Agente Lucy - 4

di
genere
dominazione

Mi risveglio distesa in una pozza. Questa volta è di sudore.
Risvegliarmi così è il destino di questa vacanza regalo: mai accettare inviti da sconosciuti. La palestra dello yacht è deserta. Non apro gli occhi e non muovo muscolo. Che mi lascino riposare ancora un poco
Un lungo fischio nell'orecchio mi ricorda che non sono sola, graziealcazzo! Ma poi i ragazzi s'accorgono della cazzata e mi mandano due bip brevi: tutto okay, sto bene, i dati biometrici sono buoni.
O sufficienti. Non perdo tempo a far l'inventario di cosa mi fa male, il Colonnello non ci crederebbe, secondo lui è stata una passeggiata con quello che hanno speso per trasformarmi in una bambola sgonfiabile. Ed è come mi sento, ho lo stesso tono muscolare di un preservativo dopo l'uso.
Vorrei addormentarmi, ma il culo mi obbliga a pensare alla nazifetente, brucia ancora da maledetto per l'olio lubrificante che ha usato. È un'immagine impressa a fuoco nel mio cervello: la stangona nera lucida di sudore con lo strap on allacciato in vita.
Whow, io sono da curare! Non pensarci, Lucy! Una figa nera da paura con un cazzone rosso fiammante, mi s'è arrestato il respiro e mi si sono arricciate le dita dei piedi. No, no, non ci devo pensare, cazzo, cazzo, cazzo!, queste cose non vanno bene. Un bruciore pazzesco che mi urlava nell'anima. M'ha strappato un orgasmo di nono grado, roba da perdere la voce e l'uso di gambe e braccia.
La lesbocarogna sa il fatto suo, è uno schianto per le mie ovaie e, maledetta me, è innamorata. Se perde il suo posto di lavoro come di mastino di Uribe la faccio assumere da Mark, il mio regista.
Ah no, mi dimenticavo di Vargas: Uribe licenzia con una pallottola in testa.

E mi fa pure un cazzo di male la rotula, devo averla sbattuta contro qualche testa di cazzo. Il marinaio che non sapeva nuotare, il primo pirla morto in questa missione di merda. Fa male ma passerà anche questa, intanto sudo le ultime gocce.
Venti minuti, forse mezz'ora od un'ora, sono così rincoglionita che non capisco, ed entrano. Ascolto, cerco di capire chi sono. Sono scalzi... sono proprio rincoglionita!, certo che camminano scalzi, siamo su uno yacht.
Apro gli occhi. Tre ombre nere mascherano le luci, come chirurghi sul letto della paziente appena operata. Ma io sono stesa sul pavimento e loro sono in piedi attorno a me, sembra che tengano le teste chine per non sbatterle contro il soffitto, invece hanno in mano tre uccelloni penduli e mi pisciano addosso per riscaldarmi. Va bene, va bene!, apro la bocca come vogliono.
Mi ripuliscono poi col getto d'una canna e lavano per bene in giro. L'acqua defluisce nelle pilette aperte agli angoli del pavimento, troppo piccole per fuggirci attraverso ed io non avrei neppure la forza per trascinarmi fin là in fondo.
Uno mi rimette in piedi, sulle gambe malferme, e mi asciuga con una spugna frizionando forte, incurante dei lamenti. Mi fa stendere sul lettino e mi dà da bere. Bevo senza chiedermi cosa sia.
Riordinano il casino lasciato dalla lesbosciattona. Sono nudi, stanno preparano per una festa, su questo yacht non si dorme mai. L'orologio sul tapis roulant segna le tre e dieci.
Per fortuna ritirano subito i giochini più maledetti. Poi spostano contro le pareti panca, sedia ginecologica, macchine ed anche il lettino su cui sono stesa. La palestra non è certo piccola, ma i tre leoni hanno bisogno di un'intera savana per scoparsi la gazzella.
Devono essere gli amanti della ninfoingorda. Uno è bianco, un guerriero vichingo che ha combattuto con Thor, muscoli di pietra e sguardo che non dice nulla. Il secondo è un bel brasiliano lucido e tatuato, fisico da perfetto scopatore, un animale da sesso, un toro per follie, un professionista dell'orgasmo, peccato che adesso non ho proprio una cazzo di voglia. Il terzo è quello che s'è scopato la figadititanio sul mio divano, lo riconosco facilmente anche se era buio e lui è nero pece. Se non è lui vuol dire che su questa barca ci sono due iperdotati. Improbabile.
