Agente Lucy - 7

di
genere
dominazione

Scatta la serratura ed entrano Félipe cupo in viso, un pirlotto con sorriso arrogante, la moglie più imbronciata del marito ed un pollo ai peperoni dal profumo divino! Il pollo è l'orgoglio della cuoca, mentre il ragazzotto è l'orgoglio di papà Félipe: è il figlio che ha studiato, l'unico che parla inglese.
Mentre divoro una porzione da squalo seduta al tavolino contro la parete, il 'piccolo bastardo un giorno tutto questo sarà mio' traduce quel che dice papà.
Ma ci mette molto di suo: “Troia, ora sei la puttana di Uribe, non essere così scema da tentare di fuggire, ti ritroverebbe ovunque e non sai che cazzo fa a chi lo tradisce. Ehehehe!”
Il moccioso in erba deve studiare meglio la risatina, è penosa. “E sta' alla larga dalla polizia, non ti conviene, puttana schifosa, ti stanno cercando, la moglie di Vargas ha raccontato che c'era una puttana yankee coi capelli biondi a sparare al marito. Ahahah.”
Sono in trappola.
La mia vita non è cambiata.
Il pirlotto pretende che lo guardi mentre mi parla, lo faccio masticando il delizioso pollo.
Segue un lunghissimo e minuzioso elenco di regole, proibizioni e minacce.
Prima di lasciarmi sola, Fèlipe mi lancia uno sguardo che vale le mille minacce e risatine del pirlotto.
A quanto pare sono stata assunta nel bordello di famiglia Félipe su raccomandazione di Uribe.

Dopo venti minuti bussano alla porta ed entra un omone, il mio primo cliente, un puttaniere di provincia quarantenne sovrappeso.
Mi guarda strano.
Cosa c'è che non va? Mi sa che crede d'aver incontrato la modella del McKane's BigFish, il culetto più famoso della pubblicità.
Mi controllo nello specchio, sì in questo deprimente nido d'amore c'è uno specchio di sessanta centimetri di fianco al letto per vedere qualcosina mentre si scopa. Questo vestitino mezza manica di jersey, preso dalla buonadonna per tre pesos in un svendotutto del mercato di paese, ha il suo perché indosso a me, ma su di me sta bene qualsiasi cosa mi metta. Mi fascia stretto seni e fianchi, forse troppo perché l'orlino mi s'arrampica sulle cosce. Lo tiro un po' giù sculettando davanti allo specchio: carino! Il verde mare è perfetto su di me, sono uno schianto.
Lo pensa anche il puttaniere di provincia che difficilmente s'è mai comprato una figa come me.
Ma la buonadonna m'ha fatta una testa così! Mi sfilo il vestitino dalla testa e lo riappendo nell'armadio. Se lo rovino m'uccide.
Ora che sono in mutandine bianche e tette al vento il maiale si mette ad ululare per la scarica ai coglioni ed allunga le mani titubante, teme che non sia vera e che sparisca all'improvviso come nei suoi sogni erotici.
Gli faccio toccar con mano, mi lascio abbrancare da dietro, sono calda e vera, morbida come i suoi sogni erotici e mi può impastare sul letto Quando le dita scivolano sotto l'elastico degli slip verso la fighetta, spingo contro il culo e giro indietro la testa per dargli anche le labbra da baciare. Sì, ne sono sicura, non ha mai pagato una puttana come me.
Ma il puttaniere di provincia ha esperienza ed è uno che non vuole correre rischi, mi allontana con le braccia e mi chiede serissimo se sono maggiorenne. Fa sempre piacere sentirselo chiedere. Mi raddrizzo sul letto, in ginocchio seduta sui piedi e cosce chiuse, proprio una bella gattina. Abbasso gli occhi mentre gli slaccio i pantaloni. ”Tienes una gran polla, papá.”

