la schiena, ansima sotto di me.
«Mario… mi fai impazzire…»
«E ti faccio godere come non ti ha mai fatto lui.»

Le alzo le gambe sulle spalle, affondo più profondo. Lei stringe i denti, le lacrime agli occhi. «Sì! Dio, sì!»
«Piano, troia,» ringhio, «o ci scoprono.»
«Non mi importa! Scopami!»

Io sudo, il cazzo che pulsa dentro di lei. La giro di lato, la prendo di fianco, poi da dietro, sempre più sporco. Le sussurro all’orecchio: «Vuoi che tuo marito ci senta? Vuoi che scopra che sei una troia?»
Lei geme: «Sì! Fammi venire! Voglio che mi apri tutta!»

Aumento il ritmo, il letto che sbatte contro il muro. Nadia morde il cuscino per non urlare, ma il corpo le trema, la figa che mi strizza. Viene di colpo, il corpo che si scuote sotto di me.
Io resisto, continuo a pomparla, finché il piacere mi sale come un’onda. «Sto venendo…»
Lei si gira, mi guarda con gli occhi pieni di fuoco. «Dentro, Mario… fammi tua davanti a lui.»

Spingo ancora due volte e scarico tutto, un getto caldo che la riempie. Lei geme, si stringe a me, ansimando. «Dio… sei tu l’uomo di casa, non lui.»

Restiamo abbracciati, sudati, il respiro lento. Dal corridoio si sente il russare del marito. Io rido piano, baciandole il collo. «Un coglione che accudisce i cani, mentre la moglie si fa scopare dal vecchio vicino.»
Nadia ride, esausta, con la faccia contro il mio petto. «E io non mi sono mai sentita così viva.»

Chiudo gli occhi, soddisfatto. Sessant’anni, e ancora una volta ho dimostrato chi comanda.

Il mattino dopo mi sveglio col sole che filtra dalle persiane. Nadia dorme ancora, nuda accanto a me, la figa che cola del mio seme della notte. Mi tiro su piano, mi infilo i pantaloni. Nel corridoio incontro suo marito. Ha già gli stivali ai piedi e l’odore di canile addosso.

«Mario!» mi saluta allegro, come se fossimo amici da una vita. «Vieni, ti faccio vedere l’allevamento. Non puoi andartene senza aver conosciuto i miei dogo.»

Mi prende sottobraccio. Io penso: cristo, è qui che la pago. Quei cani sono bestie grosse, muscolose, con la testa enorme. Le mascelle possono staccarti un braccio come niente. Se lui avesse capito quello che è successo con sua moglie, basterebbe un cenno e mi troverebbero a pezzi nel fango.

Attraversiamo il cortile. Le gabbie sono una accanto all’altra, dentro cani bianchi che ringhiano e sbattono contro le grate. Mi guardano come se fossi una preda. Mi si stringe lo stomaco.

Il marito sorride, orgoglioso. «Hai visto che potenza? Uno di questi ti spezza in due.»
Annuisco, il sudore che mi cola dalla schiena. È fatta, questo mi ci butta dentro e ciao Mario.

Ma invece lui si ferma, mi mette una mano sulla spalla. «Sai, ti devo ringraziare.»
Lo guardo storto. «Ringraziare? Me?»
«Sì,» continua, serio. «Da quando ci sei tu, Nadia è più tranquilla. Non mi rompe più i coglioni. Prima era nervosa, sempre a litigare. Ora invece è… serena. E questo è merito tuo.»

Io resto di sasso. Non so se sta scherzando o se mi sta preparando la trappola. «Io? Ma…»
Lui ride, alza le mani. «Dai, Mario, non fare il finto tonto. Immagino che te la sia già scopata.»

Mi sento gelare. Apro la bocca, ma non esce niente.

Lui invece è rilassato, fischietta. «Non preoccuparti per me. Davvero. Nadia non lo sa… ma a me la figa non è mai piaciuta.»
Lo guardo incredulo. «Eh?»
«È così,» dice, scrollando le spalle. «A me piace il cazzo, Mario. Sempre piaciuto. Ho sposato Nadia perché in paese non potevo fare altro. Ma la verità è questa.»

Io resto fermo davanti alle gabbie, i cani che abbaiano come impazziti, e penso: questo è fuori di testa. Ma lui continua, con una calma che mi spiazza.

«Anzi,» aggiunge, guardandomi fisso, «se un giorno ti va… se vuoi avere il piacere… io ci sto.»
«Ci stai a cosa?»
«A farmi inculare da te.»

Mi manca il fiato. Guardo quell’omone con le mani callose, la camicia sporca, che parla come se mi stesse offrendo un bicchiere di vino.

«Non devi darmi risposta ora,» sorride. «Ma sappi che non avrei problemi. Anzi, mi farebbe piacere.»

Resto zitto. Dentro di me un misto di nausea e di eccitazione strana. Lui apre la porta della gabbia, accarezza un dogo come se fosse un gattino. «Vedi? Anche loro sentono chi è padrone e chi no. Tu, Mario… tu sei padrone. Io l’ho capito subito.»

Chiudo la bocca, deglutisco. Le mani mi tremano, ma il cazzo si muove nei pantaloni. Sessant’anni, pensavo di averle viste tutte. E invece no.

Rientriamo in casa dopo il giro all’allevamento. Io ho ancora il cuore che batte forte: quei cani che ringhiavano, il marito che mi ha spiazzato con la sua confessione… mi sento come se fossi appena uscito da un sogno sporco.

La porta si chiude alle nostre spalle. Nadia è lì, appoggiata alla porta della cucina. Indossa solo una vestaglia leggera, mezza aperta: il seno nudo, i capezzoli duri. Mi guarda e sorride, maliziosa.
«Allora,» dice con voce lenta, «vi siete divertiti con i cani?»

Io sto per rispondere, ma non faccio in tempo. Lei viene avanti, la vestaglia che scivola, e mi bacia sulla bocca. Non un bacetto veloce: un bacio lungo, con la lingua, davanti a suo marito.

Resto immobile un secondo, poi ricambio, le mani già sul culo nudo.

Alzo lo sguardo: il marito è lì, seduto sulla sedia, che ci guarda. E ride. «Bravi,» dice. «Così va bene. Finalmente Nadia è contenta.»
Io scoppio a ridere. «Cristo, ma siamo tutti pazzi.»
Nadia ride pure lei, si stacca dal bacio e sussurra: «Ora non mi devo più nascondere. Lui lo sa. Tu lo sai. Io voglio solo godere.»

Mi prende la mano e la porta tra le sue cosce calde. Il marito alza il bicchiere di vino come se stesse facendo un brindisi. «A voi due. A Nadia che finalmente non rompe più i coglioni.»

Scoppiamo tutti a ridere, un riso sporco, surreale. Io stringo il culo di Nadia, lei si strofina addosso a me, e il marito se la gode come se stesse guardando la partita alla tv.
scritto il
2025-10-08
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