In due asciugano per bene il pavimento facendo dondolare i peni a riposo: faccio una veloce estrapolazione da professionista del settore su come diventeranno da eretti per capire che m'aspetta. Una gocciolina involontaria mi riga la coscia. Io devo farmi vedere da uno bravo!
Assolutamente fenomenale è il cazzone dello sfaticato, che appoggiato alla parete osserva gli altri due lavorare: è un tuttostanco perché deve portarsi in giro il peso di quel pene impressionante, stanco anche lui, pendente a terra e senza alcuna voglia di far la fatica di rizzarsi. Questo quando si risveglierà mi farà scordare il bazooka di Joss. Non posso non fissarlo.
Mi vede e fa sta fatica: mi viene incontro senza voglia, m'aiuta con calma a scendere dal lettino e m'accompagna in bagno. Incredibile, riesco ancora a camminare. Mi chiude dentro. Non ci sono finestre apribili ma tutto l'occorrente per le clienti della sadolesbica; mi faccio anche docce intime e mi spalmo due barattoli di creme emollienti sulla pelle martirizzata. Sembra vada un po' meglio.
Stanno già bussando. Oh cazzo.
È Tuttostanco, sorridente trentadue denti. Si spara uno spray nelle narici, inspira forte lacrimando e mi saluta da coglione agitando la mano con una confezione bene in vista. Sì, conosco il prodotto, “Tre ore con la potenza d'un toro e la vostra compagna non scoperà più con altri!”, una pubblicità per merdosi maschilisti.
Okay, stanotte non ho altri impegni. Porcaputtana.
Se lo fa tenere in mano mentre gli s'indurisce. Vuole spaventarmi, è un bambinone che si diverte così. Okay, lo ammetto, hai un cazzo da paura amico, lo potrei usare come barra per le trazioni, ma adesso sono a pezzi, non ho proprio voglia di far ginnastica.
Ma temo che mi tocchi. Anche gli altri due hanno gli occhi lucidi per lo spray. Mi rigiro sfiorata dai cazzi e li osservo in viso uno dopo l'altro per agevolare il lavoro ai ragazzi del Centro: ora hanno già la foto di chi m'ha uccisa.
Il vichingo è un buon samaritano, mi offre una cartina. Assaggio con la punta della lingua e capisco subito cos'è, ma dopo tre secondi m'arriva il bipbip di conferma all'orecchio, il referto del laboratorio d'analisi del Centro. Mi ci vuole, sniffo. Meglio non addormentarsi mentre ti sbattono tre tori strafatti.
“Okay ragazzi, potete chiudere ed andare a dormire. Ci aggiorniamo a domani.” Dico stancamente ai ragazzi del Centro.
Ovviamente i tre non capiscono, pensano sia già sballata.
Mi chino sul ginocchio dolorante, la prima cappella in bocca è quella di Tuttostanco. Indugiano un attimo, sorpresi che riesca ingollarmelo senza strozzarmi. I freddi sicari si stanno scaldando. D'improvviso uno mi serra la testa e mi scopa l'esofago e dietro Tuttostanco m'afferra per il cinturone e mi solleva di culo. Ecco a cosa serviva il cinturone!
Qualcosa mi spinge contro l'ano e per un attimo spero che stiano scherzando, che quello che preme contro il culo sia in realtà iun ginocchio.
Non fare la cretina, Lucy, rilassati e passerà anche questa.
Sarà un'altra notte da dimenticare.
E da non raccontare troppo in giro.

- - - - -

Mi scaricano ai suoi piedi.
Sbatto di muso. Ho le mani legate dietro la schiena ed ogni giuntura disarticolata manco mi fosse passato sopra un autotreno.
La sadovigliacca invece ha dormito qualche ora ed è bella riposata davanti alla sua colazione.
Siamo ancora ancorati nella baia di Isla Grande.