---

Okay, non avevo mai fatto la puttana su scala industriale, dodici ore e più al giorno, e non voglio far la principessa sui piselli che si lamenta sempre. Alla fine è un lavoro come tanti altri, monotono come può essere fare la cassiera di banca.
Di una banca del seme, però, perché i progressi della medicina degli ultimi dieci anni hanno fatto chiudere Durex e sono stati la rovina delle puttane. Nessun rischio di trovarti l'uccello piagato, nessun contagio, nessuna sana precauzione. Improvvisamente si sono convertiti tutti i novax e le puttane cinquantenni rimpiangono i bei tempi, quando i clienti avevano sacro timore per il loro fringuello.
Ho imparato qualche trucco da puttana per rallentare il ritmo: li accolgo sempre in mutandine, hanno pagato ed hanno il diritto di levarmele loro, e punto sui preliminari. Mi lascio contemplare e coccolare e fingo addirittura di riconoscere quelli che ritornano. Sono uomini, vecchi e ragazzi. Una buona parte sono operai yankee dell'industria petrolifera che scava pozzi qua attorno. Sono quelli che hanno soldi in tasca e fidanzate lontane. Félipe guadagna più dei petrolieri a far trivellare le sue ragazze dagli operai dei cantieri.
Ma alle diciotto e trenta arriva la prima corriera dalla caserma e non c'è buco per nessun altro, è una valanga di matricole in libera uscita. Mi sbattono a tappeto uno dopo l'altro, a volte in tre o quattro camerati insieme, fino all'ultima corriera delle 22 e 18. La buonadonna mi pressa da maledetta, credo faccia lo sconto militari per la puttanella bionda.
Il weekend è stato devastante.
Sono decine, tutti uguali e tutti diversi, tutti rimbambiti di testosterone. Lo fanno allegri e passionali, imbarazzati e innamorati, focosi e affamati, dolci e stronzi, ma sono tutti maledettamente impegnativi e faticosi.
È il paradiso delle puttane sentirsi così desiderate: ti vedi fighissima nei loro occhi meravigliati, t'intrecci con giovani corpi, limoni come al liceo e ti godi il loro odore di giovani maschi. Ma alla fine sei solo la puttana in cui vogliono godere, ti salutano e stai già ciucciando il cazzo di un altro.

---

No, non ce la faccio più!
Sono una carcerata in isolamento.
La mia cella al terzo piano non è piccola ed è arredata come una cameretta da liceale con tanto di poster con innamorati davanti al tramonto ed ha addirittura un balconcino, ma io dei venti metri quadri utilizzo praticamente solo i quattro scarsi del lettone. Ci sono stesa anche quando non lavoro.
Per le altre ragazze del bordello, forse tre, io non esisto; non hanno mai cercato di parlarmi o vedermi, nemmeno di mattina quando prendo il sole sul balconcino. Sarebbe uno scherzo calarmi nelle loro stanze, ma creerei solo problemi e non credo sarebbero felici di vedermi: le avranno spaventate per bene e più probabilmente saranno incazzate con me perché porto via un sacco di lavoro. Loro ci campano.
La moglie di Félipe governa tutti con polso di ferro, per lei le regole ed i soldi sono tutto: nessuno della famiglia mi ha mai toccata, a parte il visitatore dell'alba. Sono la puttana di Uribe concessa in prestito al suo bordello e la buonadonna ha per me un certo riguardo; m'ha anche concesso quattro giorni di riposo per il ciclo. Sul ciclo non si discute! Credo che per lei sia una conquista femminile, gli uomini si devono solo adeguare e stare zitti e muti.
Il mio riposo l'ho passato sempre prigioniera in camera, sempre su questo letto ad ascoltare la Tv e sfogliando riviste per donne e libri per ragazzi. Ovviamente quando m'ha rimessa in servizio ha accelerato i turni per recuperare la perdita.
Questa buonadonna che ha tutto sotto controllo e non lascia nulla al caso piacerebbe senz'altro al mio Colonnello.
Io muoio!

