In Orbita
di
Emanuela
genere
masturbazione
Ero ancorata alla parete della cabina della ISS, il mio corpo fluttuante in microgravità, mentre le dita scivolavano lentamente sotto il tessuto aderente della tuta. La sensazione del velcro che mi teneva ferma era familiare, ma quella sera, qualcosa di diverso mi attanagliava. La mia mano si mosse con una delicatezza che non mi apparteneva, cercando il calore umido che già conoscevo. Il mio sesso rispondeva al tocco leggero, e un brivido mi percorse la schiena, amplificato dall’assenza di gravità. Il respiro si fece più affannoso, non solo per lo sforzo fisico, ma per l’eccitazione che montava dentro di me.
Poche ore prima
il mio collega, Luca, si preparava per l’attività extraveicolare. La sua tuta, aderente non riusciva a nascondere il rigonfiamento evidente che si stagliava contro il tessuto. Non potevo fare a meno di guardarlo, i miei occhi attratti da quella forma che prometteva piacere. Le dimensioni generose del suo pene mi colpirono, e la mia mente, dopo oltre 200 giorni di astinenza, si abbandonò a fantasie proibite. Immaginai di afferrarlo, di sentire il suo calore tra le labbra, di gustarlo in una fellatio lenta e profonda. La mia bocca si riempì di desiderio, e la lingua scivolò sulle labbra, come se già lo stesse assaporando.
“Samantha, tutto a posto?” La voce di Luca mi riportò alla realtà, ma il mio sguardo rimase fisso su di lui, tradendo i miei pensieri.
“Sì, tutto bene,” risposi, cercando di mantenere la voce ferma. “Solo un po’ di tensione pre-missione, sai com’è.”
Lui sorrise, ma non insistette. Continuò a controllare i suoi strumenti, ignaro delle immagini che si affollavano nella mia mente. Immaginai i nostri corpi fluttuare insieme, uniti in un amplesso senza gravità. I nostri movimenti sarebbero stati lenti, quasi coreografati, come un ballo erotico in un’orbita infinita. La sua pelle contro la mia, il suo respiro sul mio collo, il suo cazzo che scivolava dentro di me, riempiendomi in un modo che solo l' assenza di peso poteva permettere. “Samantha, mi passi il casco?” La voce di Luca interruppe i miei pensieri.
Grazie,” disse lui, senza notare nulla,Forse solo il mio sorriso nervoso tradì l' imbarazzo. Il mio respiro si fece più pesante, e il cuore batteva all’impazzata. La mente era divisa tra il compito di aiutarlo e il desiderio che mi consumava. Immaginai di afferrare il suo pene, di liberarlo dalla tuta, di sentire il suo calore tra le mani. Lo avrei accarezzato lentamente, guardandolo negli occhi, prima di portarlo alla bocca. La mia lingua avrebbe esplorato ogni centimetro, gustando il suo sapore, sentendo il suo respiro accelerare mentre lo facevo impazzire.
Ore dopo.. Come dicevo, dentro la mia stretta cabina personale mi concentrai su di me, sul piacere che stava crescendo. Le dita si mossero con più decisione, solleticando il mio clitoride e pizzicandomi un seno. Il mio corpo fluttuava, leggero, mentre il piacere mi avvolgeva. Chiuse gli occhi, immaginai Luca sopra di me, i nostri corpi uniti in un abbraccio senza gravità mentre mi penetrava profondamente, e io mi muovevo incontro a lui, i nostri gemiti soffocati dal silenzio dello spazio.
L’orgasmo mi travolse all’improvviso, un’onda di piacere che mi scosse fino al midollo. Portai una mano alla bocca per soffocare il gemito, il corpo che tremava in un’estasi rubata. La mente era in fiamme, il cuore che batteva all’impazzata, e per un attimo, dimenticai dove mi trovavo. Ero solo una donna, una donna che provava piacere, che desiderava, che sognava.