L'oceano non s'è ancora risvegliato, ondeggia piano. Il cielo è azzurrissimo e l'isola verdissima, mi pare d'esser finita in una pubblicità di crociere. E lei, in bikini, occhiali da sole gucci e pareo corallo abbandonato sulla coscia, è una modella perfetta. È più sexy d'una pantera nera pronta a balzarti addosso. Ma io non ci casco, i gucci se li è messi per nascondere le occhiaie da bagordi.
È così vigliacca da offrirmi un biscotto: meglio di no, non è cosa, lo vomiterei. Per finale, dopo la maratona senza vincitori ed una sola sconfitta ho dovuto ciucciare cazzi smosciati mentre pisciavano.
La lesbostronza ha un umorismo da stronza, si finge sorpresa per il mio stato e si china per scostarmi i capelli. “Cazzo, sei una merda! Tu devi imparare a controllarti.”
Automaticamente poggia la mano sul pacco di Tuttostanco che s'è lasciato cadere sulla sedia accanto e fissa i vassoi della colazione. È stanco, gli tocca fare anche la fatica di mangiar qualcosa. La troiainvidiosa stringe tre chili di carne ammosciata ancora calda. “Ti sono piaciuti i miei ragazzi?”
Sono stati onesti, dopo gli eccessi della prima mezz'ora hanno fatto con coscienza il loro lavoro di stupratori. È stata un'interminabile maratona con atleti dopati, sfiancante (e noiosa) come i primi video girati con Mark. No, non una maratona: una staffetta, una sborrata ruggente e si davano il cambio tra le mie gambe. Tuttostanco ha saltato un paio di giri.
Mi fa rimettere in piedi dagli altri due.
Solo l'unica nuda lì in mezzo, a parte il collare ed il solito cinturone in vita. No, non sono imbarazzata, ma la sadolesbica mi fissa che non mi piace da dietro le lenti scure. Ommerda, questa non sa controllarsi.
“No, ti prego.” Piango come una verginella.
“Chi ti manda? Racconta.”
Occazzo!, sono una pirla, avrei dovuto inventarmi qualche palla, ma nelle due ore con lei e nella notte con i tre trapanatori non ci ho pensato proprio.
Vado a braccio: “Il mio fidanzato... è stata una sua idea. Diceva che potevamo spolpare Vargas, quel porco milionario. M'ha detto lui di venire qui, è un mago dei computer ed era certo che Vargas avesse soldi nei paradisi fiscali... per lui è uno scherzo svuotarli. Ma aveva bisogno di almeno un bonifico e due o tre giorni di tempo per svuotare il conto. Io intanto dovevo distrarre Vargas.”
“È una cosa talmente idiota... Come si chiama?”
“Billy... Billy Sanders.” Invento.
“È una palla ridicola e un nome da coglione!... Sai perché non m'incazzo? Perché ho voglia di riportarti in palestra... mi hai ispirato un sacco di nuovi giochetti.”
Lo dice per spaventarmi, non scherza. Questa è tutta scema! “No!, credimi, m'ha ingannata! Io non volev...””
“Chiamalo.” Mi passa il cellulare.
“...!?... No, non ricordo il numero e poi non risponderebbe certo ad un numero sconosciuto.”
“Andate a prendere il suo cellulare.”
Okay non agitarti. Al Centro serviranno solo due minuti da quando il mio cellulare riprende la linea. Per loro è uno scherzo modificare la rubrica ed inserire delle chat fasulle. Sempre che a quest'ora non stiano ancora dormendo!
Cala una tensione imbarazzante.
Finalmente portano la cassetta di metallo e tirano fuori il mio cellulare. Due bip nell'orecchio mi dicono che al Centro non stanno dormendo e si sono già collegati. Bravi ragazzi, vi amo!, meritate un regalo... Ma ora avete bisogno di qualche minuto.
M'inginocchio ai suoi piedi. “Ti prego, non uccidermi, io non volevo, è stato lui, noi volevamo di fregare Vargas, non te, come potevo sapere?”
Puzzo di sesso più che alla Sagra della Sborra di Cabot Cock e questo eccita la mia ninfolesbica. Mi tira su per il collare, come una cagna randagia. “Fai schifo, guardati!”
“No, ti prego, basta, non farmi più male.” Questo risveglia la sadolesbica.