- - -

Inutilmente i ragazzi del Centro mi mandano bipbip di sostegno.
L'unica cosa che mi ricorda che sono un agente segreto in missione è la visita segreta di Félipe all'alba, quando la casa dorme (e pensa che la moglie non sappia).
Già la prima mattina mi sono svegliata al rumore della serratura. Bene, anche Félipe è di carne, mi sono detta, forse c'è possibilità di far breccia in quel monolite. Mai conosciuto nessun altro così concentrato sui propri obiettivi!
Gli sono andata incontro nel buio, gli ho carezzato il cazzo, era già armato, duro come il suo carattere, duro come i suoi muscoli. Un brivido, giuro! Mi sono inginocchiata, ho strofinato il viso, leccato, tirato fuori, lisciato con la mano, con la lingua, succhiato la cappella, le palle, l'ho ingollato tutto... Minchia!, fingevo peggio d'una merda di puttana!
Per fortuna Félipe m'ha rialzata per i capelli, ho sentito il suo alito sul viso, e m'ha rigirata. Félipe è un cazzo di vero uomo bastardo, uno che va dritto al sodo e te lo ficca in culo.
Ora lo attendo già pancia in giù sul letto, un cuscino sotto che mi tiene alzato il bacino. Entra, m'inchioda di peso in culo, piccona al ritmo di uno spalatore, calmo e profondo, viene e se ne va.

---

Cazzo, dopo quindici giorni in questo cesso di cittadina c'è ancora chi ha soldi in tasca! Forse ora Félipe non pensa più che porto solo sfiga.
Ma io non ce la faccio più! Sto sclerando.
Io qui io ci muoio! Sono diventata un robot, una bambola gonfiabile in trance, un materasso bucato che cigola. Seguo le telenovelas in spagnolo mentre mi scopano, non vedo nemmeno più i volti, non so se sto dormendo, scopando o mangiando.
Ho il cervello in pappa! Quando la buonadonna m'ha portato un cesto di frutta non so che m'ha preso: mi sono messa a succhiare le banane!
Nemmeno mi rimetto più le mutandine, ciuccio e allargo le gambe o se vogliono mi metto a pecora. Non me ne frega più un cazzo.
Ieri, o è stato una settimana fa?, un tipetto voleva parlare, si lamentava della moglie generale, che lo angosciava e che non lo capiva, lo picchiava anche. “Mi spiace amigo, ma adesso proprio non posso, sulle scale c'è coda.”
La moglie non lo menava abbastanza forte.

Adesso ho tra le cosce un bel ragazzo, liscio e forte come mi sono sempre piaciuti e comincio a sognare. Perché no? Io e lui in una capanna sulla spiaggia bianchissima di un'isola, facciamo l'amore anche sull'amaca, scopiamo felici da un mese senza mai fermarci, mangio il cocco fresco, succhio il suo cazzo, lo voglio, spingilo, più forte, scopami.
... ma quando rialzo gli occhi mi ritrovo tra le cosce un rinoceronte di centoventi chili col pelo sudato.
“Sì, troia, ti faccio godere come una cagna! Ma fa' piano, non farmi venire subito, ho comprato anche il culo.”
Meglio. Mi rigiro sotto il pachiderma e non lo vedo più.
Mentre mi fa il culo prendo una decisione! Basta, ancora tre giorni e poi basta! Il Colonnello non può chiedermi di più. Tre giorni e se non si fa vivo nessuno io me ne vado!
Ho deciso! “Sììì, così, più forte, stringimi le tette, fammelo sentire in culo, più forte sono la tua cagna, è grosso, fammi male, spaccami il culo.” e il cinghiale mi spacca la schiena e sborra.
Corro in bagno, un bidè velocissimo e fissando lo specchio sul lavello dico senza parlare, sillabando bene le parole: “Ancora tre giorni e se non succede nulla me ne vado.”
So che a quest'ora c'è il Colonnello al Centro. La risposta m'arriva nell'orecchio dopo due minuti di silenzio.
Fischio lungo e breve e poi tre lunghi: NO!
Cazzo, non puoi farmi restare ancor...
M'arriva una serie di bip! Li conto fino al dieci.
“Dieci giorni?” chiedo allo specchio.
Il doppio bip affermativo m'arriva al cuore.
Bacio lo specchio, sono troppo felice, quest'incubo avrà una fine. Dieci giorni, non sono tanti, posso resistere per altri dieci giorni, ne sono sicura e non sono forte in matematica, non faccio il conto a quante centinaia di cazzi corrispondano.
In camera m'attende già il nuovo cliente, un padre di famiglia che ruba i soldi alla moglie. Gli sorrido dolcissima e glielo succhio da gattina innamorata. Non sa che chiederò al Colonnello di nuclearizzare questo cesso di città.