Rimasi lì, ancorata alla parete, il corpo ancora tremante. Pensai a mio marito, lontano sulla Terra. Sapevo che mi aspettava, che il nostro letto era pronto ad accogliermi. Sì, ero una scienziata, ma anche una donna. E quando sarei tornata a casa, scopare con lui sarebbe stato dolce, umano, vero. Un pensiero che mi rimase sospeso nel cuore, come me in quell’orbita infinita
Poche ore prima
il mio collega, Luca, si preparava per l’attività extraveicolare. La sua tuta, aderente non riusciva a nascondere il rigonfiamento evidente che si stagliava contro il tessuto. Non potevo fare a meno di guardarlo, i miei occhi attratti da quella forma che prometteva piacere. Le dimensioni generose del suo pene mi colpirono, e la mia mente, dopo oltre 200 giorni di astinenza, si abbandonò a fantasie proibite. Immaginai di afferrarlo, di sentire il suo calore tra le labbra, di gustarlo in una fellatio lenta e profonda. La mia bocca si riempì di desiderio, e la lingua scivolò sulle labbra, come se già lo stesse assaporando.
“Samantha, tutto a posto?” La voce di Luca mi riportò alla realtà, ma il mio sguardo rimase fisso su di lui, tradendo i miei pensieri.
“Sì, tutto bene,” risposi, cercando di mantenere la voce ferma. “Solo un po’ di tensione pre-missione, sai com’è.”
Lui sorrise, ma non insistette. Continuò a controllare i suoi strumenti, ignaro delle immagini che si affollavano nella mia mente. Immaginai i nostri corpi fluttuare insieme, uniti in un amplesso senza gravità. I nostri movimenti sarebbero stati lenti, quasi coreografati, come un ballo erotico in un’orbita infinita. La sua pelle contro la mia, il suo respiro sul mio collo, il suo cazzo che scivolava dentro di me, riempiendomi in un modo che solo l' assenza di peso poteva permettere. “Samantha, mi passi il casco?” La voce di Luca interruppe i miei pensieri.
Grazie,” disse lui, senza notare nulla,Forse solo il mio sorriso nervoso tradì l' imbarazzo. Il mio respiro si fece più pesante, e il cuore batteva all’impazzata. La mente era divisa tra il compito di aiutarlo e il desiderio che mi consumava. Immaginai di afferrare il suo pene, di liberarlo dalla tuta, di sentire il suo calore tra le mani. Lo avrei accarezzato lentamente, guardandolo negli occhi, prima di portarlo alla bocca. La mia lingua avrebbe esplorato ogni centimetro, gustando il suo sapore, sentendo il suo respiro accelerare mentre lo facevo impazzire.
Ore dopo.. Come dicevo, dentro la mia stretta cabina personale mi concentrai su di me, sul piacere che stava crescendo. Le dita si mossero con più decisione, solleticando il mio clitoride e pizzicandomi un seno. Il mio corpo fluttuava, leggero, mentre il piacere mi avvolgeva. Chiuse gli occhi, immaginai Luca sopra di me, i nostri corpi uniti in un abbraccio senza gravità mentre mi penetrava profondamente, e io mi muovevo incontro a lui, i nostri gemiti soffocati dal silenzio dello spazio.
L’orgasmo mi travolse all’improvviso, un’onda di piacere che mi scosse fino al midollo. Portai una mano alla bocca per soffocare il gemito, il corpo che tremava in un’estasi rubata. La mente era in fiamme, il cuore che batteva all’impazzata, e per un attimo, dimenticai dove mi trovavo. Ero solo una donna, una donna che provava piacere, che desiderava, che sognava.
Rimasi lì, ancorata alla parete, il corpo ancora tremante. Pensai a mio marito, lontano sulla Terra. Sapevo che mi aspettava, che il nostro letto era pronto ad accogliermi. Sì, ero una scienziata, ma anche una donna. E quando sarei tornata a casa, scopare con lui sarebbe stato dolce, umano, vero. Un pensiero che mi rimase sospeso nel cuore, come me in quell’orbita infinita
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