Con le unghie taglienti mi pizzica il capezzolo martoriato che basterebbe sfiorare per farmi lacrimare. Sussulto indietro.
“Che hai?! Mi pareva ti piacesse...” Mi tira per il cinturone e mi fa sedere in braccio. “Non mi ringrazi per stanotte?”
Struscia i suoi palloni contro i miei seni e mi sgancia il moschettone dietro la schiena, vuole essere abbracciata al collo. Mi vedo riflessa nei gucci: cazzo, sono davvero una merda. Mi lecca la guancia.
Oh cielo!, questa vuol giocare a far la perversa. Le sfioro le labbra e, porca puttana!, scatta una scossa quando si toccano le punte delle lingue. M'abbranca e stringe forte risvegliandomi mille dolori e gemiti, ma poi limoniamo dolcemente come due liceali a scuola sotto lo sguardo dei due stalloni. Tuttostanco invece non vuole guardare, ha paura di dover riprendere a lavorare e fa colazione svogliatamente seduto accanto a noi.
Io... io cerco di non innamorarmi. “Come ti chiami?” chiedo e lei mi morde il labbro. Le annuso i capelli. 'Andiamo a dormire, sono a pezzi, ho sonno.” Bacia da dio.
“Sei una cagna.”

La lesbopantera mi scolla controvoglia e prende il mio cellulare.
In cima alla rubrica trova subito il contatto di Billy con tanto di foto insieme in spiaggia. Mi si apre il cuore, al Centro hanno fatto in tempo ad aggiornare il cellulare: quello in spiaggia con me non è il mio fidanzato Billy, che esiste solo per far ingelosire la ninfolesbica, ma è Steven, il collega con cui c'ho fatto due giorni al mare. Ora Steve pretenderà il week end che gli ho promesso. Okay, ti amo, se mi tiri fuori di qui ti regalo un'intera vacanza!
Risponde lui.
“Billy, aiutamiiiiiii!”
“Lucy? Cosa succede?” È giustamente sorpreso, non ho un bell'aspetto, stanotte ho dormito poco.
La sado-a-me-non-mi-frega-nessuno lo zittisce: “Senti Billy, per la tua cagnetta le cose non vanno molto bene e peggioreranno se non mi racconti cosa volevate fare.”
“Chi sei? Dov'è Vargas?” Chiede Billy-Steve.
“Tu adesso mi racconti tutto altrimenti ti rispediamo la tua puttana un pezzo per volta e poi veniamo a prendere te.”
“Chi sei?, fatti vedere.”
“Sono una che una mezzasega come te non deve far incazzare. Parla o riattacco.”
Steven-Billy sa recitare e smozzica un po' alla volta la mia versione, integrandola con dati tecnici e circostanze che la rendono quasi plausibile. La sadoinvestigatrice è incerta sul da farsi: gli ordina di restituire immediatamente la caparra più una penale inventata sul momento del duecento per cento.
Billy si rifiuta. Steve fa così bene lo stronzo che lo vorrei morto anch'io. “Non se ne parla e non vengo certo a riprendermi Lucy. Fatela partire col prossimo aereo ed io vi restituirò la caparra.”
“Non decidi tu. Invia il bonifico e comincia a correre. Sei morto.” Riattacca.
Riflette tre secondi e mi spinge via. “Solo una troia cazzodipendente come te poteva mettersi con quella merda di vigliacco.”
Ho deluso la sadolesbica e tutto il Lesbo Pride.

“Allora... quando Billy ti ridà i soldi, mi lasci andare?” Recito per benino.
Sorride maligna dietro i Gucci. “Ora sei di Uribe.”
“No, non è vero! Io non sono di nessuno... sono venuta solo per Vargas e non ti credo, non esiste nessun Urube!” Storpio il nome.
“Anche Vargas era di Uribe.”
“Ma chi è?! Io non l'ho mai conosciuto. Lasciami andare, sanno che sono qui ed ho un amico senatore!... ti prego!!!”
La lesbostronza gode a far la stronza. Si alza, cazzo se è alta anche senza tacchi!, e va verso il mio ex-divano. Da una gucciborsa tira fuori un satellitare. “Vuoi parlargli?”
Fa partire la chiamata e attende accostandolo all'orecchio. Le leggo le labbra, dice che sembro okay e me lo passa.