---

C'è vento, minaccia temporale. Dei lampi lontani illuminano la cima dei monti. La casa dorme, ma qualcuno fuma giù in cortile.
Mi sporgo dal balcone, mi lascio penzolare ed atterro senza rumore sul balconcino sotto. Stessa acrobazia e sono al primo piano, da qui basta un salto ancora e sono dietro ad un cespuglio.
M'avvicino il più possibile. Riconosco Félipe, è con suo figlio.
È la voce di Félipe: “Okay Dylan, per me devi starle alla larga, ma se Uribe t'ha detto che puoi farlo a me sta bene, ma attento!, non ti deve sfuggire una parola con lei, è una spia yankee... La vuole Uribe, sai com'è fatto, tu non rovinargli la sorpresa.”
Ho sentito abbastanza. M'arrampico sul cancello, salto sul primo balcone, salgo in equilibrio sulla ringhiera e con un saltello m'aggrappo al balconcino sopra. In pochi secondi sono di nuovo in camera.
Sanno chi sono, la mia copertura è saltata.
Okay, lo avevo già intuito quando Dolores e Félipe si sono separati, ma fa un certo effetto averne la conferma.
Uribe si sta prendendo gioco di me.
Due bip all'orecchio mi danno l'okay.
Non cambia nulla, la missione procede come previsto.
Ti ucciderò, Uribe.

- - - - - -


“Ciucciami il cazzo, puttana.”
“Lo sa la mammina?”
Questo lo fa infuriare nero, ma suo padre gli ha insegnato che un vero uomo sa controllarsi ed allora ridacchia rivolto allo specchio per controllare l'effetto che fa.
Non sa ridere, non imparerà mai.
Félipe Junior, l'erede del bordello di famiglia, è una macchietta penosa. Dylan, ho sentito che lo chiamava Dylan.
Si controlla i capelli se sono in ordine e s'aggiusta gli occhiali sul naso. “Tu non devi nominare mia madre, capito troia del cazzo? Ma guardati, fai schifo!, non riesci nemmeno a contare quanti cazzi ti prendi ogni giorno e rompi il cazzo a me? Tu con quella bocca del cazzo non devi parlare, devi solo ciucciare cazzi. Non fare la stronza con me, sei una cagna per cazzi, sei solo una merda ciucciacazzi, una figarotta per tutti i cazzi che ti prendi Non hai imparato nulla?, non ti sei presa abbastanza cazzi in culo? Puttana del cazzo!”
A questo punto non sa più che dire. Forse ha finito i cazzi.
Ridacchia.
Oh no!, che pena!
Questo giorno è pieno di novità.
All'alba non è passato Félipe e non è entrato nessun cliente in camera: è entrato solo il pasticcio di mais e carne a mezzogiorno ed ora il qui presente Félipe Junior alias Dylan, il bimboccio di quella buonadonna di sua madre.
Il ragazzotto si guarda attorno per mostrare quant'è uomo. È vestito da festa, camicia bianchissima, pantaloni più lucidi delle scarpe di vernice e rayban a specchio. Ho sentito le campane, ci dev'essere qualche festa in città, sicuramente è andato a messa così.
Sta pensando a come farmela pagare. Accende una sigaretta. Ucciderei per molto meno. Mi legge negli occhi e va verso la porta finestra sul balconcino, sta rischiando legnate anche dalla madre.
“Fai male, con me non devi, io posso esserti amico.” Butta fuori il fumo da figo, verso il cielo coperto da alte nuvole grigie. “In fondo a me spiace per te, non è il massimo essere la puttana di Uribe, so com'è dura essere di sua proprietà, io lo conosco bene.” Butta lì.
“Lo conosci?!” Mi fingo stupita.
Sorride soddisfatto, ma evita di ridacchiare. “Certo che conosco Uribe! Per me è uno zio... Cazzo credi? Io so un sacco di cose.”
Dovrei buttarlo fuori a calci, invece lo supplico: “Chi è? Sai perché sono qui? Che vuole da me? Non puoi dirgli che io non c'entro nulla e che...”
“No no... posso però dirti che Dolores chiama quasi ogni giorno per sapere come stai, eheh.”
Spalanco la bocca spaventata.
Ohccazzo!, ho recitato troppo bene, si rimette a ridere.
“Ahah, te la ricordi, vero? Non puoi dimenticarti di Dolores, t'ha interrogata per benino... Ahio!, forse non dovevo ricordartela, eheh, ma io ho visto il video, è davvero istruttivo.” Getta la sigaretta in cortile. “Già, sbagli a prendermi in giro... Io so tutto. Ad esempio, io so quando verrà a riprenderti Dolores.”
Fa una pausa per vedere la mia reazione. Si sente uomo e vorrebbe anche dare un tiro da figo alla sigaretta ma s'accorge d'averla già buttata.
“Già, Dolores! Verrà presto e ti porterà da Uribe... ed io verrò con te.” Mi viene incontro. “L'ho chiesto io ad Uribe e lui ha accettato subito, sei contenta? Anche lui sa che io qui sono sprecato con le puttane di mio padre, mi vuole vedere all'opera, ha detto ci farà girare un video insieme.” Mi liscia i capelli sulla spalla e con la nocca del dito mi sfiora il seno. “Io e te!”
Ohmmerda!
“Uh! Cosa succede?, ora non fai più la la stronza con me? O ti sei eccitata?” Gioca a fare l'uomo forte con la cagna figa, mi fa sentire l'alito sul viso mentre mi pizzica il capezzolo. “Sei bellissima... Gli sei piaciuta con Dolores, sai?, t'ha vista... Con me lo farai impazzire, ti giuro, ci penso da una settimana.”
Ho un brivido involontario. “T'ho forse spaventata?”
Beh, un po' lo sono, i coglioni sono sempre i più pericolosi. Gli apro i pantaloni e ciuccio una matitina, un cazzetto sottile.
Sì, questo minidotato in tutti i campi può essere davvero pericoloso e sinceramente consiglierei a Félipe di richiedere l'esame del dna. Lo stronzetto potrà sempre ricorrere alla chirurgia per adeguare il fringuello a quello del presunto papà, ma per la dotazione neuronale non si può ancora fare nulla.
“Brava puttana, ciucciami il cazzo...” Questo coglioncello gode nel sentire la propria voce. “Io ti farò godere davanti a Uribe, ti lego a un tavolo e ti...”
Maccazzo!, questo grand'uomo in erba ce le ha proprio tutte! M'ha già sputato in bocca un goccio di sborra. Devo star attenta, è uno pericoloso, non posso prenderlo per il culo: “Già fatto?! Non volevi scopare?”
Questa volta non ride, è incazzato perso. “No!, io non infilo il mio cazzo dove scopano i cani.”
E adesso chi gli dice che in un video l'ho ciucciato a due alani e altri quadrupedi?
Mi trascina fuori per i capelli e giù per tre piani di scale. Sono tentata di fargli lo sgambetto e rompergli l'osso del collo, ma finalmente qualcosa si sta muovendo e io non voglio certo mandare tutto a puttane.
Entriamo in una stanzetta cieca. Ci sono dentro altri due stronzi, suoi zii, o cognati, o compagni, non so, comunque due stronzi minacciosi. So dove mi trovo, ci sono già stata nelle mie ispezioni notturne, siamo nel retrobottega del bar che occupa tutto il piano terra del palazzotto. È la bisca di famiglia con tavoli da gioco e macchinette. Félipe ha diversificato gli affari e, a sentir il rumore di là, oggi è strapiena di ubriachi.
“Oggi è festa, il bordello è chiuso, le puttane non lavorano, ma Uribe ha riso come un matto quando gli ho detto la mia idea. A te tocca lavorare lo stesso, cagna del cazzo!! E vedi di non crearmi problemi o Uribe s'incazza.”
I due stronzi mi sfilano il vestitino verde, m'ammanettano e mi spingono di testa in un oblò che non è altro che una camera d'aria di un automobile fissata ad un grosso buco su un pannello divisorio. Fatico a passarci attraverso, il salvagente è stretto. Dall'altra parte mi ritrovo il bimbominchia sghignazzante che mi fissa le manette ad un lucchetto. Qualcuno dietro mi strappa via gli slip.
Merda, sono a novanta testa in una lavatrice e culo fuori, non occorre essere una pornostar per sapere che mi aspetta! Ma il bamboccio ci tiene a spiegarmelo: “Per la festa della città abbiamo regalato ai nostri clienti una nuova slot machine, ahahah! Funziona con 500 pesos. Ti faccio vedere.”
Passa la moneta dietro, qualcuno la infila e la sento cadere in un cestello al mio fianco. Subito parte il jingle di SuperMarioBros.
“Non è divertente?!! Ahah.”
Sì, muoio dal ridere! Al tasso attuale di cambio 500 pesos colombianos corrispondono si o no a dieci cent.
Gli stronzi mi legano le caviglie, devo rimanere gambe larghe e non scalciare. Delle dita mi ungono figa e culo.
“Sì, Uribe vuole che c'andiamo delicati con te, almeno per ora ahahah!... e lo capisco, eheh, hai un culetto davvero spaziale! Peccato che oggi non puoi vederti, ahahah! Ma magari lo rifacciamo quando andiamo da lui.”
Mi cala sulla testa un panno nero.
Giuro, questo coglione ha finito di ridere!