Non sto fingendo, le mani mi tremano davvero. Non sento nulla. “Pronto... pronto?”
“Ti ha fatto il culetto a strisce?”
Occazzo!
“Chi è? Chi parla?”
“Non mi hai risposto.”
“... sì.”
“Bene, stanotte non ti ho vista e non so quando potrò vedere il filmato, sono sempre impegnato e c'è stato un contrattempo, te ne sarai accorta... Odi anche tu quando le cose non vanno come dovrebbero?”
“...? Io non c'entro nulla.”
“Non mi hai risposto.”
“Sì, scusa, lo odio anch'io quando non vanno come devono, ma io non volevo, mi ci sono trovata... Non conoscevo Vargas, non capisco più nulla! Non sapevo, io non c'entro, giuro,” Piagnucolo e mi faccio i complimenti da sola: mi sono sembrata convincente.
“.Non fare nomi al telefono.”
“Scusa, non ho pens.... Ma mi credi?”
“Non temere piccola mia, fra noi non cambia nulla.”
“Lasciami! Non dirò nulla, lo giuro, fammi tornare dal mio...”
“Ah, non vuoi restare?... Peccato, se non vuoi chiudiamo subito qui.” Ha una voce da brividi.
“...? No!, io non...”
“No cosa?”
“No, sì!, se vuoi ci vediamo... Ma poi mi lasci andare?”
“Ahah, quante domande! Allora t'aspetto... Sai?, stavo pensando che...”
Il satellitare è muto, ma non ha riattaccato. “Pronto... pronto?”
“Mi manchi, piccola. Vorrei essere lì con te. Mi spiace piccola... Spiace anche a te?”
Questo è pazzo da internare, non so che cazzo rispondere! “Non è giusto...”, e mormoro qualcos'altro d'incomprensibile.
”Brava!, hai capito subito: non è giusto, noi due meritiamo di divertirci! La vita senza sale non fa per noi... Ti coprirò di soldi, piccola mia, ma adesso dammi tre minuti.”
“Tre minuti?!”
“Ma sì, mi bastano tre minuti, non ho mai tempo, ma nella vita è sufficiente un pizzico di sale, tu mi capisci: voglio iniziare la giornata pensando al tuo bel culetto, dillo alla nostra amica.”
Mi volto, la sadobastarda sta già versando una bottiglia d'acqua sul tovagliolo che tiene in mano. Questi due stronzi sono in telepatia! E, maledetta me, io m'intendo alla perfezione con loro.
Mi chino a novanta sullo schienale del mio ex-divano, col satellitare stretto in mano. M'arrivano quattro-cinque frustate che mi schizzano acqua fino al viso. Le natiche vanno in fiamme, si riaprono le mille lacerazioni della notte.
“Ti amo piccolina... Lo fai per me, vero?”
Ma vaffanculo, cazzo! La mia sadoamante svuota la saliera nel palmo della mano. Il bel brasiliano di fronte a me mi blocca le spalle. La bastarda mi strofina le chiappe da maledetta, me le friziona da fottuta bastarda che è, schegge di vetro brucerebbero meno. Sono vampe che partono terribili e crescono diventando quasi insopportabili
Non urlo, non ululo, non piango. Mugugno bestemmie al satellitare.
“Sei una passionale, tu porti luce nella mia vita noiosa.”
Questo è del tutto suonato!
“A presto, piccola.”
Riattacca.
Io ti uccido Uribe.
Ma non ora, adesso sono in panico, in pura paranoia.
Non ci vedo dal male, nemmeno i ragazzi del Centro vedranno nulla per le lacrime che mi scendono.
M'aggrappo ai bermuda del bel brasiliano, glieli abbasso ed attendo che mi passi il bruciore poppando un cazzo barzotto che si rianima lentamente. Lui ride e scherza, ma è spaventato per il suo uccello.
La lesbofetente mi tira via per i capelli.
“Sei una merda di cagna cazzodipendente. Va' a dormire.”
Per un attimo spero che venga con me, ho uno sbandamento e mi sembra d'affogare, voglio aggrapparmi ai suoi seni.
Devo farmi vedere da uno bravo.
Perché m'innamoro sempre delle iene?
scritto il
2025-09-23
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