Avere il culetto della pubblicità del McKane's BigFish in una festa di paese non è sempre un vantaggio, mi fanno figa e culo per dovere. Li sento entrare nella stanzetta, bestemmiano il santo protettore, infilano la moneta con la mano tremante, non centrano la fessura ma poi me lo picchiano senza sbagliare e mi sbattono al ritmo della musichetta.
Non sento nemmeno i bipbip dei ragazzi, ho Super Mario in testa.
Il trucco è estraniarsi, essere altrove, ma come cazzo faccio con questa cazzo di musichetta e le monete che cadono nel cestello?
E io che mi sentivo una merda quando facevo pompini per dieci miseri dollari! Ora, col cambio attuale, allo stesso prezzo sono cento cazzi figaeculo.
Mi sto buttando via.

Pausa.
Mi ripuliscono dentro e fuori con una canna. Lo stronzetto conta le monete facendole tintinnare. “... trentatré e trentaquattro! Puoi far di meglio, Lucy! sono appena diciassettemila pesos, circa tre dollari e mezzo... Pochini anche per una puttana come te.”
Richiude. Torno al buio.
M'arriva un lungo bip di sostegno da parte dei ragazzi.
Cade una moneta e riparte la musichetta di SuperMario.
Mi sto buttando via.


---


Dolores mi appare nella penombra di un sogno.
Tre bip nell'orecchio m'avvisano che non sto sognando. Cazzo, non l'ho sentita entrare! La mia camera è affollata di ombre.
Mi tiene puntata la Glock17 alla fronte. “No, non svegliarti, devi dormire ancora.”
Qualcuno mi cerca la vena alla luce di un cellulare. Sento una leggera puntura, merda.
Poi mi pare di volar giù per le scale in braccio a qualcuno. Ci sono due Suv più neri della notte. Poi è tutto nero.

Non riesco a risvegliarmi del tutto. Sono pesante e stanchissima, faccio fatica anche a capire che mi trovo nel salotto di un Suv lanciato sulla strada costiera. È mattina presto e l'oceano è azzurro, ma troppo lontano. Di fianco ho la sadolesbica, riconosco il suo odore, dormo appoggiata alla sua spalla, e seduti di fronte ci sono Félipe Junior alias Dylan ed un gorilla. L'ho già visto da qualche parte, credo, sia quello che m'ha perquisita il primo giorno, vent'anni fa!, all'inizio di questa tragica missione.
“Dolores, sei tu?” Non lo faccio apposta, non posso parlare più forte.
Il mastino di Uribe non fa una piega.
Okay, parte la recita da ubriaca. “Non devi credere a quello che ti dice lui, non è vero, tu mi conosci, Dylan è geloso di te... veniva tutte le notti, voleva farmi confessare che sono una spia, dice che solo lui può salvarmi da Uribe ma io non gli credo, non puoi credergli, dice cose assurde, che volete uccidermi perché sono dei servizi segreti, m'hanno costretta, è il mio lavoro, puoi perdonarmi? come pos...”
A questo punto la tensione nell'abitacolo è pari a quella che precede lo scatenarsi di un uragano. Non apro gli occhi, ma m'immagino il figliodimammasua con la mandibola caduta.
La sadolesbica mi strattona: “Che cazzo t'ha detto???”
“Che Uribe m'ha scoperta, non portarmi da lui, non da lui, ti prego...” Fingo di svenire.
La panteranera si lancia in avanti e picchia sul vetro divisorio: “Ferma!! Ferma questa cazzo d'auto!”
Sento che rallentiamo. “Non le crederai, vero?” Una voce nervosa. Ci fermiamo. “E allora chi gliel'ha detto?” Una voce che è una sentenza.
Si apre il portellone e la discussione continua fuori. Non voglio addormentarmi, devo sentire!
“Io non le ho detto nulla, cazzo!, e prima di ieri non le ho mai parlato.”
“Ma sa che ti chiami Dylan. Come fa a saperlo?”
“Non lo so, non lo so, ma quella è una puttana, la portiamo da Uribe, che cazzo cambia?”
“Che hai disubbidito, che hai mentito a Uribe, cazzo ragazzino, non potevi essere più coglione!!! Hai rovinato tutto, ma che cazzo pensavi di fare? Lo sapevi, la sorpresa era di Uribe... e non provare ad andare a piangere da lui! Non vorrà più rivederti... Ma cazzo cazzo caaazzooo!, Félipe è più di un fratello per me! Come cazzo hai potuto? E ora dimmi, che ti devo fare?”
“Io non ho...”
“Okay facciamo così! Io a tuo padre non dirò nulla. Mai!, non se lo merita... e tu se sei furbo fai lo stesso, te ne torni a casa con la coda tra le gambe e racconti che non te la sei sentita di venire, che hai litigato con me, che ti mancava la mammina, racconta quel che cazzo vuoi, ma te ne torni a casa!... Nemmeno Uribe dirà mai nulla a tuo padre, ne sono certa: tu per lui da adesso non esisti più e, credimi, ti conviene! Okay???”
Un silenzio che è una risposta.
“Bene... Rompetegli il culo che dobbiamo andare.”
“No!! Non puoi, non potete, lasciatemi, lo dico a Uribe! Fermi, lo dico a mio padre, lui vi ucciderà tutti!”
Dolores torna a sedersi accanto. La sento rilassata. “Eddillo anche a mammina.”
Fuori il pupilloindisgrazia batte contro il finestrino, urla e piange manco lo stessero inculando.
Sento una mano stringere la mia. “A te piace il gioco sporco.”
Non apro gli occhi ma sono sicura che sta sorridendo.
Finalmente si riparte.
Bye bye Félipe Junior!
scritto il
2025-09-24
4 9
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Agente Lucy - 6

racconto sucessivo

Agente Lucy - 8
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.